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    La Fibrillazione Atriale in pazienti geriatrici ricoverati per patologia acuta: studio prospettico di sopravvivenza

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    La fibrillazione atriale (FA) è la tachiaritmia sopraventricolare più frequente nella pratica clinica ed è associata ad una prognosi negativa, specialmente nel paziente anziano. La prevalenza della FA nella popolazione generale varia dallo 0,5% al 3,4% e aumenta con l'età passando dal 4% nei soggetti tra i 60 e i 70 anni al 15% circa in quelli al di sopra di 80 anni. Nelle ultime due decadi si è assistito ad un aumento della prevalenza, probabilmente da attribuirsi alla maggiore attenzione posta nei confronti di questa malattia oltre che all'invecchiamento della popolazione. La FA è spesso associata ad alterazioni strutturali del cuore e ad altre condizioni croniche concomitanti. I meccanismi alla base dell'innesco e del mantenimento di quest'aritmia sono molteplici, complessi e non completatemente chiariti. Il rimodellamento della struttura atriale e della funzionalità dei canali ionici sono l'epifenomeno di fattori eterogenei, esogeni ed endogeni, che gravano sulla funzionalità e sulla struttura cardiaca. Nel contempo, anche per episodi brevi di FA, queste alterazioni stimolano l’espressione di fattori pro-trombotici sulla superficie endoteliale, l'attivazione piastrinica e delle cellule infiammatorie. La FA si associa a importanti comorbidità, ad una qualità di vita peggiore e ad un aumento della mortalità rispetto alla popolazione generale. La complicanza più temibile è lo stroke tromboembolico, la cui prevalenza nei pazienti fibrillanti è 5 volte superiore rispetto alla popolazione generale ed è un importante causa di mortalità e di disabilità. Si calcola che siano attribuibili alla FA circa il 15%-20% di tutti gli stroke. Negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda il paziente geriatrico, è stata messa in evidenza una correlazione statisticamente significativa tra FA e demenza (sia degenerativa che vascolare), indipendentemente dallo stroke clinicamente evidente. Si ipotizza che alla base di questa associazione vi siano microembolizzazioni che provocherebbero infarti cerebrali silenti o uno stato di ipoperfusione transitoria del sistema nervoso centrale. Questi eventi, in concomitanza di altri processi neuropatologici comuni nell'anziano diminuirebbero la 'riserva cognitiva' portando alla demenza. Questa associazione è plausibile anche perché sia la FA che la demenza condividono fattori di rischio sottostanti e alcuni meccanismi fisiopatologici comuni come l'infiammazione cronica. In questo scenario, la terapia anticoagulante orale si è dimostrata estremamente efficace sia nella prevenzione primaria e secondaria degli eventi tromboembolici, sia nella riduzione della mortalità associati alla FA. Dall'altra parte questa terapia aumenta il rischio di emorragie tra le quali la più preoccupante è quella intracranica. A livello clinico, è stato necessario quindi sviluppare strumenti per la stratificazione del rischio tromboembolico, da una parte, ed emorragico dall'altra. I due scores più utilizzati nella pratica clinica per queste finalità sono il CHA2DS2VASc e HAS-BLED. Il warfarin è stato il farmaco principale nella terapia anticoagulante orale prima dell’avvento dei nuovi anticoagulanti orali (NAO), ma resta tutt’oggi un importante e diffuso presidio medico. Sebbene abbia delle limitazioni legate alle sue caratteristiche intrinseche (ampia variabilità dose-risposta, farmacodinamica età dipendente, interazioni farmacologiche e dietetiche, ampie fluttuazioni dell'INR, necessità di monitoraggio costante), il vantaggio nella prevenzione degli eventi tromboembolici nei pazienti con FA è netto e migliore sia della terapia antiaggregante, sia della DAPT (dual antiplatelet therapy). Negli ultimi anni sono stati messi in commercio nuovi farmaci anticoagulanti orali (NAO). Rispetto al warfarin sono molecole con una farmacocinetica e una bio-disponibilità prevedibili, che permettono l'utilizzo di dosi fisse con un effetto anticoagulante costante che non necessita di monitoraggio routinario. Si sono inoltre dimostrate non inferiori, e talvolta superiori al warfarin in termini di prevenzione dello stroke tromboembolico con un minor rischio di emorragie intracraniche. Sebbene la terapia anticoagulante abbia dato prova della sua validità, sopratutto nei pazienti anziani e in quelli ad alto rischio di eventi tromboebolici, le evidenze degli ultimi anni hanno posto il problema del paziente anziano 'sotto trattato' rispetto a quello che le linee guida suggeriscono. Infatti nella realtà di oggi esiste una correlazione di proporzionalità inversa tra l'età e l'impiego della terapia anticoagulante a prescindere dal grado di disabilità (misurato in termini di valutazione multidimensionale geriatrica, VMG). Le cause di questo problema sono radicate nel preconcetto che l'anziano sia, in ogni caso, un paziente fragile ad elevato rischio sia di cadute che di emorragie e che spesso, non sia aderente alla terapia. La valutazione di questi pazienti è complessa e l'introduzione di un piano terapeutico anticoagulante non può basarsi soltanto sull'impressione clinica o sull'età, ma deve avvalersi di strumenti razionali ed oggettivi da affiancare alla stratificazione del rischio emorragico e tromboembolico. La VMG è lo strumento adatto a questo scopo, permettendo di personalizzare sul singolo paziente un adeguato programma terapeutico

    The late Pleistocene-Holocene evolution of the coastal plain of the Ligurian Sea (Tuscany and Liguria, Italy) by means of palynological analysis

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    studio palinologico di sedimenti della Liguria e Toscana costiere per la conoscenza della copertura vegetale e del paleoambiente lungo le sponde del Mar Ligure tra il Pleistocene e l'Olocen

    Assessing suffering of patients on cancer treatment and of those no longer treated using ESAS-Total Care (TC)

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    Aim: The aim of the study was to assess the suffering of patients on oncologic treatment and of those no longer on treatment. Preliminarily, we aimed to confirm the psychometric properties of Edmonton Symptom Assessment System-Total Care (ESAS-TC) in different stages of the disease. The ESAS-TC screens physical and psychological symptoms, but also spiritual pain, discomfort deriving from financial problems associated with illness, and suffering related to social isolation. Methods: A sample of consecutive advanced cancer patients on oncologic therapies treated at the Internistic and Geriatric Supportive Care Unit (IGSCU) of Istituto Nazionale dei Tumori, Milano, and of terminal patients no longer on treatment and cared for by the Fondazione ANT palliative home care team were asked to fill the ESAS-TC. In order to strengthen the previous validation study of the ESAS-TC, 3-ULS (to assess social isolation), JSWBS (to assess spiritual well-being), COST-IT (to assess financial distress), and KPS (to assess functional status) were administered too. Results: The questionnaires were self-reported by 108 patients on treatment (52% >60 years old, female 53%, and 61% with KPS 90-100) and by 94 home care patients (71% >60 years old, female 51%, and 68% with KPS 10-50). The sound psychometric characteristics of ESAS-TC were confirmed. Patients on treatment showed lower total ESAS-TC score (19.3 vs 52.7, p<.001) after controlling for age and functional status, and lower financial distress (p.<001). Financial distress, spiritual suffering, and social isolation, after controlling for age, showed a significantly higher score in home care patients. Conclusions: Only through an adequate routine assessment with validated tools is it possible to detect total suffering, the "Total pain" of patients, and treat it through a multidisciplinary approach. The study confirms the reliability and validity of the Italian version of ESAS-TC and the importance of supportive and early palliative care fully integrated with oncological treatment

    Poor neutralization and rapid decay of antibodies to SARS-CoV-2 variants in vaccinated dialysis patients.

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    Funder: Swiss Kidney FoundationPatients on dialysis are at risk of severe course of SARS-CoV-2 infection. Understanding the neutralizing activity and coverage of SARS-CoV-2 variants of vaccine-elicited antibodies is required to guide prophylactic and therapeutic COVID-19 interventions in this frail population. By analyzing plasma samples from 130 hemodialysis and 13 peritoneal dialysis patients after two doses of BNT162b2 or mRNA-1273 vaccines, we found that 35% of the patients had low-level or undetectable IgG antibodies to SARS-CoV-2 Spike (S). Neutralizing antibodies against the vaccine-matched SARS-CoV-2 and Delta variant were low or undetectable in 49% and 77% of patients, respectively, and were further reduced against other emerging variants. The fraction of non-responding patients was higher in SARS-CoV-2-naĂŻve hemodialysis patients immunized with BNT162b2 (66%) than those immunized with mRNA-1273 (23%). The reduced neutralizing activity correlated with low antibody avidity. Patients followed up to 7 months after vaccination showed a rapid decay of the antibody response with an average 21- and 10-fold reduction of neutralizing antibodies to vaccine-matched SARS-CoV-2 and Delta variant, which increased the fraction of non-responders to 84% and 90%, respectively. These data indicate that dialysis patients should be prioritized for additional vaccination boosts. Nevertheless, their antibody response to SARS-CoV-2 must be continuously monitored to adopt the best prophylactic and therapeutic strategy

    References

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