200 research outputs found

    Personalità e storicismo : da Hegel a Marx

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    Fil: Brancatisano, Fortunato

    L’amore dall’arte alla filosofia: Indagine di pensiero sull’amore

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    The love relationship between man and woman is at the core of Anthropology and it is also a starting point for today’s cultural crisis. Love is not a reality with limited horizons that can be measured with finite parameters such as space and time. Because of its similitude with the divine, human love is also, to some extent, infinite and it possess a “creating” fecundity inasmuch as it causes a growth in the being. It is time to concentrate our thoughts into this experience with the purpose of returning it to life with a more complete consciousness, one derived from reason, not just feeling.La relazionalità è l’indiscutibile certezza intorno alla quale possono convergere diverse visioni antropologiche. La relazione d’amore tra uomo e donna è il nucleo dell’antropologia ed è al tempo stesso il punto di crisi della cultura attuale. In realtà, non possiamo pensare che l’amore sia una cosa dall’orizzonte limitato: una cosa che si può misurare con parametri finiti come il tempo e lo spazio. L’amore umano —per la sua somiglianza con quello divino— sarà in qualche modo anch’esso infinito e dotato di una fecondità “creatrice” nel senso che provoca una crescita nell’essere. E’ tempo di concentrare il pensiero su questa esperienza per restituirla alla vita con una consapevolezza più totale, razionale oltre che emotiva

    Studio dell’attività antimicrobica del peptide cationico prodotto dal fegato dell’uomo Epcidina 20 verso biofilm di Staphylococcus epidermidis

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    A causa dell’allarmante diffusione del fenomeno dell’antibiotico-resistenza in tutto il mondo, c’è la necessità impellente di sviluppare nuove classi di farmaci per il trattamento delle malattie da infezione. Un fattore che contribuisce in larga misura alla resistenza dei microrganismi ai trattamenti terapeutici è la loro capacità di formare biofilm, complesse comunità di cellule che vivono attaccate ad un substrato e sono immerse in una matrice extracellulare che loro stesse hanno prodotto. Il trattamento delle infezioni da biofilm è particolarmente difficile dato che le cellule in questa modalità di crescita sono intrinsecamente refrattarie ai farmaci antimicrobici ed alle difese dell’ospite. Una ridotta diffusione dei farmaci attraverso la matrice extracellulare, il basso ritmo di crescita delle cellule, l’aumentata capacità di scambiarsi elementi genetici mobili dovuta alla vicinanza tra le cellule, la presenza di sottopopolazioni di cellule dormienti (“persisters”) sono tutti fattori che si ritiene contribuiscano alla resistenza dei biofilm al trattamento antimicrobico. Staphylococcus epidermidis è uno dei principali agenti patogeni nosocomiali spesso associato alla formazione di biofilm su dispositivi medici. La capacità di formare biofilm è considerato il principale fattore di virulenza del batterio. Si ritiene generalmente che i biofilm di S. epidermidis si sviluppino secondo 4 fasi principali: una fase di adesione delle cellule batteriche al substrato, una fase di accumulo in cui le cellule formano le “microcolonie”, una fase di maturazione in cui il biofilm acquista la sua complessa architettura ed, infine, una fase di distacco in cui cellule singole o gruppi di cellule si staccano dalla superficie e vanno a colonizzare siti circostanti. Il fattore di accumulo meglio conosciuto di S. epidermidis è la l’adesina intercellulare polisaccharidica (polysaccharide intercellular adhesin, PIA), un polimero di N- acetil-glucosammina parzialmente deacetilato, sintetizzato dai prodotti genici dell’operone ica, icaA, icaD, icaB and icaC. Sebbene il PIA è stato a lungo considerato un fattore indispensabile per la produzione di biofilm da parte di S. epidermidis, studi più recenti hanno sottolineano che esiste una grande variabilità tra isolati clinici diversi e che, in realtà, alche ceppi ica-negativi possono produrre biofilm con matrici extracellulari prevalentemente di natura proteica. Fin dalla loro scoperta più di 30 anni fa i peptidi antimicrobici naturali (AMPs) hanno attratto un considerevole interesse come nuova classe di farmaci antinfettivi. Sebbene numerosi ostacoli ne limitano ancora l’uso come farmaci sistemici, il loro impiego nel trattamento di infezioni localizzate è più che promettente. Il possibile uso di AMPs per trattare i biofilm microbici è un’emergente area di ricerca dato che tali molecole presentano caratteristiche che potrebbero renderli particolarmente adatti contro cellule in questa modalità di crescita. Studi precedenti del nostro gruppo di ricerca hanno dimostrato che il peptide antimicrobico prodotto dal fegato dell’uomo epcidina 20 (hep20) presenta una marcata capacità antimicrobica verso cellule planctoniche di batteri Gram-positivi e Gram-negativi isolati in ambiente nosocomiale e del lievito Candida glabrata. L’attività antimicrobica e il meccanismo d’azione del peptide sono modulati dal pH dato che un ambiente acido abbassa le concentrazioni battericide e riduce i tempi di killing rispetto ad un pH neutro. Scopo del presente lavoro di tesi è stato quello di testare le proprietà antibiofilm di hep20 verso isolati clinici di S. epidermidis. A tale scopo si è proceduto a isolare, identificare e caratterizzare ceppi nosocomiali di S. epidermidis, relativamente alla loro capacità di produrre biofilm. Data l’eterogeneità recentemente emersa tra isolati clinici, relativamente alla composizione della matrice extracellulare, si è proceduto anche a caratterizzare in dettaglio i ceppi batterici oggetto di studio da un punto di vista fenotipico e genetico per la capacità di produrre una matrice extracellulare di natura polisaccaridica o di natura proteica. L’attività antibiofilm è stata valutata su biofilm in formazione quantificando la biomassa totale del biofilm (intesa come l’insieme delle cellule batteriche associate al biofilm e della matrice extracellulare) dopo colorazione con cristal violetto, l’attività metabolica cellulare, mediante saggio con alamar blu e il numero di cellule vitali (unità formanti colonia, CFU) associate al biofilm dopo il trattamento con hep20. Per un numero selezionato di ceppi si è proceduto anche a valutare la cinetica dell’effetto antibiofilm e l’effetto post-antimicrobico (Post antimicrobial effect, PAE) definito come la durata dell’effetto inibitorio dopo la rimozione del peptide. Delucidazioni sul possibile meccanismo dell’azione antibiofilm del peptide si sono ottenute da studi microscopia confocale, marcando le varie componenti del biofilm con traccianti fluorescenti ed analizzando gli effetti del trattamento con il peptide sull’architettura del biofilm. Si è valutato, infine, l’effetto antibiofilm di hep20 in combinazione con farmaci convenzionali come la vancomicina. L’analisi della capacità di hep20 di inibire la formazione dei biofilm da parte dei ceppi caratterizzati ha rivelato che il peptide è, in generale dotato di una discreta capacità di provocare una riduzione dose-dipendente della biomassa totale del biofilm di S. epidermidis. Tale attività si aveva, nella maggior parte dei casi, a concentrazioni ben al disotto dei valori di MIC valutati verso cellule planctoniche, suggerendo che l’effetto inibitorio non fosse legato ad una attività antimicrobica diretta, ma verosimilmente ad un meccanismo biofilm-specifico. Sebbene si sia osservato un certo grado di variabilità nella suscettibilità dei ceppi a hep20 non si avevano evidenti differenze tra ceppi PIA-positivi e PIA-negativi. L’inibizione della biomassa da parte del peptide correlava con il decremento dell’attività metabolica del biofilm. Al contrario, il numero dei batteri vitali associati al biofilm veniva solo parzialmente ridotto dalla presenza del peptide. La capacità di hep20 di ridurre marcatamente la biomassa del biofilm e la sua attività metabolica con solo trascurabili effetti sul numero di CFU, suggerisce l’ipotesi che il peptide possa interferire con la produzione della matrice extracellulare da parte delle cellule associate al biofilm. Tale ipotesi è stata pienamente supportata dagli esperimenti di microscopia confocale, marcando la componente polisaccaridica e quella proteica della matrice extracellulare di due ceppi rappresentativi di S. epidermidis. Le immagini ottenute hanno chiaramente confermato che hep20 provoca una netta alterazione, dose-dipendente dell’architettura del biofilm ed una riduzione della matrice sia del ceppo PIA-positivo che di quello PIA-negativo, indipendentemente cioè dalla natura della matrice stessa. Quando si è proceduto a valutare la persistenza degli effetti inibitori di hep20 su biofilm di S. epidermidis è emerso un dato interessante. Appena 3 ore di esposizione al peptide erano sufficienti per far durare l’inibizione della matrice fino a 18 ore dalla rimozione del peptide stesso. Tale osservazione indica che gli effetti inibitori del peptide sono piuttosto stabili nel tempo e suggerisce possibili cinetiche di somministrazione del peptide in terapie combinate con antibiotici che agiscano riducendo il numero delle CFU. Al fine di valutare l’effettivo potenziale applicativo di hep20 in terapie combinate è stata valutata la capacità del peptide di potenziare l’attività antibatterica della vancomicina verso biofilm di S. epidermidis PIA-positivi e PIA-negativi. I risultati ottenuti hanno permesso di osservare che il pre-trattamento del biofilm con hep20 favorisce l’attività antimicrobica della vancomicina abbassandone notevolmente la concentrazione attiva e causando una riduzione statisticamente significativa nel numero delle CFU rispetto ai biofilm non pre-trattati con hep20. L’aumento dell’attività antibiofilm della vancomicina dopo pre-trattamento con hep20 supporta l’ipotesi che l’inibizione della produzione della matrice extracellulare da parte del peptide possa favorire la diffusione dell’antibiotico attraverso gli strati del biofilm e, quindi, la sua interazione con le cellule batteriche fino al raggiungimento dei propri bersagli molecolari. Nel loro insieme i dati ottenuti hanno indicato che hep20 presenta, in vitro, una spiccata capacità di ridurre la biomassa totale dei biofilm in formazione sia di ceppi PIA-positivi che PIA-negativi di S. epidermidis e parallelamente il metabolismo cellulare. Tale capacità correla solo in parte con la riduzione della vitalità delle cellule associate al biofilm, suggerendo che il peptide possa avere un effetto inibente sulla produzione della matrice extracellulare. I risultati ottenuti dai saggi di batteriocidia e dall’analisi in microscopia confocale hanno permesso di formulare ipotesi sul possibile meccanismo dell’azione antibiofilm del peptide che sembra promettente per un possibile sviluppo come agente antibiofilm in terapie combinate

    Anti-biofilm properties of the antimicrobial peptide temporin 1Tb and its ability, in combination with EDTA, to eradicate Staphylococcus epidermidis biofilms on silicone catheters

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    In search of new antimicrobials with anti-biofilm potential, in the present study activity of the frog-skin derived antimicrobial peptide temporin 1Tb (TB) against Staphylococcus epidermidis biofilms was investigated. A striking ability of TB to kill both forming and mature S. epidermidis biofilms was observed, especially when the peptide was combined with cysteine or EDTA, respectively. Kinetics studies demonstrated that the combination TB/EDTA was active against mature biofilms already after 2-4-h exposure. A double 4-h exposure of biofilms to TB/EDTA further increased the therapeutic potential of the same combination. Of note, TB/EDTA was able to eradicate S. epidermidis biofilms formed in vitro on silicone catheters. At eradicating concentrations, TB/EDTA did not cause hemolysis of human erythrocytes. The results shed light on the anti-biofilm properties of TB and suggest a possible application of the peptide in the lock therapy of catheters infected with S. epidermidis

    Impaired socio-emotional processing in a developmental music disorder

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    Some individuals show a congenital deficit for music processing despite normal peripheral auditory processing, cognitive functioning, and music exposure. This condition, termed congenital amusia, is typically approached regarding its profile of musical and pitch difficulties. Here, we examine whether amusia also affects socio-emotional processing, probing auditory and visual domains. Thirteen adults with amusia and 11 controls completed two experiments. In Experiment 1, participants judged emotions in emotional speech prosody, nonverbal vocalizations (e.g., crying), and (silent) facial expressions. Target emotions were: amusement, anger, disgust, fear, pleasure, relief, and sadness. Compared to controls, amusics were impaired for all stimulus types, and the magnitude of their impairment was similar for auditory and visual emotions. In Experiment 2, participants listened to spontaneous and posed laughs, and either inferred the authenticity of the speaker’s state, or judged how much laughs were contagious. Amusics showed decreased sensitivity to laughter authenticity, but normal contagion responses. Across the experiments, mixed-effects models revealed that the acoustic features of vocal signals predicted socio-emotional evaluations in both groups, but the profile of predictive acoustic features was different in amusia. These findings suggest that a developmental music disorder can affect socio-emotional cognition in subtle ways, an impairment not restricted to auditory information

    Understanding the roles of gingival beta-defensins

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    Gingival epithelium produces β-defensins, small cationic peptides, as part of its contribution to the innate host defense against the bacterial challenge that is constantly present in the oral cavity. Besides their functions in healthy gingival tissues, β-defensins are involved in the initiation and progression, as well as restriction of periodontal tissue destruction, by acting as antimicrobial, chemotactic, and anti-inflammatory agents. In this article, we review the common knowledge about β-defensins, coming from in vivo and in vitro monolayer studies, and present new aspects, based on the experience on three-dimensional organotypic culture models, to the important role of gingival β-defensins in homeostasis of the periodontium

    Pathogenic Mechanisms and Host Interactions in Staphylococcus epidermidis Device-Related Infection

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    Staphylococcus epidermidis is a permanent member of the normal human microbiota, commonly found on skin and mucous membranes. By adhering to tissue surface moieties of the host via specific adhesins, S. epidermidis is capable of establishing a lifelong commensal relationship with humans that begins early in life. In its role as a commensal organism, S. epidermidis is thought to provide benefits to human host, including out-competing more virulent pathogens. However, largely due to its capacity to form biofilm on implanted foreign bodies, S. epidermidis has emerged as an important opportunistic pathogen in patients receiving medical devices. S. epidermidis causes approximately 20% of all orthopedic device-related infections (ODRIs), increasing up to 50%in late-developing infections. Despite this prevalence, it remains underrepresented in the scientific literature, in particular lagging behind the study of the S. aureus. This review aims to provide an overview of the interactions of S. epidermidis with the human host, both as a commensal and as a pathogen. The mechanisms retained by S. epidermidis that enable colonization of human skin as well as invasive infection, will be described, with a particular focus upon biofilm formation. The host immune responses to these infections are also described, including how S. epidermidis seems to trigger low levels of pro-inflammatory cytokines and high levels of interleukin-10, which may contribute to the sub-acute and persistent nature often associated with these infections. The adaptive immune response to S. epidermidis remains poorly described, and represents an area which may provide significant new discoveries in the coming years

    Statistical analysis plan for the Recovery-focused Community support to Avoid readmissions and improve Participation after Stroke randomised controlled clinical trial

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    Background: Unplanned hospital presentations may occur post-stroke due to inadequate preparation for transitioning from hospital to home. The Recovery-focused Community support to Avoid readmissions and improve Participation after Stroke (ReCAPS) trial was designed to test the effectiveness of receiving a 12-week, self-management intervention, comprising personalised goal setting with a clinician and aligned educational/motivational electronic messages. Primary outcome is as follows: self-reported unplanned hospital presentations (emergency department/admission) within 90-day post-randomisation. We present the statistical analysis plan for this trial. Methods/design: Participants are randomised 1:1 in variable block sizes, with stratification balancing by age and level of baseline disability. The sample size was 890 participants, calculated to detect a 10% absolute reduction in the proportion of participants reporting unplanned hospital presentations/admissions, with 80% power and 5% significance level (two sided). Recruitment will end in December 2023 when funding is expended, and the sample size achieved will be used. Logistic regression, adjusted for the stratification variables, will be used to determine the effectiveness of the intervention on the primary outcome. Secondary outcomes will be evaluated using appropriate regression models. The primary outcome analysis will be based on intention to treat. A p-value ≤ 0.05 will indicate statistical significance. An independent Data Safety and Monitoring Committee has routinely reviewed the progress and safety of the trial. Conclusions: This statistical analysis plan ensures transparency in reporting the trial outcomes. ReCAPS trial will provide novel evidence on the effectiveness of a digital health support package post-stroke. Trial registration: ClinicalTrials.gov ACTRN12618001468213. Registered on August 31, 2018. SAP version 1.13 (October 12 2023) Protocol version 1.12 (October 12, 2022) SAP revisions Ni
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