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    I primi umanisti italiani nello scontro tra papa Giovanni XXII e Ludovico il bavaro

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    pp. 63-71Sono vecchio. E perciò mi accorgo bene quanto rapidamente il mondo à cambiato. Tutto scorre: ma oggi molto più velocemente che nei giorni remoti di Eraclito. Nel giro breve di una generazione sono esplosi insieme industria e commercio, trasporti e turismo; e dunque à mutata tanti favorevolmente nei nostii paesi l'economia. E hanno progredito enormemente le scienze: fisica, chimica, medicina; cesi che sono cambiate le fabbriche e gli espedali. Ormai dominane dovunque i cemputers. Chi ha buoni occhi si accorge quante sono mutate persino le nestie lente discipline: filologia e storia delle letterature. Sopra tutto sempre più aumenta la nostra conoscenza della storia, per gran parte sommersa, dell'umanesimo. La discesa in Italia nel 1327 -1329 di Ludovico U Bavaro, fortemente deciso a raggiungere Roma e a esservi inceronato imperatore, fu uno degli avvenimenti maggiori di quel secolo. Questa incoronazione fu una dichiarazione di guerra. Sì, Ludovico ottenne subito U consenso delle città italiane fomite di vecchia fede ghibellina, e perciò difese da mura e da castelli coronati da merU a ceda di rondine: al nord Milano e Verona, al centio Pisa; e tievò il consenso di signori minori devoti a quella fede e almeno attiatti dagli ideali e dai vantaggi di queUa fazione. Anche se stancò preste questi suoi alleati con richieste insaziabili di denaro. Ma questo disegno del Bavaro si scentiò con il piane ostinatamente perseguito da Giovanni XXII: che per tutto il suo lungo pontificate puntò a saldare in perpetua alleanza i due grandi potentati guelfi, il re di Francia e i suoi censaguinei angioini di Napoli, e invece a deprimere i re aragonesi di Spagna e di Sicilia e i signori ghibellini italiani. Di qui la guerra: conclusa, al di là di sucessi effimeri, con la disfatta finale del Bavaro

    A Politico-Communal Reading of the Rose

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    Lettura del Fiore in rapporto alle fonti retoriche e politiche di ambiente comunal

    Intorno al governo pastorale di Gregorio Barbarigo

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    Il contributo di ricerca \ue8 stato elaborato nell\u2019ambito di uno dei seminari organizzati in preparazione del progettato convegno su Gregorio Barbarigo, quello sul tema \u201cPer lo studio degli episcopati nel Seicento: problemi e linee di ricerca\u201d, introdotto dalle relazioni di Mario Rosa, Antonio Menniti Ippolito e Liliana Billanovich. Il testo dell\u2019articolo riproduce, con le necessarie integrazioni, quella relazione che si proponeva di enucleare gli aspetti salienti e distintivi del governo pastorale del Barbarigo in rapporto e comparazione con i coevi episcopati italiani, anche al fine di arricchire un panorama storiografico ancora carente in argomento

    Intorno al ruolo della 'Casa' nel governo di un vescovo veneziano: dalle lettere di Gregorio Barbarigo ai familiari

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    L\u2019inedito corpus delle lettere di Gregorio Barbarigo ai familiari -padre, zii, fratello, nipoti- \ue8 letto da una angolatura particolare, quella relativa al ruolo svolto dalla famiglia di sangue nel governo del vescovo veneziano, a Bergamo prima poi a Padova: esce documentato il \u201cgioco di squadra\u201d del gruppo di congiunti, come la parte fondamentale da essi ricoperta a fianco del vescovo al posto dei collaboratori di curia
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