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Propagazione in vitro via embriogenesi somatica di Iris pallida Lam. (Giaggiolo)
Il genere Iris è il più grande presente all’interno delle Iridaceae, raggruppando nel suo insieme più di 300 specie di piante erbacee. Il genere Iris, originario del Giappone e dell’areale mediterraneo, presenta un notevole sviluppo e una localizzazione sudequatoriale, ma è presente su tutto il globo per la diffusione operata dall’uomo. Alcune specie d’Iris, quali Iris pallida, l’Iris germanica ed Iris florentina sono indicate con il nome di Giaggioli. L’I. pallida viene coltivata con il fine di ottenere oli essenziali, comunemente indicate con il nome di ‘‘profumo di violetta’’, apprezzati e ricercati dalle industrie profumiere della Provenza. Questa preziosa essenza viene sintetizzata nei rizomi, per semplice degradazione ossidativa degli iridali, i precursori degli ironi (composti chetonici responsabili del profumo). Gli ironi non sono presenti nei rizomi al momento della raccolta: il processo biochimico che porta alla loro formazione è estremamente lento, tanto che quantità accettabili di ironi si accumulano solo dopo un periodo di stagionatura che varia da tre a quattro anni. I rizomi ottenuti sono in seguito sottoposti a particolari processi chimici che consentono di concentrare per gradi l’essenza profumata fino ad ottenere l’assoluta d’iris, una sostanza contenente l’80% di ironi. Il valore dell’assoluta di Iris si aggira intorno ai cinquantamila euro al chilogrammo, ciò non deve stupire se si pensa che per ottenere 0,3-0,4 grammi di assoluta è necessario un chilogrammo di rizoma ben stagionato. In Toscana il giaggiolo viene coltivato in zone tipiche, quali i monti del Chianti e le pendici del Pratomagno nell’aretino. I rizomi provenienti da queste zone sono estremamente apprezzati e richiesti dalle industrie profumiere, che li preferiscono a quelli provenienti da Marocco, India e Cina. Le elevate richieste di rizomi rendono indispensabile un aumento delle produzioni, limitate da metodi di propagazione, di tipo vegetativo, che prevedono l’utilizzo dei rizomi per la produzione delle barbatelle. Per ottenere colture di giaggiolo di elevato pregio, assicurare elevati standard qualitativi e quantitativi, è necessaria un’attività di selezione varietale, accompagnata da metodi di propagazione veloci, ripetibili e affidabili. Tra le tecniche di propagazione offerte dal panorama tecnologico contemporaneo, le tecniche di micropropagazione in vitro risultano essere le più adatte. In particolare la tecnica utilizzata è comunemente indicata con il termine di embriogenesi somatica, un particolare tipo di coltura in vitro, che permette di ottenere embrioni non-zigotici, da un tessuto indifferenziato chiamato callo.
Per realizzare un protocollo per la micropropagazione via embriogenesi somatica dell’I. pallida è stato condotto uno studio svolto dal team guidato dal Prof. Malorgio e dalla Dott.ssa Lucchesini dell’Università di Pisa e dalla Prof.ssa Mensuali della Scuola Superiore Sant’Anna. Lo sviluppo della micropropagazione dell’Iris pallida si pone come obiettivi quelli di fornire uno strumento efficace ed economicamente vantaggioso per le aziende leader in questo settore. Questo studio è stato basato sull'induzione dell’embriogenesi somatica su tessuti provenienti dai boccioli delle piante madri e da frammenti di foglie di plantule sviluppate in vitro. I primi dati ottenuti, relativi all’inquinamento degli espianti, hanno evidenziato che il bocciolo (fiore immaturo) è il miglior candidato per i test iniziali di induzione. Oltre ad aver testato differenti tipi di espianti (parti del bocciolo), sono stati condotti esperimenti su mezzi d’induzione che differiscono tra loro per la tipologia e la concentrazione dei regolatori di crescita, nonché dei componenti organici. Il mezzo di MS modificato contenente 0,1 mg L-1 di chinetina (Kin) e 1 mg L-1 acido 2,4-diclorofenossiacetico (2,4D) come mezzo di induzione per gli espianti dei fiori immaturi è risultato essere il più idoneo. Un altro mezzo MS modificato contenente 1 mg L-1 di Kin e 1 mg L-1 di 2,4D è risultato essere il più adatto per le colture successive di callo embriogenico. Per far sviluppare gli embrioni e mantenerne la formazione è stato utilizzatocome mezzo d’espressione,un mezzo Knudson C modificato, addizionato con 1 mg L-1 Kin e 0,1 mg L-1 acido indol-3-butirrico (IBA). Trasferendo gli embrioni ottenuti su un mezzo MS modificato contenete 0,1 mg L-1 di 6-benziladenina (BA) e acido α-naftalenacetico (NAA), è stato possibile ottenere plantule complete in vitro, da destinare all'acclimatazione ex vitro. La possibilità di indurre la formazione di callo embriogenico su espianti di foglie da plantule micropropagate (sterili e disponibili tutto l’anno) ha permesso di ottimizzare il processo di produzione. Il ciclo di propagazione via embriogenesi somatica è stato analizzato in dettaglio a partire da colture di callo ottenuto attraverso l’induzione di tessuti provenienti da plantule allevate in vitro di Giaggiolo toscano per sei subcolture successive al termine delle quali non era più possibile indurre la formazione di embrioni sul callo. Sulle piante ottenute sono stati effettuate analisi chimiche attraverso metodologia HPLC che hanno consentito di verificare che tale metodo di propagazione non ha effetti sulle presenza degli iridali. E’ stata svolta una caratterizzazione istologica degli embrioni somatici. Sono stati valutati, attraverso metodo fluorocitometrico, i contenuti di DNA al fine di comparare le piante madri e le piante rigenerate dal vitro. Tale analisi ha provato l’assenza di variazioni nella ploidia delle piante di I.pallida che vengono propagate con questo sistema. È stata realizzata l’estrazione di RNA dalle foglie per il sequenziamento con metodo ILLUMINA al fine di valutare i profili di espressione di alcuni geni implicati nella via di biosintesi dei triterpeni.
Infine sono stati prodotti dei semi artificiali, ottenuti inserendo gli embrioni somatici in capsule di alginato. Questi sono stati in grado di mantenere vitali gli embrioni e di permettere lo loro conservazione per lunghi periodi.
In definitiva considerando che un bocciolo potrebbe fornire una media di dodici espianti, i nostri risultati hanno dimostrato che in un ciclo della durata di sei mesi possono essere prodotte circa 150 piantine, con la possibilità di attuare altri cicli partendo dalle foglie delle plantule ottenute. Il callo ottenuto da queste foglie ha una capacità embriogenica di circa 30 embrioni/g di callo ed una germinazione degli embrioni del 50%. Da 1 grammo di espianti fogliari prelevati dalle piante in vitro, è possibile ottenere in circa 60 giorni 8 g di callo embriogenico, in grado di fornire in altri 20 giorni oltre 200 embrioni e quindi circa 100 piantine da acclimatare ex vitro. Le piante ottenute non presentano variazioni rilevanti dal punto di vista agronomico e produttivo. La possibilità di produrre semi artificiali potrà essere utilizzata per trasporto e/o scambio di materiale, in condizioni di asepsi e con una buona vitalità, nonché per la conservazione del germoplasma
Commentary: Case Report: Abdominal Lymph Node Metastases of Parathyroid Carcinoma: Diagnostic Workup, Molecular Diagnosis, and Clinical Management
In the issue of March 2021, Lenschow et al. reported the case of a 46-year-old woman with recurrent, programmed death-ligand-1 (PD-L1) negative, tumor mutational burden (TMB)-high parathyroid carcinoma (PC), who showed stable disease as her best response on imaging, and a three-fold drop in PTH after treatment with intravenous pembrolizumab. Given the remarkable results obtained by Lenschow et al. with the anti-PD-1 agent pembrolizumab in the above-mentioned case, we performed an extensive search for possible further relevant data sources, including a) full published articles in international online databases (PubMed, Web of Science, Scopus, and Embase); b) preliminary reports in selected international meeting abstract repositories (American Society of Clinical Oncology, ASCO; European Neuroendocrine Tumor Society, ENET; European Society for Medical Oncology, ESMO); c) registered clinical trials in the U.S. National Institutes of Health registry of clinical trials (http://clinicaltrials.gov) and in any primary register of the WHO International Clinical Trials Registry Platform (ICTRP)
Global disparities in surgeons’ workloads, academic engagement and rest periods: the on-calL shIft fOr geNEral SurgeonS (LIONESS) study
: The workload of general surgeons is multifaceted, encompassing not only surgical procedures but also a myriad of other responsibilities. From April to May 2023, we conducted a CHERRIES-compliant internet-based survey analyzing clinical practice, academic engagement, and post-on-call rest. The questionnaire featured six sections with 35 questions. Statistical analysis used Chi-square tests, ANOVA, and logistic regression (SPSS® v. 28). The survey received a total of 1.046 responses (65.4%). Over 78.0% of responders came from Europe, 65.1% came from a general surgery unit; 92.8% of European and 87.5% of North American respondents were involved in research, compared to 71.7% in Africa. Europe led in publishing research studies (6.6 ± 8.6 yearly). Teaching involvement was high in North America (100%) and Africa (91.7%). Surgeons reported an average of 6.7 ± 4.9 on-call shifts per month, with European and North American surgeons experiencing 6.5 ± 4.9 and 7.8 ± 4.1 on-calls monthly, respectively. African surgeons had the highest on-call frequency (8.7 ± 6.1). Post-on-call, only 35.1% of respondents received a day off. Europeans were most likely (40%) to have a day off, while African surgeons were least likely (6.7%). On the adjusted multivariable analysis HDI (Human Development Index) (aOR 1.993) hospital capacity > 400 beds (aOR 2.423), working in a specialty surgery unit (aOR 2.087), and making the on-call in-house (aOR 5.446), significantly predicted the likelihood of having a day off after an on-call shift. Our study revealed critical insights into the disparities in workload, access to research, and professional opportunities for surgeons across different continents, underscored by the HDI
Genomic Relationships, Novel Loci, and Pleiotropic Mechanisms across Eight Psychiatric Disorders
Genetic influences on psychiatric disorders transcend diagnostic boundaries, suggesting substantial pleiotropy of contributing loci. However, the nature and mechanisms of these pleiotropic effects remain unclear. We performed analyses of 232,964 cases and 494,162 controls from genome-wide studies of anorexia nervosa, attention-deficit/hyper-activity disorder, autism spectrum disorder, bipolar disorder, major depression, obsessive-compulsive disorder, schizophrenia, and Tourette syndrome. Genetic correlation analyses revealed a meaningful structure within the eight disorders, identifying three groups of inter-related disorders. Meta-analysis across these eight disorders detected 109 loci associated with at least two psychiatric disorders, including 23 loci with pleiotropic effects on four or more disorders and 11 loci with antagonistic effects on multiple disorders. The pleiotropic loci are located within genes that show heightened expression in the brain throughout the lifespan, beginning prenatally in the second trimester, and play prominent roles in neurodevelopmental processes. These findings have important implications for psychiatric nosology, drug development, and risk prediction.Peer reviewe
Iris pallida, ora la propagazione anche in vitro.
Un gruppo di ricerca costituito da CNR, Università di Pisa e Scuola Sant’Anna e finanziato
dalla Regione Toscana ha indagato la possibilità di produrre piante di I. pallida in vitro.
Gli esiti favorevoli dello studio aprono nuove e interessanti prospettive per la sua coltivazione
sia come fiore ornamentale sia per la produzione di profumi e prodotti cosmetic
A SmelAAT Acyltransferase Variant Causes a Major Difference in Eggplant (Solanum melongena L.) Peel Anthocyanin Composition
Eggplant berries are rich in anthocyanins like delphinidin-3-rutinoside (D3R) and nasunin (NAS), which are accumulated at high amounts in the peel. NAS is derived by D3R through acylation and glycosylation steps. The presence of D3R or NAS is usually associated with black-purple or lilac fruit coloration of the most cultivated varieties, respectively. Building on QTL mapping position, a candidate gene approach was used to investigate the involvement of a BAHD anthocyanin acyltransferase (SmelAAT) in determining anthocyanin type. The cDNA sequence comparison revealed the presence of a single-base deletion in D3R-type line ‘305E40’ (305E40_aat) with respect to the NAS-type reference line ‘67/3’. This is predicted to cause a frame shift mutation, leading to a loss of SmelAAT function and, thus, D3R retention. RT-qPCR analyses confirmed SmelAAT and 305E40_aat expression during berry maturation. In D3R-type lines, ‘305E40’ and ‘DR2’, overexpressing the functional SmelAAT allele from ‘67/3’, the transcript levels of the transgene correlated with the accumulation of NAS in fruit peel. Furthermore, it was also found a higher expression of the transcript for glucosyltransferase Smel5GT1, putatively involved with SmelAAT in the last steps of anthocyanin decoration. Finally, an indel marker matching with anthocyanin type in the ‘305E40’ × ’67/3’ segregating population was developed and validated in a wide number of accessions, proving its usefulness for breeding purposes
Less is more: natural variation disrupting a miR172 gene at the di locus underlies the recessive double-flower trait in peach (P. persica L. Batsch)
With the domestication of ornamental plants, artificial selective pressure favored the propagation of mutations affecting flower shape, and double-flower varieties are now readily available for many species. In peach two distinct loci control the double-flower phenotype: the dominant Di2 locus, regulated by the deletion of the binding site for miR172 in the euAP2 PETALOSA gene Prupe.6G242400, and the recessive di locus, of which the underlying factor is still unknown.n
Image_1_Effect of biostimulant raw materials on soybean (Glycine max) crop, when applied alone or in combination with herbicides.pdf
IntroductionBiostimulants exert positive functions in plants, improving yield and quality, and alleviating the negative effects of abiotic stresses. Among them, the application of herbicides may cause damage to nontarget plants. At present, limited information is available regarding the interaction between biostimulants and herbicides.MethodsThe purpose of the present study was to assess the effect of an herbicide’s mixture (Harmony® 50 SX® + Tuareg® + Zetrola®), used in combination with several biostimulant raw materials (BRM), on the agronomic and physiologic characteristics of soybean. The experiments were conducted in two seasons, 2020 and 2021, applying the herbicides mixture alone or associated with 10 BRM.ResultsDifferences emerged between the two years, considering nitrate, total sugars concentration, flavonol, and chlorophyll a fluorescence-related parameters. Chlorophyll content significantly declined (−45% in 2020) in plants treated with the herbicides mixture alone but, in combination with potassium silicate, the chlorophyll values were restored to control levels. The same positive effect observed in response to the combination of potassium silicate and the herbicide mixture has been confirmed in the second year of experiment. At the same time, chlorophyll content and Nitrogen Index were positively increased (up to 8% and 30%, respectively) depending on the application of some BRM and the year. A significant effect of biostimulants on yield was confirmed by the application of Ascophyllum nodosum (+16%) and humic acids (+7%), in 2020. However, the combined use with the herbicides nullifies the increase. DiscussionThe results obtained from these experiments support the use of biostimulants in improving specific quality traits (chlorophyll content, leaves nitrogen status, and secondary metabolites accumulation). At the same time, the potential use of biostimulants in combination with herbicides needs to be further explored since of external factors (environment, year…) still have a strong effect on their efficacy.</p
Surgeons’ practice and preferences for the anal fissure treatment: results from an international survey
The best nonoperative or operative anal fissure (AF) treatment is not yet established, and several options have been proposed. Aim is to report the surgeons' practice for the AF treatment. Thirty-four multiple-choice questions were developed. Seven questions were about to participants' demographics and, 27 questions about their clinical practice. Based on the specialty (general surgeon and colorectal surgeon), obtained data were divided and compared between two groups. Five-hundred surgeons were included (321 general and 179 colorectal surgeons). For both groups, duration of symptoms for at least 6 weeks is the most important factor for AF diagnosis (30.6%). Type of AF (acute vs chronic) is the most important factor which guide the therapeutic plan (44.4%). The first treatment of choice for acute AF is ointment application for both groups (59.6%). For the treatment of chronic AF, this data is confirmed by colorectal surgeons (57%), but not by the general surgeons who prefer the lateral internal sphincterotomy (LIS) (31.8%) (p = 0.0001). Botulin toxin injection is most performed by colorectal surgeons (58.7%) in comparison to general surgeons (20.9%) (p = 0.0001). Anal flap is mostly performed by colorectal surgeons (37.4%) in comparison to general surgeons (28.3%) (p = 0.0001). Fissurectomy alone is statistically significantly most performed by general surgeons in comparison to colorectal surgeons (57.9% and 43.6%, respectively) (p = 0.0020). This analysis provides useful information about the clinical practice for the management of a debated topic such as AF treatment. Shared guidelines and consensus especially focused on operative management are required to standardize the treatment and to improve postoperative results