9 research outputs found

    Portasystemic shunting for metabolic disease

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    Adenovirus-mediated correction of the genetic defect in hepatocytes from patients with familial hypercholesterolemia

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    Familial hypercholesterolemia (FH) is an inherited deficiency of LDL receptors that has been an important model for liver-directed gene therapy. We are developing approaches for treating FH that are based on direct delivery of recombinant LDL receptor genes to liver in vivo. As a first step towards this goal, replication-defective recombinant adenoviruses were constructed which contained either the lacZ gene or the human LDL receptor cDNA expressed from a β-actin promoter. Primary cultures of hepatocytes were established from two patients with homozygous FH and one nonFH patient, and subsequently exposed to recombinant adenoviruses at MOIs ranging from 0.1 to 5. Essentially all of the cells expressed high levels of the transgene without demonstrable expression of an early or late adenoviral gene product; the level of recombinant-derived LDL receptor protein in transduced FH hepatocytes exceeded the endogenous levels by at least 20-fold. These studies support the utility of recombinant adenoviruses for efficient transduction of recombinant LDL receptor genes into human FH hepatocytes without expression of viral proteins.Peer Reviewedhttp://deepblue.lib.umich.edu/bitstream/2027.42/45545/1/11188_2005_Article_BF01233250.pd

    Orthotopic liver transplantation: Indications and results

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    The eck fistula in animals and humans

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    In all species so far studied, including man, portacaval shunt causes the same changes in liver morphology, including hepatocyte atrophy, fatty infiltration, deglycogenation, depletion and disorganization of the rough endoplasmic reticulum (RER) and its lining polyribosomes and variable but less specific damage to other organelles. Many, perhaps all, biosynthetic processes are quickly depressed, largely secondary to the selective damage to the RER, which is the "factory" of the cell. These structural and metabolic changes in the liver after portal diversion are caused by the diversion around the liver of the hepatotrophic substances in portal venous blood, of which endogenous insulin is the most important. In experimental animals, the injury of Eck's fistula can be prevented by infusing insulin into the tied-off hilar portal vein. The subtle but far-reaching changes in hepatic function after portal diversion have made it possible to use this procedure in palliating three inborn errors of metabolism: glycogen storage disease, familial hypercholesterolemia, and α1-antitrypsin deficiency In these three diseases, the abnormalities caused by portal diversion have counteracted abnormalities in the patients that were caused by the inborn errors. In these diseases, amelioration of the inborn errors depends on the completeness of the portal diversion. In contrast, total portal diversion to treat complications of portal hypertension is undesirable and always will degrade hepatic function if a significant amount of hepatopetal portal venous blood is taken from the liver. When total portal diversion is achieved (and this is to be expected after all conventional shunts), the incidence of hepatic failure and hepatic encephalopathy is increased. If portal diversion must be done for the control of variceal hemorrhage, a selective procedure such as the Warren procedure is theoretically superior to the completely diverting shunt. In practice, better patient survival has not been achieved after selective shunts than after conventional shunts, but the incidence of hepatic encephalopathy has been less. © 1983 Year Book Medical Publishers, Inc

    Untersuchung von atherosklerotischen Prozessen in zirkulierenden Monozyten und T-Zellen von Patienten mit familiärer Hypercholesterinämie

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    Ziel dieser Arbeit war es, anhand der Untersuchung von Genexpressionsprofilen (GEP) von Monozyten und T-Zellen weitergehende Erkenntnisse über die molekularen und zellulären Vorgänge in diesen Zellen bei der Entwicklung der Atherosklerose von Patienten mit Familiärer Hypercholesterinämie zu erhalten. Die Ergebnisse dieser Arbeit demonstrieren, dass GEP von Monozyten und T-Zellen von FH-Patienten sich von denen gesunder Kontrollprobanden unterscheiden. Hierbei wurden die größten Unterschiede in der transkriptionellen Regulation der Monozyten festgestellt

    Meccanismi dell'ipercolesterolemia dell'anziano

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    L’invecchiamento è caratterizzato da numerosi cambiamenti metabolici responsabili del declino di alcune funzioni e della comparsa di malattie età-correlate. Tra queste, l’ipercolesterolemia, ritenuta il fattore di rischio principale di aterosclerosi e malattie cardiovascolari, è la maggiormente studiata. È risaputo che alti livelli plasmatici di colesterolo, associato in particolare a LDL, si correlano ad un aumentato rischio di aterosclerosi e malattia coronarica. I livelli di colesterolo totale e di LDL aumentano con l’età (nel ratto già all'età di 12 mesi), come anche l’incidenza di malattie cardiovascolari. Nel fegato l’omeostasi del colesterolo è strettamente regolata tramite la modulazione del 3-idrossi-3metilglutaril-coenzima A reduttasi (HMG-CoA-R), proteina di membrana del reticolo endoplasmatico ed enzima chiave della biosintesi del colesterolo. L’attività dell’HMG-CoA-R è regolata da molti meccanismi, tra cui la fosforilazione/defosforilazione (la forma non fosforilata è enzimaticamente attiva, mentre la forma fosforilata è inattiva) e la degradazione. Durante l’invecchiamento si ha un aumento del colesterolo plasmatico ed un incremento dell’attività dell’HMG-CoA-R, associata a stati di attivazione più alti ed ad una diminuita degradazione dell’enzima epatico. È stato osservato che alterazioni simili sono indotte da un aumento dello stress ossidativo. Gli omega 3 sono una categoria di acidi grassi essenziali, cui è attribuita la capacità di abbassare i livelli della colesterolemia. Primo obiettivo di questa tesi era determinare se la somministrazione prolungata di diete arricchite con omega 3 fosse in grado di prevenire l’ipercolesterolemia senile, e se tale risultato potesse essere attribuito ad una prevenzione delle alterazioni senili dell’attività HMG-CoA reduttasica e/o dei recettori per le LDL. Ratti albini maschi del ceppo Sprague-Dawley sono stati alimentati con una dieta in pellet (Harlan, Italy) addizionata con 11,5% di olio di pesce (ricco di omega 3) fino all’età di 24 mesi a partire dall’età di 2 mesi. Campioni di sangue e di fegato sono stati prelevati previa anestesia con Nembutal. Il fegato è stato rapidamente congelato in azoto liquido e poi utilizzato per isolare il reticolo endoplasmatico, su cui è stata misurata l’attività HMG-CoA reduttasica tramite metodo radioisotopico, valutando la formazione di 14C-mevalonato (MVA) prodotto dall’enzima a partire da 3-14C-HMG-CoA. I risultati hanno dimostrato che la somministrazione prolungata di diete ricche di omega 3 previene (ANOVA test seguito da test di Bonferroni) le alterazioni senili dei livelli plasmatici di colesterolo totale, LDL e HDL, contrasta significativamente le alterazioni senili della regolazione dell’HMG-CoA-R, e mantiene a livelli giovanili l’enzima fosforilato (enzima inattivo). La dieta arricchita con olio di pesce riduce in maniera significativa l’incremento senile dei prodotti di lipoperossidazione; inoltre, previene le alterazioni nell’esposizione dei recettori LDL sulle membrane. Secondo obiettivo di questa tesi era determinare se la somministrazione di farmaci antilipolitici con effetti ipocolesterolemizzanti fosse in grado di prevenire l’ipercolesterolemia senile e se tale risultato potesse essere attribuito ad una prevenzione dell’alterazione dell’attività HMG-CoA reduttasica e/o dei recettori per le LDL. Ratti albini maschi di 12 mesi del ceppo Sprague-Dawley sono stati trattati con somministrazioni intraperitoneali di DMP al termine di un giorno di digiuno. In un secondo gruppo di animali, il trattamento è stato ripetuto per 3 volte, distanziate fra loro con un giorno di alimentazione libera ad libitum (AL). Campioni di sangue e di fegato sono stati prelevati previa anestesia con Nembutal. Il fegato è stato rapidamente congelato in azoto liquido e poi utilizzato per isolare il reticolo endoplasmatico, su cui è stata misurata l’attività HMG-CoA reduttasica tramite metodo radioisotopico, valutando la formazione di 14C-mevalonato (MVA) prodotto dall’enzima a partire da 3-14C-HMG-CoA. I risultati hanno dimostrato che la somministrazione del farmaco antilipolitico (DMP) previene l'aumento della trigliceridemia e, solo se ripetuta, le alterazioni senili dei livelli plasmatici di colesterolo totale, LDL e HDL, ma non le alterazioni senili dello stato di attivazione, a differenza dei livelli dell’enzima fosforilato (enzima inattivo) misurati con tecnica immuochimica, dell'HMG-CoA-R. La somministrazione di DMP non riduce l’incremento senile dei prodotti di lipoperossidazione; inoltre, aumenta oltre i valori giovanili i livelli dei recettori per le LDL esposti sulle membrane. In conclusione, nei ratti l’ipercolesterolemia senile pare fenomeno con patogenesi complessa, in cui possono trovare ruolo oltre che le alterazioni senili dell’HMG-CoA-R, forse secondaria a fenomi lipoperossidativi, anche e soprattutto le alterazioni dell'esposizione sulla membrana di recettori per le LDL. Infatti, dei due trattamenti considerati, entrambi in grado di prevenire totalmente le alterazioni della colesterolemia, la dieta ricca in PUFA riduce la lipoperossidazione e previene le alterazioni dell’HMG-CoA-R e le alterazioni nell’esposizione dei recettori LDL sulle membrane, mentre il trattamento con farmaci antilipolitici non previene le alterazioni senili della lipoperossidazione, ha scarso effetto sull’HMG-CoA-R, ed ha un effetto importante, apparentemente maggiore di quello dei PUFA, solo sui livelli dei recettori di membrana per le LDL

    La fotoferesi nel trapianto di fegato: risultati con donatori over 70

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    La procedura fotoaferetica nel trapianto di fegato non viene contemplata nelle linee guida ASFA, anche se i dati a questo proposito provenienti da pochissimi centri sono molto incoraggianti. Questo studio si propone di analizzare i risultati incoraggianti ottenuti nei trapianti di fegato con donatori over 70, nonostante gli organi trapiantati fossero molto anziani
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