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Geografia, arte e turismo in Sardegna: per una valorizzazione del territorio
La Sardegna (regione autonoma dal 1948) è la seconda isola del Mediterraneo per dimensioni (quasi 24 mila km2) dopo la Sicilia; è una terra geologicamente molto antica, composta di granito come la Corsica, immune ai terremoti perché frammento del continente europeo staccatosi molte ere fa; anche le montagne interne sono sorte prima delle Alpi e degli Appennini della penisola.
Isola da sempre approdo di molti naviganti e luogo di incontro e commercio per numerose civiltà, e anche soggetta a molte dominazioni, in diverse epoche, in ordine cronologico: dai Punici (Fenici continentali), ai Romani, ai Vandali, ai Bizantini, ai Pisani e Genovesi, agli Spagnoli , ai Savoia.
Quasi tutto il territorio è montagnoso, individuiamo formazioni di altipiani granitici o basaltici, Giare, e Tacchi composti invece di arenaria o calcare; ma, come anche le montagne vere e proprie, non sono rilievi molto alti, data la loro vetusta origine e l’azione degli agenti atmosferici nel corso di milioni di anni, hanno una forma quasi orizzontale.
La vetta più alta è Punta La Marmora, 1834 m sul massiccio del Gennargentu. Le zone piane sono poche, il 18%, ricordiamo il Campidano tra Oristano e Cagliari, e la Nurra, tra l’Asinara e Alghero. Ci sono pochi fiumi, quasi tutti torrenti organizzati in canali per irrigare; qui si trova il più grande bacino artificiale italiano, il lago di Omodeo; un lago naturale è quello di Baraz, vicino Alghero.
Infatti la Sardegna soffre di vera e propria siccità, si trova qui il punto di precipitazioni minime italiane all’anno; e i forti venti, se rendono le estati meno umide che nel continente, in realtà spesso danneggiano le zone agricole. Si è cercato comunque di sfruttare la forza di questo elemento e vi si trovano numerosi impianti eolici.
L’isola è nota in tutto il mondo per le spiagge, rocciose a nord e di sabbia bianca al sud; dopo l’opera dell’Aga Khan negli anni Sessanta che con il Consorzio Costa Smeralda ha valorizzato le coste nord-orientali appartenenti al comune di Arzachena (una cinquantina di km), attirando il turismo e la ricchezza con limitate costruzioni di lusso, ora, purtroppo, sulla scia di quel successo mondiale le coste sono state prese d’assalto da abusi edilizi e folle di vacanzieri che invadono i territori nella bella stagione, soprattutto nella parte sud dell’isola.
Va detto comunque, che negli ultimi periodi, molti enti, pubblici e privati stanno tentando di porre ordine in questo caos (che al limite disturba la vita dei sardi indigeni e deturpa l’ambiente naturale) e di pianificare in modo nuovo la convivenza di turismo sostenibile e il territorio, anche sotto la spinta delle direttive europee.
Lungo le coste vi sono numerosissimi porti e anche parecchie isole, paradiso dei turisti sportivi, per snorkeling e immersioni. La Sardegna dunque presenta caratteristiche fisiche, ma anche identitarie, differenziate, opposte in qualche caso. Terra deserta in alcune zone interne, brulla, quasi disabitata, fino ad arrivare a foreste e cascate, boschi, colline, e anche grotte da visitare. Tutto questo è un vantaggio naturale per il lancio di prodotti turistici per tutte le esigenze, dal soggiorno balneare estivo, alle escursioni in montagna, alle visite archeologiche, alla scoperta delle bellezze del paesaggio, alla conoscenza delle tradizioni folcloriche.
L’organizzazione dell’industria turistica però, al momento, è monotematica perché punta tutto sul mare estivo; c’è molto ancora da fare per rendere la Sardegna davvero competitiva rispetto ad altre piazze europee.
Il clima è mite sulle coste, molto ventilate, tra l’altro, e più freddo con nevicate all’interno. Non piove quasi mai..
Si divide in 4 territori amministrativi, Cagliari, Torres, Gallura e Arborea, che risalgono ai giudicati medioevali in cui fu al tempo divisa.
La capitale è Cagliari, nel golfo omonimo, città densamente popolata, sede di importanti traffici e del museo etnografico regionale.
Altre città importanti sono Sassari, molto estesa, Nuoro, centro maggiore della Barbagia, Oristano, Iglesias, Quartu Sant’Elena e Olbia, sede di aeroporto.
I porti sono molto numerosi ma diversi per accoglienza dei natanti e capacità; quelli più importanti sono Cagliari, Sassari, Porto Torres e Olbia. Alghero è porto turistico, e la Costa Smeralda ne ha venti.
Il centro della regione, territorio da noi scelto per la proposta di un rilancio di prodotto turistico in chiave culturale ed ecologica (il marchio totale Parco della Barbagia con annessi percorsi tematici diversi, per attraversare centri diversi e praticare attività di qualità nel tempo libero), annovera territori alquanto selvaggi e antichi come la Barbagia, le Baronie, il Gennargentu, il Supramonte, il Mandrolisai, il Barigadu, il Sarcidano e il Goceano.
Proprio queste zone rurali profonde, relativamente lontane dalle coste affollate, e sedi di tradizioni popolari autoctone possono rappresentare la fortuna turistica dell’isola nella stagione invernale. E nella Barbagia si trovano i musei dedicati a Nivola e Lai, due importanti artisti di fama internazionale. Nivola, profondamente legato all’infanzia e alla geografia dell’isola, compone sculture quasi primitive, essenziali, che ricordano divinità maschili e femminili primordiali, oltre a dipingere quadri che illustrano, tra gli altri, la vita caotica delle città moderne e a progettare piazze cittadine in armonia con il paesaggio sardo.
Lai, forma oggetti con materiali poveri come il pane e il filo, dando vita a opere originalissime come “il libro cucito” e il “sentiero delle capre”, quest’ultimo un vero e proprio intervento sull’ambiente di nascita, il paese Ulassai, dove sulle rocce sono rappresentate delle capre giganti. Questi due artisti sono i simboli più immediati della Sardegna, antica e contemporanea, importanti per la valorizzazione del territorio allo scopo di promuovere un turismo-culturale verso l’interno rurale.
L’economia è basata da sempre sulla pastorizia, e ancora oggi qui c’è il maggior numero di ovini da allevamento di Italia; rinomati infatti sono i formaggi sardi e anche le industrie della pesca. Nei decenni scorsi lo sfruttamaneto del sottosuolo era una voce importante dell’economia e le miniere erano molte; al giorno d’oggi rimangono in attività solo due miniere di carbone, ma esiste un parco geominerario interessante a Monteponi. Citiamo anche la raccolta del sughero, con il quale si confezionano molti manufatti base dell’artigianato sardo.
Data la crisi mondiale, l’ultimo rapporto CRENOS (maggio 2010) sull’economia sarda non è troppo positivo; l’unica voce in crescita è il turismo con oltre 12 milioni di presenze all’anno. Il settore del tempo libero è pertanto quello su cui puntare per accrescere l’economia dell’isola, un po’ in difficoltà per carenza di investimenti nelle nuove tecnologie ad esempio, e per la forte disoccupazione. Le zone più ricche e popolate risultano Cagliari e Olbia-Tempio Pausania.
Per quel che riguarda il popolamento nella storia dell’isola, le prime tracce della presenza dell’uomo risalgono al Paleolitico, che inizia circa 2,5 milioni di anni fa e termina 120 mila anni fa; non è un caso se qui (e non sul continente) si trovano molte produzioni artistiche che rappresentano la “grande madre”, tipica delle civiltà anatoliche pre-indoeuropee; molti studiosi hanno ipotizzato tracce di culture matriarcali preistoriche, ma nulla è sicuro.
I resti archeologici più imponenti per numero, 700, e mistero, sono i nuraghi, disseminati in tutta la regione; la civiltà nuragica, completamente autoctona, scomparsa circa 600 anni prima di Cristo, utilizzava queste costruzioni rocciose forse per abitazioni, forse come edifici sacri, o come fortezze di protezione. Ricordiamo anche i pozzi sacri e le tombe dei giganti, siti molto suggestivi che vale la pena visitare per conoscere un'altra Sardegna.
Gli antichi sardi ebbero contatti con Etruschi, Micenei, e i mercanti dell’epoca, dai Punici invece subirono vere e proprie invasioni, cui cercarono di resistere; ma grazie ai Cartaginesi però, furono create le prime città. Poi l’isola passò sotto Roma e naturalmente ne giovò, come è possibile vedere dai bei resti archeologici del periodo (museo archeologico di Dorgali).
Il latino influenzò non poco il sardo che ha origini neolatine, ma possiede molti dialetti imparentati anche con lo spagnolo, dato che gli Spagnoli dominarono la regione.
Come già detto, ai barbari, ai Bizantini, alla corona d’Aragona, ai papi (bellissime le chiese dell’isola costruite da maestri genovesi e pisani), i sardi tentano di opporsi e non sempre riescono. Importante ricordare la Carta de Logu del Medioevo, dichiarazione di indipendenza del popolo isolano (una sorta di codice civile) dalle invasioni straniere.
Infine, dopo la fase dei Savoia, e dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Sardegna ottiene lo statuto di regione speciale e autonoma nel 1948, riconfermando, in un certo senso, il carattere speciale e indipendente del territorio e del popolo sardo.
Per quel che riguarda la cultura del XX secolo, sulla scia del Romanticismo dell’ Ottocento che esalta il sentimento popolare e le origini delle civiltà, gli artisti sardi si cimentano con un’arte che riflette l’anima dell’isola, oggetti di artigianato rivisitati dal design moderno (l’accademia ISOLA), sculture con materiali poveri come pane e filo (Maria Lai), dipinti e soprattutto, con un certo primitivismo delle forme essenziali, come le figure maschili e femminili, i letti, le spiagge, le madri, le piazze, di Nivola.
La Rivoluzione Industriale sembra non aver toccato questa terra, e gli artisti per prima cosa si ispirano alle tradizioni e al folclore, davvero molto vivo, ancora oggi, in Sardegna. Solo negli anni Ottanta e Novanta sono sorte strutture museali e accademie di tipo moderno.
Accennando ai beni culturali, il primo riconoscimento ufficiale di "bene culturale" in campo internazionale si ebbe durante la Convenzione dell’Aja firmata il 14 maggio 1954 da quaranta Stati di tutti il mondo e confermata in Italia con la legge del 7 febbraio 1958 che sostituiva per la materia l'articolo 822 del codice civile del 1942.
All’epoca si pensava solo a custodire i resti archeologici e a evitare il trafugamento di opere d’arte in tempi post-bellici.
In Italia il riconoscimento del valore culturale e strategico dell’arte e dei paesaggi è stato lento e faticoso: commissioni parlamentari diverse, fino all’istituzione del Ministero apposito, solo nel 1974. e pensare che l’Italia possiede 47 siti Unesco e più del 60% dei beni mondiali…l’economia potrebbe essere basata su questo, invece i tagli alla legge finanziaria, oltre alle scuole e università, hanno riguardato proprio la salvaguardia dei beni culturali, mettendo in crisi il settore.
Ricordiamo il “testo unico” delle leggi inerenti è del 1999. Addirittura, il nuovo Codice dei beni culturali è del 2004.
Il concetto di bene riguarda le opere mobili e immobili legate all’arte, architettura, letteratura, archeologia, alla storia, all’antropologia: le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.
Ora, capiamo come tale patrimonio sia sterminato e necessiti di interventi differenziati per zone e tipologia. Il dibattito degli studiosi verte principalmente su due posizioni piuttosto distanti tra loro: chi apprezza solo del bene pubblico l’importanza dell’aspetto culturale trasmissibile alle nuove generazioni, e chi mette l’accento sul profitto economico del turismo culturale, augurandosi finanziamenti privati.
Forse la via di mezzo, gestioni miste private e pubbliche, è il modo più efficace per amministrare, risanare, migliorare, far fruttare i beni culturali. In molti borghi che si vanno spopolando, ad esempio, di interesse storico, andrebbero coinvolti i cittadini per primi, con iniziative di promozione, per autocoscienza e sviluppo probabile dell’economia futura.
Una volta per tutte in Italia bisognerebbe comprendere che i beni culturali, posseduti in abbondanza, sono agenti fondamentali per lo sviluppo economico e tecnologico del Paese; la quantità sterminata degli stessi naturalmente pone problemi di governo e amministrazione, ma dovrebbero essere all’opera sinergie pubbliche e private sulla base di una rinnovata pianificazione dei territori interessati dalla presenza di qualche bene culturale (in pratica tutto il territorio della penisola).
I problemi italiani di gestione dei beni sono anche tipici dell’isola sarda che però registra singole iniziative, anche di successo, volte alla salvaguardia di territorio e tradizioni e contemporaneamente sfruttamento soft delle zone per scopi turistici.
Questo accade ad esempio nelle zone rurali con la tipologia dell’albergo diffuso (ufficiale qui dal 1998) in cui molti turisti vengono ospitati in case o camere, mentre il centro alberghiero si trova poco lontano, in questo modo si evita di costruire nuove strutture e si coinvolge la cittadinanza nella competizione per l’offerta, si rimette in moto l’economia.
Per valorizzare il suo patrimonio artistico e culturale la Sardegna, vuole puntare sullo sviluppo dei distretti culturali, che favoriscano l’integrazione fra interventi pubblici e privati.
Così si possono creare opportunità per una nuova occupazione, attraverso il coinvolgimento diretto di istituzioni locali e Fondazioni bancarie.
I distretti sono un insieme di zone legate da cultura comune, dialetto, prodotti rurali tipici e anche un collegamento a rete tramite dispositivi elettronici, biblioteche, musei, in modo da formare appunto un distretto.
Anche il centro di Ulassai, nell’Ogliastra, zona montana della Barbagia con collegamenti stradali alla costa, si è candidato, tramite la privata iniziativa di un’associazione culturale locale, a essere inserito in un distretto culturale, proprio per giovarsi dei vantaggi economici dati dall’afflusso turistico-culturale. Sarebbe auspicabile però, che come già detto a proposito del progetto Parco Barbagia, che tutto fosse più centralizzato nell’organizzazione per evitare la nascita di iniziative locali che possano proporre prodotti turistici simili, se non identici.
In Sardegna operano anche gli strumenti degli ambiti di paesaggio che rappresentano l'area di riferimento delle differenze qualitative del paesaggio del territorio regionale. Sono stati individuati a seguito di analisi tra le interrelazioni degli assetti ambientale, storico culturale e insediativo.
Il concetto di ambito è un concetto geografico, la Regione ne ha stabiliti 27, comprendenti anche la fascia costiera. Citiamo anche la legge Soru del 2008 che ha cercato di rimediare per urgenza ai danni al paesaggio e ai centri storici dei comuni dell’interno dell’isola.
Il museo di Nivola a Orani è ben inserito nell’ambiente e rispetta il paesaggio nell’armonia; la mostra è permanente, ci sono la maggior parte delle opere e il messaggio nivoliano è chiaro nella sua semplicità: l’arte è bellezza e bene allo stesso tempo.
Il museo dedicato alla Lai nell’Ogliastra, città di Ulussai, anch’esso ospita la mostra permanente delle opere dell’artista e rispetta il verde circostante del villaggio. Questi siti museali sono le tappe fondamentali di specifici itinerari turistici di qualità, dove il visitatore sceglie consapevolmente cosa vedere e perché.
Fanno parte del circuito storico culturale della Barbagia interna, ossia sono città prima inserite nella soppressa comunità montana del Nuorese, ora riorganizzata in modo da collegare paesi, biblioteche, poli informatici, musei etnografici e monotematici, zone rurali di interesse storico o archeologico o enogastronomico-artigianale, in un centro di coordinamento presso Nuoro, per raccontare le genti, le tradizioni e gli artisti e creare percorsi di viaggio.
Ulassai ha ancora più attrattive turistiche di Orani, è in montagna, ha boschi, rocce e cascate, boschi, patrimonio artigianale, il museo e tanto altro. Un’associazione locale si sta muovendo per valorizzare al massimo questo centro, che è anche vicino alla costa e si presta a diversi tipi di turismo.
La Sardegna ha molto da offrire ai viaggiatori stanchi dello standard elementare del vacanzificio artificiale, come il villaggio turistico; è terra davvero genuina, ha tradizioni davvero antiche e ancora vive, una lingua unica, una gastronomia rinomata, un artigianato particolare, un paesaggio, almeno all’interno,ancora in parte selvaggio e molto tranquillo, per la scarsità di popolazione.
Molto più di altre regioni, che hanno città d’arte ma sono penalizzate dalla folla perenne dei turisti, e dall’inquinamento, l’isola al centro del Mediterraneo può offrire un oasi sincera e diversa, facendo la fortuna del suo bilancio economico.
Secondo le istanze del WTO, Organizzazione Mondiale del Turismo, il turismo sostenibile, ossia un turismo rispettoso dell’ambiente naturale e delle popolazioni indigene che si sviluppa senza invadere e sciupare le zone, è applicabile a tutti i tipi di turismo oggi praticabili, perché la salvaguardia del territorio, il coinvolgimento, la partecipazione attiva con le usanze del posto, in una parola la consapevolezza e la responsabilità della vacanza che si sta facendo non possono più essere evase.
Tra l’altro, il turismo consapevole e sostenibile per il territorio è quello destinato a lunga vita e fonte di profitto costante per le popolazioni dei territori ospitanti, dal momento che la pianificazione lungimirante ed ecologica paga più dello sfruttamento indiscriminato che privilegia solo la quantità delle presenze ma distrugge, senza poter più ricostruire il paesaggio, bene primario dei turismi
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