303 research outputs found

    La pericolositĂ  sociale: una nozione dai contenuti sempre piĂą incerti.

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    Il concetto di pericolosità sociale nasce essenzialmente con la Scuola Positiva e viene recepito nel nostro ordinamento col codice Rocco, che crea il doppio binario e utilizza tale concetto come presupposto di applicazione delle misure di sicurezza. La pericolosità sociale comporta problemi di valutazione da parte del giudice, perché si rifà ad una nozione probabilistica di rischio di recidiva e il giudice deve effettuare un giudizio prognostico che, però, ha margini di incertezza, tanto che parte della dottrina sostiene da tempo che la nozione debba essere eliminata dal nostro ordinamento o, almeno, ripensata. Per la valutazione della pericolosità nei confronti di soggetti semi-imputabili e non imputabili, il giudice può essere coadiuvato dal perito medico psichiatra. L’esperto non ha a disposizione tecniche che con certezza permettano di stabilire se un soggetto è pericoloso o meno, anche se il giudizio prognostico in questi casi è abbastanza attendibile. Ultimamente si sono sviluppate tecniche innovative come le neuroimaging, che possono essere utili anche per la valutazione della pericolosità. Recenti riforme sono intervenute in materia di misure di sicurezza e di valutazione della pericolosità, apportando modifiche puntuali, più che interventi organici, interventi per certi aspetti necessari, ma che hanno contribuito a complicare il quadro normativo

    Building Dynamic Capabilities towards Innovation and Flexibility

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    In March 2020 most Higher Education Institutions around the world quickly moved to online learning and work with only one week to prepare. While the pandemic forced us to do this quickly and without a well thought out plan, most of us met this challenge. The World Health Organization declared that COVID-19 was no longer a global health emergency on May 5, 2023, but many institutions had started the return to “normal” before then. This Organizational Improvement Plan starts with the vision that rather than retrenching back to “normal”, Ontario Polytechnic, a large polytechnic institution in Ontario, Canada, should be moving even further towards flexibility in teaching, learning and work to remain competitive in a complex and changing environment. It goes further to envision Ontario Polytechnic as an organization that is equipped to deal with future innovations, with the dynamic capabilities and innovation mindset to respond creatively and effectively to changes in the environment. In moving this culture change forward, this OIP outlines the importance of understanding social networks, both formal and informal, early and deep engagement of employees, who are seen as actors in the change, rather than recipients of change, and uses Kotter’s Modified 8-Step Change Management Model as a road map to change. The complementary application of both transformational and complexity leadership approaches is key to the success of undertaking a culture change as deep as this one

    Le banche dati dell'Unione europea istituite per finalitĂ  di sicurezza e giustizia

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    Il saggio è dedicato alla ricognizione delle modalità di funzionamento, della disciplina e dell’evoluzione normativa delle principali banche dati centralizzate dell’Unione europea. Vengono approfonditi il Sistema d’informazione Schengen, il Sistema di informazione antifrode (AFIS), il Sistema informativo doganale (SID), nonché il TECS di Europol ed EPOC III di Eurojust. Particolare attenzione viene posta alle forme di tutela del diritto alla protezione del dato contemplate nelle fonti che disciplinano i diversi archivi

    Developing a Manual for a Middle School Social Action Club

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    This project is an overview on the process that was taken to incorporate a social action club into a middle school. The project discusses the importance of social action to youth, how it can be incorporated into a middle school, and how to use creative thinking in the process. A draft manual was completed in order to give educators that are interested in beginning a club like this a starting point of where to begin, what should be accomplished, and how. This project is the completion of a journey, which was taken in order to find out more about how to motivate youth, what projects are truly student-centered and meaningful to the youth of the 21st century, and how to structure group meetings in order to make progress

    L'acquisizione della prova scientifica nel processo penale

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    2008/2009Con il presente studio ci siamo proposti di analizzare l’impatto che il proliferare della cd. prova scientifica ha sortito sul procedimento di formazione della prova penale. In via preliminare, si è avvertita la necessità di porre le premesse per una definizione della locuzione di “prova scientifica” che ne chiarisse le peculiarità gnoseologiche rispetto agli strumenti di conoscenza tradizionali. In tale prospettiva, si ritiene che il quid caratterizzante la scientific evidence sia costituito dall’impiego del metodo scientifico al fine della formazione della conoscenza, dovendo riservarsi, per questa via, la qualifica di scientificità ai soli elementi di prova che derivano da un procedimento formativo di verificazione hempeliana e falsificazione popperiana, il quale si concreta nella sottoposizione dell’ipotesi a continue sperimentazioni e falsificazioni, con conseguente individuazione di un margine intrinseco di errore. L’adozione di tale definizione non è priva di riverberi sul piano processuale, in quanto impone l’abbandono della concezione fideistica della scienza in favore di una nozione di metodo scientifico fallibilista e suscettibile di controllo circa la sua attendibilità epistemologica e la correttezza d’impiego da parte del sistema processuale d’adozione. La centralità del controllo sull’an e sul quantum di scientificità del metodo di formazione della conoscenza deve essere improntato, per un verso, all’autonomia del giudice nei confronti della comunità scientifica di riferimento e alla percezione della scienza come contesto culturale in evoluzione, all’interno del quale anche un metodo scientifico o tecnologico accettato e utilizzato nella prassi può essere messo in discussione dall’emergere di teorie innovative. Per altro verso, a fronte dell’elaborazione degli ormai noti parametri di controllo, discretivi tra good science e junk science, elaborati dalla giurisprudenza nordamericana ad opera delle pronunce componenti la trilogia Daubert-Joiner-Kumho al fine di erigere una griglia di sbarramento delle conoscenze non affidabili operante nella fase di ammissione della prova, si ritiene, sulla scorta della concezione corpuscolariana della conoscenza, che non si possa procedere ad una passiva e acritica operazione di innesto di tali parametri nel contesto processuale, ma che la valutazione di affidabilità del metodo scientifico debba essere contestualizzato in relazione ai paradigmi, alle categorie processuali e alle scansioni in cui si articola il procedimento probatorio delineato dal c.p.p. 1988. In una prospettiva speculare, l’operazione volta alla riconduzione della scientific evidence nell’alveo dell’architettura complessiva del procedimento di formazione della prova non ha ignorato che la complessità e il grado elevato di specializzazione della conoscenza scientifica richiede un apparato di strumenti giuridici idonei a consentire il controllo giudiziale sull’idoneità epistemologica del metodo impiegato, il rispetto dei protocolli d’uso e la coerenza interna del risultato probatorio. In quest’ottica, si sono affrontate le questioni, logicamente interdipendenti, attinenti, l’una, ai modelli probatori attraverso cui introdurre le conoscenze scientifiche nel processo, e, l’altra, alle tecniche dinamiche di acquisizione processuale del sapere scientifico. La prima questione pone l’interprete di fronte ad un sentiero che si biforca nelle direzioni della tipicità o della atipicità probatoria. Con l’adesione alla tesi volta all’inquadramento della conoscenza scientifica nel catalogo dei mezzi tipici abbiamo ritenuto di valorizzare la sistematica del codice laddove esso offre una gamma di strumenti nominati – a partire dalle tecniche di indagine ex artt. 354, 359 e 391-sexies c.p.p. fino a giungere ai mezzi di prova della perizia e della consulenza tecnica endoperitale ed extraperitale – aventi la funzione di consentire l’ingresso della scienza nel processo. L’opzione esegetica de qua è rafforzata dalle seguenti considerazioni. In primis, riteniamo che la tecnica di formulazione della fattispecie dell’art. 220, richiamato per relationem dall’art. 233 c.p.p., a guisa di una “norma in bianco”, suscettibile di trovare riempimento con il rinvio a metodi e tecniche extragiuridiche, sia sintomatica di una prevalutazione legislativa che attesti, da un lato, l’idoneità dei suddetti mezzi di prova ad accogliere nel loro alveo quegli apparati di strumenti tecnologici che, in ragione tanto del continuo sviluppo della scienza quanto della loro natura extralegale, non si prestano ad essere tipizzati in un catalogo; e, dall’altro lato, l’opportunità di sottoporre il metodo tecnico-scientifico alla dialettica della prova e controprova in cui si articola il rapporto tra perizia e consulenza tecnica e alla medesima dinamica di acquisizione probatoria tipizzata in funzione dell’assunzione al processo dei suddetti mezzi di prova. In secundis, il parametro legale dell’art. 220 c.p.p. si presta ad accogliere nel suo ambito applicativo – articolato nella triplice scansione dello svolgimento di indagini, acquisizione di dati e acquisizione di valutazioni da parte dell’esperto – sia la fase in cui il perito procede a proprie indagini tecniche facenti capo a risultati probatori fruibili dal giudice, sia la fase predisposta al controllo dei medesimi risultati e volta ad offrire all’organo giudicante gli strumenti di valutazione intorno alla idoneità probatoria astratta e alla attendibilità e rilevanza in concreto del metodo utilizzato. In tertiis, il conferimento alla prova per esperti del ruolo di trait d’union in funzione dell’ingresso della scienza nel contesto processuale valorizza al massimo grado il diritto di difendersi provando, inteso nella particolare declinazione del diritto a difendersi mediante il contributo di esperti, e il principio della formazione dialettica della conoscenza come canone epistemologico del processo penale. Tale considerazione pone le premesse per la soluzione della seconda questione problematica, afferente alla definizione delle modalità acquisitive della prova scientifica nelle scansioni tipiche dell’assunzione della prova per esperti. L’opzione qui accolta può essere apprezzata da un duplice angolo visuale. Da un lato, si consideri che la disciplina legislativa regolante la formazione della perizia prevede l’allestimento di un contraddittorio endoperitale sia in sede di formulazione dei quesiti sia durante la fase di esecuzione delle operazioni, all’interno del quale i consulenti di parte sono posti in grado di sindacare le scelte dell’esperto sia sotto il profilo della validità astratta del metodo impiegato sia dal punto di vista della sua idoneità in relazione al caso concreto, consentendo loro di controllare la correttezza delle modalità di esecuzione dall’interno della formazione della prova. Dall’altro lato, l’articolazione delle relazioni intercorrenti tra perizia e consulenza tecnica extraperitale rafforza le possibilità di interlocuzione delle parti mediante la realizzazione di una dialettica estrinseca tra i mezzi di prova tecnico-scientifici rimessi alla loro disponibilità. Tale ordine di considerazioni riveste una particolare importanza nelle ipotesi di acquisizione di elementi di prova promananti da settori della scienza o della tecnica che si avvalgano, al loro interno, di differenti metodi di formazione del dato cognitivo. E’ quanto accade, ad esempio, nel settore della tecnica di individuazione vocale, caratterizzata da una contrapposizione tra i metodi spettrografico e parametrico; o, ancora, nell’ambito della genetica forense, attesa la varietà di protocolli applicativi che presiedono all’estrazione del profilo del Dna (quali, a titolo esemplificativo, l’elettroforesi, la sequenziazione del Dna, la spettrometria di massa, il southern blotting); o, infine, nel settore della computer forensic, sol che si pensi ai differenti tools volti all’estrazione del dato informatico dall’elaboratore. Orbene, in tali casi la dialettica interna ed esterna in cui si articolano le relazioni tra i mezzi di prova per esperti consente alle parti di proporre, ciascuna mediante il proprio consulente, una ricostruzione del thema probandum basata sul metodo scientifico ritenuto più affidabile e di esporre nella relazione le ragioni a sostegno della maggiore idoneità epistemologica dello strumento tecnico-scientifico prescelto. Sebbene le clausole degli artt. 506 e 507 c.p.p. siano ostative alla configurazione di un onere perfetto, in capo alla parte che chiede l’acquisizione della prova al processo, di addurre la dimostrazione completa ed esauriente dei requisiti di idoneità ed affidabilità probatoria della prova assumenda, non vi è dubbio che essa sia, quantomeno, portatrice di un interesse all’esposizione dei criteri favorevoli che indirizzino la valutazione del giudice in direzione della utilizzabilità della prova in sede di decisione e dell’attribuzione di un grado elevato di efficacia probatoria. E’ di tutta evidenza, a questo punto, che l’impostazione prescelta costituisce un valido antidoto al cd. paradosso del giudice peritus peritorum, il quale, in sede di valutazione delle tecniche probatorie che si segnalano per l’alto grado di specializzazione, non dovrà operare il vaglio inerente alla scientificità ed affidabilità del metodo scientifico di volta in volta prospettatogli attraverso un dialogo solitario interno alla sua mente ma possa valersi dell’ausilio offerto dai contributi di segno opposto promananti dalle parti attraverso i propri esperti. Non può essere sottaciuto, tuttavia, che la validità di tale ricostruzione è subordinata al verificarsi di due condiciones sine qua non. La prima condizione consiste nell’adesione alle teorie, elaborate dalla dottrina e accolte solo da una parte della giurisprudenza, volte ad affermare la natura marcatamente probatoria della perizia e della consulenza tecnica e la loro esclusione dal novero degli strumenti ancillari, rispettivamente, al giudice e alla difesa. Dove si continuasse a sostenere il carattere neutro o il valore argomentativo delle ricostruzioni offerte da tali mezzi di prova, il sistema appena delineato verrebbe privato delle sue fondamenta. La seconda condizione consiste nell’accoglimento del principio secondo cui la formazione della prova peritale non si esaurisce con la produzione dell’elaborato scritto ma avviene nel contraddittorio, sottoponendo l’esperto al fuoco incrociato delle domande e delle contestazioni in funzione di controllo della attendibilità della prova e della individuazione di eventuali errori nell’applicazione al caso di specie. Nella prospettiva del potenziamento del controllo scientifico, inteso quale metodo elettivo di controllo dell’apporto tecnico-scientifico, in quanto idoneo a testarne la hempeliana forza di resistenza mediante tentativi di demolizione della sua attendibilità gnoseologica e prospettazioni di ricostruzioni fattuali alternative, non pare si possa prescindere dal riconoscimento, in capo alla parte avente un interesse contrario, del diritto alla sottoposizione dell’esperto al controesame, cui corrisponde, sul piano formale, l’onere della citazione del perito ai sensi dell’art. 468 c.p.p. in capo alla parte interessata alla sua assunzione e anche nei casi in cui questa avvenga in dibattimento. In tale prospettiva, il deposito della relazione dell’esperto, corredata dai protocolli applicativi del metodo prescelto e delle pubblicazioni scientifiche, deve essere concepita come supporto documentale funzionale alla preparazione dell’escussione orale e, per tale via, al vaglio sulla rilevanza del metodo al caso concreto e sul rispetto dei suddetti protocolli, ma non può assumere valore probatorio se non a seguito dell’esame dell’esperto.XXII Ciclo197

    Estudio de los cambios, durante el proceso de restauración, en la materia orgánica, la biomasa microbiana y la actividad biológica de suelos degradados enmendados con lodos de EDAR sometidos a diferentes pos-tratamientos

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    En España, la legislación minera obliga, desde el año 1982, a que todas las actividades mineras realicen trabajos de restauración con el fin de devolver al entorno aquellos terrenos afectados por las actividades extractivas. En la presente tesis doctoral se ha comprobado la aplicabilidad de lodos de depuradora que han sido sometidos a secado térmico o a compostaje, como fuente de materia orgánica (MO) y nutrientes para sustratos minerales de restauración (residuos de extracción y de trituración) de áreas dedicadas a actividades extractivas de piedra caliza a cielo abierto. El contenido de de Carbono orgánico (C), C-biomasa microbiana (CBM), carbohidratos totales (CHT), carbohidratos extractables (CHE), respiración basal (RB) y actividades β-glucosidasa (GLU) y β-galactosidasa (GAL) fueron utilizados como índices de calidad del suelo o indicadores del éxito de la restauración. Suelos naturales no alterados por acción antrópica fueron utilizados como referencia para los indicadores establecidos. Se evaluó el efecto del pre-tratamiento de los suelos (secado al aire o secado al aire y rehumedecimiento) sobre los parámetros bioquímicos con el objeto de dilucidar su validez para las determinaciones analíticas que debían realizarse. El rango de los valores de los parámetros bioquímicos en los suelos naturales se mantuvieron generalmente dentro del rango de valores previamente publicados para suelos nativos bajo condiciones mediterráneas. Las variables C, CHT, CHE, CBM y GLU (directamente relacionadas con el contenido de MO o de biomasa microbiana y de su actividad) fueron apropiadas para caracterizar los diez suelos estudiados. Se evaluó el efecto de la adición de tres lodos sometidos a secado térmico sobre los parámetros bioquímicos seleccionados y sobre las características fisicoquímicas de dos tipos de suelos residuales (de extracción y de trituración), y se comparó con la que proporcionaron tres lodos compostados. El ensayo se realizó en lisímetros que fueron llenados con las mezclas de lodo-suelo residual y con los controles, y los muestreos se realizaron inmediatamente después de la preparación de las mezclas y luego de dejarlos en el campo 13 meses. La adición del lodo mejoró claramente las propiedades fisicoquímicas y biológicas de los suelos residuales y el efecto del tipo de lodo fue mayor que el del tipo de suelo. El efecto de lodo fue generalmente más duradero sobre el suelo de trituración. Según los cambios observados en CBM y RB, no hay pruebas de que los lodos tuvieran efectos tóxicos importantes. La pérdida MO luego de 13 meses de agregada la enmienda fue menor en las mezclas que contenían lodos compostados. El efecto de los lodos disminuyó más en el tiempo en los parámetros asociados a la MO fácilmente degradable (RB, COE, CBM y CHE). El tipo de suelo residual empleado como substrato sólo tuvo efecto sobre los parámetros que caracterizan la composición de la MO del suelo (COE, CHT y CHE), sin embargo no afectó los valores de CBM, RB y de las actividades enzimáticas. Los exudados radiculares y los restos vegetales contribuyeron al incremento de los valores de GLU y GAL. El efecto de los lodos difirió con su post tratamiento: el secado térmico hizo la MO más fácilmente degradable. El secado al aire de las muestras de suelo puede considerarse un pre-tratamiento válido en las evaluaciones de CBM, GLU y GAL tanto en los suelos naturales como en los suelos restaurados estudiados. En contraste, los valores de las actividades GLU y GAL en muestras de suelo secas aire y rehumedecimiento no fueron representativos de los valores a humedad de campo. Los indicadores biológicos evaluados nos permitieron asimilar los suelos restaurados a los suelos naturales con características climáticas y litológicas similares, es decir suelos carbonatados con un contenido de MO menor al 3%, y con pH superiores a 8 correspondientes a la zona más árida.Since 1982 Spanish legislation obliges all companies engaged in mining to carry out restoration work with the view to environmentally recuperate those lands affected by their activities. The present thesis has shown the applicability of sewage sludges that had been subjected to thermal drying or composting, as a source of organic matter (OM) and nutrients to restore mineral substrates (extraction and trituration residues) of areas dedicated to limestone quarrying activities in the open. In our work we used chemical and biochemical parameters (organic carbon: C; extractable oorganic carbon: EOC, microbial biomass carbon: MBC; total carbohydrates: TCH; water soluble carbohydrates: ECH; basal respiration; BR; ß-glucosidase activity: GLU, and ß-galactosidase activity: GAL) as soil quality indices or indicators of restoration success. The values obtained in these indicators were compared with those of Catalan soils with minimal anthropogenic disturbance. To facilitate the routine procedures of soil analysis, the effect of pre-treatment of the soil (air drying or air drying and rewetting) on biochemical parameters was evaluated. The studied properties were highly variable among soils but generally remained within the range of values published before for native soils under Mediterranean conditions. C, TCH, ECH, MBC and GLU were found to be suitable for reflecting the main differences among soil type and location. We evaluated the effects of three thermally dried sewage sludges on the before mentioned biological properties and on some physicochemical characteristics when these sludges were added to two types of debris (extraction soil and trituration soil) from a limestone quarry; the effects were compared with those of three composted sewage sludges. Lysimeters previously filled with debris-sludge mixtures and control soils were sampled immediately after preparation and after being left in the open for 13 months. Adding sewage sludge clearly improved the physicochemical and biological properties of the residual soils and the effect of the type of sludge was greater than that of the type of soil. The sludge effect was generally more durable over the trituration soil. Results observed in BMC and MR suggests the sludge did not cause major toxic effects on residual soils. Losses in organic matter after 13 months were lesser in soils amended with composted sludge. The sludge effect decreased the most in BR and EOC followed by MBC and ECH. The soil type effect was significant only in EOC, TCH and ECH. Root exudates and plant debris contributed to ß-glucosidase and ß-galactosidase activities in the treated soils. The sludge effect differed with the pre and post treatments of the sludges: thermal drying made the sludge organic matter more easily decomposable. The values of MBC and of ß-glucosidase and ß-galactosidase activities in air-dried soils had the same ranking as in field-moist soils, whereas air-drying plus rewetting led to a change in the ranking of both enzyme activities compared with field-moist samples. The evaluated biological indicators allowed us to assimilate restored soils to natural soils with similar climatic and lithological characteristics, namely carbonate soils with organic content of less than 3%, and pH above 8, which correspond to the most arid zone

    L'idéal maternel : discours, représentation et célébration des mères québécoises à l'occasion de la Fête des Mères, 1940-1980

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    Mémoire numérisé par la Direction des bibliothèques de l'Université de Montréal
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