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    Autoimmunita' in pazienti con deficit selettivo di IgA

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    Il deficit selettivo di IgA (SIgAD) è la più comune immunodeficienza primitiva, in particolare nella popolazione caucasica, in cui la prevalenza oscilla tra 1:142 e 1:965. Secondo i criteri della European Society for Immunodeficiency (ESID 2015) e quelli del Pan-American Group for Immunodeficiency (PAGID 2015) tale immunodeficit è definito come una riduzione dei livelli di IgA a valori inferiori a 7 mg/dl, in presenza di normali livelli per età degli isotipi immunoglobulinici G totali ed M, in individui di almeno 4 anni di età, dopo che altre cause di ipogammaglobulinemia siano state escluse. La risposta anticorpale ai vaccini è normale. L’esatta patogenesi del SIgAD è ancora da definire; il principale difetto chiamato in causa sembrerebbe l'incapacità delle cellule B a differenziarsi in plasmacellule IgA secernenti, forse per alterazione dell'ambiente citochinico (carenza di IL-4, IL-6, IL-7, IL-10, TGF-β, IL-21). Le basi genetiche non sono completamente chiarite, un ruolo importante sembra svolto dalla presenza dell'aplotipo 8.1, che spiegherebbe anche l'associazione di tale immunodeficit con manifestazioni di tipo autoimmune. Tuttavia in considerazione della variazione dei modelli di ereditarietà (autosimica dominante, autosomica recessiva, difetto sporadico) e della mancanza di un difetto genetico primario identificato,è probabile che la carenza di IgA rappresenti un gruppo eterogeneo di anomalie genetiche,come la immunodeficienza comune variabile (CVID). Nonostante il ruolo chiave svolto dalle IgA nella difesa mucosale (soprattutto a livello di tratto respiratorio e gastro-intestinale), nella maggior parte dei casi i soggetti affetti da SIgAD sono asintomatici e la diagnosi è occasionale. Nei pazienti sintomatici, tuttavia, lo spettro di manifestazioni cliniche è estremamente vario: infezioni ricorrenti, malattie autoimmuni, allergie e disturbi del tratto gastro-intestinale. In casi rari, in età adulta vi può essere un aumentato rischio di sviluppare neoplasie, in particolare adenocarcinoma gastrico o del colon e malattie linfoproliferative. Altra condizione associata è la possibilità di reazione anafilattiche a seguito di trasfusione di emoderivati contenenti tracce di IgA, legata alla presenza in alcuni pazienti di IgE anti-IgA. La prognosi è generalmente buona e legata alla gravità delle patologie associate; circa il 5% dei casi evolve verso l'immunodeficienza comune variabile (CVID). Il nostro studio ha preso in considerazione 25 pazienti in età pediatrica, valutando in particolare la prevalenza dei disordini autoimmuni, con l'intento di evidenziarne la potenziale associazione con specifiche caratteristiche cliniche e/o immunologiche riscontrate in tali pazienti

    Effectiveness of enzymatic hydrolysis for reducing the allergenic potential of legume by-products

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    The interest in agri-food residues and their valorization has grown considerably, and many of them are today considered to be valuable, under-exploited sources of different compounds and notably proteins. Despite the beneficial properties of legumes by-products, there are also some emerging risks to consider, including their potential allergenicity. In this work the immunoreactivity of chickpea, pea, and white bean by-products was assessed, and whether the production of enzymatic hydrolysates can be an effective strategy to reduce this allergenic potential. The results presented clearly indicate that the efficiency of this strategy is strongly related to the enzyme used and the food matrix. All legume by-products showed immunoreactivity towards serum of legume-allergic patients. Hydrolysates from alcalase did not show residual immunoreactivity for chickpea and green pea, whereas hydrolysates from papain still presented some immunoreactivity. However, for white beans, the presence of antinutritional factors prevented a complete hydrolysis, yielding a residual immunoreactivity even after enzymatic hydrolysis with alcalase

    Covid-19 And Rheumatic Autoimmune Systemic Diseases: Role of Pre-Existing Lung Involvement and Ongoing Treatments

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    The Covid-19 pandemic may have a deleterious impact on patients with autoimmune systemic diseases (ASD) due to their deep immune-system alterations

    Stratificazione del rischio di reazioni allergiche in soggetti candidati a vaccinazione anti-COVID19: esperienza della UO di Immunoallergologia dell' Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

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    Dalla fine del 2019 ad oggi la pandemia di COVID-19, causata dal nuovo coronavirus SARS-CoV-2, ha interessato più di 250 milioni di persone nel mondo e ha provocato più di 5 milioni di morti (dati OMS al 01 Dicembre 2021). Le misure di isolamento sociale e i dispositivi di protezione individuale hanno consentito di limitare la trasmissione del virus, ma finora nessuna delle terapie proposte si è dimostrata completamente efficace nel trattamento dei soggetti affetti. Fino ad ora la profilassi attiva mediante vaccinazione rappresenta l’arma più potente per ridurre la trasmissione del virus e lo sviluppo di forme gravi di malattia con conseguente ospedalizzazione ed occupazione delle terapie intensive. Fin dall’inizio della pandemia la comunità scientifica e l’industria farmaceutica si sono focalizzate sullo sviluppo di vaccini anti-SARS-CoV-2 efficaci e sicuri, di cui quattro approvati dalle autorità regolatorie europee e italiane ed attualmente in uso nella campagna vaccinale: Comirnaty-Pfizer/BioNTech, Spikevax-Moderna, Vaxzevria-AstraZeneca e Janssen- Johnson&Johnson. Nel dicembre 2020, all’inizio della campagna vaccinale, nel Regno Unito sono stati riportati i primi casi di reazioni anafilattiche, inizialmente con una incidenza fino a 10 volte superiore a quella registrata per gli altri vaccini. Con il proseguire del monitoraggio da parte degli enti di farmacovigilanza, tale fenomeno è stato nettamente ridimensionato, ma, nonostante le reazioni al vaccino anti-SARS-CoV-2 siano da considerarsi un evento raro, la loro possibilità ha generato nella popolazione generale il timore di sottoporsi alla vaccinazione, ostacolando così la campagna vaccinale. In questo contesto diverse Società di Allergologia e Immunologia clinica in Europa e la World Allergy Organizzation (WAO) hanno proposto protocolli per la stratificazione del rischio allergologico e, nei pazienti ad alto rischio, modalità che potessero garantire la somministrazione del vaccino in sicurezza. Facendo seguito alle linee di indirizzo della SIAAIC-AAIITO, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana (AOUP) ha fornito ai Medici di Medicina Generale (MMG) dell’ATNO un servizio allergologico (Teleallergologia) da parte della UO Immunoallergologia Clinica e SD Allergologia Clinica (15 giorni/mese/per struttura), raccogliendo l’esigenza degli operatori sanitari coinvolti in prima persona nella vaccinazione anti-SARS-CoV-2 di avere un supporto specialistico allergologico. Mediante una Procedura di Area Vasta (PAV06), la AOUP ha permesso quindi di stratificare il rischio di reazioni allergiche a vaccini anti-SARS-CoV-2 in soggetti di età superiore agli 80 anni e in soggetti fragili. Con il proseguire della campagna vaccinale, tale piattaforma è stata utilizzata anche dei medici vaccinatori degli hub vaccinali ed estesa ad altre fasce di popolazione. Il presente studio riporta l’esperienza della UO Immunoallergologia Clinica (AOUP) nella stratificazione del rischio allergologico nei soggetti da sottoporre ai vaccini anti-SARS-CoV-2 prevista nella PAV06. Valuta inoltre l’impatto della diagnostica allergologica nella prevenzione e diagnosi delle reazioni di ipersensibilità ai vaccini anti-SARS-CoV-2 e l’identificazione di strategie vaccinali alternative. In particolare, per alcuni pazienti il percorso di stratificazione del rischio ha richiesto l’esecuzione di test cutanei per PEG/polisorbati, eccipienti contenuti nei vaccini attualmente in uso e ritenuti possibili colpevoli delle reazioni di ipersensibilità ai vaccini anti-SARS-CoV-2. Da Febbraio a Settembre 2021 la UO Immunoallergologia Clinica (AOUP) ha valutato in teleallergologia 900 soggetti di cui 143 anche in presenza. Ha inoltre sottoposto a consulenza allergologica finalizzata alla campagna vaccinale anche soggetti provenienti da altre modalità di accesso quali open-access, visite interne, controlli allergologici e pazienti inviati dalla Medicina Preventiva. I dati relativi alla diagnostica allergologica in-vivo (test cutanei) hanno dimostrato un alto valore predittivo negativo dei test cutanei per PEG/polisorbati (95,2%). Solo 5 dei 152 pazienti sottoposti a diagnostica in vivo sono risultati positivi ai test cutanei, 2 dei quali in pazienti che avevano presentato una reazione di ipersensibilità al vaccino. Per questi ultimi soggetti, un importante limite è stata l’impossibilità di testare direttamente il vaccino e non solo gli eccipienti in esso contenuti. La consulenza allergologica, inclusi i differenti step della diagnostica, ha permesso in alcuni casi selezionati, di individuare come procedura ottimale per il paziente la somministrazione del vaccino in dosi frazionate. Tale procedura ha permesso di completare la diagnostica allergologica in-vivo (test di provocazione in soggetti con precedente reazione al vaccino) e nello stesso tempo di completare la vaccinazione. La negatività del test di provocazione ha inoltre permesso di dare indicazioni ad eseguire successive dosi di vaccino anti-SARS-CoV-2 in un’unica somministrazione, riducendo la richiesta di ulteriori valutazioni allergologiche. Analisi sierologica dei pazienti che hanno ricevuto il vaccino in dosi frazionate, ha permesso di dimostrare che tale modalità di somministrazione permette comunque di indurre una risposta anticorpale neutralizzante l’antigene Spike, con risultati sovrapponibili a quelli osservati nei soggetti che hanno ricevuto il vaccino in dose unica. Nel complesso, le valutazioni allergologiche durante campagna vaccinale per COVID-19 ha consentito di vaccinare in sicurezza un alto numero di soggetti con singola dose e un gruppo selezionato con dosi frazionate, modalità sicura ed efficace

    Effect of Flexible Family Visitation on Delirium Among Patients in the Intensive Care Unit

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    Effect of flexible family visitation on delirium among patients in the Intensive Care Unit: the ICU visits randomized clinical trial

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    Fernando Augusto Bozza. Fundação Oswaldo Cruz. Instituto Nacional de Infectologia Evandro Chagas. Documento produzido em parceria ou por autor vinculado à Fiocruz, mas não consta a informação no documento.Intensive Care Unit, Hospital Moinhos de Vento (HMV), Porto Alegre, Rio Grande do Sul, Brazil (Rosa, D. B. da Silva, Eugênio, Haack, Medeiros, Tonietto, Teixeira); Research Projects Office, HMV, Porto Alegre, Rio Grande do Sul, Brazil (Rosa, Falavigna, D. B. da Silva, Sganzerla, Santos, Kochhann, de Moura, Eugênio, Haack, Barbosa, Robinson, Schneider, de Oliveira, Jeffman, Medeiros, Hammes); Brazilian Research in Intensive Care Network (BRICNet), São Paulo, São Paulo (Rosa, Cavalcanti, Machado, Azevedo, Salluh, Nobre, Bozza, Teixeira); HCor Research Institute, São Paulo, São Paulo, Brazil (Cavalcanti); Department of Anesthesiology, Pain and Intensive Care, Universidade Federal de São Paulo (UNIFESP), São Paulo, São Paulo, Brazil (Machado); Intensive Care Unit, Hospital Sírio-Libanês, São Paulo, São Paulo, Brazil (Azevedo); Department of Critical Care, Instituto D’Or de Pesquisa e Ensino, Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, Brazil (Salluh, Mesquita, Bozza); Intensive Care Unit, Hospital de Clínicas de Porto Alegre (HCPA), Porto Alegre, Rio Grande do Sul, Brazil (Pellegrini, Moraes); Intensive Care Unit, Hospital Santa Cruz, Santa Cruz do Sul, Rio Grande do Sul, Brazil (Foernges); Intensive Care Unit, Hospital Santa Rita, Porto Alegre, Rio Grande do Sul, Brazil (Torelly); Intensive Care Unit, Hospital Universitário do Oeste do Paraná, Cascavel, Paraná, Brazil (Ayres, Duarte); Intensive Care Unit, Hospital do Câncer de Cascavel, Cascavel, Paraná, Brazil (Duarte); Intensive Care Unit, Hospital das Clínicas, Faculdade de Medicina de Ribeirão Preto, Ribeirão Preto, São Paulo, Brazil (Lovato); Intensive Care Unit, Santa Casa de Misericórdia de Feira de Santana, Feira de Santana, Bahia, Brazil (Sampaio); Intensive Care Unit, Hospital Geral Clériston Andrade, Feira de Santana, Bahia, Brazil (de Oliveira Júnior); Intensive Care Unit, Santa Casa de Misericórdia de São João Del Rei, São João Del Rei, Minas Gerais, Brazil (Paranhos); Intensive Care Unit, Hospital Regional Doutor Deoclécio Marques de Lucena, Parnamirim, Rio Grande do Norte, Brazil (Dantas, de Brito); Intensive Care Unit, Fundação Hospital Adriano Jorge, Manaus, Amazonas, Brazil (Paulo); Intensive Care Unit, Hospital Agamenon Magalhães, Recife, Pernambuco, Brazil (Gallindo); Intensive Care Unit, Hospital da Cidade, Passo Fundo, Rio Grande do Sul, Brazil (Pilau); Intensive Care Unit, Hospital Mãe de Deus, Porto Alegre, Rio Grande do Sul, Brazil (Valentim); Intensive Care Unit, Hospital de Urgências de Goiânia, Goiânia, Goiânia, Brazil (Meira Teles); Intensive Care Unit, Hospital das Clínicas, Universidade Federal de Minas Gerais (UFMG), Belo Horizonte, Minas Gerais, Brazil (Nobre); Intensive Care Unit, Pavilhão Pereira Filho, Porto Alegre, Rio Grande do Sul, Brazil (Birriel); Intensive Care Unit, Hospital Regional do Baixo Amazonas, Santarém, Pará, Brazil (Corrêa e Castro); Intensive Care Unit, Hospital Nossa Senhora da Conceição, Porto Alegre, Rio Grande do Sul, Brazil (Specht); School of Medicine, Universidade Federal de Ciências da Saúde de Porto Alegre (UFCSPA), Porto Alegre, Rio Grande do Sul, Brazil (N. B. da Silva); Department of Public Health Sciences, Medical University of South Carolina, Charleston (Korte); Unit of Pediatric Anesthesia and Intensive Care, Ospedale dei Bambini—ASST Spedali Civili, Brescia, Italy (Giannini); Oswaldo Cruz Foundation (FIOCRUZ), Rio de Janeiro, Rio de Janeiro, Brazil (Bozza).Submitted by Janaína Nascimento ([email protected]) on 2019-09-11T14:37:38Z No. of bitstreams: 1 ve_Rosa_Regis_etal_INI_2019.pdf: 616825 bytes, checksum: 2aae5be305137324e272a08cc32e9270 (MD5)Approved for entry into archive by Janaína Nascimento ([email protected]) on 2019-09-11T14:52:11Z (GMT) No. of bitstreams: 1 ve_Rosa_Regis_etal_INI_2019.pdf: 616825 bytes, checksum: 2aae5be305137324e272a08cc32e9270 (MD5)Made available in DSpace on 2019-09-11T14:52:11Z (GMT). No. of bitstreams: 1 ve_Rosa_Regis_etal_INI_2019.pdf: 616825 bytes, checksum: 2aae5be305137324e272a08cc32e9270 (MD5) Previous issue date: 2019Múltipla - Ver em Notas.IMPORTANCE: The effects of intensive care unit (ICU) visiting hours remain uncertain. OBJECTIVE: To determine whether a flexible family visitation policy in the ICU reduces the incidence of delirium. DESIGN, SETTING AND PARTICIPANTS: Cluster-crossover randomized clinical trial involving patients, family members, and clinicians from 36 adult ICUs with restricted visiting hours (<4.5 hours per day) in Brazil. Participants were recruited from April 2017 to June 2018, with follow-up until July 2018. INTERVENTIONS: Flexible visitation (up to 12 hours per day) supported by family education (n = 837 patients, 652 family members, and 435 clinicians) or usual restricted visitation (median, 1.5 hours per day; n = 848 patients, 643 family members, and 391 clinicians). Nineteen ICUs started with flexible visitation, and 17 started with restricted visitation. MAIN OUTCOMES AND MEASURES: Primary outcome was incidence of delirium during ICU stay, assessed using the CAM-ICU. Secondary outcomes included ICU-acquired infections for patients; symptoms of anxiety and depression assessed using the HADS (range, 0 [best] to 21 [worst]) for family members; and burnout for ICU staff (Maslach Burnout Inventory). RESULTS: Among 1685 patients, 1295 family members, and 826 clinicians enrolled, 1685 patients (100%) (mean age, 58.5 years; 47.2% women), 1060 family members (81.8%) (mean age, 45.2 years; 70.3% women), and 737 clinicians (89.2%) (mean age, 35.5 years; 72.9% women) completed the trial. The mean daily duration of visits was significantly higher with flexible visitation (4.8 vs 1.4 hours; adjusted difference, 3.4 hours [95% CI, 2.8 to 3.9]; P < .001). The incidence of delirium during ICU stay was not significantly different between flexible and restricted visitation (18.9% vs 20.1%; adjusted difference, −1.7% [95% CI, −6.1% to 2.7%]; P = .44). Among 9 prespecified secondary outcomes, 6 did not differ significantly between flexible and restricted visitation, including ICU-acquired infections (3.7% vs 4.5%; adjusted difference, −0.8% [95% CI, −2.1% to 1.0%]; P = .38) and staff burnout (22.0% vs 24.8%; adjusted difference, −3.8% [95% CI, −4.8% to 12.5%]; P = .36). For family members, median anxiety (6.0 vs 7.0; adjusted difference, −1.6 [95% CI, −2.3 to −0.9]; P < .001) and depression scores (4.0 vs 5.0; adjusted difference, −1.2 [95% CI, −2.0 to −0.4]; P = .003) were significantly better with flexible visitation. CONCLUSIONS AND RELEVANCE: Among patients in the ICU, a flexible family visitation policy, vs standard restricted visiting hours, did not significantly reduce the incidence of delirium

    Prevalence and death rate of COVID-19 in systemic autoimmune diseases in the first three pandemic waves. Relationship to disease subgroups and ongoing therapies

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    Objective: Autoimmune systemic diseases (ASD) represent a predisposing condition to COVID-19. Our prospective, observational multicenter telephone survey study aimed to investigate the prevalence, prognostic factors, and outcomes of COVID-19 in Italian ASD patients. Methods: The study included 3,918 ASD pts (815 M, 3103 F; mean age 59 +/- 12SD years) consecutively recruited between March 2020 and May 2021 at the 36 referral centers of COVID-19 and ASD Italian Study Group. The possible development of COVID-19 was recorded by means of a telephone survey using a standardized symptom assessment questionnaire. Results: ASD patients showed a significantly higher prevalence of COVID-19 (8.37% vs. 6.49%; p<0.0001) but a death rate statistically comparable to the Italian general population (3.65% vs. 2.95%). Among the 328 ASD patients developing COVID-19, 17% needed hospitalization, while mild-moderate manifestations were observed in 83% of cases. Moreover, 12/57 hospitalized patients died due to severe interstitial pneumonia and/or cardiovascular events; systemic sclerosis (SSc) patients showed a significantly higher COVID-19-related death rate compared to the general population (6.29% vs. 2.95%; p=0.018). Major adverse prognostic factors to develop COVID-19 were: older age, male gender, SSc, pre-existing ASD-related interstitial lung involvement, and long-term steroid treatment. Of note, patients treated with conventional synthetic disease-modifying antirheumatic drugs (csDMARDs) showed a significantly lower prevalence of COVID-19 compared to those without (3.58% vs. 46.99%; p=0.000), as well as the SSc patients treated with low dose aspirin (with 5.57% vs. without 27.84%; p=0.000). Conclusion: During the first three pandemic waves, ASD patients showed a death rate comparable to the general population despite the significantly higher prevalence of COVID-19. A significantly increased COVID-19-related mortality was recorded in only SSc patients' subgroup, possibly favored by preexisting lung fibrosis. Moreover, ongoing long-term treatment with csDMARDs in ASD might usefully contribute to the generally positive outcomes of this frail patients' population
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