24 research outputs found

    Metodologie magneto-gradiometriche applicate ad indagini marine di tipo ambientale all’interno del Mar Piccolo (Taranto)

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    La caratteristica fondamentale dei metodi di potenziale, è quella di aver il pregio di fornire una risposta relativamente rapida e non invasiva dell’oggetto in studio, che siano strutture geologiche (studi di tipo tettonico o minerario) o isolati corpi suscettivi sepolti (studi prettamente ambientali – relitti, discariche sottomarine, fusti metallici sepolti ecc..). Nei rilievi magnetici marini relativi a quest’ultimo caso, per ottenere dei risultati soddisfacenti, sono di fondamentale importanza alcuni requisiti quali un accurato sistema di posizionamento GPS, l’utilizzo di vettori navali amagnetici, una elevata sensibilità della strumentazione impiegata, e la corretta rimozione degli effetti temporali legati alle variazioni del Campo Magnetico terrestre. Quest’ultimo aspetto è assai delicato perché comporta la necessità di avere un osservatorio fisso coerente in misura durante l’esecuzione del rilievo. Per superare questo problema sono assai efficaci metodologie di tipo gradiometrico, che si basano sullo studio del gradiente orizzontale del Campo Magnetico terrestre, che si ottiene mediante l’acquisizione contemporanea di due misure (due sensori) poste ad una determinata distanza tra loro. I principali vantaggi introdotti dall’utilizzo di queste tecniche consistono principalmente in una significativa attenuazione dei contributi derivanti dalle sorgenti più profonde, la non necessità delle correzioni temporali ed in una maggiore rapidità nelle procedure di elaborazione dei dati. In questa ottica è stato condotto uno studio applicando questo tipo di metodologia in un contesto prettamente ambientale ovvero l’individuazione di corpi metallici in un’area ad elevato noise ambientale. L’area del rilievo è situata all’interno del Mar Piccolo di Taranto, a ridosso delle strutture portuali e si estende per circa 3 X 1,5 Km. I rilievi sono stati condotti utilizzando una piccola imbarcazione (idrobarca in GRP - Glass Renforced Plastic) trainante l’apparato di misura filato ad una distanza tale da non risentire del disturbo elettromagnetico generato dai motori e dalle apparecchiature di bordo. Problematiche relative ai bassi fondali dell’area rilevata (da 4 a 13 metri di battente d’acqua) hanno comportato la progettazione di un apposito catamarano in vetroresina (completamente amagnetico) a cui è stata fissata la sensoristica, così da poter navigare poco sotto il pelo dell’acqua; per motivi di navigabilità sono stati pianificate rotte principali in direzione Est-Ovest e traverse di controllo nelle aree con segnali ‘interessanti’. La strumentazione magnetometrica utilizzata (fig. 1) è costituita da due sensori a vapori di Cesio che sfruttano la tecnica del pompaggio ottico. La misura della frequenza viene effettuata con 10 letture al secondo, l’operatività è garantita in un range tra 20.000 – 100.000 nT e l’accuracy assoluta dipende da diversi fattori quali: l’orientazione del sensore, lo shift della luce interna e il tempo del frequency counter. L’errore dovuto all’orientazione risulta comunque compreso entro 1 nT. L’operatività viene garantita in un range da –35° e +50° di orientazione dei sensori. la sensibilità è di 0.02 nT con un intervallo di campionamento di 10 misure al secondo. Nonostante l’elevato noise ambientale causato dalla presenza di navi, bacini e altre sorgenti di noise legate alle attività portuali, sono stati evidenziati 9 punti anomali di interesse nella mappa del segnale gradiometrico (fig. 2). Le successive ispezioni dirette, hanno rilevato la presenza di evidenze (vari materiali di tipo ferroso e spezzoni di battelli) correlate alle anomalie di 7 punti tra quelli individuati a seguito dell’elaborazione dei dati

    Holocene Sea Level Recorded by Beach Rocks at Ionian Coasts of Apulia (Italy)

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    Beach rocks are located along many coasts of the Mediterranean basin. The early diagenesis environment and the mean sea level along the shoreline make these landforms useful in the reconstruction of relative sea-level changes and, in particular, as SLIPs (sea-level index points). The beach rocks surveyed along the Ionian coast of Apulia were found to be well preserved at three specific depth ranges: 6–9 m, 3–4 m, and from the foreshore to about 1.20 m. Morpho-bathymetric and dive surveys were performed to assess both the geometries and the extension of the submerged beach rocks. Samples were collected at these different depths in the localities of Lido Torretta, Campomarino di Maruggio, San Pietro in Bevagna, and Porto Cesareo. Bivalve shells were identified and isolated from the beach rock samples collected at a depth of 7 m; AMS dating provided a calibrated age of about 7.8 ka BP. Their morphology and petrological features, along with the time constraints, enabled us to (i) reconstruct the local sea-level curve during the Holocene, (ii) corroborate acquired knowledge of the relative sea-level history, and (iii) identify possible local vertical land movement (VLM)

    Geomorphology and development of a high-latitude channel system: the INBIS channel case (NW Barents Sea, Arctic)

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    This is a post-peer-review, pre-copyedit version of an article published in Arktos. The final authenticated version is available online at: http://dx.doi.org/https://doi.org/10.1007/s41063-019-00065-9 .The INBIS (Interfan Bear Island and Storfjorden) channel system is a rare example of a deep-sea channel on a glaciated margin. The system is located between two trough mouth fans (TMFs) on the continental slope of the NW Barents Sea: the Bear Island and the Storfjorden–Kveithola TMFs. New bathymetric data in the upper part of this channel system show a series of gullies that incise the shelf break and minor tributary channels on the upper part of the continental slope. These gullies and channels appear far more developed than those on the rest of the NW Barents Sea margin, increasing in size downslope and eventually merging into the INBIS channel. Morphological evidence suggests that the Northern part of the INBIS channel system preserved its original morphology over the last glacial maximum (LGM), whereas the Southern part experienced the emplacement of mass transport glacigenic debris that obliterated the original morphology. Radiometric analyses were applied on two sediment cores to estimate the recent (~ 110 years) sedimentation rates. Furthermore, analysis of grain size characteristics and sediment composition of two cores shows evidence of turbidity currents. We associate these turbidity currents with density-driven plumes, linked to the release of meltwater at the ice-sheet grounding line, cascading down the slope. This type of density current would contribute to the erosion and/ or preservation of the gullies’ morphologies during the present interglacial. We infer that Bear Island and the shallow morphology around it prevented the flow of ice streams to the shelf edge in this area, working as a pin (fastener) for the surrounding ice and allowing for the development of the INBIS channel system on the inter-ice stream part of the slope. The INBIS channel system was protected from the burial by high rates of ice-stream derived sedimentation and only partially affected by the local emplacement of glacial debris, which instead dominated on the neighbouring TMF systems

    Observational Evidence of the Basin-Wide Gyre Reversal in the Gulf of Taranto

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    The paper shows for the first time the observational evidence of basin-wide gyre reversal in the Gulf of Taranto (north-western Ionian Sea in the eastern Mediterranean Sea) by means of two specifically designed in situ oceanographic campaigns (based on CTD and ADCP measurements). The analysis of the in situ data shows a change in circulation from anticyclonic in October 2014 to cyclonic in June\u2013July 2016. Furthermore, long-term (1993\u20132018) analysis using gridded satellite altimetry data in the Gulf of Taranto shows that the cyclonic gyres are more frequent than anticyclonic gyres. The latter occur only for 2 to 3 years at a time in some decades

    Prospezioni geomagnetiche marine: primi risultati di una collaborazione scientifica fra Istituto Idrografico della Marina, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e Consorzio Universitario della Spezia

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    In questo lavoro viene presentata l’attività svolta in collaborazione con l’Istituto Idrografico della Marina finalizzata allo sviluppo di metodi e procedure per le misurazioni geomagnetiche nell’ambiente marino particolarmente orientate al rinvenimento di relitti, discariche e quanto d’altro, di origine antropica, possa perturbare l’ambiente marino. La complessità nell’effettuazione delle misure in mare e gli elevati costi ad esse associati sono la reale ragione che limitano la diffusione di questo tipo di studi. Solo una collaborazione scientifica fra enti ha permesso il superamento delle intrinseche difficoltà.....

    The International Bathymetric Chart of the Arctic Ocean Version 4.0

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    Funder: The Nippon Foundation of Japan, grant Seabed 2030Funder: Open access funding provided by Stockholm UniversityAbstract: Bathymetry (seafloor depth), is a critical parameter providing the geospatial context for a multitude of marine scientific studies. Since 1997, the International Bathymetric Chart of the Arctic Ocean (IBCAO) has been the authoritative source of bathymetry for the Arctic Ocean. IBCAO has merged its efforts with the Nippon Foundation-GEBCO-Seabed 2030 Project, with the goal of mapping all of the oceans by 2030. Here we present the latest version (IBCAO Ver. 4.0), with more than twice the resolution (200 × 200 m versus 500 × 500 m) and with individual depth soundings constraining three times more area of the Arctic Ocean (∼19.8% versus 6.7%), than the previous IBCAO Ver. 3.0 released in 2012. Modern multibeam bathymetry comprises ∼14.3% in Ver. 4.0 compared to ∼5.4% in Ver. 3.0. Thus, the new IBCAO Ver. 4.0 has substantially more seafloor morphological information that offers new insights into a range of submarine features and processes; for example, the improved portrayal of Greenland fjords better serves predictive modelling of the fate of the Greenland Ice Sheet
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