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    Studio comparativo di oli essenziali ed idrolati di specie e selezioni di Monarda spp.: un biennio di sperimentazione

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    Introduzione. Da diversi anni le tre specie: Monarda fistulosa, M. didyma e M. citriodora (Lamiaceae) sono coltivate nei campi sperimentali dell’Area del Plesso Serricolo Scarabelli di Imola (Università di Bologna) al fine di verificare le potenzialità degli oli essenziali (OE) ed idrolati (ID) da esse ottenuti in diversi settori applicativi (Microbiologia, Fitopatologia, Entomologia, Nematologia, Medicina umana e Conservazione dei Beni Culturali). Si tratta, infatti, di sperimentazioni che, in linea con la sempre più crescente esigenza di limitare l’utilizzo di prodotti fitosanitari di sintesi ed antibiotici, hanno lo scopo di favorire lo sviluppo di metodi alternativi a basso impatto sulla salute umana e sull’ambiente. Numerosi studi hanno messo in evidenza l’“efficacia” di OE ed ID estratti dalle tre specie del genere Monarda e l’importanza del chemotipo ai fini di una specifica applicazione. Scopo. L’obiettivo principale del presente lavoro è stato la caratterizzazione chimica di OE e ID ottenuti dalle tre specie e due selezioni clonali di M. didyma (“Rossa” e “Viola”), coltivate nel medesimo ambiente, nell’arco di tempo di 2 anni, in determinate fasi fenologiche delle piante (fioritura e non fioritura). Materiali e metodi. Nel biennio 2017-2018 sono stati allestiti 5 campi sperimentali costituiti da M. citriodora (da seme), M. fistulosa (da seme), M. didyma (da seme), selezioni “Rossa” e “Viola” (da talee radicali). Gli impianti sono stati monitorati dal punto di vista agronomico-colturale e fitosanitario fino alla raccolta del materiale vegetale da sottoporre a distillazione in corrente di vapore. Tutti gli OE ed ID, ottenuti da piante non fiorite (M. didyma e M. fistulosa da seme, 2017) e fiorite (M. citriodora, M. didyma e M. fistulosa da seme 2018, M. didyma “Rossa” e “Viola” da talee) sono stati sottoposti ad analisi GC-MS per la determinazione del profilo della frazione volatile. Risultati. La resa maggiore in OE è stata ottenuta da M. fistulosa in entrambi gli anni; inoltre, distillando le infiorescenze (2018) piuttosto che solo fusti e foglie (2017), la resa è aumentata, fino a raddoppiare, sia per M. didyma, sia per M. fistulosa. La composizione chimica di OE e ID varia con la fase fenologica: ad es., i contenuti relativi di timolo e carvacrolo aumentano durante la fase vegetativa. In fioritura, timol metil etere era presente solo nell’OE di M. didima mentre p-cimene-2-ol-metil etere solo in quelli di M. didyma e M. fistulosa e non di M. citriodora. Differenze nei profili della frazione volatile sono state osservate anche fra le due selezioni: la “Rossa” era più ricca in linalolo; inoltre, il miscuglio fiorito di M. didyma (da seme) mostrava un contenuto maggiore di carvacrolo e timolo rispetto alle selezioni da talee. Conclusioni. Lo studio conferma che le tre specie del genere Monarda hanno buone potenzialità di utilizzo come piante aromatiche per l’ottenimento di OE ed ID particolarmente ricchi di composti bioattivi. Le differenze esistenti nei profili terpenici di specie e selezioni diverse suggeriscono un loro impiego diversificato in funzione delle esigenze specifiche di ciascun settore applicativo. Pertanto, per pianificare un loro utilizzo mirato, sono indispensabili studi volti ad accertare l’attività biologica dei diversi chemotipi

    Fermi LAT observations of cosmic-ray electrons from 7 GeV to 1 TeV

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    We present the results of our analysis of cosmic-ray electrons using about 8 million electron candidates detected in the first 12 months on-orbit by the Fermi Large Area Telescope. This work extends our previously-published cosmic-ray electron spectrum down to 7 GeV, giving a spectral range of approximately 2.5 decades up to 1 TeV. We describe in detail the analysis and its validation using beam-test and on-orbit data. In addition, we describe the spectrum measured via a subset of events selected for the best energy resolution as a cross-check on the measurement using the full event sample. Our electron spectrum can be described with a power law E3.08±0.05\propto {\rm E}^{-3.08 \pm 0.05} with no prominent spectral features within systematic uncertainties. Within the limits of our uncertainties, we can accommodate a slight spectral hardening at around 100 GeV and a slight softening above 500 GeV.Comment: 20 pages, 23 figures, 2 tables, published in Physical Review D 82, 092004 (2010) - contact authors: C. Sgro', A. Moisee

    Grassroots Agency: Participation and Conflict in Buenos Aires Shantytowns seen through the Pilot Plan for Villa 7 (1971–1975)

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    open access articleIn 1971, after more than a decade of national and municipal policies aimed at the top-down removal of shantytowns, the Buenos Aires City Council approved the Plan Piloto para la Relocalización de Villa 7 (Pilot Plan for the Relocation of Shantytown 7; 1971–1975, referred to as the Pilot Plan hereinafter). This particular plan, which resulted in the construction of the housing complex, Barrio Justo Suárez, endures in the collective memory of Argentines as a landmark project regarding grassroots participation in state housing initiatives addressed at shantytowns. Emerging from a context of a housing shortage for the growing urban poor and intense popular mobilizations during the transition to democracy, the authors of the Pilot Plan sought to empower shantytown residents in novel ways by: 1) maintaining the shantytown’s location as opposed to eradication schemes that relocated the residents elsewhere, 2) formally employing some of the residents for the stage of construction, as opposed to “self-help” housing projects in which the residents contributed with unpaid labor, and 3) including them in the urban and architectural design of the of the new housing. This paper will examine the context in which the Pilot Plan was conceived of as a way of re-assessing the roles of the state, the user, and housing-related professionals, often seen as antagonistic. The paper argues that residents’ fair participation and state intervention in housing schemes are not necessarily incompatible, and can function in specific social and political contexts through multiactor proposals backed by a political will that prioritizes grassroots agency

    The On-orbit Calibrations for the Fermi Large Area Telescope

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    The Large Area Telescope (LAT) on--board the Fermi Gamma ray Space Telescope began its on--orbit operations on June 23, 2008. Calibrations, defined in a generic sense, correspond to synchronization of trigger signals, optimization of delays for latching data, determination of detector thresholds, gains and responses, evaluation of the perimeter of the South Atlantic Anomaly (SAA), measurements of live time, of absolute time, and internal and spacecraft boresight alignments. Here we describe on orbit calibration results obtained using known astrophysical sources, galactic cosmic rays, and charge injection into the front-end electronics of each detector. Instrument response functions will be described in a separate publication. This paper demonstrates the stability of calibrations and describes minor changes observed since launch. These results have been used to calibrate the LAT datasets to be publicly released in August 2009.Comment: 60 pages, 34 figures, submitted to Astroparticle Physic

    Fermi Large Area Telescope Performance after 10 Years of Operation

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    The Large Area Telescope (LAT), the primary instrument for the Fermi Gamma-ray Space Telescope (Fermi) mission, is an imaging, wide field-of-view, high-energy gamma-ray telescope, covering the energy range from 30 MeV to more than 300 GeV. We describe the performance of the instrument at the 10 yr milestone. LAT performance remains well within the specifications defined during the planning phase, validating the design choices and supporting the compelling case to extend the duration of the Fermi mission. The details provided here will be useful when designing the next generation of high-energy gamma-ray observatories

    Non \ue8 tutt'oro quel che luccica

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    Se facessimo lo stesso errato ragionamento che spinse anni addietro botanici e produttori di specie ornamentali e officinali a considerare la melissa dalle foglie variegate di oro una particolare variet\ue0 (ancora oggi commercializzata come \u201cAureo-marginata\u201d), di fronte ad alcune piante di menta piperita (Mentha piperita) che ho per caso trovato in un\u2019Azienda di aromatiche di Albenga, potremmo dar vita ad una nuova variet\ue0: \u201cGolden\u201d? Le foglie erano infatti macchiettate di un incantevole giallo brillante, soprattutto quelle apicale; in altre piante, invece, la screziatura era di un bel bianco candido: variet\ue0 \u201cWhite\u201d? Ovviamente, si sta parlando per assurdo, dato che considerare un carattere genetico ci\uf2 che in realt\ue0 non lo \ue8, pu\uf2 costare molto caro. Infatti, tanta lucentezza ed originalit\ue0 del fogliame della menta sono solo l\u2019effetto di un\u2019infezione virale. L\u2019apparenza inganna Apparentemente, la menta piperita dalle foglie screziate di giallo o di bianco pu\uf2 apparire anche pi\uf9 bella e decorativa, ma poi, con il passare del tempo, la malattia progredisce e compaiono necrosi che deturpano foglie e fusti e, in breve, la pianta muore. E pensare che il proprietario dell\u2019Azienda ligure era sul punto di propagare agamicamente queste mente, in modo di essere sicuro che la particolare caratteristica cromatica delle foglie si conservasse, e mettere cos\uec in commercio variet\ue0 insolite che avrebbero certamente incontrato l\u2019approvazione di chi \ue8 sempre in cerca di novit\ue0. Ma non solo \ue8 dovuto tornare sui propri passi: una volta appurato dalle analisi virologiche che il virus coinvolto era molto infettivo e non si sarebbe limitato alla menta piperita, si \ue8 visto costretto a liberarsi tempestivamente delle piante variegate effettuando un\u2019accurata pulizia di attrezzi, bancali, ecc., ormai contagiati. Un modo per sopravvivere Di virus che si \u201cdivertono\u201d a modificare una pianta in maniera stravagante ne abbiamo gi\ue0 incontrati, come nel rosmarino con la \u201cpermanete\u201d, o quello che \u201cincide\u201d le foglie del Gelsomino del Madagascar con anelli concentrici perfetti, senza dimenticare il classico e famoso virus responsabile della screziatura del fiore del tulipano (fra gli artefici della \u201cTulipomania\u201d). Ora \ue8 il caso della menta piperita: un modo come un altro per il virus di continuare ad ingannarci per evitare che ci sbarazziamo presto della pianta ospite naturale che gli consente la sopravvivenza. Un espediente, oseremmo dire \u201castuto\u201d, per conservarsi nel tempo

    Se acquistiamo una stevia\u2026occhio alle virosi

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    Se c\u2019\ue8 una pianta che negli ultimi anni \ue8 diventata una vera e propria \u201cstar\u201d a livello mondiale, soprattutto nel settore dell\u2019alimentazione, quella \ue8 la stevia (Stevia rebaudiana), originaria di una zona a cavallo del confine tra Paraguay e Brasile. Eppure, a vederla, non si direbbe di avere a che fare con una specie cos\uec importante dal punto di vista economico; si presenta come una delicata erbacea perenne, dalle foglie verdi di forma oblunga con il bordo leggermente seghettato e fiori molto piccoli di colore bianco. Chi \ue8 la stevia? Per quei pochi che ancora non la conoscono, diciamo solo che \ue8 una pianta \u201cdietetica\u201d e, per questo, oggi molto utilizzata dalle multinazionali coinvolte nel settore dell\u2019alimentazione ed anche della salute umana in senso lato. E\u2019 infatti ricchissima di zucchero, ma a basso \u201cvalore calorico\u201d, per cui \ue8 adatto ai bambini, ai diabetici e a tutti coloro che hanno problemi di sovrappeso. Se nell\u2019antichit\ue0 alcune trib\uf9 d'Indiani del Sud America la utilizzavano per zuccherare cibi e bevande, oggi con la stevia si dolcificano caramelle, gomme da masticare, alimenti secchi e cereali, yogurt e gelati, marmellate, t\ue8 e sidro, dentifrici e collutori, preparati per dolci e torte salate (contribuisce ad attenuare il gusto sapido tipico della cultura agrodolce della cucina orientale); senza considerare che viene utilizzata per dolcificare molte bevande al posto dei comuni edulcoranti di sintesi (saccarina, aspartame, ecc.), perfino la Diet Coke. Ognuno di noi, pi\uf9 o meno consapevolmente, ha ingerito o ingerisce quotidianamente della stevia. Una stevia in giardino Una piantina cos\uec famosa non poteva non entrare a far parte della vasta e variegata offerta di \u201cofficinali\u201d. Chi non vuole una star in giardino? I nostri produttori, ad esempio quelli liguri, la propongono perci\uf2 come esemplare in vaso, da mettere in un\u2019aiuola o sul balcone, affiancandola alle comuni aromatiche (salvia, origano, basilico, timo, coriandolo, menta, ecc.), dato che con le sue foglioline fresche si possono preparare sorbetti e bevande molto gradevoli e \u201clight\u201d. Ma attenzione ai problemi infettivi, iniziando dalle malattie fungine, ad esempio la \u201cmuffa grigia\u201d (o botrite) per poi passare a quelle virali. Se ad esempio, acquistando qualche esemplare di stevia, vi accorgete che sulle foglie sono presenti delle maculature gialle e/o biancastre, desistete. Quelle alterazioni cromatiche indicano che la pianta \ue8 infetta e che nel giro di pochi giorni disseccher\ue0 e morir\ue0

    Un noce da preservare

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    Nel VII secolo, sulla scia della teoria dei segni secondo cui \u201cil simile cura o colpisce il simile\u201d, si sosteneva che il frutto del noce (Juglans regia) potesse curare i disturbi del cervello perch\ue9 ne era la riproduzione vegetale: l\u2019involucro esterno verde carnoso rappresentava il cuoio capelluto, il guscio il cranio, la pellicola interna le meningi e la pia mater, mentre la parte commestibile, convoluta e divisa in due, simboleggiava gli emisferi del cervello. A parte questa affascinante evocazione medievale, il noce, albero amato ed apprezzato per la sua imponenza, \ue8 purtroppo soggetto a gravi malattie. Un serio \u201cnemico\u201d Fra quelle di origine fungina, la pi\uf9 pericolosa \ue8 l'\u201cantracnosi", che provoca, oltre alla cascola dei frutti, una rapida defogliazione. Descritta in Italia per la prima volta nel 1921, \ue8 causata da Gnomonia leptostyla, fungo di cui viene data notizia nel nostro Paese gi\ue0 nel 1882. Il nome deriva dall\u2019unione delle due parole greche \u201c\u1f04\u3bd\u3d1\u3c1\u3b1\u3be \u2013\u3b1\u3ba\u3bf\u3c2\u201d che significa \u201ccarbone\u201d e \u201c\u3bd\u1f79\u3c3\u3bf\u3c2\u201d che vuol dire \u201cmalattia\u201d. Molto colpite sono le porzioni verdi come foglie (rachide e picciolo compresi), germogli e frutti; ma, occasionalmente anche rami, branche e tronco. Sulle foglie compaiono macchie tondeggianti bruno-nerastre, sparse o confluenti (e lacerate); sui frutti si hanno necrosi del mallo e atrofizzazione del seme; sugli organi legnosi tacche necrotiche depresse che degenerano in cancri centralmente fessurati, la cui profondit\ue0 ed estensione dipende dalla precocit\ue0 di attacco. Cosa fare? Il patogeno sverna sulle foglie cadute a terra sopravvivendo per lunghi periodi anche durante l\u2019inverno: si propaga tramite le spore che aggrediscono la pianta nel periodo primaverile, mentre i rami pi\uf9 grossi possono essere colpiti in qualsiasi periodo dell\u2019anno, grazie alle ferite prodotte da gelo, grandine e vento. L'antracnosi \ue8 favorita da un andamento climatico caldo-umido e da scarso arieggiamento, come si pu\uf2 verificare con l'eccessivo lussureggiamento della chioma, la vicinanza di boschi o di fasce frangivento fortemente ombreggianti. Alla comparsa dei primi sintomi occorre agire tempestivamente provvedendo a: - eliminare le foglie colpite (disinfettare le forbici tra un taglio e l\u2019altro per evitare ulteriori contaminazioni); - potare durante le stagioni pi\uf9 fredde i rami malati (trattare con un prodotto a base di rame o zolfo); - bruciare i residui vegetali colpiti (trattare le piante con ossicloruro di rame o zolfo per evitare che le spore possano superare l\u2019inverno)

    A rhabdovirus inducing vein yellowing in croton

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    A rhabdovirus was found in some dwarfed plants of croton (Codiaeum variegatum) cv. Fred Sander. The plants showed malformations and yellow or pink veins. Bullet‐shaped particles (70–80 × 180–240 nm) were observed in leaf‐dip preparations and in ultrathin sections of diseased leaf tissue examined by electron microscopy. This rhabdovirus was mechanically transmitted by sap inoculation to Nicotiana glutinosa and Chenopodiun amaranticolor, and by leaf grafting to healthy croton plants in which it induced vein yellowing and dwarfing. Copyright © 1992, Wiley Blackwell. All rights reserve

    Individuazione del virus del mosaico della rapa (TuMV) in Brassica nigra (L.) Koch in Italia - Turnip mosaic virus (TuMV) infecting Brassica nigra (L.) Koch in Italy

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    Il virus del mosaico della rapa è stato per la prima volta individuato in Italia. Le piante infette di Brassina nigra (senape nera) erano coltivate nell'Orto Botanico dell'Università degli Studi di Bologna
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