104 research outputs found

    Studio e implementazione di un sistema di radionavigazione basato sull'integrazione GPS/INS

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    Lo scopo di questa tesi è lo studio di un sistema di integrazione che utilizzi congiuntamente il sistema INS e il sistema GPS con l’obiettivo di ottenere una stima accurata della posizione e della traiettoria di un veicolo. Dopo aver presentato i sistemi separatamente si presentano le varie alternative plausibili per la loro integrazione. Si passa successivamente all’implementazione di un algoritmo che realizza tale integrazione utilizzando un ambiente di sviluppo di tipo ANSI C. Infine si riportano i risultati ottenuti dalle prove effettuate per mezzo di tale algoritmo

    Mobbing e danno alla persona

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    2011 - 2012Con l’estratto in questione, è possibile delineare i “confini” di questo fenomeno istituzionalizzato di natura pressoché giurisprudenziale e la sua attuale portata applicativa. In tal senso sono pacificamente condivise dalla maggior parte della dottrina sul tema,le osservazioni e le considerazioni volte ad evitare il rischio di una dilatazione incontrollata del mobbing. Invero non si può arrivare a considerare ogni screzio, scortesia o maleducazione quale fonte di responsabilità risarcitoria, bensì è opportuno riservare la valutazione di illiceità e la conseguente tutela alle situazioni più gravi di vessazioni e angherie all’interno del luogo di lavoro. Viceversa, non si può giungere all’estremo opposto del riduzionismo indiscriminato del fenomeno, aderendo a posizioni volte a marginalizzare il mobbing in ragione dell’inesistenza di un c.d. «diritto alla felicità» nel rapporto di lavoro, preteso dai lavoratori. Autorevole dottrina ha ricavato un principio fondamentale che dovrebbe guidare gli operatori giuridici, ogniqualvolta si trovino di fronte a casi di presunto mobbing, affinché diano la giusta portata ad una fattispecie ancora incerta nei suoi confini applicativi: «non ogni forma di pressione psicologica può considerarsi mobbing, ma soltanto quella obiettivamente ed effettivamente in grado di ferire la dignità morale e psicofisica del prestatore di lavoro, per la sua intrinseca offensività, per le modalità attraverso cui viene esercitata o per le condizioni personali e la posizione rivestita; ovvero che, pur potendosi escludere il comportamento doloso, abbia provocato un danno alla personalità del lavoratore. Ne consegue, in caso di controversia, la valutazione “ ex post” delle questioni devolute al caso concreto al fine di evitare che qualsiasi condotta venga definita mobbizzante lì dove,invece si è di fronte a semplici vessazioni. Si è detto poi che l’importanza in campo giuridico del mobbing si apprezza soprattutto su di un piano fattuale; si ritiene pertanto opportuno che l’azione del lavoratore sia volta all’accertamento non tanto del mobbing o delle sue fasi, quanto della violazione di norme giuridiche che comporti da un lato una responsabilità imputabile, dall’altro un pregiudizio alla persona. In altri termini, il mobbing non è, e non deve essere, il titolo dell’azione giudiziaria (causa poetendi), ma la cornice fattuale entro la quale si inserisce una condotta illecita e la cui comprovata sussistenza può fornire elementi utili, se non decisivi, in ordine all’analisi della dinamica dei fatti e delle relative responsabilità, alla prova del nesso causale tra la condotta e le conseguenze, all’esame della prevedibilità degli eventi dannosi; alla quantificazione e liquidazione del danno. Il titolo dell’azione sarà piuttosto la lesione della personalità morale ed eventualmente dell’integrità fisica del lavoratore. Da qui l’enorme difficoltà dell’interprete che è chiamato ad individuare tale fenomeno. E’ certamente di ausilio all’interprete,individuare le condotte mobbizzanti attraverso una serie di fasi o modelli ben precisi che delineano i contorni del fenomeno mobbing individuate dal ricercatore Harald Ege. L’INDIVIDUAZIONE DEL MOBBING IN FASI BEN PRECISE Un solo atto non integra la fattispecie del mobbing, che è invece un processo in evoluzione, uno "stillicidio" di azioni (o omissioni) che, singolarmente considerate, potrebbero anche risultare del tutto insignificanti. A ciò si aggiunga che le motivazioni che muovono i mobber e le finalità che essi perseguono possono essere le più varie. Gli psicologi e gli esperti che hanno studiato a fondo il fenomeno hanno pertanto cercato di definire i diversi stadi o fasi del mobbing, anche al fine di comprenderne le conseguenze sulla vittima. Leymann ha proposto un modello strutturato in quattro fasi (Leymann 1996). In breve sintesi, la prima fase è costituita dai conflitti quotidiani presenti nel luogo di lavoro (attacchi, scherzi, meschinità); si passa successivamente dal conflitto al mobbing: la vittima assume una posizione esclusivamente difensiva, venendosi a trovare progressivamente sempre più isolata; emergono a questo punto i primi sintomi di stress e malattia psicosomatica. La terza fase è costituita dall'ostilità del servizio del personale, che necessariamente ad un certo punto deve intervenire, quantomeno perché vi sarà la percezione di qualcosa di anomalo e dell’esistenza di un problema (ripetute assenze, lamentele ecc.): in questa fase la vittima assume inevitabilmente la posizione di accusato. I diritti della vittima sono quindi pregiudicati, e ciò avviene per determinazione o, quantomeno, per tolleranza o scarsa conoscenza dei fatti da parte dei superiori gerarchici o dei responsabili del personale. Leymann fa presente che dalla prima fase si può passare direttamente alla terza, specie quando il mobbing è di tipo verticale. L'ultima fase è costituita dall'esclusione dal mercato del lavoro, nei diversi modi possibili (isolamento totale, trasferimento, licenziamento, malattia di lunga durata, pensione di invalidità, ecc.) Il ricercatore che più ha studiato il mobbing nella realtà italiana, Harald Ege, ha notato che il modello sopra descritto, frutto degli studi in area scandinava e tedesca, non aderisce perfettamente alla realtà sociale italiana, che risulta più complessa e si caratterizza per una diffusa e fisiologica conflittualità in azienda, per il ruolo particolare assunto dalla famiglia (più presente e "protettiva" rispetto ad altri paesi) e per la difficoltà di trovare un diverso impiego. Ege ha quindi ampliato il modello di Leymann per renderlo maggiormente rispondente alla realtà italiana e ne ha proposto uno composto da sei fasi, più una pre‐fase denominata "condizione zero", che rappresenta una situazione iniziale ‐ sconosciuta alla cultura nordeuropea ‐ costituita da un conflitto fisiologico, normale e accettato, tipico delle aziende (banali diverbi, piccole accuse o ripicche), che non costituisce mobbing, ma è terreno fertile al suo sviluppo, e che non è indice di una volontà di distruggere o prevaricare, ma di elevarsi sugli altri. Le fasi del modello Ege sono le seguenti: Fase I: Il conflitto mirato E’ la prima fase del mobbing in cui si individua una vittima e verso di essa si dirige la conflittualità generale. Il conflitto fisiologico di base dunque prende una svolta, non è più una situazione stagnante, ma si incanala in una determinata direzione a questo momento l'obiettivo non è più solo quello di emergere, ma quello di distruggere l'avversario, fargli le scarpe. Inoltre, il conflitto non è più oggettivo e limitato al lavoro, ma sempre più adesso sbanda verso argomenti privati. (…). Fase II: L’inizio del mobbing Gli attacchi da parte del mobber non causano ancora sintomi o malattie di tipo psico‐somatico sulla vittima, ma tuttavia le suscitano un senso di disagio e fastidio. Essa percepisce un inasprimento delle relazioni con i colleghi ed è portata quindi ad interrogarsi su tale mutamento. (…). Fase III: Primi sintomi psicosomatici La vittima comincia a manifestare dei problemi di salute e questa situazione può protrarsi anche per lungo tempo. Questi primi sintomi riguardano in genere un senso di insicurezza, l'insorgere dell'insonnia e problemi digestivi. (…). Fase IV: Errori ed abusi dell’amministrazione del personale Il caso di mobbing diventa pubblico e spesso viene favorito dagli errori di valutazione da parte dell'ufficio del Personale. La fase precedente, che porta in malattia la vittima, è la preparazione di questa fase, in quanto sono di solito le sempre più frequenti assenze per malattia ad insospettire l'amministrazione del personale. (...). Fase V: Serio aggravamento della salute psico-fisica della vittima In questa fase il mobbizzato entra in una situazione di vera disperazione. Di solito soffre di forme depressive più o meno gravi e si cura con psicofarmaci e terapie, che hanno solo un effetto palliativo in quanto il problema sul lavoro non solo resta, ma tende ad aggravarsi. Gli errori da parte dell'amministrazione infatti sono di solito dovuti alla mancanza di conoscenza del fenomeno del mobbing e delle sue caratteristiche. Conseguentemente, i provvedimenti presi sono non solo inadatti, ma anche molto pericolosi per la vittima. Essa finisce col convincersi di essere essa stessa la causa di tutto o di vivere in un mondo di ingiustizie contro cui nessuno può nulla, precipitando ancora di più nella depressione. (…). Fase VI: Esclusione dal mondo del lavoro Implica l'esito ultimo del mobbing, ossia l'uscita della vittima dal posto di lavoro, tramite dimissioni volontarie, licenziamento, ricorso al pre‐pensionamento o ancora eventi traumatici quali il suicidio, lo sviluppo di manie ossessive, l'omicidio o la vendetta sul mobber. Anche questa fase è preparata dalla precedente: la depressione porta la vittima a cercare l'uscita con le dimissioni o licenziamento, una forma più grave può portare al pre‐pensionamento o alla richiesta della pensione di invalidità. I casi di disperazione più seri si concludono purtroppo in atti estremi. (…)”. I modelli sopra descritti riguardano i casi di mobbing tra colleghi o tra superiori e subalterni; non descrivono, invece, alla perfezione i casi di bossing (mobbing pianificato dai vertici aziendali), che seguono dinamiche in parte diverse (si pensi ai cd. "reparti confino") soprattutto per quanto riguarda le fasi iniziali. In ogni caso anche le pratiche di bossing rientrano a pieno titolo nel mobbing essendo sostanzialmente identiche sia le modalità di aggressione (che anzi possono essere ancora più subdole), sia le conseguenze per la vittima. Naturalmente l'iter descritto può concludersi anche nelle fasi iniziali, anzi probabilmente l'esito finale è limitato ad un numero limitato di casi; può darsi infatti che la vittima sappia reagire e far valere le proprie ragioni, oppure che chieda e ottenga subito un trasferimento o trovi volontariamente una diversa occupazione; può darsi ancora che sopravvenga un efficace intervento dell'amministrazione del personale. Affinché un’azione vessatoria possa essere considerata giuridicamente rilevante non è ovviamente indispensabile che essa raggiunga l'ultima fase, né che segua esattamente l’iter sopra descritto, ma è necessario – e sufficiente – che la condotta cagioni un danno ingiusto alla persona, casualmente collegato agli atti posti in essere dai mobber, ovvero che integri i presupposti di una diversa forma di tutela prevista dall’ordinamento come, per esempio, la tutela inibitoria o quella indennitaria. Neanche è necessario che si verifichi un danno alla salute, risultando sufficiente, per entrare nel campo del giuridicamente rilevante, che sussista un pregiudizio alla personalità morale, e quindi alla dignità, del lavoratore. LA RESPONSABILITA’ DA MOBBING I fatti di "mobbing" sul luogo di lavoro, (aggressioni, discussioni, liti, insubordinazioni, dequalificazioni, inattività forzate, molestie sessuali, comportamenti omissivi ed elusioni di doveri, uso strumentale ed estorsivo del potere disciplinare, trasferimenti pretestuosi, boicottaggi, atteggiamenti beffardi dei superiori e dei colleghi , umiliazioni ingiustificate nelle progressioni di carriera, osservazioni e provocazioni quotidiane, atti e comportamenti di ingiuria e diffamazione, ecc) sono produttivi di danni ben precisi, rilevanti sia sotto il profilo civile sia sotto quello penale. Civilisticamente abbiamo innanzi tutto come conseguenza più frequente del "mobbing" - il danno biologico , concetto ormai pacifico nella giurisprudenza italiana; abbiamo poi il danno professionale , anch’esso ampiamente riconosciuto sia dalla giurisprudenza di merito che di legittimità. Il danno biologico deve essere integralmente addebitato in maniera personale e diretta "agli autori del mobbing"; questo deve avvenire ogni volta che ricorrano le condizioni previste dall’art. 2043 cod. civ., indipendentemente dalle obbligazioni (importanti sì, ma pur sempre "di regresso") gravanti sul datore di lavoro ex art. 2049 e 2087 cod. civ. Penalmente parlando, si dovrà procedere – a querela del "mobbizzato" o anche d’ufficio, nei casi in cui è possibile – per tutte le fattispecie che dovessero emergere, fra cui, per fare l’esempio più frequente, per il reato di lesioni. Ma anche del danno professionale, oltre al datore di lavoro per i consueti titoli (art. 2103 ma anche 2087 e 1375 cod. civ.), "devono rispondere aquilianamente gli autori del mobbing", in tutti i casi in cui il danno è eziologicamente riconducibile a reiterati comportamenti personali, dolosi o colposi (per es. ingiustificate sottrazioni di pratiche importanti avvenute per iniziative personali di determinati capiservizio) che hanno comportato ingiuste dequalificazioni o emarginazioni del lavoratore. A maggior ragione, di quanto sopra gli autori del "mobbing" devono rispondere, questa volta sotto il profilo penale, quando i fatti suddetti, come non di rado succede, oltre ad essere apprezzabili sul piano civilistico come danno professionale sono rilevanti sul piano penale a diversi titoli (si pensi anche solo a comportamenti che , legati a dequalificazioni artatamente indotte, sono fatti di ingiuria, diffamazione, ecc; si veda Cass. Sez. Lavoro , 8/9/99, n. 9539, di cui amplius più oltre) L’orientamento prevalente (ma non incontrastato) classifica come "cause di lavoro", con tutte le conseguenze sul rito e sulla competenza, anche quelle (non numerose) in cui si è azionata ( o azionata anche) la responsabilità personale di colleghi; in questo senso, per esempio, Pret. Torino 17/5/96; Cass. 2/3/94 n. 2049; Cass. 20/1/93 n. 698; Pret. Roma 7/6/89; Trib. Milano 15/2/86; Cass. 6/2/85 n. 897; Cass. 27/5/83 n. 3689; Cass. 8/8/83 n. 5293; Cass. 12/12/83 n. 7329; Cass. 19/4/82 n. 2437; Cass. 22/9/81 n. 5171. Sotto il profilo sostanziale appare opportuno individuare il rito da seguire, e il giudice competente a definire la controversia. L’orientamento non è pacifico, in quanto vi sono pronunce che, forse più opportunamente, hanno distinto la "causa petendi"; se la stessa è costituita dalla responsabilità extracontrattuale, si applicano le normali norme sulla competenza: questo tanto se l’azione è impostata contro il collega (un esempio: Trib. Milano 9/5/98 per un caso di molestie sessuali sul luogo di lavoro) quanto contro lo stesso datore (un esempio: Cass. 12/11/96 n. 9874 per un sinistro stradale occorso mentre l’attore si recava al lavoro). E’ tuttavia innegabile che il primo orientamento sia prevalente; fondamentale, al riguardo, si presenta la pronuncia della Cassazione, Sez. Lavoro , 8/9/99, n. 9539 che riguarda fatti in cui , sono certo, molti "mobbizzati" potrebbero riconoscersi. DANNI DA MOBBING Tre sono i danni risarcibili da mobbing: patrimoniale, morale e biologico. Esiste anche il cd “danno esistenziale da mobbing” che si ottiene quando le condotte mobbizzanti ledono interessi costituzionalmente protetti.(diritto alla salute etc.) non si può infatti negare che la persona ha subito un pregiudizio ingiusto, una lesione ad un bene primario dell’esistenza, che richiede una riparazione. Pertanto, il “danno da mobbing” sembra trovare naturale collocazione proprio all’interno della categoria del danno c.d. esistenziale, ancor prima che nel danno biologico o morale. Il danno non patrimoniale da lesione di interessi costituzionalmente tutelati assicura la tutela risarcitoria a fronte di quegli eventi suscettibili di ripercuotersi in modo rilevante, e talora permanente,sull’esistenza della persona. In tema di liquidazione del danno da mobbing, per ciò che concerne il danno esistenziale viene liquidato in via equitativa mentre per il danno biologico valgono le tabelle INAIL per infortunio sul lavoro, per quanto attiene al danno psico-fisico e si procede a liquidare in una percentuale del danno biologico il danno propriamente morale. Il danno patrimoniale da intendersi come danno derivante dalla dequalificazione professionale viene liquidato con una percentuale della mensilità di retribuzione per ogni mese di demansionamento oppure in via equitativa; esso va inteso anche come danno derivante dall'illegittimo licenziamento o dalla dimissioni giustificate sulla base del comportamento illegittimo del datore di lavoro. In esso vanno ricompresi pertanto il danno da lucro cessante, causato dalla ridotta capacità di produrre reddito ed il danno emergente, dovuto alle spese mediche sostenute per via della malattia indotta dal comportamento illecito del datore di lavoro. In ogni caso il riferimento normativo principale è sempre l'art. 2087 Civile Code., che stabilisce il dovere da parte del datore di lavoro di assicurare la Messa in atto di comportamenti e di misure atte a tutelare l'integrità fisica e morale del lavoratore, quale trasposizione dei valori costituzionali di cui agli art. 32 e 41 della Costituzione ma anche altresì il divieto di comportamenti lesivi dell'integrità psicofisica (fonte di responsabilità contrattuale) e la responsabilità contrattuale per la violazione dei principi di buona fede e correttezza ex artt. 1175 e 1375. La causa giuridica del mobbing ai sensi del parere della Suprema Corte di Cassazione Sezioni Unite Civili con sentenza n. 8438 del 4 maggio 2004 è nella violazione di specifici obblighi contrattuali derivanti dal rapporto di lavoro in particolare in quegli atti di potere datoriale posti in essere in violazione del principio di protezione delle condizioni lavorative nonché della tutela della professionalità così come prevista dall'art. 2103 c.c., indipendentemente dalla durata nel tempo dei comportamenti e dei loro effetti. TUTELA DELLA PERSONA DAL MOBBING La tutela che l'ordinamento appronta per prevenire e sanzionare le ipotesi di mobbing si svolge su ambiti giuridici differenti e fa riferimento a diverse fonti che per completezza analiticamente vengono enunciati nella seguente maniera: A. COSTITUZIONE A parte le norme generali a tutela della persona (artt. 2 e 3), numerose sono le altre norme della Costituzione poste a garanzia dell'individuo inserito nella realtà lavorativa: a. Art. 32, che riconosce la tutela della salute come diritto fondamentale dell'uomo; b. Art. 35, che prevede la tutela del lavoro in tutte le sue forme; c. Art. 41, che vieta lo svolgimento della attività economica privata se esercitata in contrasto con l'utilità sociale o qualora rechi danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana. 1. CODICE CIVILE E DI PROCEDURA CIVILE a. Art. 2043, che prevede l'obbligo del risarcimento per chi cagioni ad altri un danno ingiusto. È da segnalare, in particolare, l'importanza data a questa norma dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 411 del 24 gennaio 1990, nella quale viene stabilito che «il bene della salute costituisce oggetto di un autonomo diritto primario e quindi il risarcimento per la sua lesione non può essere limitato alle conseguenze che incidono soltanto sulla idoneità del soggetto a produrre reddito e cioè al danno patrimoniale inteso come diminuzione del reddito per esborsi di denaro (cure e/o trattamenti medici o acquisto di prodotti farmaceutici) cosiddetti danno emergente, o come possibilità di perdita di guadagno a causa della condotta del molestatore (lucro cessante), ma deve essere esteso al danno biologico inteso come lesione inferta al bene dell'integrità psichica in sé e per sé». b. Art. 2087, che dispone che «l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». Non si tratta, quindi, di una norma a contenuto negativo, ma impone piuttosto un obbligo di attivazione ad opera dell'imprenditore al fine di impedire che si verifichino ipotesi di mobbing. Così la giurisprudenza ha riconosciuto la legittimità del licenziamento di lavoratori che hanno posto in essere delle gravi condotte nei confronti di altri dipendenti (mobbing orizzontale). Allo stesso modo è stato stabilito che «la negazione o l'impedimento allo svolgimento delle mansioni lede il diritto fondamentale alla libera esplicazione della personalità del lavoratore» (Cass. 5.10.2001). c. Art. 700 c.p.c., che garantisce una tutela in via cautelare nel caso di comportamenti pregiudizievoli o discriminatori che pongano in serio pericolo il lavoratore. d. ALTRE NORME e. legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), in particolare l'art. 7, che prevede una specifica procedura disciplinare contro gli abusi del datore di lavoro, l'art. 13 a tutela del lavoratore dai comportamenti di dequalificazione professionale e l'art. 15 che sanziona con la nullità gli atti che abbiano finalità discriminatorie ai danni del lavoratore. f. Decreto legislativo 626/94, che ha sancito il principio che il diritto alla salute deve essere inteso non solo come assenza di malattia, ma anche come assenza di disagio. In questa elencazione vi sono le fonti normative primarie alle quali il soggetto mobbizzato può invocare tutela,ovviamente ,nelle debite sedi giudiziarie. Esistono altri casi particolari di tutela dal fenomeno mobbing,analiticamente sono: antidiscriminatoria, collettiva, sindacale, indennitaria. Esaminandone solo una nello specifico, in particolare la tutela verso le discriminazioni, la quale è disciplinata dall’art. 4 del decreto legislativo che prevede che detta tutela si svolga nelle forme previste dall’art. 44, commi da 1 a 6, 8 e 11 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (disciplina immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). Lo stesso articolo 4 dispone poi – riproducendo in parte quanto già previst

    Transcatheter implantable devices to monitoring of elevated left atrial pressures in patients with chronic heart failure

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    Elevated left atrial (LA) pressures are associated with poor prognosis in heart failure (HF). Invasive monitoring of LA-pressures and direct mechanical LAdecompression are associated with functional improvement in patients suffering from HF both with reduced and preserved ejection fraction. We aim to review the current available percutaneously implantable sensors for haemodynamic telemonitoring of LApressures (direct LAP sensor device- HeartPOD; right ventricular device- Chronicle; pulmonary artery deviceCardioMEMs)

    Cardiac surgery practice during the COVID-19 outbreak: A regionwide survey

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    Background: Health systems worldwide have been overburdened by the "COVID-19 surge". Consequently, strategies to remodulate non-COVID medical and surgical care had to be developed. Knowledge of the impact of COVID surge on cardiac surgery practice is mainstem. Present study aims to evaluate the regional practice pattern during lockdown in Campania. Methods: A multicenter regional observational 26-question survey was conducted, including all adult cardiac surgery units in Campania, Italy, to assess how surgical practice has changed during COVID-19 national lockdown. Results: All centers adopted specific protocols for screening patients and personnel. A significant reduction in the number of dedicated intensive care unit (ICU) beds (-30.0%±38.1%, range: 0-100%) and cardiac operating rooms (-22.2%±26.4%, range: 0-50%) along with personnel relocation to other departments was disclosed (anesthesiologists -5.8%±11.1%, range: 0-33.3%; perfusionists -5.6%±16.7%, range: 0-50%; nurses -4.8%±13.2%, range: 0-40%; cardiologists -3.2%±9.5%, range: 0-28.6%). Cardiac surgeons were never reallocated to other services. Globally, we witnessed dramatically lower adult cardiac surgery case volumes (335 vs. 667 procedures, P<0.001), as institutions and surgeons followed guidelines to curtail non-urgent operations. Conclusions: This regional survey demonstrates major changes in practice as a response to the COVID-19 pandemic. In this respect, this experience might lead to the development of permanent systems-based plans for future pandemic and may effectively help policy decision making when prioritizing healthcare resource reallocation during and after the pandemic

    The Role of Hyperbaric Oxygen Therapy in Orthopedics and Rheumatological Diseases

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    Hyperbaric oxygen therapy (HBOT) has been investigated as a primary/adjunctive treatment for a number of injuries and medical conditions including traumatic ischemia, necrotizing soft tissue injuries, non-healing ulcers and osteoradionecrosis, but the results are controversial. There is insufficient evidence to support or reject the use of HBOT to quicken healing or to treat the established non-union of fractures. However, in patients with fibromyalgia, HBOT reduces brain activity in the posterior cortex and increases it in the frontal, cingulate, medial temporal and cerebellar cortices, thus leading to beneficial changes in brain areas that are known to function abnormally. Moreover, the amelioration of pain induced by HBOT significantly decreases the consumption of analgesic medications. In addition, HBOT has anti-inflammatory and oxygenatory effects in patients with primary or secondary vasculitis. This review analyzes the efficacy and limitations of HBOT in orthopedic and rheumatologic patients

    Aedes albopictus bionomics data collection by citizen participation on procida island, a promising mediterranean site for the assessment of innovative and community-based integrated pest management methods

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    In the last decades, the colonization of Mediterranean Europe and of other temperate regions by Aedes albopictus created an unprecedented nuisance problem in highly infested areas and new public health threats due to the vector competence of the species. The Sterile Insect Technique (SIT) and the Incompatible Insect Technique (IIT) are insecticide-free mosquito-control methods, relying on mass release of irradiated/manipulated males, able to complement existing and only partially effective control tools. The validation of these approaches in the field requires appropriate experimental settings, possibly isolated to avoid mosquito immigration from other infested areas, and preliminary ecological and entomological data. We carried out a 4-year study in the island of Procida (Gulf of Naples, Italy) in strict collaboration with local administrators and citizens to estimate the temporal dynamics, spatial distribution, and population size of Ae. albopictus and the dispersal and survival of irradiated males. We applied ovitrap monitoring, geo-spatial analyses, mark-release-recapture technique, and a citizen-science approach. Results allow to predict the seasonal (from April to October, with peaks of 928-9,757 males/ha) and spatial distribution of the species, highlighting the capacity of Ae. albopictus population of Procida to colonize and maintain high frequencies in urban as well as in sylvatic inhabited environments. Irradiated males shown limited ability to disperse (mean daily distance travelled <60m) and daily survival estimates ranging between 0.80 and 0.95. Overall, the ecological characteristics of the island, the acquired knowledge on Ae. albopictus spatial and temporal distribution, the high human and Ae. albopictus densities and the positive attitude of the resident population in being active parts in innovative mosquito control projects provide the ground for evidence-based planning of the interventions and for the assessment of their effectiveness. In addition, the results highlight the value of creating synergies between research groups, local administrators, and citizens for affordable monitoring (and, in the future, control) of mosquito populations

    Intramural aortic hematoma: no flap no warning?

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    We report a case of type A intramural aortic hematoma (IMH) occurred in a 78 years old female. The clinical scenario (medical history of hypertension, severe substernal chest pain, early diastolic decrescendo murmur as for aortic insufficiency), the laboratory results (no significant troponin level), ECG and transthoracic echocardiography findings (no signs of myocardial ischemia) shifted the initial diagnostic suspicion from acute coronary syndrome to the acute aortic syndrome (AAS) and triggered further imaging tests. Computed tomography revealed an aneurismatic dilatation with thickening of the wall of the ascending aorta without intimal flap. No particular “warning message” for evidence of AAS was sent to the clinician on call. Subsequently, due to the persisting high clinical suspicion transesophageal echocardiography (TEE) was performed. TEE confirmed the aneurysm of the ascending aorta and highlighted an extended and marked aortic wall thickness, consisting with the diagnosis of type A IMH. Patient underwent urgent cardiac surgery that confirmed the diagnosis

    A922 Sequential measurement of 1 hour creatinine clearance (1-CRCL) in critically ill patients at risk of acute kidney injury (AKI)

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    Meeting abstrac

    Nurses' perceptions of aids and obstacles to the provision of optimal end of life care in ICU

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    Contains fulltext : 172380.pdf (publisher's version ) (Open Access

    Role of MMTV-like virus in human breast cancer: determination of viral presence in a primary cell line.

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    Murine mammary tumor virus (MMTV) is an oncogenic beta-retrovirus discovered by Bittner in 1936, who demonstrated the involvement of the virus in the development of murine mammary cancer. It was shown to cause mammary carcinoma in mice following milk transmission from mother to suckling offspring. Oncogenesis occurs because the provirus integrates into the murine genome in proximity of regulatory gene promoters, modifying their expression. Based on epidemiological observations, such a virus has also been hypothesized to be involved in the ethiology of certain types of human breast cancer. Indeed, MMTV viral sequences have been identified in DNA isolated from human mammary tumor cells, which also expressed the MMTV Env protein. Furthermore, sequences homologous to MMTV env have been observed in 38% of American patients with breast cancer. A sequence of 660 base pairs (bp) similar to MMTV env (env-like) was detected in tissue from such patients but not in normal breast tissue. These viral sequences showed a 95-98% homology to MMTV and only 56% homology with human endogenous retrovirus HERV-K10. This led to the hypothesis that there is a human virus similar to MMTV, the human mammary tumor virus (HMTV). To assess HMTV involvement in the genesis of human breast cancer, this study was based on the analysis of a primary cell line taken from a patient with breast tumor, which was positive to HMTV genome by PCR. The aim of our research was to demonstrate the existence of such a virus, as whole virions, viral proteins or as a viral genome sequence, in this primary cell line. We attempted to confirm HMTV presence by searching for viral genome and its integration into the cell genome. In parallel, we tried to detect viral proteins such as Env and Pol, by different approaches. Since the primary line in our hands appeared to progressively lose PCR positivity to HMTV genome, first of all, limiting dilution cloning was performed, in order to achieve positive and negative clones of the line itself. Positive and negative clones and the primary cell line were subjected to further analysis. To assess whether viral proteins, such as Env were expressed in the cell line, Indirect Immunfluorescence analysis (IFA) was performed on clones and line with monoclonal antibodies against Env peptides. Viral expression was also determined in both clones and primary line by means of Western blot experiments, where the signal peptide of the Env protein, a protein of 14 kDa, was searched in cell lysates by means of monoclonal antibodies. While the presence of viral Env protein was found by IFA technique, Western Blot on p14 failed to detect the presence of Env. In order to search for another viral protein in cell-free supernatants of cell line and clones, a semi-quantitative real-time PCR technique, Syber green-based PCR-enhanced reverse transcriptase (SG-PERT) assay was used to quantify reverse transcriptase (RT). During a one-step reaction, RT derived from retroviral particles will convert the MS2 RNA into cDNA and cDNA is subsequently quantified by qPCR amplification of the MS2 cDNA. SG-PERT has given ambiguous results, as the amount of RT activity detected in cell line and clone supernatants is at limit of resolution of the method. Low amount of RT expression would not be surprising since many oncoviruses are known not to produce large amounts of virions in the tissues where they induce cancer. To demonstrate the presence of viral DNA in the genome of cell line and clones, PCR analysis was carried out. Indeed, a 220 bp fragment of HMTV env gene by PCR could be amplified from positive clones and line. To ascertain that viral DNA was integrated in cell genome and to identify the insertion point, Southern Blot, using as a probe a 600 bp sequence of MMTV env gene, was performed. It was not possible to identify the viral genome by Southern blot, but PCR amplification confirmed its presence. Again, such contradictory results are probably due to sensitivity differences in these two techniques. Given the unclear results obtained, the next step was to search for the Gag protein. We therefore cloned two MMTV proteins that could be used to producing monoclonal antibodies to allow detection of viral Env and Gag proteins in the breast tumor line. Expression cloning of gp52 and p27 proteins of MMTV was carried out. For this purpose, the sequences coding for the two proteins were obtained from DNA of a mouse infected from MMTV and cloned in an expression vector that allowed the addition of a tail of 6 histidine residues. The 6-His tag could thus be detected by anti-histidine antibodies in Western blot and subsequently used to purify the recombinant proteins by affinity chromatography. These proteins were used to inoculate mice so as to obtain the aforesaid antibodies. In an effort to determine the local prevalence of antibodies against MMTV, the recombinant proteins were also used to test patient sera for anti-HMTV antibodies in Western Blot. We analized 100 sera of normal individuals and 9 sera of women affected by breast cancer. Only 1% of the normal sera were positive to Gag p27 and Env gp52, whereas 33,3% (3/9) of sera from women affected by breast cancer positive to gp52 Env and 10% (1/9) positive to Gag p27 protein. These preliminary data suggest that this approach may bring very interesting results, therefore sera of patient with breast cancer will be collected and tested to obtain a statistically relevant number of cases. This approach may be used to test population for the presence of antibodies in sera for diagnostic purposes in the future
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