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    Disease-associated pathophysiologic structures in pediatric rheumatic diseases show characteristics of scale-free networks seen in physiologic systems: implications for pathogenesis and treatment

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    <p>Abstract</p> <p>Background</p> <p>While standard reductionist approaches have provided some insights into specific gene polymorphisms and molecular pathways involved in disease pathogenesis, our understanding of complex traits such as atherosclerosis or type 2 diabetes remains incomplete. Gene expression profiling provides an unprecedented opportunity to understand complex human diseases by providing a global view of the multiple interactions across the genome that are likely to contribute to disease pathogenesis. Thus, the goal of gene expression profiling is not to generate lists of differentially expressed genes, but to identify the physiologic or pathogenic processes and structures represented in the expression profile.</p> <p>Methods</p> <p>RNA was separately extracted from peripheral blood neutrophils and mononuclear leukocytes, labeled, and hybridized to genome level microarrays to generate expression profiles of children with polyarticular juvenile idiopathic arthritis, juvenile dermatomyositis relative to childhood controls. Statistically significantly differentially expressed genes were identified from samples of each disease relative to controls. Functional network analysis identified interactions between products of these differentially expressed genes.</p> <p>Results</p> <p><it>In silico </it>models of both diseases demonstrated similar features with properties of scale-free networks previously described in physiologic systems. These networks were observable in both cells of the innate immune system (neutrophils) and cells of the adaptive immune system (peripheral blood mononuclear cells).</p> <p>Conclusion</p> <p>Genome-level transcriptional profiling from childhood onset rheumatic diseases suggested complex interactions in two arms of the immune system in both diseases. The disease associated networks showed scale-free network patterns similar to those reported in normal physiology. We postulate that these features have important implications for therapy as such networks are relatively resistant to perturbation.</p

    Caratterizzazione di alcuni siti della rete accelerometrica nazionale al fine di individuare la risposta sismica locale

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    Le indagini geotecniche finalizzate alla stima della risposta sismica locale si limitano molto spesso ai primi 30 m di profondità, valore che è diventato uno standard per la classificazione delle caratteristiche di un sito. Negli anni ’90 Borcherdt (1994) e Martin e Dobry (1994) suggerirono 30 m come la profondità standard di indagine per la verifica delle strutture. Boore et al. (1993, 1994, 1997) e Boore e Joyner (1997) basarono le regressioni per il calcolo delle leggi predittive del moto del suolo sullo stesso parametro. Nel 1997 negli Stati Uniti il National Earthquake Hazards Reduction Program (NEHRP) nella stesura delle norme tecniche per le costruzioni in zona sismica (FEMA, 1997) utilizza per la prima volta il parametro Vs30 come indice per la classificazione dei suoli, con lo scopo di definirne l’amplificazione. Le norme tecniche per le costruzioni in zona sismica della comunità Europea, EC8 (ENV, 1998) ente da dati provenienti dagli Stati Uniti occidentali e, utilizzando dati provenienti dalla stessa regione, Wald & Mori (2000) segnalano che le VS,30 non sono molto ben correlate con l’entità dell’amplificazione, in quanto esiste una forte dispersione dei dati. La figura 1.1 mostra il rapporto tra le amplificazioni, mediate sull’intervallo di frequenza compreso tra 3-5 Hz. raccomandano lo stesso parametro per suddividere i terreni, anche se le classi differiscono in parte dalla classificazione NEHRP. Infine, anche in Italia, le Norme Tecniche per le Costruzioni (Normative Tecniche per le Costruzioni, Gazzetta Ufficiale del 14/01/2008) adottano la stessa suddivisione dei terreni adottata dall’EC8.L’attendibilità della velocità delle onde di taglio nei primi 30 m (VS,30) come estimatore della risposta sismica di un sito, in termini di frequenza e amplificazione, è tuttavia molto discussa.Innanzitutto il parametro è stato ricavato unicamente da dati provenienti dagli Stati Uniti occidentali e, utilizzando dati provenienti dalla stessa regione, Wald & Mori (2000) segnalano che le Vs30 non sono molto ben correlate con l’entità dell’amplificazione, in quanto esiste una forte dispersione dei dati. La figura 1.1 mostra il rapporto tra le amplificazioni, mediate sull’intervallo di frequenza compreso tra 3-5 Hz. I valori risultano effettivamente molto dispersi, ma questo risultato può essere spiegato col fatto che non tutte le classi di sito hanno frequenza di risonanza compreso in questo intervallo di frequenza. Perciò per alcuni siti la media è stata calcolata nell’intorno della frequenza di risonanza (sulle amplificazioni massime), mentre per altri è stata calcolata sulle armoniche superiori, che hanno ampiezze minori. Lavori eseguiti con dati provenienti da altre regioni sottolineano come le Vs30 non siano buoni estimatori per la predizione di amplificazioni in bacini profondi (Park & Hashash, 2004), per la stima delle amplificazioni in altre regioni (Stewart et al., 2003) o in presenza di inversioni di velocità (Di Giacomo et al., 2005). Uno studio recente, eseguito su dati giapponesi (Zhao et al., 2006) si è evitato l’uso della Vs30 perché strati spessi di terreno rigido posti sopra il substrato roccioso amplificano il moto di lungo periodo, mentre gli strati sottili e soffici tendono ad amplificare il moto di corto periodo: ciò significa che la VS,30 non può rappresentare il periodo predominante del sito, dato che si basa solo sugli strati superficiali. Secondo Mucciarelli e Gallipoli (2006) il confronto tra l’amplificazione sismica al sito e la Vs30 mostra che quest’ultimo parametro non è adeguato per spiegare gli effetti di sito osservati in Italia a causa delle situazioni geologiche particolari che sono diffuse nel nostro paese. La figura 1.2 mostra la distribuzione dell’ampiezza rispetto alla classe di sito, in cui si vede che le classi sono mal discriminate e le mediane delle classi A e B (indicate dalla linea nera) sono uguali. È però necessario notare che questo grafico è stato costruito utilizzando le ampiezze ricavate col metodo dei rapporti spettrali H/V, ma in letteratura (Bard, 1999) è dimostrato che tali rapporti spettrali permettono di stimare la frequenza di risonanza, ma falliscono nella stima del valore di amplificazione. In particolare la Vs30 sottostima gli effetti locali ai siti con inversione di velocità e li sovrastima in siti con bacini profondi. La Vs30 sembra fornire dei buoni risultati solo in siti che abbiano un profilo di velocità monotono, crescente con la profondità e un forte contrasto di impedenza nella prima decina di metri. Questo studio si propone di verificare l’attendibilità della velocità delle onde di taglio valutate nei primi 30 m come estimatore della risposta sismica di un sito. Per questo scopo sono state selezionate 45 stazioni della Rete Accelerometrica Nazionale, di cui si conoscono i profili stratigrafici e i profili di velocità delle onde di taglio e di compressione. Inoltre sono state raccolte le registrazioni strong motion relative ai terremoti registrati da queste stazioni. Gli effetti di sito sono stati valutati in due modi: · Le registrazioni sono state utilizzate per calcolare i rapporti spettrali H/V per ricavare la frequenza fondamentale propria di ciascun sito (f0) e il relativo valore di amplificazione; · I profili di velocità delle onde di taglio sono serviti per ricavare il modello teorico monodimensionale per il calcolo della funzione di trasferimento del sito, eseguito per mezzo del modello proposto da Haskell e Thomson (Haskell, 1953, Thomson 1950), da cui ricavare la f0 e l’amplificazione. I valori ottenuti con i due metodi sono stati poi confrontati per verificare la congruenza dei risultati. I profili di velocità hanno permesso di classificare le stazioni utilizzando la velocità media delle onde di taglio nei primi 30 m (Vs30), secondo la normativa italiana. I risultati ottenuti dalla valutazione della risposta di ciascun sito, espressi in termini di frequenza fondamentale e amplificazione, sono stati correlati con la rispettiva classe di sito per verificare l’attendibilità del parametro delle Vs30 come estimatore degli effetti di sito

    Mining the human phenome using allelic scores that index biological intermediates

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    J. Kaprio ja M-L. Lokki työryhmien jäseniä.It is common practice in genome-wide association studies (GWAS) to focus on the relationship between disease risk and genetic variants one marker at a time. When relevant genes are identified it is often possible to implicate biological intermediates and pathways likely to be involved in disease aetiology. However, single genetic variants typically explain small amounts of disease risk. Our idea is to construct allelic scores that explain greater proportions of the variance in biological intermediates, and subsequently use these scores to data mine GWAS. To investigate the approach's properties, we indexed three biological intermediates where the results of large GWAS meta-analyses were available: body mass index, C-reactive protein and low density lipoprotein levels. We generated allelic scores in the Avon Longitudinal Study of Parents and Children, and in publicly available data from the first Wellcome Trust Case Control Consortium. We compared the explanatory ability of allelic scores in terms of their capacity to proxy for the intermediate of interest, and the extent to which they associated with disease. We found that allelic scores derived from known variants and allelic scores derived from hundreds of thousands of genetic markers explained significant portions of the variance in biological intermediates of interest, and many of these scores showed expected correlations with disease. Genome-wide allelic scores however tended to lack specificity suggesting that they should be used with caution and perhaps only to proxy biological intermediates for which there are no known individual variants. Power calculations confirm the feasibility of extending our strategy to the analysis of tens of thousands of molecular phenotypes in large genome-wide meta-analyses. We conclude that our method represents a simple way in which potentially tens of thousands of molecular phenotypes could be screened for causal relationships with disease without having to expensively measure these variables in individual disease collections.Peer reviewe
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