39 research outputs found

    Studio della variazione di velocita delle onde di taglio in una colata di terra nella sua fase di post-attivazione.

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    In letteratura c'è intenso dibattito tra chi sostiene che la morfologia 'flow like' tipica delle colate di terra sia attribuibile a sviluppo di piani di taglio interni alla massa di frana e chi invece crede sia determinata da una vera e propria fluidificazione della massa (Bertello e al, 2018). Oggetto di questo studio è un movimento composito scorrimento di terra-colata il cui terreno è stato caratterizzato mediante analisi granulometrica e limiti di Attemberg. Questo lavoro di tesi mediante lo studio della variazione di velocità delle onde di taglio della colata di terra nella sua fase di post-attivazione si prefigge di capire se questa è soggetta o meno a un processo di consolidazione. La velocità delle onde di taglio nei fluidi teoricamente è pari a zero (Reynolds, 1997), dunque con un processo di consolidazione si dovrebbe osservare un aumento della velocità di propagazione delle onde di taglio all'interno della frana. Questo è ciò che si osserva nel corpo di frana in esame dove, nell'arco di otto mesi, sono state eseguite indagini geofisiche di onde di superficie (MASW, ReMi, H/V). Dalle misure è emerso che al di fuori alla frana le velocità rimangono costanti nel tempo mentre all'interno mostrano un notevole incremento. A partire dai valori di velocità sono stati ricavati il modulo di taglio, l'indice dei vuoti e il contenuto gravimetrico di acqua del terreno. Quest'ultimo valore è stato rapportato al limite liquido e plastico e confrontato con il contenuto volumetrico di acqua registrato da un sensore di umidità installato in sito. Entrambi i valori di umidità sembrano indicare consolidazione del corpo di frana

    Influence of Antisynthetase Antibodies Specificities on Antisynthetase Syndrome Clinical Spectrum TimeCourse

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    Introduction: Increased cardiovascular (CV) morbidity and mortality is observed in inflammatory joint diseases (IJDs) such as rheumatoid arthritis, ankylosing spondylitis, and psoriatic arthritis. However, the management of CV disease in these conditions is far from being well established.Areas covered: This review summarizes the main epidemiologic, pathophysiological, and clinical risk factors of CV disease associated with IJDs. Less common aspects on early diagnosis and risk stratification of the CV disease in these conditions are also discussed. In Europe, the most commonly used risk algorithm in patients with IJDs is the modified SCORE index based on the revised recommendations proposed by the EULAR task force in 2017.Expert opinion: Early identification of IJD patients at high risk of CV disease is essential. It should include the use of complementary noninvasive imaging techniques. A multidisciplinary approach aimed to improve heart-healthy habits, including strict control of classic CV risk factors is crucial. Adequate management of the underlying IJD is also of main importance since the reduction of disease activity decreases the risk of CV events. Non-steroidal anti-inflammatory drugs may have a lesser harmful effect in IJD than in the general population, due to their anti-inflammatory effects along with other potential beneficial effects.This research was partially funded by FOREUM—Foundation for Research in Rheumatolog

    Observation of gravitational waves from the coalescence of a 2.5−4.5 M⊙ compact object and a neutron star

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    Search for gravitational-lensing signatures in the full third observing run of the LIGO-Virgo network

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    Gravitational lensing by massive objects along the line of sight to the source causes distortions of gravitational wave-signals; such distortions may reveal information about fundamental physics, cosmology and astrophysics. In this work, we have extended the search for lensing signatures to all binary black hole events from the third observing run of the LIGO--Virgo network. We search for repeated signals from strong lensing by 1) performing targeted searches for subthreshold signals, 2) calculating the degree of overlap amongst the intrinsic parameters and sky location of pairs of signals, 3) comparing the similarities of the spectrograms amongst pairs of signals, and 4) performing dual-signal Bayesian analysis that takes into account selection effects and astrophysical knowledge. We also search for distortions to the gravitational waveform caused by 1) frequency-independent phase shifts in strongly lensed images, and 2) frequency-dependent modulation of the amplitude and phase due to point masses. None of these searches yields significant evidence for lensing. Finally, we use the non-detection of gravitational-wave lensing to constrain the lensing rate based on the latest merger-rate estimates and the fraction of dark matter composed of compact objects

    Search for eccentric black hole coalescences during the third observing run of LIGO and Virgo

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    Despite the growing number of confident binary black hole coalescences observed through gravitational waves so far, the astrophysical origin of these binaries remains uncertain. Orbital eccentricity is one of the clearest tracers of binary formation channels. Identifying binary eccentricity, however, remains challenging due to the limited availability of gravitational waveforms that include effects of eccentricity. Here, we present observational results for a waveform-independent search sensitive to eccentric black hole coalescences, covering the third observing run (O3) of the LIGO and Virgo detectors. We identified no new high-significance candidates beyond those that were already identified with searches focusing on quasi-circular binaries. We determine the sensitivity of our search to high-mass (total mass M>70 M⊙) binaries covering eccentricities up to 0.3 at 15 Hz orbital frequency, and use this to compare model predictions to search results. Assuming all detections are indeed quasi-circular, for our fiducial population model, we place an upper limit for the merger rate density of high-mass binaries with eccentricities 0<e≤0.3 at 0.33 Gpc−3 yr−1 at 90\% confidence level

    Ultralight vector dark matter search using data from the KAGRA O3GK run

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    Among the various candidates for dark matter (DM), ultralight vector DM can be probed by laser interferometric gravitational wave detectors through the measurement of oscillating length changes in the arm cavities. In this context, KAGRA has a unique feature due to differing compositions of its mirrors, enhancing the signal of vector DM in the length change in the auxiliary channels. Here we present the result of a search for U(1)B−L gauge boson DM using the KAGRA data from auxiliary length channels during the first joint observation run together with GEO600. By applying our search pipeline, which takes into account the stochastic nature of ultralight DM, upper bounds on the coupling strength between the U(1)B−L gauge boson and ordinary matter are obtained for a range of DM masses. While our constraints are less stringent than those derived from previous experiments, this study demonstrates the applicability of our method to the lower-mass vector DM search, which is made difficult in this measurement by the short observation time compared to the auto-correlation time scale of DM

    Il riarrangiamento di RET nel carcinoma colorettale metastatico: impatto prognostico e prospettive terapeutiche

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    Negli ultimi anni gli approcci diagnostici e terapeutici per il tumore del colon-retto metastatico hanno visto una rapida evoluzione che ha consentito un netto miglioramento della prognosi e, in casi selezionati, delle possibilità di guarigione. Per quanto riguarda l’evoluzione del trattamento medico, le tappe recenti più importanti sono rappresentate dall’avvento dei farmaci cosiddetti “biologici” o a bersaglio molecolare e dall’introduzione della selezione molecolare nella pratica clinica. Contestualmente, nell’ambito della ricerca traslazionale è andata progressivamente affermandosi la cosiddetta “medicina di precisione”, con l’obiettivo di identificare entità biologicamente distinte nel tumore colorettale e, di conseguenza, permettere di orientare le scelte terapeutiche in modo sempre più mirato in rapporto alle caratteristiche cliniche e molecolari di ogni singolo paziente. In questa prospettiva di personalizzazione del trattamento, emblematico è tutt’oggi il tentativo di ottimizzare l’utilizzo nella pratica clinica degli anticorpi monoclonali anti-EGFR (cetuximab e panitumumab) che, in monoterapia o associati a chemioterapia, hanno apportato un notevole beneficio nella strategia terapeutica del carcinoma colorettale metastatico. Un sostanziale miglioramento del rapporto costo/beneficio relativo ai farmaci anti-EGFR è stato determinato dall’identificazione delle mutazioni attivanti i geni RAS e BRAF in grado di renderli veri e propri drivers tumorali, capaci di conferire un vantaggio riproduttivo alle cellule in modo del tutto indipendente dalla via di segnale di EGFR. Pertanto, rendendo inefficace il blocco farmacologico di EGFR, le mutazioni di RAS e BRAF sono considerate marcatori molecolari predittivi di resistenza intrinseca all’inibizione di EGFR. Nonostante ciò, anche selezionando i pazienti con neoplasia RAS e BRAF wild-type, soltanto una limitata proporzione di essi ottiene un beneficio clinico da una terapia con agenti anti-EGFR. Ciò suggerisce quindi la necessità sempre più stringente di identificare meccanismi molecolari, oltre RAS e BRAF, responsabili della resistenza intrinseca al blocco di EGFR, introducendo così una delle sfide più intriganti e ardue della medicina di precisione. Diversi studi clinici e retrospettivi hanno suggerito l’esistenza di altre alterazioni genomiche potenzialmente in grado di promuovere la cancerogenesi e la progressione tumorale indipendentemente da RAS e BRAF, lasciando intravedere la possibilità di passare nel carcinoma colorettale metastatico dalla logica della selezione negativa, ovvero l’esclusione da un determinato trattamento di pazienti che non ne trarrebbero beneficio, alla selezione positiva, ovvero l’identificazione di pazienti con elevate chances di beneficiare di un determinato agente grazie alle caratteristiche molecolari dei loro tumori. Tra questi, riarrangiamenti e traslocazioni geniche possono condurre all’espressione della forma costitutivamente attiva delle proteine codificate. Nel caso di RET, esso codifica per un recettore che ha come ligandi diversi fattori di crescita e trasduce un segnale proliferativo e anti-apoptotico; quando costitutivamente attivo, diventa esso stesso il driver molecolare della neoplasia. L’incidenza dei riarrangiamenti di RET è estremamente bassa nel carcinoma colorettale metastatico, inferiore all’1%; le metodiche di laboratorio necessarie per valutare la loro presenza sono costose e time-consuming, per cui ad oggi non è sostenibile ricercarli in ogni singolo paziente. Tuttavia, la loro identificazione ha oggi un estremo interesse in considerazione del recente sviluppo di diversi farmaci ad attività anti-RET, diretti contro le proteine risultanti da riarrangiamenti e traslocazioni di RET, potenzialmente efficaci nel bloccare l’aberrante crescita tumorale, e del loro potenziale ruolo come meccanismi di resistenza primaria ad anti-EGFR. Sulla base di questi presupposti, il nostro studio si propone di confrontare pazienti affetti da colorettale metastatico con e senza riarrangiamento di RET (RET-positivo versus RET-negativo), con tre obiettivi principali: - identificare le caratteristiche cliniche e molecolari che facciano supporre con elevata probabilità la positività ai riarrangiamenti di RET; - analizzare l’impatto prognostico di tali riarrangiamenti; - valutare il ruolo predittivo delle fusioni di RET nella risposta agli anti-EGFR e ad inibitori specifici di RET. Il risultato dell’analisi è la definizione di un nuovo sottogruppo nel panorama molecolare del tumore colorettale metastatico: quello dei tumori con riarrangiamento di RET. Nel dettaglio, il presente studio individua alcune caratteristiche, sia cliniche che molecolari, che differiscono significativamente tra i due gruppi di carcinoma colorettale metastatico in esame (RET-positivo versus RET-negativo), ponendo le basi per uno screening molecolare orientato e ottimizzato; definisce un chiaro impatto prognostico negativo dei riarrangiamenti di RET; suggerisce una verosimile resistenza intrinseca ai farmaci anti-EGFR e una potenziale sensibilità nei confronti di agenti inibitori selettivi di RET dei tumori colorettali RET-positivi

    Il Project Management gestito all'interno di una societa di consulenza e la sua applicazione ad un caso pratico.

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    Il presente elaborato sorge a seguito dello svolgimento di un tirocinio presso EY Advisory S.p.A. nell’ambito della consulenza aziendale e lo scopo che si propone è quello di analizzare la gestione di un progetto all'interno di una società di consulenza, portando anche un'evidenza pratica di Project Management. La struttura del seguente lavoro prevede quindi una analisi iniziale generale sul Project Management, nella quale si approfondisce anche l'evoluzione che tale teoria ha subito nel corso del tempo. Successivamente, viene descritto come EY gestisce un progetto interno, spiegando in dettaglio il modello normalmente utilizzato dalla stessa. Infine, viene analizzato un caso reale riguardante un progetto al quale è stato applicato il modello sopra descritto. Nella parte conclusiva vengono poi date evidenze sui benefici effettivi riscontrati dal cliente al termine della fase progettuale per sottolineare l'efficacia e l'efficienza del modello in analisi. Tali benefici sono legati a miglioramenti della rendicontazione consuntiva e, di riflesso, della rendicontazione preventiva del processo specificamente trattato, pertanto si vuole dare una chiara evidenza di come il progetto abbia giovato al cliente

    Increased values of the circulating PDGFβ sustains the "withdrawal syndrome" after tyrosine kinase inhibitor discontinuation in patients affected by chronic myeloid leukemia

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    increased levels of PDGFB would sustain the withdrawn syndrome after TKIs discontinuation in patients affected by chronic myeloid leukemi

    Lower limb deep vein thrombosis in COVID-19 patients admitted to intermediate care respiratory units

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    COVID-19 has been associated with an increased risk of thrombotic events; however, the reported incidence of deep vein thrombosis varies depending, at least in part, on the severity of the disease. Aim of this prospective, multicenter, observational study was to investigate the incidence of lower limb deep vein thrombosis as assessed by compression ultrasound in consecutive patients admitted to three pulmonary medicine wards designated to care for patients with COVID-19 related pneumonia, with or without respiratory failure but not requiring admission to an intensive care unit. Consecutive patients admitted between March 27 and May 6, 2020 were enrolled. Patients were excluded if they were less than 18-year-old or if compression ultrasound could not be performed for any reason. Patients were assessed at admission (t0) and after 7 days (t1). Major and non-major clinically relevant bleedings were recorded. Sixty-eight patients were enrolled. Two were excluded due to anatomical abnormalities that prevented compression ultrasound; sixty patients were retested at (t1). All patients were started on antithrombotic prophylaxis, unless therapeutic anticoagulation was required. Deep vein thrombosis as assessed by compression ultrasound was observed in 2 patients (3%); one of them was later deemed to represent a previous episode. No new episodes were detected at t1. One major and 2 non-major clinically relevant bleedings were observed. In the setting of patients with COVID-related pneumonia not requiring admission to an intensive care unit, the incidence of deep vein thrombosis is low and our data support not screening asymptomatic patients
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