9 research outputs found

    Somiglianze cross-modali fra stimoli visivi e stimoli uditivi

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    Parise C, Bricolo E, Vezzani S, Zavagno D. Somiglianze cross-modali fra stimoli visivi e stimoli uditivi. Presented at the Congresso Nazionale della Sezione Sperimentale dell’Associazione Italiana di Psicologia, Rovereto, IT

    The role of professional and team commitment in nurse-physician collaboration: A dual identity model perspective

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    Nurse-physician collaboration involves healthcare operators from different professions working together. The dual identity model predicts that nurse-physician interprofessional collaboration could improve if these operators feel they belong to both their professional category and care unit. This study tested this prediction by analyzing the effect of professional and team commitments on interprofessional collaboration between nurses and physicians in a hospital based in Northern Italy. A cross-section questionnaire survey was administered to 270 nurses and 95 physicians. Results indicate that interprofessional collaboration is positively affected by team commitment, while professional commitment had no effect. In accordance with the dual identity model, results indicate that interprofessional collaboration is higher when: (i) both professional and team commitment is high, and (ii) when team commitment is high and professional commitment is low. These results support dual identity model predictions and suggest that interprofessional collaboration can be increased by bolstering both team and professional commitment of nurses and physicians

    Primary Nursing per il paziente sottoposto ad intervento di craniotomia: sviluppo di uno strumento di standardizzazione del percorso assistenziale

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    Introduzione Il dibattito interno alla professione infermieristica sulle prospettive e sulle problematiche connesse all'attività di standardizzazione riconosce un punto di origine nella natura stessa dell’assistenza infermieristica. Essa, infatti, si occupa della salute secondo una visione olistica e non parcellizzata dei problemi di salute del singolo e della collettività ed assume il principio della personalizzazione quale elemento centrale di una relazione professionale basata sulla comprensione e sul riconoscimento della dimensione soggettiva - biofisiologica, psicologica e socioculturale - dei bisogni di cui la persona è portatrice. Standardizzazione e personalizzazione non necessariamente devono essere considerate come approcci contrapposti e tra loro inconciliabili: è possibile, infatti, concepire e praticare l’assistenza infermieristica come attività personalizzata, cioè rivolta alla persona intesa nella sua totalità ed unicità e nella sua peculiare esperienza di paziente, e - ove possibile - standardizzata, cioè orientata alla scelta di quegli interventi che hanno già dimostrato, in situazioni cliniche analoghe, una reale efficacia. La letteratura riporta che il Piano Assistenziale Standard (Standardized Care Plan - SCP), è strumento utile per la pianificazione per il paziente chirurgico, data la prevedibilità del percorso clinico e dei problemi assistenziali. Esso contiene in forma già pre-strutturata, per ciascuna giornata di degenza, i problemi assistenziali prevalenti, le attività standard in risposta al problema e gli indicatori di risultato specifici, in modo tale che gli infermieri possono documentare quello che hanno realizzato. In tal modo è possibile, in uno stesso documento, tracciare sia la progettazione dell’assistenza che gli interventi attuati ed i risultati conseguiti, dando evidenza dello specifico professionale infermieristico e dei risultati di salute per la persona dei quali l’infermiere è responsabile, nel contempo rendendo esplicito il processo decisionale sotteso alle scelte assistenziali compiute. Contestualizzazione dell’esperienza Il gruppo infermieristico della Unità Operative Neurologia dell’Azienda USL – IRCCS di Reggio Emilia ha mosso dal 2017 un percorso di implementazione del Primary Nursing (PN), un metodo di erogazione dell’assistenza centrato sulla relazione ed orientato ai risultati. A partire da questo, il team ha incominciato ad interrogarsi sulla possibilità di creare, per il paziente neurochirurgico, uno strumento di progettazione dell’assistenza che consentisse un’applicazione più agevole della metodologia di pianificazione. Materiali e metodi Le fasi metodologiche seguite per giungere alla stesura del SCP per il paziente sottoposto ad intervento di craniotomia sono state le seguenti: A. Costituzione del gruppo di lavoro composto da un infermiere che è parte del PDTA per la persona con neoplasia cerebrale, due infermieri che hanno dato la loro disponibilità, il coordinatore infermieristico, il dirigente infermieristico di Dipartimento, il tutor del Progetto PN. B. Formazione d’aula, finalizzata a: • far acquisire conoscenze in materia di SCP (che cos’è, a che cosa serve, come è strutturato e quali i criteri da seguire nell’allestimento) ed identificare la tipologia di intervento neurochirurgico a partire dal quale incominciare a strutturare SCP; • condividere le problematiche clinico assistenziali prevalenti, gli interventi attuati ed i risultati attesi, partendo dalla revisione delle cartelle infermieristiche relative a pazienti sottoposti ad intervento di craniotomia; • strutturare, a partire da quanto emerso dalla revisione delle cartelle e dal contenuto dello specifico PDTA, il SCP per il paziente sottoposto ad intervento di craniotomia. C. Formazione sul campo, finalizzata ad aggiornare alcune prestazioni contenute nel SCP, alla luce delle più recenti evidenze. In particolare: • l’appropriatezza della rilevazione dei parametri vitali 4 volte/die, in prima giornata postoperatoria per craniotomia, nel paziente stabilizzato; • indicazioni al paziente per l’igiene del capo e dei capelli dopo craniotomia. La revisione bibliografica ha esitato in: • rilevazione dei parametri vitali 4 volte/die: è da attuarsi solo in caso di paziente con patologie cardiache o se nel corso dell’intervento si siano verificate alterazioni degli stessi; • inclusione della rilevazione della frequenza respiratoria tra i parametri vitali rilevati, oltre alla saturazione di ossigeno; • igiene del capo e dei capelli possibile già dopo 48 ore dall’intervento chirurgico. A partire da tali evidenze sono state modificate le prestazioni anche nel SCP. D. Condivisione, con l’intero gruppo infermieristico del piano standard allestito e di tempi e modi per la sua implementazione. Risultati Il gruppo di lavoro è giunto alla realizzazione di un SCP per il paziente sottoposto ad intervento di craniotomia. Il SCP si compone di una serie di sezioni comuni a tutti i SCP prodotti nell'ambito dell'ex Azienda Ospedaliera ASMN– IRCCS - e dell'attuale Azienda USL – IRCCS di Reggio Emilia. Conclusioni Nell'ambito del PN, disporre di un SCP consente di coniugare in modo coerente i supporti utilizzati per la pianificazione, la metodologia di progettazione dell’assistenza e lo scopo perseguito dalla implementazione del PN. Una metodologia di erogazione dell’assistenza la cui finalità è rendere evidente la professionalità infermieristica agita in risposta alle specifiche esigenze assistenziali del paziente esplicitate nell'ambito della relazione di cura con l’infermiere di riferimento. Lo strumento SCP diviene perciò, nelle mani dell’infermiere di riferimento, un documento di indirizzo dell’assistenza, in grado di assicurare prestazioni di qualità e che, quando appropriato (rendere proprio) alle caratteristiche del paziente, lascia spazio alla personalizzazione

    Studio analitico descrittivo sulla mobilizzazione dei pazienti del Dipartimento Internistico dell’Azienda USL – IRCCS di Reggio Emilia (MOBINT)

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    INTRODUCTION: Hospitalisation represents a significant risk factor for the decline in the general conditions of the elderly. Loss of autonomy in elderly inpatients, together with immobilisation, has been defined as ‘Hospital-Acquired Disability’ and affects 65% of this class of patients. Less than half of them will regain independent mobilisation. Included among the negative effects are: falls, increased percentage of admission to nursing homes, longer hospital admissions, increased mortality and morbitity. Despite these facts, elderly patients remain in bed for 83-95% of their hospital stay; they rarely walk or are mobilised. Only on an international level has this issue been analysed OBJECTIVES: To analyse active mobilisation in inpatients. METHODS: Prospective analytical and descriptive study performed from December 2018 - May 2019 in the Clinical Medicine department of the AUSL of Reggio Emilia. Descriptive analysis of the data has been performed. RESULTS: A total of 1725 patients were screened for the study. After applying the inclusion criteria, 295 patients were enrolled in the study, 9 of which were then excluded for failure to be mobilised. 66.4% of these patients were mobilized the morning during hygiene-rounds. According to the nurse, they appeared in a stable state, alert and oriented (88.1%) and used a variety of aids (from 1 to 3) (57.3%). The frequency of mobilisations were: 44.4% once a day, 31.2% twice, 24.4% three times or more. DISCUSSION: This study highlighted that mobilisation is strictly correlated to first assistance, frequently relying on health care assistants, and is mostly applied to oriented patients who only need one assistant. Further studies are required to investigate connections between patient’s features and mobilisation.INTRODUZIONE: L’ospedalizzazione rappresenta un fattore di rischio per il declino delle condizioni generali dell’anziano. La perdita di autonomia dei pazienti anziani ricoverati, associata alla mancata mobilizzazione, è stata definita come una Disabilità Acquisita in Ospedale e colpisce fino al 65% di essi. Meno della metà degli anziani recuperano la mobilizzazione indipendente. Tra gli esiti negativi associati abbiamo: cadute, aumento delle istituzionalizzazioni e dei tempi di degenza, aumentata mortalità, sviluppo di complicanze. Nonostante ciò, gli anziani rimangono allettati per il 83-95% della degenza, solo raramente deambulano o vengono mobilizzati. Solo a livello internazionale è stata indagata questa problematica. OBIETTIVO: Descrivere la mobilizzazione attiva dei pazienti internistici. METODI: Studio analitico descrittivo prospettico. Dicembre 2018 - Maggio 2019. Sono stati inclusi i reparti internistici dell’AUSL di Reggio Emilia. È stata eseguita un’analisi descrittiva dei dati. RISULTATI: Sono stati screenati 1725 pazienti, applicando i criteri d’inclusione reclutati 295, di cui 9 esclusi perché non mobilizzabili. Il 66,4% dei pazienti viene mobilizzato al mattino durante l’igiene. Essi sono in condizioni stabili secondo l’infermiere, lucidi ed orientati (88,1%) e portatori di vari presidi (da 1 a 3) (57,3%). La frequenza di mobilizzazione è di: una volta al giorno per il 44,4% dei pazienti, due volte al giorno per il 31,2% e più di due volte al giorno per il 24,4%. DISCUSSIONE: Lo studio ha evidenziato che la mobilizzazione è strettamente associata all’assistenza di base, nella quale ha un ruolo rilevante l’OSS. Essa riguarda prevalentemente pazienti lucidi orientati e che richiedono un solo operatore. Sarebbero auspicabili studi successivi per indagare correlazioni fra caratteristiche dei pazienti e mobilizzazione

    Randomized, multicenter trial of lateral Trendelenburg versus semirecumbent body position for the prevention of ventilator-associated pneumonia

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    Purpose: The lateral Trendelenburg position (LTP) may hinder the primary pathophysiologic mechanism of ventilator-associated pneumonia (VAP). We investigated whether placing patients in the LTP would reduce the incidence of VAP in comparison with the semirecumbent position (SRP). Methods: This was a randomized, multicenter, controlled study in invasively ventilated critically ill patients. Two preplanned interim analyses were performed. Patients were randomized to be placed in the LTP or the SRP. The primary outcome, assessed by intention-to-treat analysis, was incidence of microbiologically confirmed VAP. Major secondary outcomes included mortality, duration of mechanical ventilation, and intensive care unit length of stay. Results: At the second interim analysis, the trial was stopped because of low incidence of VAP, lack of benefit in secondary outcomes, and occurrence of adverse events. A total of 194 patients in the LTP group and 201 in the SRP group were included in the final intention-to-treat analysis. The incidence of microbiologically confirmed VAP was 0.5% (1/194) and 4.0% (8/201) in LTP and SRP patients, respectively (relative risk 0.13, 95% CI 0.02â1.03, p = 0.04). The 28-day mortality was 30.9% (60/194) and 26.4% (53/201) in LTP and SRP patients, respectively (relative risk 1.17, 95% CI 0.86â1.60, p = 0.32). Likewise, no differences were found in other secondary outcomes. Six serious adverse events were described in LTP patients (p = 0.01 vs. SRP). Conclusions: The LTP slightly decreased the incidence of microbiologically confirmed VAP. Nevertheless, given the early termination of the trial, the low incidence of VAP, and the adverse events associated with the LTP, the study failed to prove any significant benefit. Further clinical investigation is strongly warranted; however, at this time, the LTP cannot be recommended as a VAP preventive measure. ClinicalTrials.gov identifier: NCT01138540

    Common cardiovascular risk factors and in-hospital mortality in 3,894 patients with COVID-19: survival analysis and machine learning-based findings from the multicentre Italian CORIST Study

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    There is poor knowledge on characteristics, comorbidities and laboratory measures associated with risk for adverse outcomes and in-hospital mortality in European Countries. We aimed at identifying baseline characteristics predisposing COVID-19 patients to in-hospital death
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