16 research outputs found

    A portable positron accumulator for antihydrogen formation

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    A pulsed source of positrons has been developed which may be useful for antihydrogen ( ) formation because it is portable when compared to accelerator-based sources. This positron accumulator uses a Penning-style trap to collect moderated positrons from a radioactive source. The positron pulses may be emitted with repetition rates in the range of 50–1000 Hz, which is appropriate for production schemes involving laser-induced recombination. Bunching techniques may be used to vary the width of the positron pulses over the range 30–120 ns (FWHM) to match the width of the antiproton and/or laser pulses. The efficiency of the accumulator increases from ∼ 10% at 100 Hz to ∼ 50% at 1000 Hz. 250 Hz the efficiency is ∼ 25% and the accumulator has delivered up to 8 e + /pulse per mCi of positron activity. This translates into ∼ 1.2 × 10 5 e + /pulse for a 100 Ci 58 Co source.Peer Reviewedhttp://deepblue.lib.umich.edu/bitstream/2027.42/42929/1/10751_2006_Article_BF02316711.pd

    The Sudbury Neutrino Observatory

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    The Sudbury Neutrino Observatory is a second generation water Cherenkov detector designed to determine whether the currently observed solar neutrino deficit is a result of neutrino oscillations. The detector is unique in its use of D2O as a detection medium, permitting it to make a solar model-independent test of the neutrino oscillation hypothesis by comparison of the charged- and neutral-current interaction rates. In this paper the physical properties, construction, and preliminary operation of the Sudbury Neutrino Observatory are described. Data and predicted operating parameters are provided whenever possible.Comment: 58 pages, 12 figures, submitted to Nucl. Inst. Meth. Uses elsart and epsf style files. For additional information about SNO see http://www.sno.phy.queensu.ca . This version has some new reference

    Experimental progress in positronium laser physics

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    Measurement of the νe and total 8B solar neutrino fluxes with the Sudbury Neutrino Observatory phase-III data set

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    This paper details the solar neutrino analysis of the 385.17-day phase-III data set acquired by the Sudbury Neutrino Observatory (SNO). An array of 3He proportional counters was installed in the heavy-water target to measure precisely the rate of neutrino-deuteron neutral-current interactions. This technique to determine the total active 8B solar neutrino flux was largely independent of the methods employed in previous phases. The total flux of active neutrinos was measured to be 5.54-0.31+0.33(stat.)-0.34+0.36(syst.)×106 cm-2 s-1, consistent with previous measurements and standard solar models. A global analysis of solar and reactor neutrino mixing parameters yielded the best-fit values of Δm2=7.59-0.21+0.19×10 -5eV2 and θ=34.4-1.2+1.3degrees

    Diagnosi radiologica delle fratture da osteoporosi

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    Nella pratica clinica la valutazione delle fratture vertebrali si basa comunemente sulla lettura dei radiogrammi da parte del radiologo, prima essenziale tappa per la diagnosi differenziale delle varie cause di deformità vertebrale . Tale approccio è soggettivo e trova spesso in disaccordo due radiologi sul considerare frattura una data deformità vertebrale per vari motivi relativi alla mancanza di un “gold standard” radiologico, alla presentazione clinica variabile delle fratture, al fatto che la loro storia naturale è sconosciuta, e alle diverse esigenze della pratica clinica rispetto alla ricerca. Per rendere più precisa la identificazione delle fratture vertebrali sono stati proposti negli ultimi 20 anni vari metodi in grado di fornire una valutazione più o meno quantitativa del rachide. Tali metodi si possono suddividere in due gruppi, visivi semiquantitativi e morfometrici quantitativi. Metodi visivi semiquantitativi Questi metodi prevedono che il radiologo esperto con la semplice valutazione visiva dei radiogrammi non si limiti ad identificare le fratture vertebrali, ma assegni loro un punteggio in base alla gravità della deformazione del corpo vertebrale, senza comunque effettuare la misurazione delle dimensioni vertebrali. Tra tutti i metodi proposti in passato, quello ancora utilizzato è il metodo di semiquantitativo di H.K. Genant, il quale sottolinea l’importanza della lettura dei radiogrammi da parte di un radiologo esperto per poter discriminare le varie cause di deformità vertebrali. Una volta diagnosticata la natura osteoporotica della frattura vertebrale il radiologo esperto esegue una valutazione visiva semiquantitativa, classificando le vertebre in “normali”, “borderline”, “fratture lievi”, “fratture moderate” e “fratture gravi” Valutare la severità della deformità come riduzione delle altezze vertebrali rende possibile anche l’accertamento dell’insorgenza di nuove fratture nel follow-up del paziente in base alla riclassificazione di una data vertebra rispetto alla valutazione basale. Questo metodo permette di raggiungere una elevata concordanza di giudizio tra due radiologi esperti dimostrandosi altamente riproducibile per la diagnosi sia di prevalenza che di incidenza delle fratture vertebrali . La precisione di questo metodo è tuttavia dipendente dalla esperienza dei radiologi e, comunque, diminuisce per la identificazione delle fratture di grado lieve (“mild”). La morfometria vertebrale è una metodica che si basa sulla misura delle altezze anteriore, centrale e posteriore dei corpi vertebrali, per stabilire quale di queste sia ridotta oltre un certo valore soglia così da poter diagnosticare una frattura vertebrale. La morfometria vertebrale può essere eseguita sulle immagini ottenute con apparecchio radiologico tradizionale e successivamente digitalizzate (MRX: morphometric X-ray radiography) sia su quelle ottenute con gli apparecchi per densitometria utilizzanti metodica DEXA (MXA: morphometric X-ray absorptiometry). Vari studi comparativi hanno dimostrato che entrambe le tecniche sono dotate di buona precisione, più elevata comunque per la MRX, il cui coefficiente di variabilità, sia intra-che interoperatore, è risultato più basso rispetto alla MXA. Le due tecniche, la MRX e la MXA sono sovrapponibili sia per sensibilità che per specificità nella identificazione delle fratture vertebrali. La MXA avendo il grosso vantaggio di esporre il paziente ad una bassa dose di radiazioni ( <10mSv versus 800mSv della MRX) potrebbe essere proposta come metodica di screening per la iniziale identificazione delle fratture vertebrali da osteoporosi, da confermare o meno con l’esama radiologico tradizionale del rachide. Tale esame può fornire elementi utili per effettuare una diagnosi differenziale tra le varie cause, benigne e maligne delle deformità vertebrali., ricorrendo nei casi dubbi ad esami più complessi, TC o RM. Una volta effettuata la diagnosi di frattura vertebrale da osteoporosi, per valutare l’efficacia della terapia sulla prevenzione delle fratture vertebrali è preferibile utilizzare la MXA, sia per la bassa dose di esposizione, sia per la maggior riproducibilità dovuta al più facile posizionamento del paziente. L’utilità della morfometria vertebrale sta quindi, sia nel consentire di identificare il maggior numero possibile di fratture vertebrali, sia nella possibilità di seguire nel tempo l’andamento delle altezze vertebrali, prevedendo, quindi, l’insorgenza di una frattura vertebrale, intesa come deformazione di grado lieve, asintomatica ed atraumatica. Ciò è molto importante se si considera che la determinazione della massa ossea con la densitometria, pur essendo la principale indagine per la valutazione del rischio fratturativo, in realtà., non sempre ci permette di raggiungere questo scopo. In conclusione, per una completa valutazione del paziente con osteoporosi appare necessario effettuare con la metodica DEXA, durante la stessa seduta , oltre la valutazione della densità ossea, anche l’acquisizione della immagine del rachide al fine di selezionare i soggetti da sottoporre alle radiografie del rachide dorsale e lombare per o meno diagnosi di frattura vertebrale da osteoporosi

    The effects of pre-enrolment emotions and peer group interaction on students’ satisfaction

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    Higher education institutions are increasingly involved in measuring students' satisfaction and communicating messages to prospective, current, and previous students. A review of the literature suggests that institutions have traditionally focused on cognitive rather than affective measures, and have communicated messages in a media environment that could be dominated by the institution. This paper seeks to contribute by investigating the role of peer-to-peer social network media in evoking emotions about attending university prior to enrolment and subsequent satisfaction with it. A two-stage study involving 519 prospective students from a UK higher education institution were asked about their cognition and emotions one month prior to enrolment and again one month after. Hypotheses related their involvement in online peer-to-peer media to their perceived level of satisfaction, emotions evoked, and likelihood of recommending the institution. It was found that emotions were a better predictor of likelihood of recommendation than cognitive measures of satisfaction. Positive emotions evoked during the pre-enrolment phase led to positive emotions post-enrolment. There was an association between prospective students' level of involvement with online communities prior to enrolment and their level of evoked positive emotions

    Climate change and the future of freshwater biodiversity in Europe: a primer for policy-makers

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    Earth’s climate is changing, and by the end of the 21st century in Europe, average temperatures are likely to have risen by at least 2 °C, and more likely 4 °C, with associated effects on patterns of precipitation and the frequency of extreme weather events. Attention among policy-makers is divided about how to minimise the change, how to mitigate its effects, how to maintain the natural resources on which societies depend and how to adapt human societies to the changes. Natural systems are still seen, through a long tradition of conservation management that is largely species-based, as amenable to adaptive management, and biodiversity, mostly perceived as the richness of plant and vertebrate communities, often forms a focus for planning. We argue that prediction of particular species changes will be possible only in a minority of cases but that prediction of trends in general structure and operation of four generic freshwater ecosystems (erosive rivers, depositional floodplain rivers, shallow lakes and deep lakes) in three broad zones of Europe (Mediterranean, Central and Arctic-Boreal) is practicable. Maintenance and rehabilitation of ecological structures and operations will inevitably and incidentally embrace restoration of appropriate levels of species biodiversity. Using expert judgement, based on an extensive literature, we have outlined, primarily for lay policy makers, the pristine features of these systems, their states under current human impacts, how these states are likely to alter with a warming of 2 °C to 4 °C and what might be done to mitigate this. We have avoided technical terms in the interests of communication, and although we have included full referencing as in academic papers, we have eliminated degrees of detail that could confuse broad policy-making
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