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    Effetti della rifaximina sugli enzimi del "drug metabolism" nel suino come modello per l'uomo

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    Il sistema citocromo P450 (CYP) è una superfamiglia genica che svolge un ruolo fisiologico importante nel metabolismo di sostanze endogene ed esogene, costituita da emoproteine appartenenti alla sottoclasse delle ossidasi a funzione mista. Si tratta di enzimi di fase I presenti prevalentemente a livello epatico, ma che generalmente si riscontrano anche in molti tessuti extraepatici. Nei mammiferi, sebbene il fegato presenti il più alto contenuto di CYP, anche il duodeno mostra livelli significativi di CYP giocando un ruolo importante nel metabolismo degli xenobiotici assunti per via orale. In questo lavoro di tesi è stato scelto il suino come modello sperimentale in quanto è stato proposto, negli ultimi anni, come modello animale per studi di farmacologia e tossicologia a causa delle sue somiglianze anatomiche e fisiologiche con l’uomo, soprattutto a livello del tratto digerente e dell’apparato cardiovascolare, oltre che per le potenziali applicazioni cliniche. Tuttavia, le conoscenze riguardo gli enzimi metabolici del suino sono scarse, sia a livello epatico che a livello extraepatico. E’ noto, da studi precedenti, che la rifampicina (un antibiotico della classe dei macrolidi) è un agonista di PXR ed è in grado di indurre fortemente nell'uomo, nel ratto e nel suino l’espressione dei CYP2B, 2C e 3A e di alcuni trasportatori tramite l'attivazione del recettore nucleare pregnane X receptor (PXR). La rifaximina, un derivato semisintetico della rifampicina, a differenza di quest’ultima, si ritrova ad alte concentrazioni a livello intestinale e minime a livello del circolo sistemico, quando è somministrata per via orale, nell’uomo. Lo scopo di questa tesi è stato quello di valutare la capacità modulatoria della rifaximina nel suino a seguito di trattamenti in vivo per via intraperitoneale e per via orale, su una isoforma della sottofamiglia 2B (CYP2B22), tre isoforme della sottofamiglia 2C (CYP2C33, CYP2C42 e CYP2C49) e quattro isoforme della sottofamiglia 3A (CYP3A22, CYP3A29, CYP3A39 e CYP3A46) e tre trasportatori P-gp (MDR1), MRP1 e MRP2 noti per essere regolati principalmente, nell’uomo, dall’attivazione di PXR. Dal fegato e dal duodeno di tre suini di controllo, tre suini trattati in vivo con rifaximina oralmente e tre suini trattati in vivo con rifaximina per via intraperitoneale è stato estratto e retrotrascritto l'RNA totale. Con il relativo cDNA sono stati eseguiti analisi di RT-PCR qualitativa e real rime RT-PCR. I risultati ottenuti a livello trascrizionale sono stati successivamente confrontati con quelli ottenuti dai saggi enzimatici effettuati sulle frazioni microsomiali epatiche ed intestinali. Nello specifico abbiamo utilizzato l’attività 7-metossi-4-trifluorometilcumarina-O-demetilasi (MFCOD) marcatrice di isoforme della sottofamiglia CYP2C, condotto su microsomi di fegato e duodeno. Le attività enzimatiche 7-etossi-4-trifluorometilcumarina-O-deetilasi (EFCOD) e 9-antraldeide ossidasi (AnOx) marcatrici di isoforme della sottofamiglia CYP2B, condotti su microsomi di fegato e duodeno. E infine la benzilossichinolina debenzilasi (BQD) e la 6β-idrossilazione del testosterone sia su microsomi di fegato che duodeno, e l’eritromicina demetilasi (ErD) solo sul fegato, per i CYP3A. Infine sono stati eseguiti esperimenti di Western Blotting, che hanno permesso di investigare a livello proteico le isoforme appartenenti alla sottofamiglia 2B, 2C e 3A. A livello epatico, è stato evidenziato un aumento della trascrizione dei soli CYP2C42 e CYP2C49, a seguito del trattamento con rifaximina per via orale. Il risultato è stato confermato a livello proteico e di attività enzimatica (attività MFCOD). Al contrario, inaspettatamente per i CYP3A epatici è stata osservata una diminuzione dell’espressione e delle attività enzimatiche. Per il CYP2B22 epatico in seguito ai trattamenti con rifaximina nessuna modulazione è stata evidenziata, come accertato con gli esperimenti di RT-PCR ed i saggi di attività enzimatica EFCOD e AnOx. A livello intestinale i trattamenti con rifaximina hanno determinato un’induzione non solo dei CYP2C42 e CYP2C49, ma anche del CYP3A46; in parallelo, le attività MFCOD, BQD e testosterone 6β-idrossilasi effettuate con microsomi intestinali sono risultate significativamente aumentate. Non è stato, invece, riscontrato alcun aumento dell’espressione del CYP2B22 o dell’attività AnOx, o con analisi di Western Blotting. Per quanto riguarda i trasportatori, è stato evidenziato un aumento statisticamente significativo dell’espressione di MDR1 soltanto nei campioni epatici dei suini trattati con rifaximina per via intraperitoneale, in accordo con i dati presenti in letteratura per la rifampicina, Tuttavia, né MRP1 né MRP2 sono risultati essere modulati dai trattamenti con rifaximina, sebbene nell’uomo siano inducibili da rifampicina. In conclusione, gli effetti prodotti dalla rifaximina nel suino differiscono da quelli riportati per la rifampicina. La scarsa modulazione ottenuta a seguito del trattamento intraperitoneale potrebbe essere dovuta ad un minimo rilascio della rifaximina dalla miscela oleosa in cui è stata somministrata agli organi addominali. Il maggiore effetto induttivo, seppure limitato, ottenuto per somministrazione orale è forse dovuto ad un parziale assorbimento della rifaximina negli enterociti - dove esercita la sua azione induttiva - ma non nel fegato del suino così come avviene nell’uomo. Inoltre altre ipotesi possono essere avanzate: a) la presenza di fattori di regolazione tessuto-specifici, b) la presenza di differenze nella sequenza amminoacidica del PXR di suino rispetto a quello umano, che potrebbe influenzare il legame dell’agonista al recettore. Ulteriori studi sono necessari per confermare la capacità della rifaximina di agire da attivatore del PXR di suino

    Membrane Estrogen Receptor (GPER) and Follicle-Stimulating Hormone Receptor (FSHR) Heteromeric Complexes Promote Human Ovarian Follicle Survival

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    International audienceClassically, follicle-stimulating hormone receptor (FSHR)-driven cAMP-mediated signaling boosts human ovarian follicle growth and oocyte maturation. However, contradicting in vitro data suggest a different view on physiological significance of FSHR-mediated cAMP signaling. We found that the G-protein-coupled estrogen receptor (GPER) heteromerizes with FSHR, reprogramming cAMP/death signals into proliferative stimuli fundamental for sustaining oocyte survival. In human granulosa cells, survival signals are missing at high FSHR:GPER ratio,which negatively impacts follicle maturation and strongly correlates with preferential Gas protein/cAMP-pathway coupling and FSH responsiveness of patients undergoing controlled ovarian stimulation. In contrast, FSHR/GPER heteromer striggered anti-apoptotic/proliferative FSH signaling delivered via the Gbgdimer, where as impairment of heteromer formation or GPER knockdown enhanced the FSH-dependent cell death and steroidogenesis. Therefore, our findings indicate how oocyte maturation depends on the capability of GPER to shape FSHR selective signals, indicating hormone receptor heteromers may be a marker of cell proliferatio

    Phenotypic and genetic spectrum of ATP6V1A encephalopathy: a disorder of lysosomal homeostasis

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    : Vacuolar-type H+-ATPase (V-ATPase) is a multimeric complex present in a variety of cellular membranes that acts as an ATP-dependent proton pump and plays a key role in pH homeostasis and intracellular signalling pathways. In humans, 22 autosomal genes encode for a redundant set of subunits allowing the composition of diverse V-ATPase complexes with specific properties and expression. Sixteen subunits have been linked to human disease. Here we describe 26 patients harbouring 20 distinct pathogenic de novo missense ATP6V1A variants, mainly clustering within the ATP synthase α/β family-nucleotide-binding domain. At a mean age of 7 years (extremes: 6 weeks, youngest deceased patient to 22 years, oldest patient) clinical pictures included early lethal encephalopathies with rapidly progressive massive brain atrophy, severe developmental epileptic encephalopathies and static intellectual disability with epilepsy. The first clinical manifestation was early hypotonia, in 70%; 81% developed epilepsy, manifested as developmental epileptic encephalopathies in 58% of the cohort and with infantile spasms in 62%; 63% of developmental epileptic encephalopathies failed to achieve any developmental, communicative or motor skills. Less severe outcomes were observed in 23% of patients who, at a mean age of 10 years and 6 months, exhibited moderate intellectual disability, with independent walking and variable epilepsy. None of the patients developed communicative language. Microcephaly (38%) and amelogenesis imperfecta/enamel dysplasia (42%) were additional clinical features. Brain MRI demonstrated hypomyelination and generalized atrophy in 68%. Atrophy was progressive in all eight individuals undergoing repeated MRIs. Fibroblasts of two patients with developmental epileptic encephalopathies showed decreased LAMP1 expression, Lysotracker staining and increased organelle pH, consistent with lysosomal impairment and loss of V-ATPase function. Fibroblasts of two patients with milder disease, exhibited a different phenotype with increased Lysotracker staining, decreased organelle pH and no significant modification in LAMP1 expression. Quantification of substrates for lysosomal enzymes in cellular extracts from four patients revealed discrete accumulation. Transmission electron microscopy of fibroblasts of four patients with variable severity and of induced pluripotent stem cell-derived neurons from two patients with developmental epileptic encephalopathies showed electron-dense inclusions, lipid droplets, osmiophilic material and lamellated membrane structures resembling phospholipids. Quantitative assessment in induced pluripotent stem cell-derived neurons identified significantly smaller lysosomes. ATP6V1A-related encephalopathy represents a new paradigm among lysosomal disorders. It results from a dysfunctional endo-lysosomal membrane protein causing altered pH homeostasis. Its pathophysiology implies intracellular accumulation of substrates whose composition remains unclear, and a combination of developmental brain abnormalities and neurodegenerative changes established during prenatal and early postanal development, whose severity is variably determined by specific pathogenic variants

    Phenotypic and genetic spectrum of ATP6V1A encephalopathy:a disorder of lysosomal homeostasis

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    Abstract Vacuolar-type H⁺-ATPase (V-ATPase) is a multimeric complex present in a variety of cellular membranes that acts as an ATP-dependent proton pump and plays a key role in pH homeostasis and intracellular signalling pathways. In humans, 22 autosomal genes encode for a redundant set of subunits allowing the composition of diverse V-ATPase complexes with specific properties and expression. Sixteen subunits have been linked to human disease. Here we describe 26 patients harbouring 20 distinct pathogenic de novo missense ATP6V1A variants, mainly clustering within the ATP synthase α/β family-nucleotide-binding domain. At a mean age of 7 years (extremes: 6 weeks, youngest deceased patient to 22 years, oldest patient) clinical pictures included early lethal encephalopathies with rapidly progressive massive brain atrophy, severe developmental epileptic encephalopathies and static intellectual disability with epilepsy. The first clinical manifestation was early hypotonia, in 70%; 81% developed epilepsy, manifested as developmental epileptic encephalopathies in 58% of the cohort and with infantile spasms in 62%; 63% of developmental epileptic encephalopathies failed to achieve any developmental, communicative or motor skills. Less severe outcomes were observed in 23% of patients who, at a mean age of 10 years and 6 months, exhibited moderate intellectual disability, with independent walking and variable epilepsy. None of the patients developed communicative language. Microcephaly (38%) and amelogenesis imperfecta/enamel dysplasia (42%) were additional clinical features. Brain MRI demonstrated hypomyelination and generalized atrophy in 68%. Atrophy was progressive in all eight individuals undergoing repeated MRIs. Fibroblasts of two patients with developmental epileptic encephalopathies showed decreased LAMP1 expression, Lysotracker staining and increased organelle pH, consistent with lysosomal impairment and loss of V-ATPase function. Fibroblasts of two patients with milder disease, exhibited a different phenotype with increased Lysotracker staining, decreased organelle pH and no significant modification in LAMP1 expression. Quantification of substrates for lysosomal enzymes in cellular extracts from four patients revealed discrete accumulation. Transmission electron microscopy of fibroblasts of four patients with variable severity and of induced pluripotent stem cell-derived neurons from two patients with developmental epileptic encephalopathies showed electron-dense inclusions, lipid droplets, osmiophilic material and lamellated membrane structures resembling phospholipids. Quantitative assessment in induced pluripotent stem cell-derived neurons identified significantly smaller lysosomes. ATP6V1A-related encephalopathy represents a new paradigm among lysosomal disorders. It results from a dysfunctional endo-lysosomal membrane protein causing altered pH homeostasis. Its pathophysiology implies intracellular accumulation of substrates whose composition remains unclear, and a combination of developmental brain abnormalities and neurodegenerative changes established during prenatal and early postanal development, whose severity is variably determined by specific pathogenic variants

    Statins, ACE/ARBs drug use, and risk of pneumonia in hospitalized older patients: a retrospective cohort study

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    : The aims of this study is to evaluate the association between angiotensin-converting enzyme inhibitor (ACE-I), angiotensin II receptor blocker (ARBs) and/or statin use with the risk of pneumonia, as well as and with in-hospital and short-term outpatient mortality in hospitalized older patients with pneumonia. Patients aged 65 years or older hospitalized in internal medicine and/or geriatric wards throughout Italy and enrolled in the REPOSI (REgistro Politerapuie SIMI-Società Italiana di Medicina Interna) register from 2010 to 2019 were screened to assess the diagnosis of pneumonia and classified on whether or not they were prescribed with at least one drug among ACE-I, ARBs, and/or statins. Further study outcomes were mortality during hospital stay and at 3 months after hospital discharge. Among 5717 cases included (of whom 18.0% with pneumonia), 2915 (51.0%) were prescribed at least one drug among ACE-I, ARBs, and statins. An inverse association was found between treatment with ACE-I or ARBs and pneumonia (OR = 0.79, 95% CI 0.65-0.95). A higher effect was found among patients treated with ACE-I or ARBs in combination with statins (OR = 0.67, 95% CI 0.52-0.85). This study confirmed in the real-world setting that these largely used medications may reduce the risk of pneumonia in older people, who chronically take them for cardiovascular conditions
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