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    Dall'attrezzatura all'attrattore: una procedura di supporto alla definizione delle attrezzature di interesse generale nei piani urbanistici nell’ottica del marketing territoriale

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    Il presente lavoro è frutto dell’attività di ricerca svolta nei tre anni del Corso di Dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Reti Civili e dei Sistemi Territoriali, XVIII ciclo, Sezione Governo del Territorio. Le ragioni che hanno portato ad affrontare il tema delle attrezzature di interesse generale (art. 2 del D.I: 1444/68) in relazione al contributo che esse offrono sia alla competitività dei territori sia alla qualità della vita nei contesti urbani, sono sostanzialmente due. Da un lato si osserva che, sebbene quei servizi pubblici, che implicano scelte di uso del suolo e localizzazione di strutture fisiche, siano stati, a partire dalla metà dell’Ottocento con Howard, un tema centrale della pianificazione urbana, in Italia l’unica normativa in materia attualmente in vigore è il D.I. 1444/68. Esso disciplina in dettaglio la previsione ed il dimensionamento delle attrezzature rivolte alla soddisfazione di bisogni primari, strettamente legati alla residenza, mentre trascura quelle destinate a funzioni di ordine superiore, limitandosi ad esprimere la opportunità di aggiungere spazi per le attrezzature e gli impianti di interesse generale, configurati, come zone omogenee F, riferibili alle esigenze di un ambito più vasto. La carenza del legislatore non è casuale. Il D.M. 1444/68 viene redatto in un fase di rapida espansione urbana, conseguente ai processi di urbanizzazione e di industrializzazione, per rispondere alla necessità di assicurare ai nuovi quartieri residenziali una dotazione minima di servizi. L’impostazione del decreto è una derivazione diretta del movimento moderno in architettura, che riteneva di poter dare soluzione alle esigenze legate alla vita civile della società attraverso una risposta di tipo parametrico. Tale movimento si proponeva di trasferire sul territorio un modello politico ideale fondato sull’uguaglianza di tutti i cittadini, espressa dalla possibilità di accesso alla stessa quantità di servizi nel proprio ambito territoriale. Il legislatore con il D.I. 1444/68 si limita a prevedere la necessità di localizzare genericamente le attrezzature di interesse generale nelle zone F - risultanti dalla ripartizione del territorio comunale in ambiti territoriali omogenei - individuando solo le tre categorie tipologiche: istruzione superiore all’obbligo, attrezzature sanitarie ed ospedaliere, parchi urbani e territoriali. Gli attuali processi di trasformazione urbana si orientano, invece, sempre più verso il recupero della città consolidata, occupata in modo diversificato e polifunzionale, che impone la considerazione delle specificità dei diversi contesti. L’evoluzione e la frammentazione sociale comportano una diversificazione qualitativa oltre che quantitativa dei bisogni. L’attenzione si sposta, di conseguenza, dai servizi alla legati alla residenza verso i servizi a scala urbana o superiore. Il quadro dei problemi, degli usi della città e delle attività è ben più ampio ed articolato di quello che caratterizzava il periodo in cui è stato introdotto il D.I. 1444/68, che mal si adatta alla nuova fase evolutiva della città: non fornisce indicazioni per la determinazione di tipologie e dimensioni per le attrezzature di rango superiore, se non limitatamente a tre categorie (servizi sanitari, istruzione superiore all’obbligo e parchi urbani) ed a rapporti minimi di superficie per abitante, prescindendo dal contesto e dall’analisi della domanda. Gli enti locali non riescono, quindi, con le sole risorse pubbliche e con il supporto normativo del decreto a far fronte alla nuova e crescente domanda di servizi. Esito dell’applicazione del decreto nella prassi pianificatoria è stata la tendenza a privilegiare il momento dell’apposizione del vincolo alla effettiva realizzazione delle attrezzature necessarie agli insediamenti urbani. Le conseguenze sono state la frequente mancata attuazione delle previsioni di piano relative alle zone F, con il proliferare delle cosiddette “zone bianche” (aree vincolate a servizi e poi non utilizzate) o di strutture subito abbandonate o mai utilizzate. La necessità di superare gli effetti distorti prodotti dall’ottica vincolistica/quantitativa del D.I. 1444/68 e di dare un contenuto operativo alle scelte di piano costituiscono i presupposti per l’elaborazione di una nuova procedura di supporto alla scelta delle attrezzature da localizzare sul territorio comunale. Dall’analisi dei molteplici contributi, teorici ma soprattutto operativi, forniti dalle Leggi Regionali e da nuovi strumenti urbanistici quali i Programmi Complessi, si è riscontrato che le tendenze sono verso l’introduzione nella pianificazione delle attrezzature di interesse generale di procedure negoziate e di un’ottica prestazionale e qualitativa in sostituzione o in aggiunta a quella quantitativa. Il secondo motivo che ha condotto alla ricerca si individua nella diffusione di un nuovo approccio al tema del governo del territorio, influenzato da una modifica strutturale nel sistema economico-sociale europeo, dall’affermazione di nuovi modelli di organizzazione e dalla globalizzazione dei mercati, fattori che hanno portato ad un ruolo sempre meno passivo del territorio stesso. Le tipologie previste esplicitamente dal D.I. 1444/68 per le attrezzature di interesse generale si rivolgono, come quelle di quartiere, ad un target costituito da soli stakeholders interni al sistema urbano. Nulla è invece previsto per gli stakeholders esterni, anche perché nel contesto storico e sociale in cui il decreto è stato concepito la città si concentrava verso il suo interno, senza porsi sul “mercato esterno” con un ruolo o delle strategie specifiche. La competitività, va intesa sia per l’attrazione di imprese sia per l’attrazione di residenti. Il primo aspetto ha portato al centro dell’interesse dei più recenti studi urbanistici le ragioni per le quali le grandi aziende scelgono di localizzarsi in un territorio piuttosto che in un altro. In Italia fino a che il sistema fiscale ed amministrativo sono stati accentrati, i comuni e gli enti locali non avevano interesse, se non dal punto di vista dell’incremento occupazionale, nell’attrarre nuove imprese sul proprio territorio. La presenza delle imprese, anzi, era generatrice di problemi legati sia alla maggiore domanda di servizi pubblici, sia a temi sociali ed ambientali. A partire dagli anni Novanta, invece, con la possibilità da parte dei comuni di beneficiare dell’imposta comunale sugli immobili e di una addizionale sul gettito fiscale delle persone fisiche, cambia il quadro delle convenienze degli enti locali e si cerca di capire e sfruttare il processo decisionale alla base delle scelte di localizzazione aziendale (site selection). Oltre alle imprese le amministrazioni si pongono l’obiettivo di attrarre residenti attraverso il miglioramento della qualità della vita. I piani urbanistici delle grandi città europee hanno cercato negli ultimi anni di qualificarsi esplicitamente anche sul piano sociale (dove per sociale si intendono sostanzialmente attrezzature per i servizi sociali, culturali e residenze sociali). In tale scenario la scelta delle attrezzature di interesse generale si traduce nella pianificazione di un sistema di elementi attrattori. Esse, infatti, rivestono un ruolo determinante nell’aumentare l’appetibilità di un territorio in quanto sono tra i fattori determinanti sia nelle scelte localizzative delle imprese sia nella definizione dell’identità culturale di un territorio e del livello di qualità della vita. Le nuove tendenze in atto, nell’ottica della competitività territoriale, pongono in primo piano, nella elaborazione del Piano Urbanistico Comunale, la necessità di introdurre strumenti di supporto alla definizione, alla valutazione ed alla scelta delle attrezzature erogatrici di servizi rari o strategici da localizzare. Il piano urbanistico ha dovuto dotarsi di una maggiore flessibilità ed aprirsi al coinvolgimento del soggetto privato, per rispondere all’esigenza di provvedere non solo ad una efficiente organizzazione interna della città, ma anche alla sua competitività ed attrattività esterna. L’uso di una definita procedura di valutazione e di decisione, con criteri partecipativi, dovrebbe garantire gli interessi diffusi, le convenienze collettive e quelle che eventuali operatori privati possono trovare nella realizzazione degli interventi, in modo da perseguire la effettiva attuazione delle previsioni di piano. La ricerca svolta ha ad oggetto il ruolo che le attrezzature di livello urbano e territoriale possono rivestire nella competitività dei territori ed il loro contributo alla qualità della vita. Lo studio è teso a fornire a tecnici ed amministratori uno strumento che consenta di valutare, in sede di elaborazione del piano urbanistico comunale, la congruità delle destinazioni a servizi rispetto alle potenzialità di sviluppo del territorio. Per rendere un’area geografica appetibile per le imprese ed i residenti, occorre utilizzare tecniche di marketing territoriale, identificando l’offerta, e le relative criticità, ed analizzando la domanda in termini di specifico modello di sviluppo. Dai casi analizzati emerge che la tendenza in atto è verso l’abbandono di parametri urbanistici predefiniti e decontestualizzati in favore della trasparenza delle decisioni prese di volta in volta in sede di valutazione delle singole operazioni di trasformazione urbana. La legittimazione degli interventi non deriverebbe più dalla aderenza del progetto a determinate quantità astrattamente definite dalla legge e dal piano, ma dalla valutazione condivisa dei benefici che dall’intervento possono derivare alla città. Nell’ottica della partecipazione dei cittadini alle decisioni di piano occorre presentare le opzioni di scelta in forma facilmente comprensibile e valutabile. Quando un piano opera delle scelte impegnative appare, quindi, indispensabile che esse siano accompagnate dalla simulazione dei processi e degli effetti indotti sul territorio. Dal concetto di attrezzature di interesse generale si passa a quello di attrattori in riferimento alla loro capacità di fungere da traino per la crescita economica, culturale e sociale di un territorio. Sulla base delle indicazioni emerse, si è costruita una procedura di supporto alla definizione delle attrezzature di interesse generale nei piani urbanistici, che, avvalendosi di tecniche di marketing territoriale e di metodi partecipativi, si propone i seguenti obiettivi: • valutare le capacità delle attrezzature di accrescere le potenzialità competitive del territorio rispetto alle diverse mission che può sviluppare; • valutare le capacità delle attrezzature di incidere sui fattori che vengono attualmente utilizzati nelle procedure di valutazione della qualità della vita; • tracciare alcune ipotesi sulla scelta di un sistema di attrattori capace sia di indirizzare e sostenere le capacità competitive del sistema territoriale rispetto alle mission di riferimento; • selezionare le attrezzature più efficaci per ottimizzare il livello competitivo del territorio rispetto a ciascuna delle mission ipotizzate. Il lavoro si è articolato in tre parti. Nella prima, sono stati analizzati i principali criteri di proporzionamento e definizione delle attrezzature di interesse generale utilizzati fino ad oggi nella pianificazione tradizionale ed i relativi esiti. Si è affrontato, quindi, il problema dell’esigenza di nuove tipologie di servizi, emersa in seguito alle trasformazioni socio-economiche più recenti e si è effettuata una panoramica delle leggi regionali vigenti in relazione alla disciplina prevista per le attrezzature di interesse generale. Successivamente sono stati analizzati i contributi apportati alla pianificazione delle attrezzature di rango superiore dai Programmi Urbani Complessi. Si è, inoltre, approfondita Legge Regionale della Lombardia n. 1/01, che con l’introduzione del Piano dei Servizi, si configura tra le più innovative in materia. Dalla valutazione di alcuni esempi applicativi, sono emersi i risultati finora raggiunti ed i limiti. Nella seconda parte si è affrontato il tema più ampio della competitività tra territori. Per comprendere le nuove logiche di pianificazione e gestione del territorio sono state analizzate le metodologie di pianificazione tipiche del marketing territoriale ed i fattori che influenzano le scelte localizzative di imprese, residenti e turisti. La valorizzazione delle risorse presenti sul territorio e spesso dimenticate, la loro rivalutazione rispetto a nuovi contesti di sviluppo, insieme ad una definizione e pianificazione delle attrezzature effettuata secondo una logica sistemica e di marketing territoriale, possono contribuire alla realizzazione degli obiettivi specifici definiti dal piano di livello comunale, con il fine di accrescerne la competitività nel senso più vasto del termine. Sono state esaminate, quindi, i criteri di misurazione della qualità della vita, che costituisce uno dei nuovi fattori di attrattività del territorio, rilevando ed analizzando criticamente gli indicatori utilizzati dalle ricerche più accreditate a livello nazionale, e selezionando quelli utili a definire un ulteriore elemento di valutazione per la scelta delle attrezzature. Tutto ciò ha portato ad ampliare il concetto di “attrezzatura”, che può essere affiancato – talvolta sostituito da quello di “attrattore”. Attrattore non solo di investimenti ma anche di residenti alla ricerca di una migliore qualità della vita. Nella terza parte si è costruito un sistema di supporto alle decisioni il cui obiettivo è consentire la valutazione della competitività del sistema-territorio in funzione delle attrezzature di interesse generale che sono presenti e che si intendono localizzare in sede di piano. L’obiettivo è quello di fornire al decisore uno strumento che consenta di discriminare, tra le diverse opzioni possibili, quelle più convenienti in termini di attrattività per gli stakeholders esterni al sistema, siano essi imprese, nuovi residenti o turisti. Allo stesso tempo, inserendo nel sistema di valutazione la variabile “qualità della vita”, è possibile veicolare la scelta verso quelle attrezzature che soddisfano anche gli interessi degli stakeholders interni. La procedura è stata, quindi, testata scegliendo quale area di studio il comune di Telese Terme, in provincia di Benevento. I risultati dell’attività di ricerca svolta sono riconducibili, in primis, alla definizione del quadro normativo regionale vigente in materia di attrezzature di interesse generale. Le attività di ricerca hanno consentito inoltre di individuare i criteri utilizzati nella prassi dei Programmi Urbani Complessi e del Piano dei Servizi. I casi applicativi analizzati hanno evidenziato, in particolare, che l’abbandono di criteri quantitativi e parametrici, per la definizione delle attrezzature e dei servizi di livello urbano o superiore, verso metodi qualitativi, prestazionali e negoziati, trova la sua piena legittimazione se inserito in una procedura di decisione che sia in grado di mettere a confronto, per una stessa area di intervento più proposte in concorrenza tra loro. Con il sistema di supporto alle decisioni elaborato si è cercato di integrare, in uno strumento applicativo, i risultati emersi dalle ricerche sui fattori di competitività del territorio e sulla qualità della vita. Il tecnico ha così a disposizione uno strumento che permette al decisore politico di valutare un ventaglio di opzioni per il piano e gli effetti prodotti da ciascuna opzione sul territorio. La procedura intende essere di facile applicazione e rispondere all’esigenza di prefigurare il ruolo che potrebbe svolgere il territorio con interventi sul sistema dei servizi di livello superiore.La scelta di utilizzare come discriminante l’obiettivo del miglioramento della qualità della vita consente di indirizzare le scelte nel rispetto dei principi di sostenibilità dello sviluppo. Una evoluzione della procedura proposta potrebbe essere quella di costruire un sistema automatico che, dati il numero massimo di attrezzature da realizzare ed alcuni vincoli (ad esempio la disponibilità degli immobili o limiti finanziari), restituisca una soluzione ottima rispetto ad un prefissato parametro (ad esempio la qualità della vita). In tale modello sarebbe utile una calibrazione più raffinata dei parametri che in tale sede sono stati valutati con giudizi qualitativi o di esclusione/inclusione

    Loss of m-AAA protease in mitochondria causes complex I deficiency and increased sensitivity to oxidative stress in hereditary spastic paraplegia

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    Mmutations in paraplegin, a putative mitochondrial metallopeptidase of the AAA family, cause an autosomal recessive form of hereditary spastic paraplegia (HSP). Here, we analyze the function of paraplegin at the cellular level and characterize the phenotypic defects of HSP patients' cells lacking this protein. We demonstrate that paraplegin coassembles with a homologous protein, AFG3L2, in the mitochondrial inner membrane. These two proteins form a high molecular mass complex, which we show to be aberrant in HSP fibroblasts. The loss of this complex causes a reduced complex I activity in mitochondria and an increased sensitivity to oxidant stress, which can both be rescued by exogenous expression of wild-type paraplegin. Furthermore, complementation studies in yeast demonstrate functional conservation of the human paraplegin–AFG3L2 complex with the yeast m-AAA protease and assign proteolytic activity to this structure. These results shed new light on the molecular pathogenesis of HSP and functionally link AFG3L2 to this neurodegenerative disease

    Alternative Splicing of Spg7, a Gene Involved in Hereditary Spastic Paraplegia, Encodes a Variant of Paraplegin Targeted to the Endoplasmic Reticulum

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    BACKGROUND: Hereditary spastic paraplegia defines a group of genetically heterogeneous diseases characterized by weakness and spasticity of the lower limbs owing to retrograde degeneration of corticospinal axons. One autosomal recessive form of the disease is caused by mutation in the SPG7 gene. Paraplegin, the product of SPG7, is a component of the m-AAA protease, a high molecular weight complex that resides in the mitochondrial inner membrane, and performs crucial quality control and biogenesis functions in mitochondria. PRINCIPAL FINDINGS: Here we show the existence in the mouse of a novel isoform of paraplegin, which we name paraplegin-2, encoded by alternative splicing of Spg7 through usage of an alternative first exon. Paraplegin-2 lacks the mitochondrial targeting sequence, and is identical to the mature mitochondrial protein. Remarkably, paraplegin-2 is targeted to the endoplasmic reticulum. We find that paraplegin-2 exposes the catalytic domains to the lumen of the endoplasmic reticulum. Moreover, endogenous paraplegin-2 accumulates in microsomal fractions prepared from mouse brain and retina. Finally, we show that the previously generated mouse model of Spg7-linked hereditary spastic paraplegia is an isoform-specific knock-out, in which mitochondrial paraplegin is specifically ablated, while expression of paraplegin-2 is retained. CONCLUSIONS/SIGNIFICANCE: These data suggest a possible additional role of AAA proteases outside mitochondria and open the question of their implication in neurodegeneration

    Mitochondria-Associated MicroRNAs in Rat Hippocampus Following Traumatic Brain Injury

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    Traumatic brain injury (TBI) is a major cause of death and disability. However, the molecular events contributing to the pathogenesis are not well understood. Mitochondria serve as the powerhouse of cells, respond to cellular demands and stressors, and play an essential role in cell signaling, differentiation, and survival. There is clear evidence of compromised mitochondrial function following TBI; however, the underlying mechanisms and consequences are not clear. MicroRNAs (miRNAs) are small non-coding RNA molecules that regulate gene expression post-transcriptionally, and function as important mediators of neuronal development, synaptic plasticity, and neurodegeneration. Several miRNAs show altered expression following TBI; however, the relevance of mitochondria in these pathways is unknown. Here, we present evidence supporting the association of miRNA with hippocampal mitochondria, as well as changes in mitochondria-associated miRNA expression following a controlled cortical impact (CCI) injury in rats. Specifically, we found that the miRNA processing proteins Argonaute (AGO) and Dicer are present in mitochondria fractions from uninjured rat hippocampus, and immunoprecipitation of AGO associated miRNA from mitochondria suggests the presence of functional RNA-induced silencing complexes. Interestingly, RT-qPCR miRNA array studies revealed that a subset of miRNA is enriched in mitochondria relative to cytoplasm. At 12h following CCI, several miRNAs are significantly altered in hippocampal mitochondria and cytoplasm. In addition, levels of miR-155 and miR-223, both of which play a role in inflammatory processes, are significantly elevated in both cytoplasm and mitochondria. We propose that mitochondria-associated miRNAs may play an important role in regulating the response to TBI

    SPG20 Protein Spartin Associates with Cardiolipin via Its Plant-Related Senescence Domain and Regulates Mitochondrial Ca2+ Homeostasis

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    Hereditary spastic paraplegias (HSPs) are a group of neurological disorders characterized clinically by spasticity of lower limbs and pathologically by degeneration of the corticospinal tract. Troyer syndrome is an autosomal recessive HSP caused by a frameshift mutation in the spartin (SPG20) gene. Previously, we established that this mutation results in a lack of expression of the truncated mutant spartin protein. Spartin is involved in many cellular processes and associates with several intracellular organelles, including mitochondria. Spartin contains a conserved plant-related senescence domain at its C-terminus. However, neither the function of this domain nor the roles of spartin in mitochondrial physiology are currently known. In this study, we determined that the plant-related senescence domain of spartin interacts with cardiolipin but not with two other major mitochondrial phospholipids, phosphatidylcholine and phosphatidylethanolamine. We also found that knockdown of spartin by small interfering RNA in a human neuroblastoma cell line resulted in depolarization of the mitochondrial membrane. In addition, depletion of spartin resulted in a significant decrease in both mitochondrial calcium uptake and mitochondrial membrane potential in cells treated with thapsigargin. Our results suggest that impairment of mitochondrial calcium uptake might contribute to the neurodegeneration of long corticospinal axons and the pathophysiology of Troyer syndrome

    Whole-Exome Sequencing Identifies Homozygous AFG3L2 Mutations in a Spastic Ataxia-Neuropathy Syndrome Linked to Mitochondrial m-AAA Proteases

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    We report an early onset spastic ataxia-neuropathy syndrome in two brothers of a consanguineous family characterized clinically by lower extremity spasticity, peripheral neuropathy, ptosis, oculomotor apraxia, dystonia, cerebellar atrophy, and progressive myoclonic epilepsy. Whole-exome sequencing identified a homozygous missense mutation (c.1847G>A; p.Y616C) in AFG3L2, encoding a subunit of an m-AAA protease. m-AAA proteases reside in the mitochondrial inner membrane and are responsible for removal of damaged or misfolded proteins and proteolytic activation of essential mitochondrial proteins. AFG3L2 forms either a homo-oligomeric isoenzyme or a hetero-oligomeric complex with paraplegin, a homologous protein mutated in hereditary spastic paraplegia type 7 (SPG7). Heterozygous loss-of-function mutations in AFG3L2 cause autosomal-dominant spinocerebellar ataxia type 28 (SCA28), a disorder whose phenotype is strikingly different from that of our patients. As defined in yeast complementation assays, the AFG3L2Y616C gene product is a hypomorphic variant that exhibited oligomerization defects in yeast as well as in patient fibroblasts. Specifically, the formation of AFG3L2Y616C complexes was impaired, both with itself and to a greater extent with paraplegin. This produced an early-onset clinical syndrome that combines the severe phenotypes of SPG7 and SCA28, in additional to other “mitochondrial” features such as oculomotor apraxia, extrapyramidal dysfunction, and myoclonic epilepsy. These findings expand the phenotype associated with AFG3L2 mutations and suggest that AFG3L2-related disease should be considered in the differential diagnosis of spastic ataxias

    Potential biological role of poly (ADP-ribose) polymerase (PARP) in male gametes

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    Maintaining the integrity of sperm DNA is vital to reproduction and male fertility. Sperm contain a number of molecules and pathways for the repair of base excision, base mismatches and DNA strand breaks. The presence of Poly (ADP-ribose) polymerase (PARP), a DNA repair enzyme, and its homologues has recently been shown in male germ cells, specifically during stage VII of spermatogenesis. High PARP expression has been reported in mature spermatozoa and in proven fertile men. Whenever there are strand breaks in sperm DNA due to oxidative stress, chromatin remodeling or cell death, PARP is activated. However, the cleavage of PARP by caspase-3 inactivates it and inhibits PARP's DNA-repairing abilities. Therefore, cleaved PARP (cPARP) may be considered a marker of apoptosis. The presence of higher levels of cPARP in sperm of infertile men adds a new proof for the correlation between apoptosis and male infertility. This review describes the possible biological significance of PARP in mammalian cells with the focus on male reproduction. The review elaborates on the role played by PARP during spermatogenesis, sperm maturation in ejaculated spermatozoa and the potential role of PARP as new marker of sperm damage. PARP could provide new strategies to preserve fertility in cancer patients subjected to genotoxic stresses and may be a key to better male reproductive health
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