32 research outputs found

    "Until death do us part". A multidisciplinary study on human- Animal co- burials from the Late Iron Age necropolis of Seminario Vescovile in Verona (Northern Italy, 3rd-1st c. BCE).

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    Animal remains are a common find in prehistoric and protohistoric funerary contexts. While taphonomic and osteological data provide insights about the proximate (depositional) factors responsible for these findings, the ultimate cultural causes leading to this observed mortuary behavior are obscured by the opacity of the archaeological record and the lack of written sources. Here, we apply an interdisciplinary suite of analytical approaches (zooarchaeological, anthropological, archaeological, paleogenetic, and isotopic) to explore the funerary deposition of animal remains and the nature of joint human-animal burials at Seminario Vescovile (Verona, Northern Italy 3rd-1st c. BCE). This context, culturally attributed to the Cenomane culture, features 161 inhumations, of which only 16 included animal remains in the form of full skeletons, isolated skeletal parts, or food offerings. Of these, four are of particular interest as they contain either horses (Equus caballus) or dogs (Canis lupus familiaris)-animals that did not play a dietary role. Analyses show no demographic, dietary, funerary similarities, or genetic relatedness between individuals buried with animals. Isotopic data from two analyzed dogs suggest differing management strategies for these animals, possibly linked to economic and/or ritual factors. Overall, our results point to the unsuitability of simple, straightforward explanations for the observed funerary variability. At the same time, they connect the evidence from Seminario Vescovile with documented Transalpine cultural traditions possibly influenced by local and Roman customs

    Analisi del complesso faunistico di Dossetto di Nogara (Verona)

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    ItIl presente contributo illustra la fauna proveniente da Dossetto di Nogara (VR). Lo scavo, eseguito nel 1999, ha messo in luce un abitato di tipo palafitticolo e i dati preliminari ottenuti dall'esame dei materiali collocano il sito in un momento avanzato dell'antica età del Bronzo. Inoltre, alcuni elementi lignei sono stati sottoposti ad analisi dendrocronologiche con attribuzione al BA I C. La fauna di Dossetto di Nogara è composta da 2.245 resti, di cui il 58% circa determinabili, con netta prevalenza di animali domestici. La classe maggiormente rappresentata è quella dei piccoli ruminanti domestici, con predominanza della pecora rispetto alla capra; un altro dato che emerge è la superiorità numerica del maiale rispetto al bue. Tra gli altri animali domestici è presente anche il cane: su un bacino e su un atlante sono visibili segni di tagli riconducibili a macellazione. Gli animali selvatici sono scarsamente rappresentati, con circa il 2% dei resti; si ricordano il cervo, di cui ci sono pervenuti essenzialmente resti di palchi; il capriolo, il cinghiale, e la testuggine palustre; pochi i resti di uccelli e di pesci. Interessante è infine il rinvenimento tra le ossa animali di resti umani sparsi, nello specifico di parti del cranio riferibili ad almeno due individui.EnThis study presents the results from the analysis carried out on the animal bone remains from Dossetto di Nogara (Verona, Italy). The excavation, carried out in 1999, revealed a pile-dwelling settlement. The preliminary study of the material culture date the site to an advanced stage of early Bronze Age; dendrochronology run on some wooden elements suggests dating it to BA I C. The faunal assemblage is composed of 2,245 fragments. Of these, 58% were identified to species level, revealing a clear predominance of domestic animals. The most represented species is those of small domestic ruminants, predominantly sheep. A higher number of pig compared to cattle also emerged. Dog is also represented; interestingly, cut marks have been clearly identified on a pelvis and on an atlas related to this animal. Wild animals are poorly represented in the assemblage with a total percentage of 2%; among those, red deer, of which mainly antlers were found, roe deer, wild boar, turtle and a few remains of birds and fish. The discovery of human remains scattered among the animal bones is also significant: more specifically, parts of the skull related to at least two individuals were identified

    Per scaldare, per cuocere e per produrre. Le strutture da fuoco dell’abitato etrusco del Forcello di Bagnolo S. Vito: aspetti tipologici e funzionali

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    The Forcello site (Bagnolo S. Vito, Mantua) is the main Etruscan settlement north of the Po in the 6th and 5th centuries BC. It is approximately 12-hectare wide, with a fully urban pattern. It’s characterized by an orthogonal plan, defined by main and secondary roads that intersect each other orthogonally and outline blocks, occupied by both residential and productive buildings. The archaeological investigations are carried out in the settlement’s core area, over about 900 m2. After more than thirty years of excavations, nine archaeological phases have been recognized, resulting by the stratification of domestic activities, craft activities and catastrophic events. The extension and the long duration of the researches have brought to light dozens of fire structures: hearths, pit furnaces to cast bronze or to forge iron objects, remains of kilns. The wide typological variety of the fire structures can be evaluated according to the function of the buildings in which they are located, detected by study of archaeological findings and building techniques.Il Forcello di Bagnolo S.Vito (MN) è il principale abitato dell’area di espansione etrusca a nord del Po nel VI e V secolo a.C. Si tratta di un insediamento esteso circa 12 ettari dalla struttura pienamente urbana: un impianto ortogonale caratterizzato da assi viari principali e strade minori che si intersecano ortogonalmente e individuano quartieri, occupati da edifici sia di tipo residenziale che produttivo. Le indagini archeologiche, estese su un’area di circa 900 m2 nel nucleo centrale dell’insediamento, si susseguono da oltre trent’anni e hanno permesso di riconoscere nove fasi insediative, definite dallo stratificarsi di attività domestiche, attività artigianali ed eventi catastrofici. L’estensione e la lunga durata delle ricerche hanno permesso di riportare alla luce decine di strutture da fuoco: focolari, forni a fossa per attività pirotecnologiche, resti di fornaci per la cottura della ceramica. L’ampia varietà tipologica delle strutture da fuoco rinvenute è così associata alla funzione degli ambienti in cui esse si trovano, interpretata a sua volta grazie allo studio parallelo dei reperti associati e delle tecniche edilizie

    La palafitta dell'etĂ  del Bronzo di Dossetto di Nogara (Verona). Scavo 1999

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    The pile dwelling, which has been only limitedly excavated in 1999, is located along the old watercourse of the river Tartaro in the Verona plain. The dwelling can be dated to the Early Bronze Age and the materials belong to the Polada culture with affinities with the middle Danubian culture of Wieselburg-Gàta. The excavations brought to light a complete neurocranium and fragmentary remains of the skeletal face of a child about 6 years old immediately above at inhabited levels. From these, 10 bone fragments of cranial vault probably belonging to an adult and child were found. Dendrochronological investigation allowed the absolute dating of the wooden structures in the archeological area, thanks to the cross-dating against the oak chronology GARDA 1. Felling dates goes from 1963-1943 to 1933-1915 BC. The analysis of the faunal remains, the carpological remains and some wooden artifacts completes the cognitive framework on the economy and the exploitation of wood in the phases of life of the settlement.La palafitta, che nel 1999 è stata oggetto di uno scavo archeologico di estensione limitata, è posta lungo l'antico corso fluviale del Tartaro nella pianura veronese. La vita dell'abitato è inquadrabile nell'antica età del Bronzo e i materiali sono di tipo poladiano con affinità con la cultura medio danubiana di Wieselburg-Gàta. Lo scavo ha restituito immediatamente al di sopra dei livelli di abitato un neurocranio in completa connessione anatomica e frammenti dello splancnocranio di un soggetto infantile di circa 6 anni; inoltre, dall’ultima fase dell’abitato, provengono 10 frammenti di volta cranica probabilmente riferibili a due soggetti, un adulto ed un bambino. Le indagini dendrocronologiche hanno permesso la datazione delle strutture lignee del sito sulla cronologia GARDA 1, individuando episodi di abbattimento tra il 1963-1943 e il 1933-1915 BC. L’analisi dei resti faunistici, dei resti carpologici e di alcuni manufatti lignei completa il quadro conoscitivo sull’economia e sullo sfruttamento del legno nelle fasi di vita dell’abitato

    La palafitta dell'etĂ  del Bronzo di Dossetto di Nogara (Verona). Scavo 1999. Risultati di uno studio archeologico multidisciplinare

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    La palafitta, che nel 1999 è stata oggetto di uno scavo archeologico di estensione limitata, è posta lungo l'antico corso fluviale del Tartaro nella pianura veronese. La vita dell'abitato è inquadrabile nell'antica età del Bronzo e i materiali sono di tipo poladiano con affinità con la cultura medio danubiana di Wieselburg-Gàta. Lo scavo ha restituito immediatamente al di sopra dei livelli di abitato un neurocranio in completa connessione anatomica e frammenti dello splancnocranio di un soggetto infantile di circa 6 anni; inoltre, dall’ultima fase dell’abitato, provengono 10 frammenti di volta cranica probabilmente riferibili a due soggetti, un adulto ed un bambino. Le indagini dendrocronologiche hanno permesso la datazione delle strutture lignee del sito sulla cronologia GARDA 1, individuando episodi di abbattimento tra il 1963-1943 e il 1933-1915 BC. L’analisi dei resti faunistici, dei resti carpologici e di alcuni manufatti lignei completa il quadro conoscitivo sull’economia e sullo sfruttamento del legno nelle fasi di vita dell’abitato

    Agricoltura e gestione del territorio nell’età del Rame dei Lessini occidentali: lavori in corso nel sito di Colombare di Villa (Negrar di Valpolicella, VR)

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    Almost 70 years after the first excavations, the site of Colombare di Villa di Negrar di Valpolicella is now the focus of a project of archaeological and paleoenvironmental investigations led by the University of Milan and the Cultural Heritage Office for the provinces of Verona, Rovigo and Vicenza. In the light of the archaeological evidence, the site was occupied from the Recent Neolithic to the Late Bronze Age, apparently without interruption. Probably it was founded in the context of systematic activities of extraction, processing and export of the high quality flint of the western Lessini Mountains, but its long duration also implies a deep-rooted presence in the territory due to the agricultural exploitation of the land. The project is based on a rigorously interdisciplinary methodology of investigation, oriented towards the study of the relations between the community settled at Colombare and the surrounding territory, and it avails itself of the collaboration of several research institutes. The results of pollen and archaeobotanical studies show a relatively developed agricultural economy, with cereal growing and wild fruit picking activities. Among these, the vine and the hazelnut are particularly important as species that must have been present in the site, probably cared for and systematically used for human consumption. Radiocarbon dates document a reduction of tree species in favor of herbaceous species starting from the last centuries of the fifth millennium BC, which can be interpreted as the effect of an extensive deforestation. Archaeozoological data, although they’re substantially unreliable in terms of function and chronological detail, indicate a prevalence of domestic animals, including typically Neolithic large cattle, and hunting activities, especially of the large ungulates of forest habitat. The very detailed data of the paleo-environmental researches at Colombare di Negrar allow to advance some considerations on the construction of the agrarian landscape in the alpine and prealpine area during the recent prehistory and protohistory, and on its peculiarities compared to the better known Po Valley area.Il sito delle Colombare di Negrar di Valpolicella, oggetto di ricerche all'inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, è ora al centro di un progetto di indagini archeologiche e paleoambientali a cura dell'Università degli Studi di Milano e della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza. La documentazione archeologica finora disponibile indica che il sito fu occupato nel Neolitico recente e proseguì, apparentemente senza soluzione di continuità, fino alla tarda età del Bronzo. La sua fondazione si inserisce con ogni probabilità nel quadro di attività sistematiche di estrazione, lavorazione ed esportazione della pregiata selce dei Lessini occidentali, ma la sua lunga durata implica un radicamento nel territorio di carattere in senso lato agricolo. Una metodologia di indagine rigorosamente interdisciplinare è orientata allo studio delle relazioni tra la comunità stanziata alle Colombare e il territorio circostante, e si avvale del contributo di numerosi istituti di ricerca. Particolarmente importanti in questo contesto di studi sono i risultati degli studi pollinici e archeobotanici che evidenziano una economia agricola relativamente sviluppata, con tracce di cerealicoltura e attività di raccolta di frutti spontanei. Tra questi risultano particolarmente importanti la vite e il nocciolo, specie che dovevano essere presenti nel sito e probabilmente accudite e preservate in quanto sistematicamente utilizzate per l'alimentazione umana. Le datazioni radiocarboniche documentano, a partire dagli ultimi secoli del quinto millennio avanti Cristo, una riduzione delle specie arboree a vantaggio delle specie erbacee, interpretabile come effetto di estesi fenomeni di disboscamento. I dati archeozoologici, per quanto sostanzialmente inaffidabili dal punto di vista funzionale e del dettaglio cronologico, segnalano una prevalenza di animali domestici, tra cui spiccano grandi bovini tipicamente neolitici e attività di caccia specialmente a carico dei grandi ungulati di habitat forestale. I dati di estremo dettaglio derivanti dalle ricerche paleoambientali alle Colombare di Negrar consentono alcune considerazioni sulla costruzione del paesaggio agrario in area alpina e prealpina durante la preistoria recente e la protostoria, e sulle sue peculiarità rispetto al meglio noto ambito Padano

    "Celts" down the Alps. New isotopic data on territorial mobility among the Late Iron Age Cenomani of Verona (NE Italy, 3rd -1st c. BCE)

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    The Late Iron Age (4th -1st centuries BCE) was characterized by frequent movements of people and goods across the Alpine range resulting in the settlement of "Celtic" groups in the Italian peninsula. Explorative stable isotope data of oxygen and carbon of the Cenomani of Seminario Vescovile (SV-Verona, Italy 3rd -1st c. BCE) suggested the presence of few non-local individuals in this community. Here, we build on these preliminary results and expand them by analyzing a larger sample from SV and additional isotopic ratios. Our aim is to clarify the degree of mobility in this group, the potential origin of non-locals, and the correlation between mobility, sex, and funerary treatment. We analyze the ratios of sulfur (δ34S; N=127) and strontium (87Sr/86Sr; N=57) from bone collagen and dental enamel respectively. We establish the local isotopic range based on published soil, plants and water values, as well as on the human and animal variability by using as criterion the median ± 3MAD (three times the median absolute deviation). We check for differences between sexes and funerary features in δ34S and 87Sr/86Sr by means of Mann-Whitney tests. The highest frequency of non-locals (10/57: 17.5%) is found when considering 87Sr/86Sr, with at least two individuals showing values consistent with an alpine/transalpine origin. No trend characterizes isotopic values based on sex or funerary treatment. Our data allow revising previous estimates about a reduced mobility at SV, while supporting at the same time a link between this population and both alpine and transalpine contexts
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