139 research outputs found

    Aggregation of exponential smoothing processes with an application to portfolio risk evaluation

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    In this paper we propose a unified framework to analyse contemporaneous and temporal aggregation of exponential smoothing (EWMA) models. Focusing on a vector IMA(1,1) model, we obtain a closed form representation for the parameters of the contemporaneously and temporally aggregated process as a function of the parameters of the original one. In the framework of EWMA estimates of volatility, we present an application dealing with Value-at-Risk (VaR) prediction at different sampling frequencies for an equally weighted portfolio composed of multiple indices. We apply the aggregation results by inferring the decay factor in the portfolio volatility equation from the estimated vector IMA(1,1) model of squared returns. Empirical results show that VaR predictions delivered using this suggested approach are at least as accurate as those obtained by applying the standard univariate RiskMetrics TM methodology.contemporaneous and temporal aggregation, EWMA, volatility, Value-at-Risk

    What do we know about comparing aggregate and disaggregate forecasts?

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    This paper compares the performance of "aggregate" and "disaggregate" predictors in forecasting contemporaneously aggregated vector ARMA processes. An aggregate predictor is built by forecasting directly the aggregate process, as it results from contemporaneous aggregation of the data generating vector process. A disaggregate predictor is obtained by aggregating univariate forecasts for the individual components of the data generating vector process. The necessary and sufficient condition for the equality of mean squared errors associated with the two competing methods is provided in the bivariate VMA(1) case. Furthermore, it is argued that the condition of equality of predictors as stated in Lütkepohl (1984b, 1987, 2004) is only sufficient (not necessary) for the equality of mean squared errors. Finally, it is shown that the equality of forecasting accuracy for the two predictors can be achieved using specific assumptions on the parameters of the VMA(1) structure. Monte Carlo simulations are in line with the analytical results. An empirical application that involves the problem of forecasting the Italian monetary aggregate M1 in the pre-EMU period is presented to illustrate the main findings.contemporaneous aggregation, forecasting

    Monitoraggio terapeutico di Imatinib in pazienti affetti da GIST: studio farmacocinetico e confronto con tollerabilità ed efficacia

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    I tumori stromali gastro-intestinali (GIST) sono tumori rari (meno dell'1% di tutte le neoplasie maligne), ma rappresentano i tumori mesenchimali più comuni del tratto gastro-enterico. Si tratta di neoplasie originanti dalle cellule interstiziali di Cajal e caratterizzate da positività immunoistochimica per c-KIT (CD117). Da un punto di vista bio-molecolare tali tumori possono presentare mutazioni a carico di KIT o di PDGFRA, seppur esista una piccola quota parte di neoplasie wild type per tali geni e verosimilmente associate a mutazioni di altri geni. I GIST sono in un 20% dei casi totalmente asintomatici e rilievo occasionale di indagini eseguite per altri motivi e un 10% delle diagnosi è effettuato in corso di autopsia post mortem. Il 70% dei GIST sintomatici sono, comunque, spesso associati a sintomatologia vaga ed aspecifica (es. fastidio addominale, nausea, vomito, senso di sazietà precoce, calo ponderale); talora, il quadro clinico è dovuto a sanguinamento della neoplasia o a localizzazione metastatica. Il gold standard per la diagnosi di GIST è rappresentato dalla TC con m.d.c., ma anche l'ecoendoscopia (talora associata ad agobiopsia ad ago sottile) e la PET costituiscono strumenti utili per l'inquadramento diagnostico. La biopsia è indispensabile laddove la chirurgia non costituisca il primo atto terapeutico. La diagnosi di GIST deve trovare conferma istopatologica (su pezzo operatorio o su materiale da agobiopsia). L'anatomo-patologo deve corredare la conferma istologica ed immunoistochimica di GIST con alcune importanti informazioni, come la sede del tumore primitivo, le dimensioni della neoplasia e l'indice mitotico (espresso come numero di mitosi per 50 campi ad alto ingrandimento). Tali dati permettono la definizione della prognosi e del rischio di recidiva o ripresa di malattia (score prognostico secondo Miettinen). Il trattamento dei GIST è di tipo multidisciplinare e dipendente dallo stadio di malattia. I micro-GIST (cioè tumori di dimensioni inferiori a 2 cm di diametro massimo) possono essere sottoposti a sorveglianza endoscopica a meno di comparsa di sintomatologia, la quale pone indicazione alla asportazione chirurgica (in alcuni casi anche per via endoscopica). In caso di malattia localizzata e tecnicamente operabile la chirurgia rappresenta il trattamento di scelta ed essa deve mirare ad una resezione completa con margini liberi. L'atto chirurgico deve essere attento ed evitare in ogni modo la rottura della massa tumorale, evento che determina una prognosi peggiore. Un trattamento medico adiuvante alla chirurgia è indicato in caso di alto rischio di recidiva o ripresa di malattia ed esso consiste nella terapia con Imatinib per 3 anni. In caso di malattia localmente avanzata o in sedi complesse si ha indicazione alla citoriduzione con Imatinib (per circa 6-12 mesi), dopodiché il paziente deve essere indirizzato alla chirurgia radicale. A seguito dell'atto chirurgico è, infine, opportuno riprendere il trattamento medico con Imatinib (seppur la durata della terapia adiuvante non sia in questi casi totalmente condivisa). In caso di malattia metastatica la terapia medica rappresenta il cardine terapeutico. Esistono vari farmaci che hanno indicazione in questo setting di terapia. La prima linea di trattamento è data da Imatinib, inibitore dell'attività tirosin-chinasica di vari recettori cellulari (c-KIT, PDGFRA, BCR-ABL…), somministrato alla dose di 400 mg/die continuativamente. Il dosaggio deve essere di 800 mg/die in caso di mutazione dell'esone 9 di c-KIT. Tale trattamento determina un impressionante vantaggio in termini di tempo libero da progressione di malattia e sopravvivenza globale rispetto ai pazienti non trattati. In caso di progressione di malattia vi è indicazione ad aumentare il dosaggio di Imatinib a 800 mg/die, qualora il paziente non sia già trattato con tale schedula. Il farmaco di seconda scelta nei pazienti progrediti in corso di terapia con Imatinib a dosaggio pieno è rappresentato da Sunitinib, altro inibitore tirosin-chinasico ad azione prevalentemente anti-angiogenetica. La terza linea di trattamento non è ancora ufficialmente codificata. In Italia Regorafenib, molecola ad azione inibitrice dell'attività tirosin-chinasica di molteplici recettori cellulari, non è ancora registrato per l'uso in questo setting di pazienti, per cui una valida opzione di trattamento è rappresentata dal riutilizzo (rechallenge) di Imatinib, ma anche altri inibitori tirosin-chinasici hanno dimostrato la loro efficacia nel rallentare la progressione di malattia in questi pazienti. L'utilizzo di Imatinib ha rappresentato una svolta nella gestione medica dei pazienti affetti da GIST in fase metastatica o ad alto rischio di malattia, ma alcuni aspetti del suo utilizzo devono essere ulteriormente indagati per migliorare il trattamento della malattia, aumentandone l'efficacia e riducendone gli effetti avversi. In particolare, diversi studi hanno dimostrato che esiste una notevole variabilità farmacocinetica interindividuale, quantificabile intorno al 40-50%, e diversi sono i fattori che possono spiegare tale fenomeno (peso corporeo, conta granulocitaria, albuminemia, emoglobina plasmatica). A causa di questa importante variabilità farmacocinetica il monitoraggio terapeutico di Imatinib potrebbe rappresentare un'importante strategia per il miglioramento del suo utilizzo nella pratica clinica. Il razionale dello studio è dato proprio dalla presenza di una forte variabilità farmacocinetica interindividuale. Infatti, è plausibile che in alcuni pazienti tale variabilità determini il raggiungimento di concentrazioni plasmatiche allo stato stazionario diverse, per cui l'esecuzione del monitoraggio terapeutico potrebbe permettere di identificare precocemente pazienti a maggior rischio di effetti collaterali e/o di risposta clinica obiettiva peggiore. L'obiettivo dello studio è la valutazione delle caratteristiche farmacocinetiche di Imatinib e del suo metabolita norimatinib in pazienti affetti da GIST e sottoposti ad un protocollo di monitoraggio terapeutico del farmaco. Gli obiettivi secondari sono l'identificazione di possibili marcatori predittivi di tollerabilità ed efficacia e l'elaborazione di strategie farmacologiche per la personalizzazione del trattamento. I pazienti arruolati sono di entrambi i sessi, con età compresa tra 18 e 80 anni, diagnosi comprovata di GIST, malattia metastatica o ad alto rischio di ripresa o recidiva e trattamento con Imatinib in corso. Lo studio prevede l'arruolamento dei pazienti in corso di una regolare Visita di Controllo, durante la quale al paziente è spiegato il disegno dello studio con i suoi obiettivi. In tale occasione il paziente è sottoposto a prelievo ematico per l'esecuzione delle analisi farmacocinetiche, analogamente a quanto verrà fatto nelle successive visite di follow up. Il materiale ematico è processato mediante cromatografia liquida ad alte prestazioni (HPLC), la quale permette la determinazione delle concentrazioni puntuali del farmaco e dei suoi metaboliti nel plasma dei pazienti. L'analisi dei dati ottenuti mediante software e modelli matematici che operano un confronto con dati di farmacocinetica di popolazione permette, infine, la stima della concentrazione del farmaco allo stato stazionario nel sangue dei pazienti analizzati. Tali dati sono confrontati con le caratteristiche dei pazienti e con i dati di efficacia e tollerabilità del trattamento raccolti nel corso delle stesse visite di controllo. Il nostro studio, tuttora in corso, ha finora arruolato 11 pazienti, di entrambi i sessi, con età variabile tra 49 e 78 anni, in buone o discrete condizioni generali (ECOG PS compreso tra 0 e 2). Tali pazienti sono affetti da GIST primitivo a sede variabile (stomaco, duodeno, digiuno e retto) ed hanno in parte malattia in fase metastatica (5 su 11) con secondarismi epatici e/o peritoneali ed in parte malattia radicalmente operata, ma ad elevato rischio di ripresa o recidiva (6 su 11). Sono caratterizzati da mutazioni attivanti il gene c-KIT (10 su 11, di cui 9 con mutazione a carico dell'esone 11 e 1 con mutazione a carico dell'esone 9) o PDGFRA (1 su 11). Per tali quadri di malattia sono, dunque, trattati con Imatinib a dosaggio variabile (8 a 400 mg/die, 2 a 800 mg/die ed 1 a 200 mg/die). Tali pazienti sono stati sottoposti a monitoraggio terapeutico del farmaco in occasione della visita di arruolamento. Le concentrazioni plasmatiche di Imatinib rilevate risultano variabili con un range di valori compresi tra 245 μg/L e 2678 μg/L ed una media pari a 2049,46 μg/L, mentre le concentrazioni plasmatiche del metabolita Norimatinib rientrano in un range compreso tra 127 μg/L e 812 μg/L con una media di concentrazione plasmatica pari a 341,55 μg/L. L’analisi delle concentrazioni plasmatiche di Imatinib e Norimatinib rilevate nei singoli pazienti ha permesso di effettuare una stima della concentrazione minima raggiunta dal farmaco nel sangue. I valori di concentrazione minima oscillano da 0,24 mg/L e 2,84 mg/L con un valore medio di 1,395 mg/L. Si è valutata la correlazione tra dosaggio assunto e concentrazione plasmatica minima allo stato stazionario raggiunta. Gli 8 pazienti che assumono Imatinib al dosaggio di 400 mg/die hanno una Cmin,ss media di 1,07 mg/L ± 0,66 mg/L, mentre i 2 pazienti che assumono Imatinib al dosaggio di 800 mg/die hanno una Cmin,ss media di 2,44 mg/L ± 0,57 mg/L. Il coefficiente r2 è pari a 0,4743. Si è studiata la correlazione tra sesso e concentrazione plasmatica minima raggiunta. Gli individui di sesso maschile hanno una Cmin,ss media di 0,76 mg/L ± 0,29 mg/L, mentre gli individui di sesso femminile hanno una Cmin,ss media di 1,73 mg/L ± 0,87 mg/L. Il coefficiente r2 è pari a 0,3841. Si è osservata la correlazione tra tossicità emerse in corso del trattamento e concentrazione plasmatica minima del farmaco allo stato stazionario. Sono state riportate da alcuni pazienti delle tossicità di grado più elevato, in particolare 2 casi di astenia G2 ed un caso di astenia G3, un caso di sintomatologia diarroica di entità G2, due casi di anemizzazione di grado G2, due casi di edema periorbitale di grado G2 ed un caso di sindrome edemigena degli arti inferiori di grado G2. I 4 pazienti che hanno sperimentato tossicità di grado superiore o uguale a G2 avevano in 3 casi su 4 concentrazioni plasmatiche minime superiori a 2,0 mg/L e in 1 solo caso concentrazioni plasmatiche inferiori a tale valori, mentre i pazienti con tossicità di grado G0 o G1 avevano in 7 casi su 7 concentrazioni plasmatiche minime inferiori a 2,0 mg/L. Il test al χ2 operato sulla seguente distribuzione dà un risultato χ2 = 7,219. Considerando un grado di libertà, l’analisi statistica porta ad un valore p = 0,0072, il che è indicativo di una significatività statistica molto alta. Si è, infine, operato un confronto tra efficacia del trattamento e concentrazioni plasmatiche minime. I 6 pazienti radicalmente operati e sottoposti a terapia adiuvante con Imatinib non sono andati incontro a recidiva e/o ripresa di malattia durante il trattamento. I cinque pazienti con malattia metastatica sono stati trattati per un periodo medio di 28,31 mesi (con un range variabile da 0,83 a 94,9 mesi). Le risposte obiettive evidenziate sono diverse: un caso di risposta completa, un caso di risposta parziale, un caso di stabilità di malattia e due casi di progressione di malattia. Analizzando i dati emersi, possiamo trarre alcune conclusioni. È emersa una correlazione lineare tra dosaggio di farmaco assunto e concentrazioni plasmatiche minime raggiunte. In particolare, i soggetti trattati con 800 mg/die hanno concentrazioni plasmatiche minime maggiori dei soggetti trattati con 400 mg/die (2,44 mg/L ± 0,57 mg/L vs 1,07 mg/L ± 0,66 mg/L). Abbiamo notato che esiste una correlazione lineare tra sesso del paziente e concentrazione plasmatica minima del farmaco. In particolare, infatti, i soggetti di sesso femminile hanno una concentrazione plasmatica minima di Imatinib in media più alta dei soggetti di sesso maschile (1,73 mg/L ± 0,86 mg/L vs 0,76 mg/L ± 0,29 mg/L). Tale dato si correla ad un valore p = 0,111 e, dunque, ad una buona significatività statistica. L’analisi dei dati finora ottenuti dallo studio ha permesso di evidenziare come la presenza di concentrazioni plasmatiche minime al di sotto dei 2 mg/L correli con una buona tolleranza al trattamento con riduzione della probabilità di insorgenza di effetti collaterali o con comparsa di reazioni avverse di grado inferiore a G1. Possiamo, perciò, desumere con un certo grado di significatività statistica (p = 0,0072) che un livello di Cmin,ss pari a 2 mg/L possa rappresentare un cut-off per separare pazienti con buona o peggiore tolleranza al trattamento con Imatinib. Chiaramente l’esiguità del campione preso in analisi limita in parte la potenza statistica del dato, per cui è necessario proseguire in futuro gli studi per ottenere un più grande numero di dati e confermare ulteriormente il risultato emerso. Per quanto riguarda la correlazione tra concentrazione plasmatica minima ed efficacia del farmaco, l’esiguo numero dei pazienti finora analizzati non permette di evidenziare una reale correlazione tra questi due parametri, per cui è fondamentale continuare la raccolta di nuovi pazienti ed ottenere un campione più ampio di casi. In conclusione, nonostante Imatinib sia un farmaco caratterizzato da una generale buona tollerabilità ed esista una correlazione lineare tra dosaggio giornaliero assunto e concentrazione plasmatica minima, è presente una certa variabilità interindividuale nella farmacocinetica del farmaco e la comparsa di tossicità appare potenzialmente legata al raggiungimento di concentrazioni plasmatiche minime più elevate. Per questo motivo appare importante incentivare protocolli di monitoraggio terapeutico del farmaco nei pazienti affetti da GIST e trattati con Imatinib al fine di individuare in maniera precoce quei pazienti a maggior rischio di sviluppo di complicanze maggiori correlate al trattamento e mettere in atto le necessarie precauzioni di tipo clinico-terapeutico

    Evaluation of the Agronomic Performance of Organic Processing Tomato as Affected by Different Cover Crop Residues Management

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    No‐till practices reduce soil erosion, conserve soil organic carbon, and enhance soil fertility. Yet, many factors could limit their adoption in organic farming. The present study investigated the effects of tillage and cover cropping on weed biomass, plant growth, yield, and fruit quality of an organic processing tomato (Solanum lycopersicon L. var. Elba F1) over two seasons (2015–2017). We compared systems where processing tomato was transplanted on i) tilled soil following or not a winter cover crop (Trifolium squarrosum L.) and with/without a biodegradable plastic mulch; and ii) no‐till where clover was used, after rolling and flaming, as dead mulch. Tomato in no‐till suffered from high weed competition and low soil nitrogen availability leading to lower plant growth, N uptake, and yield components with respect to tilled systems. The total yield in no‐till declined to 6.8 and 18.3 t ha−1 in 2016 and 2017, respectively, with at least a 65% decrease compared to tilled clover‐based systems. No evidence of growth‐limiting soil compaction was noticed but a slightly higher soil resistance was in the no‐till topsoil. Tillage and cover crop residues did not significantly change tomato quality (pH, total soluble solids, firmness). The incorporation of clover as green manure was generally more advantageous over no‐till. This was partly due to the low performance of the cover crop where improvement may limit the obstacles (i.e., N supply and weed infestation) and enable the implementation of no‐till in organic vegetable systems

    Muscle function impairment in cancer patients in pre-cachexia stage

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    Cancer cachexia has been reported to be directly responsible for at least 20% of cancer deaths. Management of muscle wasting in cancer-associated cachexia appears to be of pivotal importance for survival of patients. In this regard, it would be interesting to identify before its patent appearance eventual functional markers of muscle damage, to plan specific exercise protocols to counteract cachexia. The muscle function of 13 oncologic patients and 15 controls was analyzed through: i) analysis of the oxidative metabolism, indirectly evaluated trough dosage of blood lactate levels before and after a submaximal incremental exercise on a treadmill; ii) analysis of strength and, iii) endurance, in both lower and upper limbs muscles, employing an isokinetic dynamometer. Statistical analyses were carried out to compare the muscle activities between groups. Analysis of oxidative metabolism during the incremental exercise on a treadmill showed that patients performed a shorter exercise than controls. Lactate levels were significantly higher in patients both at baseline and after the task. Muscle strength analysis in patients group showed a reduction of Maximum Voluntary Contraction during the isometric contraction and, a tendency to fatigue during endurance task. Data emerging from this study highlight an impairment of muscle oxidative metabolism in subjects affected by a pre-cachexia stage of cancer. A trend of precocious fatigability and an impairment of muscle strength production were also observed. This evidence underlines the relevance of assessing muscle function in order to develop novel rehabilitative approaches able to counteract motor impairment and eventually to prevent cachexia in these patients

    Efficacy and safety of niacin/laropiprant therapy in familial hypercholesterolemic patients with coronary artery disease

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    Background: Cardiovascular disease is the principal cause of premature mortality and morbidity in Europe. Patients with familial hypercholesterolemia are at particularly increased risk and, despite lipid-lowering therapy, continue to experience cardiovascular events. Currently, for these patients a new treatment option is represented by extended-release niacin/laropiprant (ERN/LRPN). Material and Methods: We followed-up for 16 weeks a group of 23 familial hypercholesterolemic patients (mean age 61?7 years, 74% male) with chronic coronary artery disease and ERN/LRPN added on top of maximally tolerated lipid-lowering therapy. ERN/LRPN was administered at the dose of 1 gr/day for the first 4 weeks and then at 2 gr/day for the remaining period. Clinical examination and blood sampling (including lipid profile, renal and hepatic function) were performed at baseline, after 4 weeks, at the end of follow-up, and in the case of eventual clinical manifestations. Results: During follow-up, 14 patients discontinued therapy due to side effects (headache, asthenia, and gastrointestinal disorders in 4 patients, muscle aches and CK increase in 3 patients, eruptive skin rash in 2 patients, onset of diabetes mellitus in 2 patients, dizziness associated with inability to drive in 1 patient, acute hepatitis in 1 patient and palpitations in 1 patient) and 2 patients voluntarily interrupted the therapy. In the remaining 7 patients, an improvement in lipid profile was observed (total cholesterol -14%, HDL cholesterol +7%, LDL cholesterol -16%, Triglycerides -53%, Apolipoprotein A1 +8%, Apolipoprotein B -21%, Apolipoprotein E -31%) in the absence of substantial changes in other laboratory analyses (with the exception of a non-significant increase in uric acid). Intolerable skin flushing was not observed in any patient. In addition, among patients who did report flushing, a reduction in the incidence of the episodes was observed after the first month of therapy

    Reducción de los descartes en la pesca con trasmallo: resultados experimentales utilizando trasmallo con “faldón” en la pesca artesanal del camarón, Penaeus kerathurus, en el mar Ligur (Mediterráneo Occidental)

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    This study aimed to test the effectiveness of a “guarding net”, a device placed at the bottom of a trammel net, for reducing unwanted catches in the caramote prawn trammel net fishery of the Ligurian Sea. This specialized and profitable fishery is affected by unwanted catches that generate high discard rates and damage to the nets, with environmental impacts and costs for fishermen. The experimental study consisted in comparing the catches of a standard trammel net (STN) with those of two “experimental” trammel nets, e.g. STNs provided with a guarding net of 19 cm (TGN20) and 24 cm height (TGN25), respectively. The guarding net, a strip of gillnet placed at the bottom of the net, can be considered a by-catch reducer device (BRD). Some fishermen of the investigated fishery have been using this device for several years. The results of the 15 experimental fishing trials performed from June to July 2016 indicate that the guarding nets significantly reduce discards (e.g. crabs and other invertebrates); the biomass of the unwanted species caught was 75% lower than that produced by the STN. The catch rates of the target species obtained with TGN20 and TGN25 were also significantly lower than those of the STN, though of a lesser amount. Nonetheless, this economic loss can be compensated by the decrease in sorting time and material and labour costs that can be achieved using the guarding net.El objetivo de este trabajo fue testar los efectos de un “faldón”, una red colocada en la parte inferior de un trasmallo, para reducir los descartes en la pesquería del camarón del mar Ligur. Se trata de una pesquería especializada y rentable, afectada por capturas no deseadas, que generan descartes y daños a las redes, con impacto ambiental y costes para los pescadores. Se llevaron a cabo pescas experimentales, para comparar la captura de un trasmallo estándar (STN) con la de dos trasmallos “experimentales”, construidos a partir de un trasmallo estándar, con el ajuste de un faldón de 19 cm de altura (TGN20), y de un faldón de 24 cm (TGN25). Este faldón, una banda de red de enmalle, se puede considerar como un dispositivo reductor de capturas accesorias (BRD). Algunos pescadores de la pesquería investigada ya utilizan este dispositivo desde hace algunos años. Los resultados de las quince pruebas experimentales, realizadas de junio a julio 2016, muestran que el faldón de red de enmalle contribuye significativamente a reducir los descartes (cangrejos y otros invertebrados), con una reducción de la biomasa de las especies descartadas hasta el 75%, respecto al trasmallo estándar. Al mismo tiempo, también las tasas de captura de las especies objetivo obtenidas con TGN20 y TGN25 fueron significativamente más bajas que las del STN, aunque de menor magnitud. Sin embargo, esta pérdida económica puede ser compensada por la disminución del tiempo de trabajo, de los costes del material y de la mano de obra, que se pueden lograr utilizando un trasmallo con “faldón”

    Interprofessional spiritual care in oncology: a literature review

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    Spiritual care is recognised as an essential element of the care of patients with serious illness such as cancer. Spiritual distress can result in poorer health outcomes including quality of life. The American Society of Clinical Oncology and other organisations recommend addressing spiritual needs in the clinical setting. This paper reviews the literature findings and proposes recommendations for interprofessional spiritual care

    Evaluation of qualitative and semi-quantitative cut offs for rapid diagnostic lateral flow test in relation to serology for the detection of SARS-CoV-2 antibodies: findings of a prospective study

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    There is limited information to compare the qualitative and semi-quantitative performance of rapid diagnostic tests (RDT) and serology for the assessment of antibodies against severe acute respiratory syndrome coronavirus 2 (SARS-CoV-2). Therefore, the objective of the study was (a) to compare the efficacy of SARS-CoV-2 antibody detection between RDT and laboratory serology, trying to identify appropriate semi-quantitative cut-offs for RDT in relation with quantitative serology values and to (b) evaluate diagnostic accuracy of RDT compared to the NAAT gold standard in an unselected adult population

    MR-proADM as prognostic factor of outcome in COVID-19 patients

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    17siMid Regional pro-ADM (MR-proADM) is a promising novel biomarker in the evaluation of deteriorating patients and an emergent prognosis factor in patients with sepsis, septic shock and organ failure. It can be induced by bacteria, fungi or viruses. We hypothesized that the assessment of MR-proADM, with or without other inflammatory cytokines, as part of a clinical assessment of COVID-19 patients at hospital admission, may assist in identifying those likely to develop severe disease. A pragmatic retrospective analysis was performed on a complete data set from 111 patients admitted to Udine University Hospital, in northern Italy, from 25th March to 15th May 2020, affected by SARS-CoV-2 pneumonia. Clinical scoring systems (SOFA score, WHO disease severity class, SIMEU clinical phenotype), cytokines (IL-6, IL-1b, IL-8, TNF-α), and MR-proADM were measured. Demographic, clinical and outcome data were collected for analysis. At multivariate analysis, high MR-proADM levels were significantly associated with negative outcome (death or orotracheal intubation, IOT), with an odds ratio of 4.284 [1.893–11.413], together with increased neutrophil count (OR = 1.029 [1.011–1.049]) and WHO disease severity class (OR = 7.632 [5.871–19.496]). AUROC analysis showed a good discriminative performance of MR-proADM (AUROC: 0.849 [95% Cl 0.771–0.730]; p < 0.0001). The optimal value of MR-proADM to discriminate combined event of death or IOT is 0.895 nmol/l, with a sensitivity of 0.857 [95% Cl 0.728–0.987] and a specificity of 0.687 [95% Cl 0.587–0.787]. This study shows an association between MR-proADM levels and the severity of COVID-19. The assessment of MR-proADM combined with clinical scoring systems could be of great value in triaging, evaluating possible escalation of therapies, and admission avoidance or inclusion into trials. Larger prospective and controlled studies are needed to confirm these findings.openopenSozio E.; Tascini C.; Fabris M.; D'Aurizio F.; De Carlo C.; Graziano E.; Bassi F.; Sbrana F.; Ripoli A.; Pagotto A.; Giacinta A.; Gerussi V.; Visentini D.; De Stefanis P.; Merelli M.; Saeed K.; Curcio F.Sozio, E.; Tascini, C.; Fabris, M.; D'Aurizio, F.; De Carlo, C.; Graziano, E.; Bassi, F.; Sbrana, F.; Ripoli, A.; Pagotto, A.; Giacinta, A.; Gerussi, V.; Visentini, D.; De Stefanis, P.; Merelli, M.; Saeed, K.; Curcio, F
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