8 research outputs found
Microarray-Based Transcriptomic Analysis of Differences between Long-Term Gregarious and Solitarious Desert Locusts
Desert locusts (Schistocerca gregaria) show an extreme form of phenotypic plasticity and can transform between a cryptic solitarious phase and a swarming gregarious phase. The two phases differ extensively in behavior, morphology and physiology but very little is known about the molecular basis of these differences. We used our recently generated Expressed Sequence Tag (EST) database derived from S. gregaria central nervous system (CNS) to design oligonucleotide microarrays and compare the expression of thousands of genes in the CNS of long-term gregarious and solitarious adult desert locusts. This identified 214 differentially expressed genes, of which 40% have been annotated to date. These include genes encoding proteins that are associated with CNS development and modeling, sensory perception, stress response and resistance, and fundamental cellular processes. Our microarray analysis has identified genes whose altered expression may enable locusts of either phase to deal with the different challenges they face. Genes for heat shock proteins and proteins which confer protection from infection were upregulated in gregarious locusts, which may allow them to respond to acute physiological challenges. By contrast the longer-lived solitarious locusts appear to be more strongly protected from the slowly accumulating effects of ageing by an upregulation of genes related to anti-oxidant systems, detoxification and anabolic renewal. Gregarious locusts also had a greater abundance of transcripts for proteins involved in sensory processing and in nervous system development and plasticity. Gregarious locusts live in a more complex sensory environment than solitarious locusts and may require a greater turnover of proteins involved in sensory transduction, and possibly greater neuronal plasticity
Allattamento e nutrizione: possibili influenze sulla comparsa e sviluppo del disturbo
OBIETTIVI:
Il disturbo celiaco pu\uf2 essere definito come un'enteropatia cronica del piccolo intestino, mediata dal sistema immunologico e promossa dall'introduzione di una dieta contenente glutine in soggetti predisposti geneticamente. A tale proposito, l'influenza dell'allattamento e del momento di introduzione del glutine sul Disturbo Celiaco (CD = coleolic disease) \ue8 un argomento molto dibattuto, al punto che due fazioni si dividono: una ne riconosce un legame, l'altra invece lo nega. Sulle basi della prima ipotesi, lo studio vuole valutare in che misura in un gruppo familiare siano presenti tali fattori di rischio e, una volta identificati i soggetti celiaci che li presentano in anamnesi, confrontarli con i rispettivi fratelli/sorelle non affette per cogliere eventuali differenze. Il secondo obiettivo \ue8 quello di riuscire a riconoscere delle abitudini e atteggiamenti alimentari ideali a cui affidarsi per prevenire la patologia celiaca in soggetti predisposti.
METODI:
Per la raccolta dati \ue8 stato realizzato un questionario costituito da venticinque domande chiuse. Successivamente, mediante l'aiuto di informatici esperti, tale questionario \ue8 stato riportato in internet e somministrato in siti social e in chat dedicate alla celiachia, nel periodo compreso tra il 30 agosto 2015 e 18 ottobre 2015. I soggetti celiaci coinvolti in questo studio, rintracciati mediante internet, sono stati invitati ad inviare il questionario a rispettivi fratelli/sorelle con l'intento di creare un gruppo \u201ccaso\u201d e un gruppo \u201ccontrollo\u201d.
RISULTATI:
Hanno risposto al questionario 69 persone; di queste, 11 sono state escluse in quanto non rientravano nei criteri di inclusione (essere celiaci, o essere fratello o sorella di un celiaco che ha risposto al test)
Allattamento e nutrizione: possibili influenze sulla comparsa e sviluppo del disturbo
OBIETTIVI:
Il disturbo celiaco pu\uf2 essere definito come un'enteropatia cronica del piccolo intestino, mediata dal sistema immunologico e promossa dall'introduzione di una dieta contenente glutine in soggetti predisposti geneticamente. A tale proposito, l'influenza dell'allattamento e del momento di introduzione del glutine sul Disturbo Celiaco (CD = coleolic disease) \ue8 un argomento molto dibattuto, al punto che due fazioni si dividono: una ne riconosce un legame, l'altra invece lo nega. Sulle basi della prima ipotesi, lo studio vuole valutare in che misura in un gruppo familiare siano presenti tali fattori di rischio e, una volta identificati i soggetti celiaci che li presentano in anamnesi, confrontarli con i rispettivi fratelli/sorelle non affette per cogliere eventuali differenze. Il secondo obiettivo \ue8 quello di riuscire a riconoscere delle abitudini e atteggiamenti alimentari ideali a cui affidarsi per prevenire la patologia celiaca in soggetti predisposti.
METODI:
Per la raccolta dati \ue8 stato realizzato un questionario costituito da venticinque domande chiuse. Successivamente, mediante l'aiuto di informatici esperti, tale questionario \ue8 stato riportato in internet e somministrato in siti social e in chat dedicate alla celiachia, nel periodo compreso tra il 30 agosto 2015 e 18 ottobre 2015. I soggetti celiaci coinvolti in questo studio, rintracciati mediante internet, sono stati invitati ad inviare il questionario a rispettivi fratelli/sorelle con l'intento di creare un gruppo \u201ccaso\u201d e un gruppo \u201ccontrollo\u201d.
RISULTATI:
Hanno risposto al questionario 69 persone; di queste, 11 sono state escluse in quanto non rientravano nei criteri di inclusione (essere celiaci, o essere fratello o sorella di un celiaco che ha risposto al test)
Can knockoffs knock out your business? (practical limits to efforts expended to prevent product counterfeiting)
Purpose - To discuss the limits to which the chief executive officer (CEO) of a manufacturing company should go in its efforts to prevent the counterfeiting of the company's products.
Design/methodology/approach - A fictional case study is presented depicting the efforts made by the CEO of a sports clothing manufacturer and retailer to prevent fake versions of the company's products from being sold following his almost-fatal experience with one such counterfeit product. Describes the lengths to which the CEO went in his efforts to tackle the counterfeiting, including the introduction of anti-counterfeiting measures, in the form of special fake-proof designs for the clothing, and the employment of ever-increasing amounts of expensive and time-consuming litigation. Explains how the CEO finally reached the point where he started to question his own motives and wondered whether there might be a limit to the extent to which he should pursue his quest against the counterfeiters. Illustrates the issues involved by means of commentaries and advice from three experts.
Findings - Giorgio Brandazza (Bocconi School of Management, Milan) expressed shock that the CEO was driven by personal motivations when the problem was chiefly one of business, while J. Merrick Taggart (Victorinox Swiss Army North America) advised that the CEO should press on with his attack but use a more targeted and less 'scattershot' approach, while relying more on his management team. Concludes with advice from Candace S. Cummings (VF Corporation) to the effect that the CEO needs to professionalize his anti-counterfeiting programme and employ an outside investigator and legal team with sufficient depth of experience in these matters.
Originality/value - Offers valuable advice to managers not to let their emotions and personal zeal get in the way of good judgement when dealing with the vexing issue of prodyct counterfeiting