71 research outputs found

    Gli agguati dello sguardo. Enunciazione della suspense in Jaws

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    Riferimento imprescindibile dell\u2019invenzione cinematografica contemporanea, le inquadrature \u201cacquatiche\u201d che presagiscono gli agguati dello squalo sono il cuore dell\u2019esperienza che lo spettatore ha compiuto nel 1975 e continua tutt\u2019oggi a compiere di fronte a Jaws. Il film di Steven Spielberg (regia), Verna Fields (montaggio), John Williams (musiche) e Bill Butler (fotografia) sfrutta con grande efficacia le potenzialit\ue0 visive e simboliche dell\u2019acqua, coinvolgendo lo spettatore in una terrorizzante immersione. Da sempre del resto l\u2019acqua nel cinema d\ue0 materia e sostanza ai desideri, ai sogni, alle ossessioni, ai traumi, alle paure consce e inconsce dell\u2019uomo, trasfigurando sullo schermo i miti e gli archetipi dell\u2019immaginario individuale e collettivo. Questo contributo, intitolato Gli agguati dello sguardo. Enunciazione della suspense in Jaws e inserito nello speciale sui 40 anni de Lo squalo curato da Andrea Minuz per la rivista Cinergie (n. 7/2015), si sofferma proprio su alcuni aspetti stilistici e formali del film, in particolare sulle inquadrature \u201cacquatiche\u201d che contraddistinguono la prima met\ue0 del film e che suggeriscono la presenza del mostro e l\u2019imminenza di un suo attacco all\u2019uomo. La tesi fondamentale \ue8 che il gioco di allineamenti e disallineamenti ottici costruito attorno allo sguardo dello squalo e l\u2019insistente sollecitazione della sensibilit\ue0 corporea dello spettatore costituiscano un\u2019originale strategia di costituzione dell\u2019esperienza filmica

    Figure dell’acqua. Viaggio immersivo nella superficie profonda del cinema

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    Speciale monografico sul tema della rappresentazione filmica dell'acqua e dell'effetto di immersivitĂ  sullo spettatore cinematografico

    Francesco Casetti (2008) Eye of the Century: Film, Experience, Modernity

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    Against interactivity. Phenomenological notes on Black Mirror: Bandersnatch

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    Interactive cinema is one of the most interesting areas of experimentation with storytelling form. Black Mirror: Bandersnatch (2018), a stand-alone episode of the acclaimed British television series available on Netflix, has restarted the debate around this genre. This article offers a discussion of several critical elements inherent to the experience of viewing Bandersnatch, specifically those related to its interactive, meta-reflexive, and ludic character. The tension between interactive and interpretative cooperation, between actuality and virtuality, between self-reflexivity and self-referentiality, between free choice and control, between co-authorship and authority, and between gaming and gambling, bring out the contradictions of a product characteristic of the current transmedial landscape

    Empathy and the Film Experience

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    Negli ultimi decenni i film studies stanno spostando la propria attenzione sul livello corporeo e affettivo dell’esperienza filmica. Adottando un approccio fenomenologico e focalizzandosi sulla nozione di empatia, la tesi studia le strategie del coinvolgimento dello spettatore cinematografico nei film di successo contemporanei. Il capitolo 1 rintraccia le diverse accezioni di empatia in filosofia, estetica, psicologia e nelle neuroscienze cognitive. Il capitolo 2 traccia una genealogia dell’empatia nelle teorie psicologiche ed estetiche del film. Il capitolo 3 esplora la rilevanza della teoria dell'atto empatico di Edith Stein per la filmologia e ne propone un'applicazione allo studio dell’esperienza filmica contemporanea. Il capitolo 4 analizza un ampio corpus di film contemporanei individuando quattro “figure aree” del coinvolgimento filmico: l’acrobazia, la caduta, il volo e il movimento in assenza di gravità. Attraverso la simulazione empatica dei movimenti nel film e del film, lo spettatore esperisce inavvertitamente l’intenzionalità implicata nelle forme e negli oggetti della rappresentazione, cogliendo con la propria sensibilità il senso di un’esperienza che trascende l’immanenza del film e contribuisce al processo di attribuzione di senso al Mondo, all’Altro e al Sé.In recent decades film studies have shifted their focus to the emotional and bodily level of film experience. By adopting a phenomenological approach, this dissertation deals with the strategies of the film spectator’s involvement in contemporary mainstream narrative films. Chapter 1 reconstructs the meanings of the notion of empathy in philosophy, aesthetics, psychology and neurocognitive research. Chapter 2 traces a genealogy of empathy in film theories, from Bergsonism to Cognitivism, and evaluates the relevance of Simulation-Theory to film studies. Chapter 3 explores the relevance of Edith Stein’s phenomenological theory of empathy to film theory and assumes it is a theoretical model to investigate the “intensified” nature of both film design style and film reception style. A film is constructed and experienced on the basis of the “circuit of empathy”, a stratified system of different species of empathetic interaction, acting at senso-motorial, perceptual, cognitive and emotional levels with the aim of generating both an aesthetic and an inter-subjective experience. Chapter 4 analyses a vast corpus of contemporary films and focuses on four “aerial figures” of involvement and their combination: acrobatics, falling, flying, and non-gravitational movements, both of the actor’s human body and of the film’s anthropomorphic body. In the Conclusions, it is argued that the spectator internally imitates these “double” movements and inadvertently experiences the intentionality implied in the figures. Contemporary film spectators empathetically “get”, with their own sensibility, the senses of an experience that transcends the immanence of the film and contributes to the process of “giving” sense to the World, the Other, and the Self

    Sensibilité éco-médiatique

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    International audienc

    #Ferragnez: Anatomia di un sincretismo mediale

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    Quando un neologismo si afferma nell’uso quotidiano della lingua, è segno che qualcosa è cambiato nel senso comune e nel patrimonio semantico di una società. Nel 2018, dopo che la Treccani decise di includere nel Libro dell’anno la parola “Ferragnez”, i puristi della lingua si scagliarono con vemenza contro quello che consideravano un clamoroso episodio di degenerazione del vocabolario collettivo (“Il neologismo #Ferragnez mi crea un disagio disarmante – sbottava qualcuno –. La lingua italiana sta andando a rotoli”; “La parola FERRAGNEZ è entrata nel vocabolario Treccani – scriveva un altro –, dovrebbero chiamarlo Treccani e Porci”). A queste polemiche – veicolate non a caso attraverso i social network – la Treccani reagì – non a caso attraverso Twitter – ricordando che i neologismi rispondono “alla necessità di esprimere concetti nuovi, di denominare o qualificare nuove cose e istituzioni” ma che “sono uno specchio di come parlano e scrivono gli italiani, non di quello che crediamo debbano dire o scrivere”. E dunque che “rilevare un neologismo non implica giudizi morali” sui fenomeni che li hanno generati. Al di là delle querelle linguistica dunque la parola-macedonia derivante dalla fusione di Ferragni (cognome dell’ormai nota Chiara) e di Fedez (nome d’arte dell’altrettanto noto rapper Federico Lucia) è innegabilmente il nome di una nuova cosa e di una nuova istituzione. Ciò che ci interessa è la necessità che una sola parola – indubbiamente urtante, quantomeno sul piano fonetico – esprima con immediatezza lessicale non tanto la formalizzazione di una relazione sentimentale (l’hashtag #TheFerragnez viene coniato dai due in occasione del loro matrimonio, il 1° settembre 2018), quanto la consacrazione di una nuova istituzione mediale. Un’istituzione dotata di un nome proprio che consente ai membri di una comunità di riferirvisi senza necessità di esplicitare il nesso fra i termini che la compongono. Il sincretismo in fondo non è altro che il corrispettivo linguistico dell’esigenza di unire saldamente in matrimonio due campi semantici fino a quel momento distinti e che ora hanno generato un oggetto culturale autonomo e diverso dalla semplice somma delle sue parti. Un’istituzione, abbiamo detto, soprattutto mediale, perché ha la sua ragion d’essere nel vivere e alimentarsi in un ambiente che non esisterebbe senza le infrastrutture digitali e soprattutto senza le particolari dinamiche discorsive e relazionali che le sorreggono e animano, con concretissime ricadute sui processi economici. Ci interessa dunque perché a ben vedere la fusione sincretica tra il cognome di una blogger di moda e lifestyle divenuta un’influente figura nel panorama comunicativo contemporaneo (non solo italiano) e l’alias di un rapper che deve molto del proprio successo alla reciprocità tra industria musicale e industria televisiva, è un caso paradigmatico dell’intera gamma di mutamenti intervenuti sul terreno dei media negli ultimi vent’anni. Ferragnez è il nome di un fenomeno alimentato da contenuti multimediali e da flussi discorsivi che li connettono in una logica ipertestuale (tramite una fitta rete di rimandi reciproci), ma anche un fenomeno multicanale, nel suo svolgersi in contemporanea su una combinazione di piattaforme tecnologiche, digitali e tradizionali, e dunque crossmediale nel suo proporre contenuti e formati diversi a seconda dei canali su cui sono veicolati. Soprattutto, Ferragnez è il nome di un fenomeno transmediale, in cui ogni passaggio da un medium all’altro arricchisce di senso il contenuto generando una narrazione complessa e costitutivamente aperta alla partecipazione attiva del pubblico

    VR Storytelling: Potentials and Limitations of Virtual Reality Narratives

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    Rudolf Arnheim. I baffi di Charlot : Scritti italiani sul cinema 1932-1938

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    Nel cuore degli anni Trenta Rudolf Arnheim fu tra i principali animatori del dibattito italiano sul cinema. Le tracce di quella fugace ma intensa stagione, segnata da una rocambolesca fuga a causa delle leggi razziali, rischiavano di andare perdute. Questo volume riporta alla luce un consistente corpus di articoli e saggi apparsi sulle più importanti riviste specializzate dell’epoca, a testimonianza del signifi cativo ruolo che Arnheim ebbe nel panorama culturale del nostro paese e dell’importanza che la sua parabola italiana ricoprì nella maturazione del successivo lavoro. Ad emergere è un volto inedito di Arnheim, acuto osservatore della produzione cinematografi ca internazionale e ponderato divulgatore degli aspetti psicologici e tecnologici dell’arte delle immagini in movimento. Una voce autonoma, originale e diretta che ancora oggi può parlare agli studiosi e agli appassionati di cinema
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