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Genome Sequence of the Saprophyte Leptospira biflexa Provides Insights into the Evolution of Leptospira and the Pathogenesis of Leptospirosis
Leptospira biflexa is a free-living saprophytic spirochete present in aquatic environments. We determined the genome sequence of L. biflexa, making it the first saprophytic Leptospira to be sequenced. The L. biflexa genome has 3,590 protein-coding genes distributed across three circular replicons: the major 3,604 chromosome, a smaller 278-kb replicon that also carries essential genes, and a third 74-kb replicon. Comparative sequence analysis provides evidence that L. biflexa is an excellent model for the study of Leptospira evolution; we conclude that 2052 genes (61%) represent a progenitor genome that existed before divergence of pathogenic and saprophytic Leptospira species. Comparisons of the L. biflexa genome with two pathogenic Leptospira species reveal several major findings. Nearly one-third of the L. biflexa genes are absent in pathogenic Leptospira. We suggest that once incorporated into the L. biflexa genome, laterally transferred DNA undergoes minimal rearrangement due to physical restrictions imposed by high gene density and limited presence of transposable elements. In contrast, the genomes of pathogenic Leptospira species undergo frequent rearrangements, often involving recombination between insertion sequences. Identification of genes common to the two pathogenic species, L. borgpetersenii and L. interrogans, but absent in L. biflexa, is consistent with a role for these genes in pathogenesis. Differences in environmental sensing capacities of L. biflexa, L. borgpetersenii, and L. interrogans suggest a model which postulates that loss of signal transduction functions in L. borgpetersenii has impaired its survival outside a mammalian host, whereas L. interrogans has retained environmental sensory functions that facilitate disease transmission through water
Entamoeba histolytica and Entamoeba dispar:comparison of two PCR assays for diagnosis in a non-endemic setting
Detection of Entamoeba histolytica, the causative agent of amoebiasis, is an
important goal of the clinical parasitology laboratory. The identification of Entamoeba dispar
as a morphologically identical but non-pathogenic species has highlighted the need for nonmicroscopic
detection methods able to differentiate between the two organisms. In this study
we evaluated the utility of conventional PCR and real-time PCR as methods for identification
and differentiation of E. histolytica and E. dispar. The second aim of this study was to determine
the relative proportions of infections caused by E. histolytica and the non-pathogenic E. dispar,
allowing a picture of the epidemiological situation in a non-endemic setting to be obtained.
One hundred and sixty-six clinical samples (faecal and liver abscess samples and one intestinal
biopsy) belonging to 108 patients were analysed. More patients with E. dispar infection (8.3%)
than patients with E. histolytica infection (5.6%) were found by both PCR assays. It is concluded
that routine diagnosis of invasive amoebiasis performed by a combination of microscopy, culture
and serology should be complemented with a PCR assay such as real-time PCR that offers
a practical and clinically acceptable alternative for rapid and accurate diagnosis of amoebic
infection in patients presenting with symptoms indicative of this disease
Confronto tra due saggi di PCR per la diagnosi di laboratorio di amebiasi
Introduzione. L’identificazione di Entamoeba histolytica,
agente eziologico di amebiasi intestinale ed extraintestinale,
è di estrema importanza ai fini di una diagnosi corretta e di
una terapia mirata. Entamoeba histolytica è morfologicamente
identica alla specie non patogena E. dispar; pertanto si
rendono necessari metodi specifici in grado di distinguerle.
Qui riportiamo il confronto tra due saggi di PCR per l’identificazione
di E. histolytica e E. dispar in campioni di pazienti
con sospetta parassitosi.
Metodi. Il DNA estratto da 163 campioni appartenenti a 108
pazienti, italiani e stranieri (155 campioni di feci, 7 campioni
di liquido da ascessi epatici e una biopsia intestinale) è
stato sottoposto ad un saggio di Real-Time PCR e ad un saggio
di PCR convenzionale per l’identificazione di E. histolytica
e E. dispar. Gli stessi campioni sono stati sottoposti a
esame parassitologico completo comprensivo di coltura per
protozoi intestinali.
Risultati. I due saggi di PCR hanno dato risultati concordanti:
sono stati diagnosticati 6 casi di amebiasi da E. histolytica
e 9 casi di infezione da E. dispar. Il confronto tra i risultati
degli esami microscopico e colturale e dei saggi di PCR
ha rivelato che questi ultimi sono più sensibili e specifici dei
metodi tradizionali i quali, nella nostra esperienza, hanno
sottostimato le infezioni da E. histolytica e E. dispar.
Discussione. I saggi di PCR si sono rivelati sensibili, specifici,
vantaggiosi in termini di costo-beneficio e applicabili
per la diagnosi di amebiasi in pazienti italiani e stranieri provenienti
da aree endemiche per amebiasi. Questi saggi permettono
una diagnosi rapida, accurata e consentono di
instaurare prontamente una terapia mirata dell’amebiasi che
se non tempestivamente diagnosticata e trattata può risultare
letale. Inoltre, tali saggi si sono dimostrati utili per ottenere
informazioni, attualmente scarse, riguardanti l’epidemiologia
delle infezioni da E. histolytica e E. dispar in paesi non
endemici come l’Italia, in accordo con le raccomandazioni
dell’Organizzazione Mondiale della SanitÃ
Epidemiologia della malaria a Parma nel periodo 2002-2006
Introduzione. La malaria è oggi la più comune malattia
d’importazione nel nostro Paese: 7.138 casi sono stati notificati
al Ministero della Salute nel periodo 1995-2002 prevalentemente
causati da Plasmodium falciparum seguito da P.
vivax, P. ovale e P. malariae. In questo studio riportiamo la
prevalenza dei casi di malaria d’importazione a Parma nel
periodo 2002-2006.
Metodi. Trecentosessantatre campioni di sangue di pazienti
con sospetta malaria (188 maschi, 175 femmine, 224 stranieri
e 139 italiani), provenienti soprattutto dall’Africa, sono
stati sottoposti ad osservazione microscopica previa colorazione
con arancio di acridina e Giemsa e alla ricerca degli
antigeni di plasmodi. Il DNA estratto da ciascun campione è
stato saggiato con metodi molecolari (nested e/o Real-time
PCR specie-specifica) aventi come bersaglio il gene 18SDNA
dei plasmodi.
Risultati. L’esame microscopico ha svelato 91 casi (21%) di
infezione da plasmodi: 76 P. falciparum (83.5%), 6 P. vivax
(6.6%), 6 P. ovale (6.6%) e 3 Plasmodium spp. (3.3%).
I metodi molecolari ne hanno invece rivelati 97 (26,7%): 77
P. falciparum (79.3%), 5 P. vivax (5.1%), 10 P. ovale
(10.3%), 2 P. malariae (2%), 1 P. falciparum + P. ovale (1%),
1 P. falciparum+P. malariae (1%), 1 P. falciparum + P.ovale+ P. malariae (1%).
Conclusioni. I nostri risultati dimostrano che nel nostro territorio
la malaria è una malattia d’importazione con rilevante
impatto epidemiologico e che P. falciparum è la specie più
frequentemente riscontrata (79.3%-83.5%), in accordo con i
dati nazionali ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità .
I metodi molecolari hanno evidenziato una maggiore prevalenza
dei casi d’infezione da plasmodi (26,7%), sottostimata
dalle indagini microscopiche (21%) verosimilmente a causa
della loro minore sensibilità . Inoltre, ci hanno consentito di
ottenere dati più precisi, svelando un numero maggiore di
infezioni diverse da P. falciparum: in particolare casi d’infezione
da P. ovale e P. malariae e, soprattutto, casi di infezioni
miste altrimenti non evidenziati
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