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Neuropeptide Y system in mood disorders: role of the different receptor subtypes
L\u2019obiettivo principale di questa tesi di dottorato \ue8 rappresentato dalla ricerca di nuove
evidenze in grado di supportare la conoscenza di un possibile coinvolgimento del
Neuropeptide Y (NPY) e dei suoi principali recettori Y1, Y2 e Y5 nei meccanismi che
regolano i disturbi dell\u2019umore, quali depressione, ansia ed i disturbi legati all\u2019esposizione allo
stress. Questo studio, proposto dal dipartimento di Biologia del Centro Ricerche
GlaxoSmithKline di Verona, \ue8 stato condotto nell\u2019ambito di varie collaborazioni con centri
universitari, quali il Karolinska Institutet di Stoccolma (Svezia), l\u2019Ec\uf2le Polytechnique
F\ue9d\ue9rale de Lausanne (Svizzera) ed il German Primate Center di G\uf6ttingen (Germania).
Il possibile ruolo di NPY e dei suoi recettori nella regolazione dei meccanismi
implicati nella fisiopatologia dei disturbi dell\u2019umore \ue8 stato analizzato utilizzando tecniche
sperimentali sia in vitro che in vivo applicate a diversi modelli animali di depressione, ad un
modello di topi transgenici ed a tessuti cerebrali umani post-mortem ottenuti da pazienti
affetti da disturbi psichiatrici. In particolare si \ue8 focalizzata l\u2019attenzione sull\u2019analisi
dell\u2019espressione dei trascritti di NPY e dei suoi tre recettori mediante la tecnica
dell\u2019ibridazione in situ applicata a tre modelli animali di depressione: i ratti Flinders
Sensitive Line, un modello genetico particolarmente interessante data l\u2019influenza della
componente genetica in questo tipo di disturbi, il \u201cchronic mild stress\u201d ed il \u201cchronic social
defeat\u201d, due modelli di stress; quest\u2019ultimo ritenuto una tra le maggiori cause dei disturbi di
depressione ed ansia. Il chronic social defeat \ue8 stato studiato su due diverse specie animali:
un roditore - il ratto - ed un non roditore - la tupaia o tree shrew (Tupaia belangeri) -
considerata la sua elevata omologia genetica con l\u2019uomo. I modelli utilizzati sono serviti ad
approfondire lo studio del coinvolgimento del sistema di NPY nei disturbi dell\u2019umore
cercando di chiarire i meccanismi attraverso cui questo sistema neuropeptidergico agisce e
provando a dimostrare quale dei principali sottotipi recettoriali abbia un ruolo di rilievo nella
fisiopatologia di questi disturbi e nei meccanismi di regolazione delle risposte agli stress. Lo
studio effettuato evidenzia che i tre sottotipi recettoriali sono differentemente espressi nei
vari modelli animali e subiscono variazioni dell\u2019espressione dei loro trascritti di tipo speciespecifico.
Si \ue8 dimostrato che i tre recettori sono diversamente influenzati dall\u2019esposizione ai
vari tipi di stress, tuttavia, sebbene il sottotipo Y5 sembri essere particolarmente affetto da
variazioni trascrizionali nei modelli animali considerati, non \ue8 stato ancora completamente
chiarito quale sia il sottotipo recettoriale maggiormente coinvolto nella regolazione dei
disturbi dell\u2019umore. Il coinvolgimento del recettore Y2 in tali disturbi non sembra essere
sostenuto da questa ricerca, sebbene numerosi studi preclinici e analisi di tessuti umani postmortem
avessero dimostrato un ruolo di questo recettore nell\u2019ansia e nella depressione. In
generale, in questo studio le variazioni pi\uf9 consistenti e frequenti di espressione del trascritto
di NPY e dei suoi recettori sono state osservate a livello dell\u2019ippocampo, dell\u2019ipotalamo e
dell\u2019amigdala, fornendo ulteriore supporto all\u2019importanza cruciale di tali regioni cerebrali
nella fisiopatologia dei disturbi affettivi.
Al fine di confermare alcuni precedenti studi comportamentali che avevano
dimostrato che la delezione del recettore Y2 era in grado di indurre una riduzione dello stato
d\u2019ansia ed un aumento della capacit\ue0 di risposta agli stress, \ue8 stato condotto uno studio in
vivo sottoponendo alcuni topi transgenici, ai quali era stata effettuata una delezione completa
di tale recettore, a test di depressione ed ansia comunemente utilizzati. In contrasto con i
risultati precedenti, lo stato d\u2019ansia e lo stato depressivo di tali topi non hanno subito
variazioni significative rispetto ai loro controlli sebbene i topi utilizzati in entrambi gli studi
fossero stati completamente privati dello stesso recettore: sembra quindi non essere possibile
supportare un ruolo diretto del recettore Y2 nei meccanismi che regolano disturbi quali
depressione ed ansia. Una possible causa del diverso comportamento legato agli stati d\u2019ansia
e di depressione \ue8 da ricercarsi nei diversi ceppi a cui i topi analizzati nei due studi
appartenevano. L\u2019analisi ha dimostrato l\u2019importanza della scelta del ceppo degli animali: una
diversa componente genetica tra i vari ceppi pu\uf2 avere un impatto maggiore sul fenotipo
dell\u2019animale rispetto alla delezione di un intero gene e questo fenomeno suggerisce quindi
una certa cautela nella scelta degli animali e nell\u2019interpretazione dei dati forniti da animali
transgenici.
Infine, l\u2019espressione del trascritto del recettore Y2 \ue8 stata analizzata attraverso la
tecnica dell\u2019ibridazione in situ a livello dell\u2019amigdala e della regione corticale ad essa
adiacente in tessuti umani post-mortem ottenuti da pazienti affetti da diversi disturbi
psichiatrici e paragonata all\u2019espressione in soggetti di controllo, in cui tali disturbi non sono
stati diagnosticati. Anche in questo caso non si \ue8 confermato il ruolo di Y2 nei meccanismi
che regolano la fisiopatologia dei disturbi affettivi, dato che non \ue8 stata dimostrata alcuna
differenza tra i diversi gruppi patologici nell\u2019espressione di tale recettore a livello
dell\u2019amigdala. Inoltre, l\u2019espressione del recettore Y2 \ue8 stata studiata in relazione al consumo
di sostanze d\u2019abuso. Differentemente dagli utilizzatori di marijuana, una variazione del
trascritto di tale recettore \ue8 stata osservata nei soggetti consumatori di cocaina e nicotina,
ipotizzando un coinvolgimento di Y2 nei meccanismi che regolano l\u2019assunzione di queste
sostanze. Riguardo all\u2019etanolo, questo studio non ha dimostrato alcuna variazione
trascrizionale del recettore Y2 in soggetti che ne facevano uso, non potendo confermare
alcuni studi che sostengono l\u2019importanza del ruolo del sistema di NPY nella dipendenza da
etanolo.
La presente tesi ha fornito nuovi interessanti dati riguardanti il coinvolgimento del
sistema del Neuropeptide Y nei disturbi affettivi, tuttavia per completare lo studio sarebbero
necessari ulteriori approfondimenti in particolare sui tessuti umani. Disturbi quali la
depressione rappresentano infatti una condizione tipicamente umana, non esattamente
riproducibile nei modelli animali, che possono solamente fornire una semplificazione dello
stato depressivo. L\u2019utilizzo di composti antagonisti recettoriali selettivi applicato a studi su
modelli animali sarebbe in grado di fornire risultati pi\uf9 dettagliati e specifici che potrebbero
meglio indicare il sottotipo recettoriale maggiormente coinvolto in questi disturbi, fornendo
cos\uec un nuovo bersaglio per il possibile sviluppo di nuovi farmaci ansiolitici ed
antidepressivi. Ad oggi questa indagine sembra essere piuttosto difficoltosa da effettuare data
la mancanza di composti selettivi verso un sottotipo recettoriale e con caratteristiche tali da
essere capaci di agire a livello del sistema nervoso centrale. La sintesi di questo genere di
composti permetterebbe di comprendere maggiormente la base dei meccanismi che regolano
il funzionamento del sistema di NPY nei disturbi dell\u2019umore e di fornire un trattamento
efficace contro l\u2019ansia e la depressione.Depression has been described by mankind for several millennia. The term melancholia,
which means \u201cblack bile\u201d in Greek, was first used by Hippocrates around 400 b.C. (Akiskal
et al., 2000). The major symptoms of depression and the comorbidity of depression with
anxiety and excessive alcohol consumption were recognized in ancient times, indeed
similarities between ancient descriptions of depression and those of the modern era are
striking. From the middle part of the 19th century the brain became the focus of the efforts to
understand the pathophysiology of depression.
Today, depressive disorders represent a common psychiatric disorder experienced by
more than 10% of the population at least once during the lifetime (Blazer et al., 1994).
Women are more prone to the disease than men, with almost a two-fold lifetime prevalence
rate: around 21% of women and 13% of men of the Unites States population. The mortality is
high: 70% of all suicides can be attributed to depressive disorders and they represent a major
cause of morbidity worldwide: studies in the United States suggest that 2\u20133% of the
population is hospitalized or seriously impaired by affective illnesses (Blazer, 2000). The
World Health Organization has declared depression as the single largest cause of morbidity
for women and the leading cause of disability worldwide. Despite the devastating impact of
depressive disorders, little is known about their etiology and pathophysiology
Evaluation of expression and function of the H+/myo-inositol transporter HMIT;
BACKGROUND:
The phosphoinositide (PIns) signalling pathway regulates a series of neuronal processes, such as neurotransmitter release, that are thought to be altered in mood disorders. Furthermore, mood-stabilising drugs have been shown to inhibit key enzymes that regulate PIns production and alter neuronal growth cone morphology in an inositol-reversible manner. Here, we describe analyses of expression and function of the recently identified H+/myo-inositol transporter (HMIT) investigated as a potential regulator of PIns signalling.
RESULTS:
We show that HMIT is primarily a neuronal transporter widely expressed in the rat and human brain, with particularly high levels in the hippocampus and cortex, as shown by immunohistochemistry. The transporter is localised at the Golgi apparatus in primary cultured neurones. No HMIT-mediated electrophysiological responses were detected in rat brain neurones or slices; in addition, inositol transport and homeostasis were unaffected in HMIT targeted null-mutant mice.
CONCLUSION:
Together, these data do not support a role for HMIT as a neuronal plasma membrane inositol transporter, as previously proposed. However, we observed that HMIT can transport inositol triphosphate, indicating unanticipated intracellular functions for this transporter that may be relevant to mood control
Species traits and local abundance affect bird-window collision frequency
Studies on bird-window collisions have generally drawn inferences about species’ differential vulnerability from collision tallies. However, this common methodology is potentially biased because the number of collisions may simply reflect prevalence of species at the study site rather than species-specific vulnerability. Building on recent studies of abundance and collision rates, we offered a complementary methodology based on point count data that could be widely applied alongside carcass surveys. Additionally, we broadened our analysis beyond previously applied taxonomic and migratory classifications to include functional classifications of feeding guild, breeding status, and synanthropy. Our null hypothesis was that collision frequencies reflect a species’ or classification group’s prevalence at study sites. To test this possibility, we used collision data collected at three sites in the Research Triangle Area of North Carolina, United States. At one of these sites, Duke University’s Main Campus, we also gathered relative abundances from the local bird community to develop a case study assessment of how background prevalence compared to number of collisions. Using the larger, three-site dataset, we developed an initial picture of collision susceptibility based solely on frequency, the standard practice. Then, by bootstrapping our Duke abundance data, we generated confidence intervals that simulated collision based on chance versus prevalence. We identified several instances where collision tallies produced misleading perception of species-specific vulnerability. In the most extreme case, frequencies from our Triangle Area dataset indicated locally breeding species were highly vulnerable to collisions while our abundance-based case study suggested this same group was actually adept at avoiding collisions. Through our case study, we also found that foliage gleaning was linked to increased risk, and omnivory and ground foraging were associated with decreased risk. Although our results are based on a limited sample, we argue that abundance needs to be incorporated into future studies and recommend point counts as a noninvasive and adaptable alternative to area-searches and mist netting.
Traits spécifiques à l'espèce et abondance affectent la fréquence des collisions d'oiseaux aux fenêtres
Les études sur les collisions d'oiseaux aux fenêtres infèrent généralement la vulnérabilité d'une espèce à partir des décomptes de collisions. Toutefois, cette méthodologie fréquemment utilisée est potentiellement biaisée parce que le nombre de collision reflète simplement la prévalence de certaines espèces au site d'étude plutôt que la vulnérabilité réelle de l'espèce. À partir des récentes études d'abondance et de taux de collision, nous offrons une méthodologie complémentaire basée sur des recensements ponctuels qui pourrait être appliquée à large échelle en parallèle avec les décomptes de carcasses. De plus, nous avons élargit nos analyses au-delà des classifications taxonomiques et migratoires utilisées auparavant, afin d'inclure les classifications fonctionnelles de guilde alimentaire, statut de reproduction, et le facteur de synanthropie. Notre hypothèse nulle est que la fréquence des collisions reflète une prévalence d'une espèce ou d'un groupe de même classe au site d'étude. Afin de tester cette possibilité, nous avons utilisé les données de collision collectées sur trois sites dans la Zone Triangle de Recherche en Caroline du Nord, aux États-Unis. Sur l'un des sites, le Campus Principal de l'Université de Duke, nous avons aussi amassé les abondances relatives de la communauté locale aviaire, afin de développer une étude de cas sur la comparaison de la prévalence en arrière-plan et le nombre de collision. Utilisant la banque de donnée des trois sites, plus vaste, nous avons développé une image initiale de susceptibilité de collision basée seulement sur la fréquence, la méthode courante. Ensuite, en utilisant le bootstrap sur nos données d'abondance de Duke, nous avons généré des intervalles de confiance simulant les collisions basées par chance comparé à la prévalence. Nous avons identifié plusieurs instances où les totaux de collisions ont produit une fausse perception de vulnérabilité spécifique due à l'espèce. Dans les cas les plus extrêmes, nos données de la Zone Triangle indiquèrent que les espèces se reproduisant localement étaient grandement vulnérable aux collisions, alors que notre étude de cas basée sur l'abondance suggérait que ce même groupe était adepte à éviter les collisions. À partir de notre étude de cas, nous avons aussi découvert que les glaneurs de feuillage étaient liés à un risque plus élevé, alors que l'omnivorisme et l'alimentation au sol étaient associés à une diminution du risque. Malgré que nos résultats soient basés sur un échantillon limité, nous avançons que l'abondance devrait être incluse dans les études futures et recommandons l'utilisation de recensements ponctuels comme alternative adaptable et non-invasive au-lieu de d'aires de décomptes ou de filets japonais
Patterns of bird-window collisions inform mitigation on a university campus
Bird-window collisions cause an estimated one billion bird deaths annually in the United States. Building characteristics and surrounding habitat affect collision frequency. Given the importance of collisions as an anthropogenic threat to birds, mitigation is essential. Patterned glass and UV-reflective films have been proven to prevent collisions. At Duke University’s West campus in Durham, North Carolina, we set out to identify the buildings and building characteristics associated with the highest frequencies of collisions in order to propose a mitigation strategy. We surveyed six buildings, stratified by size, and measured architectural characteristics and surrounding area variables. During 21 consecutive days in spring and fall 2014, and spring 2015, we conducted carcass surveys to document collisions. In addition, we also collected ad hoc collision data year-round and recorded the data using the app iNaturalist. Consistent with previous studies, we found a positive relationship between glass area and collisions. Fitzpatrick, the building with the most window area, caused the most collisions. Schwartz and the Perk, the two small buildings with small window areas, had the lowest collision frequencies. Penn, the only building with bird deterrent pattern, caused just two collisions, despite being almost completely made out of glass. Unlike many research projects, our data collection led to mitigation action. A resolution supported by the student government, including news stories in the local media, resulted in the application of a bird deterrent film to the building with the most collisions: Fitzpatrick. We present our collision data and mitigation result to inspire other researchers and organizations to prevent bird-window collisions