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    Analisi critica dei risultati del progetto PM-CARE: valutazione statistica dell’associazione tra esposizione al particolato urbano e parametri clinici di interesse.

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    Lo studio degli effetti sulla salute umana legati all’esposizione a particolato atmosferico sono ormai noti, ma è ancora necessario indagare i meccanismi patogenetici che li determinano. Il presente progetto di dottorato, che si inserisce nel contesto di un progetto di rilevanza nazionale, il progetto PM-CARE, ha l’obiettivo di studiare l’associazione tra esposizione a particolato e l’andamento di una selezione di parametri clinici di interesse. Il progetto è stato sviluppato mediante l’effettuazione di due monitoraggi, di 24 ore ciascuno, uno nel periodo invernale e l’altro nel periodo estivo, nell’ipotesi di concentrazioni di particolato differenti. La popolazione studiata è stata costituita da 81 volontari, residenti nelle province di Milano e Monza, suddivisi in 3 gruppi: cardiopatici, pneumopatici e “non cardiopatici-non pneumopatici”, (cosiddetti “sani”), per indagare una diversa suscettibilità al particolato. Le misure di esposizione sono state di tipo individuale, realizzate mediante un prototipo di unità mobile di monitoraggio (M.M.U.), una valigia con rotelle contenente tutti gli strumenti di misura necessari al monitoraggio e facilmente trasportabile dai soggetti. Si è ottenuta, quindi, una stima realistica dell’esposizione relativa a diverse frazioni di particolato, identificate dal diametro aerodinamico delle particelle [da], in termini di concentrazioni gravimetriche (suddivise nelle frazioni con da massimi: 0.5, 1, 2.5 e 10 μm), e di concentrazioni numeriche, (range da > 0.02 μm). Sono stati misurati, inoltre, parametri coinquinanti (O3, CO, NO2) e a parametri microclimatici (T, rH). A completamento dello scenario espositivo, è stata compilata una check-list contenente le principali informazioni sulle caratteristiche degli ambienti di vita dei soggetti, oltre ad un diario delle attività da essi svolte durante i monitoraggi. Le misure di tipo clinico, contestuali a quelle ambientali, hanno previsto esami di tipo ematochimico, cardiologico e respiratorio. L’obiettivo del progetto di dottorato è stato quello di studiare l’associazione tra l’esposizione a particolato atmosferico e l’andamento di parametri clinici di interesse, selezionati in collaborazione con il team clinico del progetto. Dopo una prima analisi descrittiva, tali associazioni sono state verificate mediante l’applicazione dei modelli lineari misti per misure ripetute. A completamento dello studio, sono stati valutati, con un’analisi preliminare, i tempi di latenza tra esposizione ed effetto clinico, per i parametri cardiologici continui. I parametri clinici scelti sono stati la proteina C-reattiva (hs-PCRPCR), il fibrinogeno e due indici della variabilità cardiaca: la frequenza cardiaca (FC) e la deviazione standard dell’intervallo tra due battiti normali N-N (SDNN). La hs.PCR è uno dei principali indici di infiammazione sistemica ed è associata al rischio di eventi coronarici acuti. Il fibrinogeno è un indicatore dello stato coagulatorio del sangue e il suo incremento è associato a una maggior predisposizione alla formazione di trombi ed eventi coagulatori che possono favorire la sindrome coronaria e l’infarto del miocardio. Entrambi i parametri sono stati derivati da un prelievo sanguigno a fine monitoraggio. Alterazioni dei parametri cardiologici selezionati risultano associate a una riduzione della variabilità della frequenza cardiaca, a cui si deve un aumento nel rischio di mortalità per cause cardiovascolari, inclusa la morte cardiaca improvvisa. Entrambi i parametri sono stati derivati dal tracciato in continuo dell’elettrocardiogramma di tipo Holter, sulle 24 ore di monitoraggio. I livelli di particolato sono risultati in media superiori ai livelli raccomandati dalle linee guida della WHO (rispettivamente di 50 μg/m3 e 25 μg/m3) in entrambi i monitoraggi per il PM2.5, e nel monitoraggio invernale per il PM10. Il PM10, costituito da tutte le particelle con diametro aerodinamico fino a 10 μm, secondo le analisi eseguite, è risultato composto per circa il 67% dalle particelle con da < 0.5 μm, appartenenti alla moda di accumulazione. Molto evidente, inoltre, è stato il trend stagionale, con livelli di esposizione più alti durante l’inverno. La variazione di concentrazione è stata sostanzialmente dovuta alla classe di particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0.3 e 1 μm, (_%:141% e per PM0.3÷0.5 μm e _%: 209% per PM0.5 €1μm) dovuto soprattutto dalla presenza delle emissioni legate ai riscaldamenti domestici. E’ rimasta invece, sostanzialmente invariata la concentrazione delle particelle ultrafini, la cui presenza è fortemente legata alle sorgenti di combustione indoor e al traffico veicolare, indipendenti dal periodo dell’anno. Allo stesso modo anche la concentrazione di PM grossolano non ha subito grandi variazioni, probabilmente perche le sorgenti (polveri di provenienza naturale, pollini, spore, usura pneumatici etc.) non sono associate a fattori climatici. Infine, sono stati riscontrati diversi livelli di esposizione fra i tre gruppi per la frazione 0.3-1 μm, probabilmente a causa della maggior tendenza dei soggetti “sani” ad effettuare attività outdoor. Lo studio dell’associazione a particolato per la proteina C-reattiva e per il fibrinogeno, hanno mostrato che esiste un effetto statisticamente significativo dovuto alla concentrazione numerica della frazione grossolana di particolato (5÷10 μm). Le sorgenti legate a questo tipo di esposizione sarebbero quindi di tipo prevalentemente outdoor. Endotossine batteriche, pollini e spore, caratteristici di questa frazione, potrebbero essere i responsabili dell’attivazione o incremento di uno stato di infiammazione sistemica e di processi coagulatori. Inoltre, le patologie caratterizzanti i tre gruppi di soggetti, non hanno influenzato la suscettibilità al particolato. Gli indicatori della variabilità cardiaca sono risultati influenzati dalla concentrazione numerica di particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0.3 e 1 μm, e quindi dalla componente fine del particolato atmosferico. Questa frazione di particelle e legata a sorgenti sia indoor che outdoor e, considerato che la sua concentrazione e risultata predominante nel periodo invernale, l’esposizione della stagione fredda risulterebbe potenzialmente più nociva. Non si e riscontrata, inoltre, una diversa suscettibilità tra i gruppi di soggetti. Dai risultati, un incremento delle concentrazioni di particolato determinerebbe un aumento della frequenza cardiaca, e una diminuzione di SDNN, traducibile, a livello clinico, in una diminuzione del controllo del sistema nervoso autonomo sulla regolazione del ritmo cardiaco e della funzionalità della bilancia simpato-vagale. I meccanismi patogenetici compatibili con i risultati sono dunque legati all’infiammazione/ossidazione a livello polmonare, oppure ad un’azione diretta delle particelle sulle terminazioni nervose delle fibre afferenti polmonari, in accordo con la letteratura. La mancanza di un’associazione significativa con le particelle ultrafini escluderebbe l’ipotesi del passaggio diretto di questa frazione nella circolazione sanguigna. Infine, lo studio preliminare sui tempi di latenza tra esposizione e frequenza cardiaca (per il gruppo ‘non cardiopatici-non pneumopatici’), ha indicato un effetto di tipo immediato (dell’ordine dei 5’-30’) e ritardato (circa 6-8 ore). I risultati, sebbene preliminari, trovano riscontro in quelli di altri gruppi di ricerca. Per quanto riguarda il parametro SDNN, invece, il tipo di approccio statistico si è rivelato inadeguato alla tipologia di parametro. Gli sviluppi futuri saranno quindi indirizzati all’approfondimento dei dati in continuo con un approccio statistico più raffinato (applicazione di modelli misti su moving averages a diversi intervalli temporali, utilizzo di smoothing functions). Da un punto di vista prettamente ambientale, invece, si procederà con l’analisi delle concentrazioni di particolato in funzione di fattori determinanti, quali le attività dei soggetti durante il monitoraggio, le caratteristiche principali delle loro unita abitative e i livelli outdoor registrati dalla centraline ARPA più vicine

    Analisi critica dei risultati del progetto PM-CARE: valutazione statistica dell\u2019associazione tra esposizione al particolato urbano e parametri clinici di interesse.

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    Lo studio degli effetti sulla salute umana legati all\u2019esposizione a particolato atmosferico sono ormai noti, ma \ue8 ancora necessario indagare i meccanismi patogenetici che li determinano. Il presente progetto di dottorato, che si inserisce nel contesto di un progetto di rilevanza nazionale, il progetto PM-CARE, ha l\u2019obiettivo di studiare l\u2019associazione tra esposizione a particolato e l\u2019andamento di una selezione di parametri clinici di interesse. Il progetto \ue8 stato sviluppato mediante l\u2019effettuazione di due monitoraggi, di 24 ore ciascuno, uno nel periodo invernale e l\u2019altro nel periodo estivo, nell\u2019ipotesi di concentrazioni di particolato differenti. La popolazione studiata \ue8 stata costituita da 81 volontari, residenti nelle province di Milano e Monza, suddivisi in 3 gruppi: cardiopatici, pneumopatici e \u201cnon cardiopatici-non pneumopatici\u201d, (cosiddetti \u201csani\u201d), per indagare una diversa suscettibilit\ue0 al particolato. Le misure di esposizione sono state di tipo individuale, realizzate mediante un prototipo di unit\ue0 mobile di monitoraggio (M.M.U.), una valigia con rotelle contenente tutti gli strumenti di misura necessari al monitoraggio e facilmente trasportabile dai soggetti. Si \ue8 ottenuta, quindi, una stima realistica dell\u2019esposizione relativa a diverse frazioni di particolato, identificate dal diametro aerodinamico delle particelle [da], in termini di concentrazioni gravimetriche (suddivise nelle frazioni con da massimi: 0.5, 1, 2.5 e 10 \u3bcm), e di concentrazioni numeriche, (range da > 0.02 \u3bcm). Sono stati misurati, inoltre, parametri coinquinanti (O3, CO, NO2) e a parametri microclimatici (T, rH). A completamento dello scenario espositivo, \ue8 stata compilata una check-list contenente le principali informazioni sulle caratteristiche degli ambienti di vita dei soggetti, oltre ad un diario delle attivit\ue0 da essi svolte durante i monitoraggi. Le misure di tipo clinico, contestuali a quelle ambientali, hanno previsto esami di tipo ematochimico, cardiologico e respiratorio. L\u2019obiettivo del progetto di dottorato \ue8 stato quello di studiare l\u2019associazione tra l\u2019esposizione a particolato atmosferico e l\u2019andamento di parametri clinici di interesse, selezionati in collaborazione con il team clinico del progetto. Dopo una prima analisi descrittiva, tali associazioni sono state verificate mediante l\u2019applicazione dei modelli lineari misti per misure ripetute. A completamento dello studio, sono stati valutati, con un\u2019analisi preliminare, i tempi di latenza tra esposizione ed effetto clinico, per i parametri cardiologici continui. I parametri clinici scelti sono stati la proteina C-reattiva (hs-PCRPCR), il fibrinogeno e due indici della variabilit\ue0 cardiaca: la frequenza cardiaca (FC) e la deviazione standard dell\u2019intervallo tra due battiti normali N-N (SDNN). La hs.PCR \ue8 uno dei principali indici di infiammazione sistemica ed \ue8 associata al rischio di eventi coronarici acuti. Il fibrinogeno \ue8 un indicatore dello stato coagulatorio del sangue e il suo incremento \ue8 associato a una maggior predisposizione alla formazione di trombi ed eventi coagulatori che possono favorire la sindrome coronaria e l\u2019infarto del miocardio. Entrambi i parametri sono stati derivati da un prelievo sanguigno a fine monitoraggio. Alterazioni dei parametri cardiologici selezionati risultano associate a una riduzione della variabilit\ue0 della frequenza cardiaca, a cui si deve un aumento nel rischio di mortalit\ue0 per cause cardiovascolari, inclusa la morte cardiaca improvvisa. Entrambi i parametri sono stati derivati dal tracciato in continuo dell\u2019elettrocardiogramma di tipo Holter, sulle 24 ore di monitoraggio. I livelli di particolato sono risultati in media superiori ai livelli raccomandati dalle linee guida della WHO (rispettivamente di 50 \u3bcg/m3 e 25 \u3bcg/m3) in entrambi i monitoraggi per il PM2.5, e nel monitoraggio invernale per il PM10. Il PM10, costituito da tutte le particelle con diametro aerodinamico fino a 10 \u3bcm, secondo le analisi eseguite, \ue8 risultato composto per circa il 67% dalle particelle con da < 0.5 \u3bcm, appartenenti alla moda di accumulazione. Molto evidente, inoltre, \ue8 stato il trend stagionale, con livelli di esposizione pi\uf9 alti durante l\u2019inverno. La variazione di concentrazione \ue8 stata sostanzialmente dovuta alla classe di particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0.3 e 1 \u3bcm, (_%:141% e per PM0.3\uf70.5 \u3bcm e _%: 209% per PM0.5 \u20ac1\u3bcm) dovuto soprattutto dalla presenza delle emissioni legate ai riscaldamenti domestici. E\u2019 rimasta invece, sostanzialmente invariata la concentrazione delle particelle ultrafini, la cui presenza \ue8 fortemente legata alle sorgenti di combustione indoor e al traffico veicolare, indipendenti dal periodo dell\u2019anno. Allo stesso modo anche la concentrazione di PM grossolano non ha subito grandi variazioni, probabilmente perche le sorgenti (polveri di provenienza naturale, pollini, spore, usura pneumatici etc.) non sono associate a fattori climatici. Infine, sono stati riscontrati diversi livelli di esposizione fra i tre gruppi per la frazione 0.3-1 \u3bcm, probabilmente a causa della maggior tendenza dei soggetti \u201csani\u201d ad effettuare attivit\ue0 outdoor. Lo studio dell\u2019associazione a particolato per la proteina C-reattiva e per il fibrinogeno, hanno mostrato che esiste un effetto statisticamente significativo dovuto alla concentrazione numerica della frazione grossolana di particolato (5\uf710 \u3bcm). Le sorgenti legate a questo tipo di esposizione sarebbero quindi di tipo prevalentemente outdoor. Endotossine batteriche, pollini e spore, caratteristici di questa frazione, potrebbero essere i responsabili dell\u2019attivazione o incremento di uno stato di infiammazione sistemica e di processi coagulatori. Inoltre, le patologie caratterizzanti i tre gruppi di soggetti, non hanno influenzato la suscettibilit\ue0 al particolato. Gli indicatori della variabilit\ue0 cardiaca sono risultati influenzati dalla concentrazione numerica di particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0.3 e 1 \u3bcm, e quindi dalla componente fine del particolato atmosferico. Questa frazione di particelle e legata a sorgenti sia indoor che outdoor e, considerato che la sua concentrazione e risultata predominante nel periodo invernale, l\u2019esposizione della stagione fredda risulterebbe potenzialmente pi\uf9 nociva. Non si e riscontrata, inoltre, una diversa suscettibilit\ue0 tra i gruppi di soggetti. Dai risultati, un incremento delle concentrazioni di particolato determinerebbe un aumento della frequenza cardiaca, e una diminuzione di SDNN, traducibile, a livello clinico, in una diminuzione del controllo del sistema nervoso autonomo sulla regolazione del ritmo cardiaco e della funzionalit\ue0 della bilancia simpato-vagale. I meccanismi patogenetici compatibili con i risultati sono dunque legati all\u2019infiammazione/ossidazione a livello polmonare, oppure ad un\u2019azione diretta delle particelle sulle terminazioni nervose delle fibre afferenti polmonari, in accordo con la letteratura. La mancanza di un\u2019associazione significativa con le particelle ultrafini escluderebbe l\u2019ipotesi del passaggio diretto di questa frazione nella circolazione sanguigna. Infine, lo studio preliminare sui tempi di latenza tra esposizione e frequenza cardiaca (per il gruppo \u2018non cardiopatici-non pneumopatici\u2019), ha indicato un effetto di tipo immediato (dell\u2019ordine dei 5\u2019-30\u2019) e ritardato (circa 6-8 ore). I risultati, sebbene preliminari, trovano riscontro in quelli di altri gruppi di ricerca. Per quanto riguarda il parametro SDNN, invece, il tipo di approccio statistico si \ue8 rivelato inadeguato alla tipologia di parametro. Gli sviluppi futuri saranno quindi indirizzati all\u2019approfondimento dei dati in continuo con un approccio statistico pi\uf9 raffinato (applicazione di modelli misti su moving averages a diversi intervalli temporali, utilizzo di smoothing functions). Da un punto di vista prettamente ambientale, invece, si proceder\ue0 con l\u2019analisi delle concentrazioni di particolato in funzione di fattori determinanti, quali le attivit\ue0 dei soggetti durante il monitoraggio, le caratteristiche principali delle loro unita abitative e i livelli outdoor registrati dalla centraline ARPA pi\uf9 vicine

    Gain- and Loss-of-Function CFTR Alleles Are Associated with COVID-19 Clinical Outcomes

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    Carriers of single pathogenic variants of the CFTR (cystic fibrosis transmembrane conductance regulator) gene have a higher risk of severe COVID-19 and 14-day death. The machine learning post-Mendelian model pinpointed CFTR as a bidirectional modulator of COVID-19 outcomes. Here, we demonstrate that the rare complex allele [G576V;R668C] is associated with a milder disease via a gain-of-function mechanism. Conversely, CFTR ultra-rare alleles with reduced function are associated with disease severity either alone (dominant disorder) or with another hypomorphic allele in the second chromosome (recessive disorder) with a global residual CFTR activity between 50 to 91%. Furthermore, we characterized novel CFTR complex alleles, including [A238V;F508del], [R74W;D1270N;V201M], [I1027T;F508del], [I506V;D1168G], and simple alleles, including R347C, F1052V, Y625N, I328V, K68E, A309D, A252T, G542*, V562I, R1066H, I506V, I807M, which lead to a reduced CFTR function and thus, to more severe COVID-19. In conclusion, CFTR genetic analysis is an important tool in identifying patients at risk of severe COVID-19

    Analisi critica dei risultati del progetto PM-CARE: valutazione statistica dell’associazione tra esposizione al particolato urbano e parametri clinici di interesse.

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    Lo studio degli effetti sulla salute umana legati all’esposizione a particolato atmosferico sono ormai noti, ma è ancora necessario indagare i meccanismi patogenetici che li determinano. Il presente progetto di dottorato, che si inserisce nel contesto di un progetto di rilevanza nazionale, il progetto PM-CARE, ha l’obiettivo di studiare l’associazione tra esposizione a particolato e l’andamento di una selezione di parametri clinici di interesse. Il progetto è stato sviluppato mediante l’effettuazione di due monitoraggi, di 24 ore ciascuno, uno nel periodo invernale e l’altro nel periodo estivo, nell’ipotesi di concentrazioni di particolato differenti. La popolazione studiata è stata costituita da 81 volontari, residenti nelle province di Milano e Monza, suddivisi in 3 gruppi: cardiopatici, pneumopatici e “non cardiopatici-non pneumopatici”, (cosiddetti “sani”), per indagare una diversa suscettibilità al particolato. Le misure di esposizione sono state di tipo individuale, realizzate mediante un prototipo di unità mobile di monitoraggio (M.M.U.), una valigia con rotelle contenente tutti gli strumenti di misura necessari al monitoraggio e facilmente trasportabile dai soggetti. Si è ottenuta, quindi, una stima realistica dell’esposizione relativa a diverse frazioni di particolato, identificate dal diametro aerodinamico delle particelle [da], in termini di concentrazioni gravimetriche (suddivise nelle frazioni con da massimi: 0.5, 1, 2.5 e 10 μm), e di concentrazioni numeriche, (range da > 0.02 μm). Sono stati misurati, inoltre, parametri coinquinanti (O3, CO, NO2) e a parametri microclimatici (T, rH). A completamento dello scenario espositivo, è stata compilata una check-list contenente le principali informazioni sulle caratteristiche degli ambienti di vita dei soggetti, oltre ad un diario delle attività da essi svolte durante i monitoraggi. Le misure di tipo clinico, contestuali a quelle ambientali, hanno previsto esami di tipo ematochimico, cardiologico e respiratorio. L’obiettivo del progetto di dottorato è stato quello di studiare l’associazione tra l’esposizione a particolato atmosferico e l’andamento di parametri clinici di interesse, selezionati in collaborazione con il team clinico del progetto. Dopo una prima analisi descrittiva, tali associazioni sono state verificate mediante l’applicazione dei modelli lineari misti per misure ripetute. A completamento dello studio, sono stati valutati, con un’analisi preliminare, i tempi di latenza tra esposizione ed effetto clinico, per i parametri cardiologici continui. I parametri clinici scelti sono stati la proteina C-reattiva (hs-PCRPCR), il fibrinogeno e due indici della variabilità cardiaca: la frequenza cardiaca (FC) e la deviazione standard dell’intervallo tra due battiti normali N-N (SDNN). La hs.PCR è uno dei principali indici di infiammazione sistemica ed è associata al rischio di eventi coronarici acuti. Il fibrinogeno è un indicatore dello stato coagulatorio del sangue e il suo incremento è associato a una maggior predisposizione alla formazione di trombi ed eventi coagulatori che possono favorire la sindrome coronaria e l’infarto del miocardio. Entrambi i parametri sono stati derivati da un prelievo sanguigno a fine monitoraggio. Alterazioni dei parametri cardiologici selezionati risultano associate a una riduzione della variabilità della frequenza cardiaca, a cui si deve un aumento nel rischio di mortalità per cause cardiovascolari, inclusa la morte cardiaca improvvisa. Entrambi i parametri sono stati derivati dal tracciato in continuo dell’elettrocardiogramma di tipo Holter, sulle 24 ore di monitoraggio. I livelli di particolato sono risultati in media superiori ai livelli raccomandati dalle linee guida della WHO (rispettivamente di 50 μg/m3 e 25 μg/m3) in entrambi i monitoraggi per il PM2.5, e nel monitoraggio invernale per il PM10. Il PM10, costituito da tutte le particelle con diametro aerodinamico fino a 10 μm, secondo le analisi eseguite, è risultato composto per circa il 67% dalle particelle con da < 0.5 μm, appartenenti alla moda di accumulazione. Molto evidente, inoltre, è stato il trend stagionale, con livelli di esposizione più alti durante l’inverno. La variazione di concentrazione è stata sostanzialmente dovuta alla classe di particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0.3 e 1 μm, (_%:141% e per PM0.3÷0.5 μm e _%: 209% per PM0.5 €1μm) dovuto soprattutto dalla presenza delle emissioni legate ai riscaldamenti domestici. E’ rimasta invece, sostanzialmente invariata la concentrazione delle particelle ultrafini, la cui presenza è fortemente legata alle sorgenti di combustione indoor e al traffico veicolare, indipendenti dal periodo dell’anno. Allo stesso modo anche la concentrazione di PM grossolano non ha subito grandi variazioni, probabilmente perche le sorgenti (polveri di provenienza naturale, pollini, spore, usura pneumatici etc.) non sono associate a fattori climatici. Infine, sono stati riscontrati diversi livelli di esposizione fra i tre gruppi per la frazione 0.3-1 μm, probabilmente a causa della maggior tendenza dei soggetti “sani” ad effettuare attività outdoor. Lo studio dell’associazione a particolato per la proteina C-reattiva e per il fibrinogeno, hanno mostrato che esiste un effetto statisticamente significativo dovuto alla concentrazione numerica della frazione grossolana di particolato (5÷10 μm). Le sorgenti legate a questo tipo di esposizione sarebbero quindi di tipo prevalentemente outdoor. Endotossine batteriche, pollini e spore, caratteristici di questa frazione, potrebbero essere i responsabili dell’attivazione o incremento di uno stato di infiammazione sistemica e di processi coagulatori. Inoltre, le patologie caratterizzanti i tre gruppi di soggetti, non hanno influenzato la suscettibilità al particolato. Gli indicatori della variabilità cardiaca sono risultati influenzati dalla concentrazione numerica di particelle con diametro aerodinamico compreso tra 0.3 e 1 μm, e quindi dalla componente fine del particolato atmosferico. Questa frazione di particelle e legata a sorgenti sia indoor che outdoor e, considerato che la sua concentrazione e risultata predominante nel periodo invernale, l’esposizione della stagione fredda risulterebbe potenzialmente più nociva. Non si e riscontrata, inoltre, una diversa suscettibilità tra i gruppi di soggetti. Dai risultati, un incremento delle concentrazioni di particolato determinerebbe un aumento della frequenza cardiaca, e una diminuzione di SDNN, traducibile, a livello clinico, in una diminuzione del controllo del sistema nervoso autonomo sulla regolazione del ritmo cardiaco e della funzionalità della bilancia simpato-vagale. I meccanismi patogenetici compatibili con i risultati sono dunque legati all’infiammazione/ossidazione a livello polmonare, oppure ad un’azione diretta delle particelle sulle terminazioni nervose delle fibre afferenti polmonari, in accordo con la letteratura. La mancanza di un’associazione significativa con le particelle ultrafini escluderebbe l’ipotesi del passaggio diretto di questa frazione nella circolazione sanguigna. Infine, lo studio preliminare sui tempi di latenza tra esposizione e frequenza cardiaca (per il gruppo ‘non cardiopatici-non pneumopatici’), ha indicato un effetto di tipo immediato (dell’ordine dei 5’-30’) e ritardato (circa 6-8 ore). I risultati, sebbene preliminari, trovano riscontro in quelli di altri gruppi di ricerca. Per quanto riguarda il parametro SDNN, invece, il tipo di approccio statistico si è rivelato inadeguato alla tipologia di parametro. Gli sviluppi futuri saranno quindi indirizzati all’approfondimento dei dati in continuo con un approccio statistico più raffinato (applicazione di modelli misti su moving averages a diversi intervalli temporali, utilizzo di smoothing functions). Da un punto di vista prettamente ambientale, invece, si procederà con l’analisi delle concentrazioni di particolato in funzione di fattori determinanti, quali le attività dei soggetti durante il monitoraggio, le caratteristiche principali delle loro unita abitative e i livelli outdoor registrati dalla centraline ARPA più vicine

    Microbiological and Chemical Quality of Minced Meat Packaged in Modified Atmosphere at +1-2°C.

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    The aim of the work was to determine the shelf-life and the microbiological quality of minced meat packaged in modified atmosphere (MAP, 20% O2, 5% CO2, 75% N2). Changes in the microflora and in the chemical characteristics were monitored for a total period of 10 days. Different samples of minced pork meat and of minced mixed pork and beef meat (50% w/w) were packaged and stored at +1-2°C. The results demonstrated that the minced meat samples studied had a 6 days shelf-life; the microbiological quality, the pH value and the total volatile nitrogen (TVN) were acceptable. After the sixth day, both minced meats started to brown, becoming unacceptable by the consumers.</p

    Early-phase pandemic in Italy: Covid-19 spread determinant factors

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    Although the Covid-19 pandemic is still ongoing, the environmental factors beyond virus transmission are only partially known. This statistical study has the aim to identify the key factors that have affected the virus spread during the early phase of pandemic in Italy, among a wide set of potential determinants concerning demographics, environmental pollution and climate. Because of its heterogeneity in pollution levels and climate conditions, Italy provides an ideal scenario for an ecological study. Moreover, the selected period excludes important confounding factors, as different virus variants, restriction policies or vaccines. The short-term relationship between the infection maximum increase and demographic, pollution and meteo-climatic parameters was investigated, including both winter-spring and summer 2020 data, also focusing separately on the two seasonal periods and on North vs Centre-South. Among main results, the importance of population size confirmed social distancing as a key management option. The pollution hazardous role undoubtedly emerged, as NO2 affected infection increase in all the studied scenarios, PM2.5 manifested its impact in North of Italy, while O3 always showed a protective action. Whereas higher temperatures were beneficial, especially in the cold season with also wind and relative humidity, solar irradiance was always relevant, revealing several significant interactions with other co-factors. Presented findings address the importance of the environment in Sars-CoV-2 spread and indicated that special carefulness should be taken in crowded areas, especially if they are highly polluted and weakly exposed to sun. The results suggest that containment of future epidemics similar to Covid-19 could be supported by reducing environmental pollution, achieving safer social habits and promoting preventive health care for better immune system response, as an only comprehensive strategy

    Low PEEP Mechanical Ventilation and PaO 2/FiO 2 Ratio Evolution in COVID-19 Patients

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    Invasive mechanical ventilation (IMV) is the standard treatment in critically ill COVID-19 patients with acute severe respiratory distress syndrome (ARDS). When IMV setting is extremely aggressive, especially through the application of high positive-end-expiratory respiration (PEEP) values, lung damage can occur. Until today, in COVID-19 patients, two types of ARDS were identified (L- and H-type); for the L-type, a lower PEEP strategy was supposed to be preferred, but data are still missing. The aim of this study was to evaluate if a clinical management with lower PEEP values in critically ill L-type COVID-19 patients was safe and efficient in comparison to usual standard of care. A retrospective analysis was conducted on consecutive patients with COVID-19 ARDS admitted to the ICU and treated with IMV. Patients were treated with a lower PEEP strategy adapted to BMI: PEEP 10 cmH2O if BMI 50 kg m-2. Primary endpoint was the PaO2/FiO2 ratio evolution during the first 3 IMV days; secondary endpoints were to analyze ICU length of stay (LOS) and IMV length. From March 2 to January 15, 2021, 79 patients underwent IMV. Average applied PEEP was 11 ± 2.9 cmH2O for BMI 30 kg m-2. During the first 24 h of IMV, patients' PaO2/FiO2 ratio presented an improvement (p<0.001; CI 99%) that continued daily up to 72 h (p<0.001; CI 99%). Median ICU LOS was 15 days (10-28); median duration of IMV was 12 days (8-26). The ICU mortality rate was 31.6%. Lower PEEP strategy treatment in L-type COVID-19 ARDS resulted in a PaO2/FiO2 ratio persistent daily improvement during the first 72 h of IMV. A lower PEEP strategy could be beneficial in the first phase of ARDS in critically ill COVID-19 patients

    Culture-Dependent and -Independent Methods To Investigate the Microbial Ecology of Italian Fermented Sausages

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    In this study, the microbial ecology of three naturally fermented sausages produced in northeast Italy was studied by culture-dependent and -independent methods. By plating analysis, the predominance of lactic acid bacteria populations was pointed out, as well as the importance of coagulase-negative cocci. Also in the case of one fermentation, the fecal enterocci reached significant counts, highlighting their contribution to the particular transformation process. Yeast counts were higher than the detection limit (>100 CFU/g) in only one fermented sausage. Analysis of the denaturing gradient gel electrophoresis (DGGE) patterns and sequencing of the bands allowed profiling of the microbial populations present in the sausages during fermentation. The bacterial ecology was mainly characterized by the stable presence of Lactobacillus curvatus and Lactobacillus sakei, but Lactobacillus paracasei was also repeatedly detected. An important piece of evidence was the presence of Lactococcus garvieae, which clearly contributed in two fermentations. Several species of Staphylococcus were also detected. Regarding other bacterial groups, Bacillus sp., Ruminococcus sp., and Macrococcus caseolyticus were also identified at the beginning of the transformations. In addition, yeast species belonging to Debaryomyces hansenii, several Candida species, and Willopsis saturnus were observed in the DGGE gels. Finally, cluster analysis of the bacterial and yeast DGGE profiles highlighted the uniqueness of the fermentation processes studied

    Personality study in chronic italian alcoholics: findings about pyichopatology and cognitive performance.

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    Abstracts ESBRA 2005 - P029- Personality study in chronic italian alcoholics: findings about psychopathology and cognitive performance
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