11 research outputs found

    Acute Delta Hepatitis in Italy spanning three decades (1991–2019): Evidence for the effectiveness of the hepatitis B vaccination campaign

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    Updated incidence data of acute Delta virus hepatitis (HDV) are lacking worldwide. Our aim was to evaluate incidence of and risk factors for acute HDV in Italy after the introduction of the compulsory vaccination against hepatitis B virus (HBV) in 1991. Data were obtained from the National Surveillance System of acute viral hepatitis (SEIEVA). Independent predictors of HDV were assessed by logistic-regression analysis. The incidence of acute HDV per 1-million population declined from 3.2 cases in 1987 to 0.04 in 2019, parallel to that of acute HBV per 100,000 from 10.0 to 0.39 cases during the same period. The median age of cases increased from 27 years in the decade 1991-1999 to 44 years in the decade 2010-2019 (p < .001). Over the same period, the male/female ratio decreased from 3.8 to 2.1, the proportion of coinfections increased from 55% to 75% (p = .003) and that of HBsAg positive acute hepatitis tested for by IgM anti-HDV linearly decreased from 50.1% to 34.1% (p < .001). People born abroad accounted for 24.6% of cases in 2004-2010 and 32.1% in 2011-2019. In the period 2010-2019, risky sexual behaviour (O.R. 4.2; 95%CI: 1.4-12.8) was the sole independent predictor of acute HDV; conversely intravenous drug use was no longer associated (O.R. 1.25; 95%CI: 0.15-10.22) with this. In conclusion, HBV vaccination was an effective measure to control acute HDV. Intravenous drug use is no longer an efficient mode of HDV spread. Testing for IgM-anti HDV is a grey area requiring alert. Acute HDV in foreigners should be monitored in the years to come

    Archeologia del vino: anfore e palmenti rupestri. Il caso della Calabria

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    [ita] In base all’accordo di co-tutela tra l’Universitat de Barcelona e l’Università degli Studi di Milano, la preparazione della presente tesi di dottorato è stata disciplinata dai termini e dalle modalità stabilite dalla seconda, in qualità di Istituzione presso la quale la tesi viene discussa. In particolare, secondo le indicazioni pertinenti al Corso R10 - Agricoltura, ambiente e bioenergia, l’elaborato consta di una collezione di articoli, opzione prevalentemente percorsa in ambito scientifico, diversamente dalla stesura di una tesi tradizionale di settore umanistico. Tale modalità, pur richiedendo un approccio differente alla fase di elaborazione dei dati emersi durante le ricerche, risulta atta a garantire il costante avanzamento scientifico delle attività e lo sviluppo della personale formazione accademica durante il percorso di ricerca del dottorato. Inoltre, proprio le tematiche considerate hanno rappresentato un’opportunità per un proficuo dialogo tra l’Archeologia e le Scienze Agriarie e Ambientali, risaltando i caratteri di multidisciplinarità del lavoro. Il lavoro rappresenta una summa delle ricerche effettuate dall’autore per il progetto Immensa Aequora, diretto e coordinato dalla Prof.ssa G. Olcese, in merito all’archeologia del vino. In particolare, inserendosi nella linea del progetto denominata “Fare il vino nell’Italia antica”, questo studio ha preso in considerazione le anfore e i palmenti rupestri (impianti per la produzione del vino), con la finalità di ricostruire le dinamiche produttive, insediative e sociali nell’antichità nelle aree oggetto della tesi. Proprio l’indagine su questi indicatori archeologici consente, infatti, di acquisire importanti dati che, messi in relazione con il contesto storico e ambientale del territorio in cui sono rinvenuti, si rivelano utili a delineare le caratteristiche dell’antico paesaggio agrario. La struttura della tesi prevede tre parti. La prima di queste include cinque articoli, tra editi e in corso di stampa, di cui quattro sono frutto del lavoro effettuato in collaborazione con altri autori e l’ultimo rappresenta un approfondimento individuale, realizzati nell’ambito del progetto Immensa Aequora. Tra gli articoli a più firme, i primi due presentano i lavori effettuati sulle anfore del Binario Morto e della Longarina, importanti contesti del territorio ostiense di prima età imperiale; argomento del terzo è lo scavo della Villa A di Dragoncello e lo studio dei materiali in essa rinvenuti; il quarto, infine, offre una panoramica dei dati raccolti sui palmenti rupestri dell’Italia meridionale tirrenica, esito di numerose ricognizioni sul campo Il contributo individuale, invece, incluso nell'Atlante dei Palmenti in corso di pubblicazione per Immensa Aequora, si focalizza sul caso-studio della Calabria, corpus principale e conclusione della tesi, con l'obiettivo di far emergere i parametri di sfruttamento del potenziale vinicolo della regione nell'antichità, attraverso l’incrocio dei dati sugli impianti di produzione, le villae del territorio, i luoghi e i contenitori per il commercio del prodotto. La seconda parte include l’elenco delle attività di didattica e ricerca effettuate nel corso del triennio di Dottorato (2017-2020). Infine, con lo scopo di presentare il percorso accademico e professionale di chi scrive, nella terza si propone il personale curriculum vitae.[eng] As well as today's Calabria, the ancient Bruzio was a fragmentary land, characterized by agricultural landscapes of a diversified nature not only between the North and the South, but also between the Tyrrhenian and Ionian parts, between the coastal and Apennine parts of the hinterland. The identification of the rural settlements preceding the Roman age is extremely difficult, due to the little architectural relevance and a very late study tradition, however it is possible to imagine that the pre-Roman agricultural landscape was shaped for the purposes of agricultural production activities in Neo-Eneolithic age by semi-nomadic local pastoral groups. The territory would therefore have been occupied in the North by the Hellenized Brezi, and in the rest of the region by a polycultural society of Italian origin. The cultivation of vines in the territory would be equally ancient if we consider that the area of Calabria was known to the Greeks, before their arrival, by the name Οἰνωτρία (Enotria), of which the etymological interpretation of οίνος would make the area already nominally a “land of wine” or, in terms even more closely connected to the practice of viticulture, the “land of vine poles”, with an evident reference to the cultivation methods used in the area. The development and prestige of the region's wine vocation were therefore achieved precisely during the Magna Graecia phase, as documented by various archaeological finds. The sources, on the other hand, also attest to the production of various quality wines already for the Greek and Roman occupation phases

    Archeologia del vino: anfore e palmenti rupestri. Il caso della Calabria

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    Història, Antropologia, Art i Patrimoni / Tesi realitzada en cotutel·la amb la "Università degli Studi di Milano"[ita] In base all’accordo di co-tutela tra l’Universitat de Barcelona e l’Università degli Studi di Milano, la preparazione della presente tesi di dottorato è stata disciplinata dai termini e dalle modalità stabilite dalla seconda, in qualità di Istituzione presso la quale la tesi viene discussa. In particolare, secondo le indicazioni pertinenti al Corso R10 - Agricoltura, ambiente e bioenergia, l’elaborato consta di una collezione di articoli, opzione prevalentemente percorsa in ambito scientifico, diversamente dalla stesura di una tesi tradizionale di settore umanistico. Tale modalità, pur richiedendo un approccio differente alla fase di elaborazione dei dati emersi durante le ricerche, risulta atta a garantire il costante avanzamento scientifico delle attività e lo sviluppo della personale formazione accademica durante il percorso di ricerca del dottorato. Inoltre, proprio le tematiche considerate hanno rappresentato un’opportunità per un proficuo dialogo tra l’Archeologia e le Scienze Agriarie e Ambientali, risaltando i caratteri di multidisciplinarità del lavoro. Il lavoro rappresenta una summa delle ricerche effettuate dall’autore per il progetto Immensa Aequora, diretto e coordinato dalla Prof.ssa G. Olcese, in merito all’archeologia del vino. In particolare, inserendosi nella linea del progetto denominata “Fare il vino nell’Italia antica”, questo studio ha preso in considerazione le anfore e i palmenti rupestri (impianti per la produzione del vino), con la finalità di ricostruire le dinamiche produttive, insediative e sociali nell’antichità nelle aree oggetto della tesi. Proprio l’indagine su questi indicatori archeologici consente, infatti, di acquisire importanti dati che, messi in relazione con il contesto storico e ambientale del territorio in cui sono rinvenuti, si rivelano utili a delineare le caratteristiche dell’antico paesaggio agrario. La struttura della tesi prevede tre parti. La prima di queste include cinque articoli, tra editi e in corso di stampa, di cui quattro sono frutto del lavoro effettuato in collaborazione con altri autori e l’ultimo rappresenta un approfondimento individuale, realizzati nell’ambito del progetto Immensa Aequora. Tra gli articoli a più firme, i primi due presentano i lavori effettuati sulle anfore del Binario Morto e della Longarina, importanti contesti del territorio ostiense di prima età imperiale; argomento del terzo è lo scavo della Villa A di Dragoncello e lo studio dei materiali in essa rinvenuti; il quarto, infine, offre una panoramica dei dati raccolti sui palmenti rupestri dell’Italia meridionale tirrenica, esito di numerose ricognizioni sul campo Il contributo individuale, invece, incluso nell'Atlante dei Palmenti in corso di pubblicazione per Immensa Aequora, si focalizza sul caso-studio della Calabria, corpus principale e conclusione della tesi, con l'obiettivo di far emergere i parametri di sfruttamento del potenziale vinicolo della regione nell'antichità, attraverso l’incrocio dei dati sugli impianti di produzione, le villae del territorio, i luoghi e i contenitori per il commercio del prodotto. La seconda parte include l’elenco delle attività di didattica e ricerca effettuate nel corso del triennio di Dottorato (2017-2020). Infine, con lo scopo di presentare il percorso accademico e professionale di chi scrive, nella terza si propone il personale curriculum vitae.[eng] As well as today's Calabria, the ancient Bruzio was a fragmentary land, characterized by agricultural landscapes of a diversified nature not only between the North and the South, but also between the Tyrrhenian and Ionian parts, between the coastal and Apennine parts of the hinterland. The identification of the rural settlements preceding the Roman age is extremely difficult, due to the little architectural relevance and a very late study tradition, however it is possible to imagine that the pre-Roman agricultural landscape was shaped for the purposes of agricultural production activities in Neo-Eneolithic age by semi-nomadic local pastoral groups. The territory would therefore have been occupied in the North by the Hellenized Brezi, and in the rest of the region by a polycultural society of Italian origin. The cultivation of vines in the territory would be equally ancient if we consider that the area of Calabria was known to the Greeks, before their arrival, by the name Οἰνωτρία (Enotria), of which the etymological interpretation of οίνος would make the area already nominally a “land of wine” or, in terms even more closely connected to the practice of viticulture, the “land of vine poles”, with an evident reference to the cultivation methods used in the area. The development and prestige of the region's wine vocation were therefore achieved precisely during the Magna Graecia phase, as documented by various archaeological finds. The sources, on the other hand, also attest to the production of various quality wines already for the Greek and Roman occupation phases

    Un progetto multidisciplinare sulla cultura materiale del territorio di Ostia

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    La cultura materiale dell’età augustea non è attualmente nota nel suo complesso nell’area di Ostia, a causa della scarsità di dati e di contesti relativi a quest’epoca. Nel contributo sono presentati gli esiti del riesame, ancora in corso nell’ambito del progetto Immensa Aequora (www.immensaaequora.org), del materiale ceramico proveniente da due contesti del territorio, la Longarina 1 e il “Binario Morto”. Lo studio tipologico e quantitativo delle anfore, in particolare, ha fornito importanti informazioni in merito alla circolazione degli alimenti nel territorio ostiense. I dati archeometrici, già editi sulle anfore del “Binario Morto”, che si sono aggiunti ai lavori già pubblicati sulle ceramiche dell’Ager portuensis, costituiscono un riferimento per le analisi di laboratorio sui contenitori della Longarina 1, in parte già campionate in passato, al fine di una verifica della loro origine e dei contenuti trasportati, mediante analisi di gascromatografia-spettrometria di massa (GC-MS). Sono inoltre anticipati alcuni dati preliminari relativi allo studio condotto sulla terra sigillata italica e sulla ceramica comune dei due contesti.The material culture of the Augustan age is currently not known in its entirety in the area of Ostia, due to the scarcity of data and contexts related to this period. The paper presents the results of the re-examination, recently started and still in progress within the frame of the Immensa Aequora project, of the ceramic material from two contexts in the area: Longarina 1 and the “Binario Morto”. The typological and quantitative study of the amphorae, in particular, has provided important information on the circulation of foodstuffs in the territory of Ostia. The archaeometric data, already published on the amphorae of the “Binario Morto”, which follow the previous works on the ceramics of Ager portuensis, constitute a reference for future lab analyses on the containers of Longarina 1, partly already sampled in the past, in order to confirm their origin and their contents, by means of GC-MS analysis. Preliminary data on the study of Italic terra sigillata and common pottery from the two contexts are also provided

    La villa A di Dragoncello (Acilia). Alcuni dati dello scavo e dallo studio dei reperti

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    La villa A di Dragoncello, forse la più antica tra quelle rinvenute nell’area tra la via Ostiense e il Tevere, è stata oggetto di due campagne di scavo nel 2016 e nel 2017 che hanno permesso di estendere ad altri settori le indagini avviate da A. Pellegrino negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso. Gli scavi, preceduti da alcune prospezioni geofisiche, hanno interessato l’area intorno al peristilio (settore A), il limite meridionale della villa (settore B) e un ambiente sotterraneo rettangolare (denominato V), in parte ancora da scavare, suddiviso internamente in 12 cellette per lato, e la cui funzione è ancora incerta, per un totale di 582 mq. I dati stratigrafici e i materiali rinvenuti hanno permesso di definire i periodi di costruzione, uso e abbandono della villa e della necropoli che si è sovrapposta alle strutture del settore A, databili tra la fine del III secolo a.C. e il tardoantico. È programmata la continuazione degli scavi, oltre a ricognizioni mirate a esplorare il territorio circostante fino a Ficana e ad effettuare un censimento delle strutture rurali e delle aree di stoccaggio del territorio.Villa A in Dragoncello (Acilia). Datas from the excavations and the study of the finds. Villa A of Dragoncello, perhaps the oldest among those found in the area between Via Ostiense and the river Tiber, has been the subject of two excavation campaigns in 2016 and 2017, that have permitted the excavations to other sectors extending from A. Pellegrino in the ‘80s and ‘90s of the last century. The excavations, preceded by geophysical prospecting, involved the area around the peristyle (sector A), the southern limit of the villa (sector B) and a rectangular underground environment (called V), partly still to be excavated, internally divided into 12 cells per side, and whose function is still uncertain, totaling 582 square meters. The stratigraphic data and the materials found provided an estimation for the periods of construction, use and abandonment of the villa and of the necropolis that overlapped the structures of sector A, dated between the end of the III century B.C. and the late Roman period. The continuation of the excavations is planned, as well as the surveys aimed at exploring the surrounding territory up to the ancient Ficana site, and conducting a census of the rural structures and the territory storage areas

    Le anfore del contesto augusteo della ruota idraulica di Ostia Antica: archeologia e archeometria

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    Scavi condotti dalla Soprintendenza di Ostia tra il 1998 e il 2002 all’interno e all’esterno della stazione ferroviaria di Ostia Antica hanno portato alla luce una serie di strutture funerarie, ambienti abitativi e una fossa circolare, le cui pareti erano rivestite da un doppio filare di anfore e che sul fondo conservava i resti lignei di una ruota idraulica del tipo “a cassetta”. Tale rinvenimento ha permesso di ipotizzare che la struttura fosse destinata a operazioni di bonifica e le anfore fossero utilizzate per il drenaggio del terreno. Numerosi sono gli esempi, in ambito italiano e in particolare nel territorio ostiense, di tale uso delle anfore. É stato effettuato lo studio tipologico e epigrafico delle 335 anfore individuate. I risultati ottenuti hanno consentito di datare la fossa all’età augustea, con un utilizzo della struttura che prosegue fino alla metà del II secolo d.C. Tale risultato ben si relaziona con la datazione proposta per il contesto anforico della Longarina simile per quantità e tipi anforici rinvenuti. Per determinare l’origine delle anfore, accanto allo studio tipologico-epigrafico, sono state eseguite, in una prima fase, l’analisi macroscopica degli impasti e, in seguito, una serie di analisi mineralogico-petrografiche e chimiche su 18 campioni prelevati dalle produzioni maggiormente rappresentative del contesto. I risultati consistono nel riconoscimento di tre principali gruppi di origine relativi a diverse aree delle regioni Betica, Tarraconense e Italica, e indicano l’origine ispanica della maggioranza del materiale anforico rinvenuto. Nello specifico, le analisi archeometriche hanno permesso di localizzare le officine produttrici delle anfore betiche ritrovate nel contesto nella Valle del Guadalquivir e nell’area di Cadice, le officine produttrici delle anfore tarraconesi nella costa centro settentrionale della Catalogna e le officine produttrici delle anfore italiche nell’area campano-laziale e, in minor misura, adriatica. Oltre a queste aree, grazie alle analisi è stato possibile riconoscere anche un’ulteriore area di importazione dalla Sicilia

    Assessment of mortality risk in elderly patients after proximal femoral fracture

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    Mortality after hip fracture is a major problem in the Western world, but its mechanisms remain uncertain. This study assessed the 2-year mortality rate after hip fracture in elderly patients by including hospital factors (eg, intervention type, surgical delay), underlying health conditions, and, for a subset, lifestyle factors (eg, body mass index, smoking, alcohol). A total of 828 patients (183 men) 70 to 99 years old experiencing a hip fracture in 2009 in the province of Varese were included in the study. The risk factors for death were assessed through Kaplan-Meier analysis and Cox proportional hazards analysis. Hip fracture incidence per 1000 persons was higher in women (8.4 vs 3.7 in men) and in elderly patients (12.4 for 85-99 years vs 4.4 for 70-84 years). The mortality rate after 1, 6, 12, and 24 months was 4.7%, 16%, 20.7%, and 30.4%, respectively. For the province of Varese, sex (hazard ratio, 0.39 for women), age group (hazard ratio, 2.2 for 85-99 years), and Charlson Comorbidity Index score (hazard ratio, 2.06 for score greater than 1) were found to be statistically significant. The 2-year mortality rate in hip fractures is associated with sex, age, and comorbidities. Male sex, age older than 85 years, and Charlson Comorbidity Index score greater than 1 are associated with a higher risk. Surgical delay was significant in the Kaplan-Meier survival time analysis but not in the Cox hazard analysis, suggesting that early surgery reduces risk in patients with numerous comorbidities

    Stress Echocardiography in Italian Echocardiographic Laboratories: A Survey of the Italian Society of Echocardiography and Cardiovascular Imaging

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    Background: The Italian Society of Echography and Cardiovascular Imaging (SIECVI) conducted a national survey to understand the volumes of activity, modalities and stressors used during stress echocardiography (SE) in Italy. Methods: We analyzed echocardiography laboratory activities over a month (November 2022). Data were retrieved through an electronic survey based on a structured questionnaire, uploaded on the SIECVI website. Results: Data were obtained from 228 echocardiographic laboratories, and SE examinations were performed in 179 centers (80.6%): 87 centers (47.5%) were in the northern regions of Italy, 33 centers (18.4%) were in the central regions, and 61 (34.1%) in the southern regions. We annotated a total of 4057 SE. We divided the SE centers into three groups, according to the numbers of SE performed: <10 SE (low-volume activity, 40 centers), between 10 and 39 SE (moderate volume activity, 102 centers) and >= 40 SE (high volume activity, 37 centers). Dipyridamole was used in 139 centers (77.6%); exercise in 120 centers (67.0%); dobutamine in 153 centers (85.4%); pacing in 37 centers (21.1%); and adenosine in 7 centers (4.0%). We found a significant difference between the stressors used and volume of activity of the centers, with a progressive increase in the prevalence of number of stressors from low to high volume activity (P = 0.033). The traditional evaluation of regional wall motion of the left ventricle was performed in all centers, with combined assessment of coronary flow velocity reserve (CFVR) in 90 centers (50.3%): there was a significant difference in the centers with different volume of SE activity: the incidence of analysis of CFVR was significantly higher in high volume centers compared to low - moderate - volume (32.5%, 41.0% and 73.0%, respectively, P < 0.001). The lung ultrasound (LUS) was assessed in 67 centers (37.4%). Furthermore for LUS, we found a significant difference in the centers with different volume of SE activity: significantly higher in high volume centers compared to low - moderate - volume (25.0%, 35.3% and 56.8%, respectively, P < 0.001). Conclusions: This nationwide survey demonstrated that SE was significantly widespread and practiced throughout Italy. In addition to the traditional indication to coronary artery disease based on regional wall motion analysis, other indications are emerging with an increase in the use of LUS and CFVR, especially in high-volume centers
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