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    Phase transformation of superparamagnetic iron oxide nanoparticles via thermal annealing: implications for hyperthermia applications

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    Magnetic hyperthermia has the potential to play an important role in cancer therapy and its efficacy relies on the nanomaterials selected. Superparamagnetic iron oxide nanoparticles (SPIONs) are excellent candidates due to the ability of producing enough heat to kill tumor cells by thermal ablation. However, their heating properties depend strongly on crystalline structure and size, which may not be controlled and tuned during the synthetic process; therefore, a postprocessing is needed. We show how thermal annealing can be simultaneously coupled with ligand exchange to stabilize the SPIONs in polar solvents and to modify their crystal structure, which improves hyperthermia behavior. Using high-resolution transmission electron microscopy, X-ray diffraction, Mössbauer spectroscopy, vibrating sample magnetometry, and lock-in thermography, we systematically investigate the impact of size and ligand exchange procedure on crystallinity, their magnetism, and heating ability. We describe a valid and simple approach to optimize SPIONs for hyperthermia by carefully controlling the size, colloidal stability, and crystallinity

    Constraining the rp-process by measuring 23

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    The 23Al(p, γ)24Si stellar reaction rate has a significant impact on the light-curve emitted in X-ray bursts. Theoretical calculations show that the reaction rate is mainly determined by the properties of direct capture as well as low-lying 2+ states and a possible 4+ state in 24Si. Currently, there is little experimental information on the properties of these states. In this proceeding we will present a new experimental study to investigate this reaction, using the surrogate reaction 23Al(d,n) at 47 AMeV at the National Superconducting Cyclotron Laboratory (NSCL). We will discuss our new experimental setup which allows us to use full kinematics employing the Gamma-Ray Energy Tracking In-beam Nuclear Array (GRETINA) to detect the γ-rays following the de-excitation of excited states of the reaction products and the Low Energy Neutron Detector Array (LENDA) to detect the recoiling neutrons. The S800 was used for identification of the 24Si recoils. As a proof of principle to show the feasibility of this concept the Q-value spectrum of 22Mg(d,n)23Al is reconstructed

    Conservazione e problematiche sociali: l'esempio del progetto di reintroduzione dell'orso bruno

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    La biologia della conservazione è una disciplina di sintesi, che si è affermata negli ultimi 20 anni per fornire risposte concrete all'allarmante perdita di diversità biologica che si sta verificando in tutto il mondo. Tale disciplina è andata quindi nel tempo a completare le materie di carattere applicativo sviluppate nel passato, fornendo loro un quadro teorico generale, finalizzato allo studio e al mantenimento delle condizioni di stabilità delle popolazioni animali e vegetali. Tra le azioni di conservazione più efficaci, si sono andate affermando le reintroduzioni intese, oltre che come mezzo per la tutela diretta di una specie animale, anche come strumento per favorire la comunicazione in campo ambientale ed innalzare il livello di sensibilità della comunità. Entrambe questi obiettivi sono stati posti alla base del progetto di reintroduzione di orso bruno (<em>Ursus arctos</em>) realizzato dal Parco Naturale Adamello Brenta (<em>Life Ursus</em>) e che ha portato tra il 1999 e il 2002 alla liberazione di 10 individui provenienti dalla Repubblica Slovena. Il progetto, iniziato principalmente per tutelare la popolazione di orso presente sulle Dolomiti di Brenta, ormai considerata "biologicamente estinta", si è progressivamente arricchito di iniziative di comunicazione e divulgazione, rivolte a rivestire l'iniziativa di importanti significati culturali. Va peraltro considerato che, sebbene il contesto socio economico che ha favorito l'estinzione della specie nei secoli passati sia radicalmente cambiato, esistono ancora potenziali fattori di conflitto tra la presenza dell'orso e le popolazioni umane. In particolare l'esperienza del progetto <em>Life Ursus</em> ha evidenziato le difficoltà crescenti nella gestione delle informazioni a livello di mass media. A questo proposito basti pensare al notevole aumento del numero di articoli sui quotidiani locali, che sono passati dai 49 nel 1999 (anno di inizio del progetto), ai 250 del 2002, con punte di più di 20 articoli al giorno in concomitanza dei rari eventi dannosi provocati dagli orsi nell'area su bestiame domestico. Una pressione mediatica di questo tipo ha portato a rivestire il progetto di un forte interesse politico, a conferma che la conservazione della fauna deve tenere conto in modo attento della profondità e della complessità dei rapporti fra uomo e ambiente. Partendo dall'esempio del Progetto <em>Life Ursus</em>, sono stati inoltre analizzati i possibili rischi che le iniziative di conservazione corrono quando le esigenze tecniche e quelle sociali entrano in conflitto. A tal proposito, in sintesi è possibile ipotizzare che tale situazione possa portare all'interruzione di progetti di conservazione o alla realizzazione di errori tecnici nella realizzazione dei progetti stessi. In ogni caso, l'esperienza accumulata nelle fasi di realizzazione del Progetto <em>Life Ursus</em>, unita a quella ormai consolidata con altre specie oggetto di progetti analoghi, porta necessariamente a fare riflessioni attente sulle dinamiche di interazione tra la conservazione della fauna e le problematiche sociali ad essa correlate, soprattutto considerando l'interesse crescente che la società sembra mostrare nei confronti di tutte le tematiche connesse con l'ambiente
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