199 research outputs found

    Effects of Pile Caps on Local Scour at Bridge Piers

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    The most existing pier-scour equations mainly apply to uniformly shaped piers. However, pier footings may often project above the streambed because of scour. This may be caused by either long-term bed degradation or local scour. In such cases, the computation of the local bridge scour depth becomes complicated because of the difficulty in choosing an appropriate pier dimension. Referring to piers founded on piles, in previous papers some outcomes were achieved, mainly on the quasi-equilibrium scour depth. Based on additional experiments, this paper would like to come up with a deepening of the previous findings and provide new insights on the temporal evolution of the river-bed morphology around the complex pier-plinth-piles

    On the use of AMSU-based products for the description of soil water content at basin scale

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    Abstract. Characterizing the dynamics of soil moisture fields is a key issue in hydrology, offering a strategy to improve our understanding of complex climate-soil-vegetation interactions. Besides in-situ measurements and hydrological models, soil moisture dynamics can be inferred by analyzing data acquired by sensors on board of airborne and/or satellite platforms. In this work, we investigated the use of the National Oceanic and Atmospheric Administration – Advanced Microwave Sounding Unit-A (NOAA-AMSU-A) radiometer for the remote characterization of soil water content. To this aim, a field measurement campaign, lasted about three months (3 March 2010–18 May 2010), was carried out using a portable time-domain reflectometer (TDR) to get soil water content measures over five different locations within an experimental basin of 32.5 km2, located in the South of Italy. In detail, soil moisture measurements were carried out systematically at the times of satellite overpasses, over two square areas of 400 m2, a triangular area of 200 m2 and two transects of 60 and 170 m, respectively. Each monitored site is characterized by different land covers and soil textures, to account for spatial heterogeneity of land surface. Afterwards, a more extensive comparison (i.e. analyzing a 5 yr data time series) was made using soil moisture simulated by a hydrological model. Measured and modeled soil moisture data were compared with two AMSU-based indices: the Surface Wetness Index (SWI) and the Soil Wetness Variation Index (SWVI). Both time series of indices have been filtered by means of an exponential filter to account for the fact that microwave sensors only provide information at the skin surface. This allowed to understand the ability of each satellite-based index to account for soil moisture dynamics and to understand its performances under different conditions. As a general remark, the comparison shows a higher ability of the filtered SWI to describe the general trend of soil moisture, while the SWVI can capture soil moisture variations with a precision that increases at the higher values of SWVI

    Efficacy of pulsatile flow perfusion in adult cardiac surgery: Hemodynamic energy and vascular reactivity

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    Background: The role of pulsatile (PP) versus non-pulsatile (NP) flow during a cardiopulmonary bypass (CPB) is still debated. This study’s aim was to analyze hemodynamic effects, endothelial reactivity and erythrocytes response during a CPB with PP or NP. Methods: Fifty-two patients undergoing an aortic valve replacement were prospectively randomized for surgery with either PP or NP flow. Pulsatility was evaluated in terms of energy equivalent pressure (EEP) and surplus hemodynamic energy (SHE). Systemic (SVRi) and pulmonary (PVRi) vascular resistances, endothelial markers levels and erythrocyte nitric-oxide synthase (eNOS) activity were collected at different perioperative time-points. Results: In the PP group, the resultant EEP was 7.3% higher than the mean arterial pressure (MAP), which corresponded to 5150 ± 2291 ergs/cm3 of SHE. In the NP group, the EEP and MAP were equal; no SHE was produced. The PP group showed lower SVRi during clamp-time (p = 0.06) and lower PVRi after protamine administration and during first postoperative hours (p = 0.02). Lower SVRi required a higher dosage of norepinephrine in the PP group (p = 0.02). Erythrocyte eNOS activity results were higher in the PP patients (p = 0.04). Renal function was better preserved in the PP group (p = 0.001), whereas other perioperative variables were comparable between the groups. Conclusions: A PP flow during a CPB results in significantly lower SVRi, PVRi and increased eNOS production. The clinical impact of increased perioperative vasopressor requirements in the PP group deserves further evaluation

    Analisi delle interazioni tra le mareggiate del litorale Ionico ed i livelli idrici registrati lungo le aste fluviali della Basilicata

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    Nelle simulazioni idrauliche per la valutazione del rischio di inondazione legato ai sistemi fluviali il contributo legato alle condizioni del “mare” è generalmente portato in conto come condizione al contorno in termini di “quota”, quindi carico, comprensiva sia del setup indotto dalle mareggiate sia dei contributi di marea. Tuttavia, lo scenario reale è fortemente legato allo specchio d’acqua ed al corrispondente litorale in esame e probabilmente le interazioni tra i due sistemi, fluviale e marittimo, sono ancora in parte inesplorate. La concomitanza di eventi meteomarini di particolare intensità con regimi estremi di deflusso delle portate liquide, può rappresentare un potenziale incremento del fattore di rischio delle aree costiere e di pertinenza fluviale innescato dalla variazione delle condizioni di deflusso nella zona fociale. Ovviamente, le caratteristiche del paraggio di interesse, così come la tipologia del bacino marittimo di riferimento, chiuso o aperto, oceanico e non, incidono sensibilmente nella definizione delle componenti di moto ondoso e nella determinazione dei corrispondenti innalzamenti del livello mare di riferimento, si pensi, ad esempio, alle onde di sessa del bacino Adriatico. In tale contesto e con riferimento alle dinamiche più diffuse nel bacino del Mediterraneo, si colloca l’obiettivo del presente lavoro riportando un approfondimento sull’interazione tra stati di mare e condizioni di deflusso fluviale, attraverso un confronto diretto tra le serie storiche dei livelli idrici registrati sulle principali stazioni idrometriche della Basilicata e gli stati di mare ricostruiti per il litorale ionico lucano. I dati fluviali utilizzati si riferiscono alle stazioni idrometriche di misura relative ai cinque principali corsi d’acqua della Basilicata (Figura 1.A) ed in particolare quelle di: San Giuliano e S.S.106 per il Bradano; Craco Peschiera e S.S.106 per il Cavone; Torre Accio e S.S.106 per il Basento; Episcopia e S.S.106 per il Sinni; ed infine Grumento per il fiume Agri. Le stazioni denominate S.S.106 sono posizionate in corrispondenza degli attraversamenti fluviali in prossimità della foce, mentre le altre sono collocate in sezioni poco più a monte. Le analisi si riferiscono al periodo 2000-2012 su set rappresentativi di dati e che comprende per ciascuna stazione, mediamente più di 100 eventi identificati in base agli innalzamenti dei livelli idrici al di sopra di una soglia critica. Per quanto riguarda gli stati di mare, questi sono stati ricostruiti tramite SMB modificato (Greco et al., 2004) sulla base delle corrispondenti serie storiche di vento registrate alla stazione dell’AAMM di Ginosa Marina (TA). Il confronto ha evidenziato una corrispondenza tra le due tipologie di evento in circa il 55% dei casi esaminati. Le relazioni tra i valori del livello idrico massimo registrato (h) e del livello del mare (in termini di altezza d’onda significativa a largo, Hs) alla stessa data ed ora sono descritte in Figura 1.B, dove le analisi riferite alle sezioni idrometriche più a monte sono riportate nella strisciata superiore, mentre quelle in prossimità della foce sono nella riga sottostante. In linea di massima, esiste un buon accordo tra i livelli idraulici e le altezze di moto ondoso per le stazioni più prossime alle foci, mentre la relazione si presenta meno significativa, se non proprio nulla, in corrispondenza delle sezioni più distanti dalla foce. La differenza tra le correlazioni osservate alle sezioni più a monte rispetto a quelle in prossimità della foce, lascia spazio alla ipotesi di una interazione tra gli stati di mare ed i tiranti idrici non casuale. Se da monte non si riscontra un aumento di portata, allora è possibile che l’incremento del livello idrico nelle sezioni più vallive possa essere legato alla componente marittima, o in termini di un evento che investe la sola parte costiera del bacino o in ragione di un possibile effetto di rigurgito della corrente fluviale legato all’azione del moto ondoso in atto. In entrambe le circostanze è da registrare la sussistenza di tale interazione/interrelazione di processi idrodinamici, il cui effetto peculiare è rappresentato da un potenziale locale aumento della componente di rischio inondazione. A parità di moto ondoso ricostruito, infatti, la differente risposta tra i quattro corsi d’acqua Bradano, Basento Cavone e Sinni potrebbe essere imputabile alle caratteristiche ed estensione della piattaforma continentale, che risulta pressoché assente in corrispondenza della foce Bradano per poi aumentare l’estensione via via che si procede verso sud, cioè foce Sinni (circa 9 km). La maggiore penetrazione del moto ondoso fino a ridosso del delta fluviale del Bradano giustificherebbe una più pronunciata correlazione che risulta pressoché uniforme per gli altri tre corsi d’acqua. Ad adiuvandum, la minore correlazione è osservata in corrispondenza della foce del Basento che risulta in contiguità con un’infrastruttura portuale che, evidentemente, induce una sorta di effetto “ombra” ovvero di locale attenuazione del moto ondoso sottocosta. Infine, è opportuno sottolineare che la presente analisi, pur costituendo la base per uno studio che necessita di ulteriori approfondimenti, anche di carattere numerico-sperimentale, lascia già intravedere risultati di particolare interesse nella valutazione, non solo specifica dell’area in esame, del rischio di inondazione costiera

    Zika virus induces FOXG1 nuclear displacement and downregulation in human neural progenitors

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    Congenital alterations in the levels of the transcription factor Forkhead box g1 (FOXG1) coding gene trigger "FOXG1 syndrome," a spectrum that recapitulates birth defects found in the "congenital Zika syndrome," such as microcephaly and other neurodevelopmental conditions. Here, we report that Zika virus (ZIKV) infection alters FOXG1 nuclear localization and causes its downregulation, thus impairing expression of genes involved in cell replication and apoptosis in several cell models, including human neural progenitor cells. Growth factors, such as EGF and FGF2, and Thr271 residue located in FOXG1 AKT domain, take part in the nuclear displacement and apoptosis protection, respectively. Finally, by progressive deletion of FOXG1 sequence, we identify the C-terminus and the residues 428-481 as critical domains. Collectively, our data suggest a causal mechanism by which ZIKV affects FOXG1, its target genes, cell cycle progression, and survival of human neural progenitors, thus contributing to microcephaly

    Human neuroepithelial stem cell regional specificity enables spinal cord repair through a relay circuit

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    Traumatic spinal cord injury results in persistent disability due to disconnection of surviving neural elements. Neural stem cell transplantation has been proposed as a therapeutic option, but optimal cell type and mechanistic aspects remain poorly defined. Here, we describe robust engraftment into lesioned immunodeficient mice of human neuroepithelial stem cells derived from the developing spinal cord and maintained in self-renewing adherent conditions for long periods. Extensive elongation of both graft and host axons occurs. Improved functional recovery after transplantation depends on neural relay function through the grafted neurons, requires the matching of neural identity to the anatomical site of injury, and is accompanied by expression of specific marker proteins. Thus, human neuroepithelial stem cells may provide an anatomically specific relay function for spinal cord injury recovery
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