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Analisi dell'intero trascrittoma di una serie di glioblastomi; meccanismi molecolari correlati alla sopravvivenza libera da malattia.
Il presente studio si colloca nell’ambito di un ampio progetto di ricerca multicentrico che vede coinvolti la Fondazione Pisana per la Scienza, l’Università di Pisa, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana, la Scuola Normale Superiore - NEST, l’Università di Cagliari e il Langone Medical Center della New York University.
Lo scopo principale di tale progetto sarà quello di caratterizzare da un punto di vista molecolare il glioblastoma e cercare di comprendere, sotto ogni aspetto, quali siano i fini meccanismi che regolano i processi di progressione neoplastica per poter identificare biomarcatori sensibili e specifici che possano avere una valenza prognostica e predittiva sia nell’ambito della prima diagnosi che nel follow-up.
Il glioblastoma rappresenta la neoplasia maligna cerebrale primitiva più frequente; (da solo costituisce il 54% dei gliomi) e la più aggressiva. Si manifesta tipicamente intorno alla VI decade e si localizza prevalentemente agli emisferi cerebrali; è un tumore raro, con una incidenza di circa 3-4 nuovi casi per 100.000 abitanti, per anno. È una neoplasia gravata da un altissimo tasso di mortalità: meno della metà dei pazienti infatti è vivo entro il primo anno e solo il 3% entro i 3 anni.
Lo standard terapeutico attuale prevede la resezione chirurgica, quando possibile, seguita da radio e chemioterapia adiuvante; tale regime terapeutico ha incrementato la sopravvivenza da 12,1 mesi a 14,6 mesi con una sopravvivenza globale a 2 anni del 26%, tuttavia le caratteristiche biologiche di questo di tumore, quali la rapidità di crescita e d’invasione dei tessuti circostanti, non consentono di ottenere risultati soddisfacenti.
Uno studio accurato dei meccanismi molecolari che sono alla base dei processi di progressione del glioblastoma, potrebbe fornire importanti informazioni sulla sua biologia, da poter utilizzare per scopi prognostici e terapeutici. Tuttavia nel caso del glioblastoma, è molto difficile fare studi di questo genere, essenzialmente per la difficoltà di reperire quantità rappresentative di tessuto tumorale, sia per la sua rarità, sia perché non è sempre resecabile potendo, nella maggior parte dei casi, disporre solo di piccoli frammenti bioptici, con scarsa componente tumorale.
L’obiettivo del presente studio è stato quello di ottenere nuove e più accurate informazioni sul comportamento biologico del glioblastoma, attraverso l’identificazione di alterazioni molecolari e genetiche, nel tentativo di capire come queste possano, in qualche modo, influenzare la risposta alla terapia, la prognosi, il tempo della prima recidiva e la sopravvivenza globale. Per fare ciò ci siamo avvalsi delle più moderne tecnologie di sequenziamento, quali le metodiche di Next Genaration Sequencing (NGS), in grado di processare un numero elevato di molecole di DNA o RNA in una singola reazione, mantenendo i tempi e i costi contenuti. Le potenziali applicazioni di queste nuove metodiche sono enormi e, tra tutte, lo studio dell’intero trascrittoma umano e dell’esoma, rappresentano sicuramente le applicazioni più importanti. La metodica utilizzata è stata il sistema Ion Proton della Life Technologies, disponibile presso il laboratorio di geno-proteomica della “Fondazione Pisana per la Scienza”.
Per lo studio sono stati selezionati dall’archivio dell’U.O. di Anatomia Patologica I Universitaria (AOUP), 12 campioni tumorali di glioblastoma umani.
Tutti i casi avevano una diagnosi di glioblastoma (grado IV WHO) senza precedenti storici di lesioni a minor grado.
I campioni sono stati scelti in modo da ottenere 3 gruppi con una sostanziale differenza nel tempo della prima recidiva dopo la chirurgia:
- 6 con recidiva inferiore o uguale a 5 mesi (Short RFS) ;
- 3 con tempo di recidiva compreso tra 16 e 23 mesi (Medium RFS);
- 3 con tempo recidiva maggiore o uguale a 25 mesi (Long RFS).
Tutti i 12 campioni sono stati caratterizzati dettagliatamente dal punto di vista molecolare;
Inizialmente è stata caratterizzata la presenza delle alterazioni molecolari più frequenti nel glioblastoma:
- mutazione R132H nel gene IDH1;
- metilazione del promotore del gene MGMT;
- amplificazione del gene EGFR e presenza della sua forma tronca (variante III).
Successivamente, al fine di individuare profili di espressione genica e/o trascritti di fusione, è stato sequenziato con il sistema Ion Proton System (Ion Torren, Life Technologies) l’intero trascrittoma dei campioni selezionati.
Nonostante la tipologia del materiale (fissazione in formalina ed inclusione in paraffina), è stato possibile ottenere, con questa nuova metodica, un’ottima performance di reazione.
Il presente studio ha consentito finora:
- di identificare diversi marcatori molecolari, correlati con il tempo della prima recidiva ed in grado di fungere da fattore predittivo. Sono state evidenziate differenze di espressione statisticamente significative in 83 geni, diversamente distribuiti nei 3 gruppi;
- è stato inoltre possibile identificare gli specifici processi biologici e le vie genetico-molecolari nei quali sono coinvolti i geni identificati. Un dato molto importante da mettere in evidenza è come il maggior numero di geni differentemente espressi si trovi nei due gruppi agli estremi, ossia tra il gruppo Long RFS e il gruppo Short RFS; tali geni sono coinvolti in molteplici meccanismi cellulari, ma in tutti risalta il ruolo dei miRNA;
- di identificare, per la prima volta in letteratura, nuovi trascritti di fusione genica anche questi distribuiti in maniera differente tra i vari gruppi;
- di porre le basi per una nuova classificazione molecolare del glioblastoma, che correla con la prognosi e potrebbe consentire una personalizzazione della terapia, così come accade per i carcinomi mammari.
Le prospettive future del presente studio sono:
- validare i biomarcatori molecolari, in particolare i trascritti di fusione, identificati con le tecniche di NGS, mediante ulteriori metodiche di sequenziamento (realt-time PCR e Sequenziamento di Sanger in atto presso i laboratori di geno-proteomica della “Fondazione Pisana per la Scienza”);
- aumentare la numerosità del campione; nonostante le difficoltà sopradette, tale limite potrà essere superato proprio grazie a queste nuove metodiche di sequenziamento che permettono di utilizzare materiale di routine o d’archivio, ampiamente a disposizione dei patologi;
- creare delle linee cellulari che esprimano in maniera selettiva i geni individuati, in modo da poter essere utilizzate come modelli per saggiare in vitro la chemiosensibilità agli attuali trattamenti o testarne di nuovi;
- identificare le eventuali proteine tradotte dai trascritti di fusione, per comprenderne il ruolo nel processo neoplastico, ed eventualmente utilizzarle come target terapeutico;
- identificare e validare tali biomarcatori da applicare in test diagnostici molecolari con valore prognostico e predittivo
Mitigating Health Data Poverty: Generative Approaches versus Resampling for Time-series Clinical Data
Several approaches have been developed to mitigate algorithmic bias stemming from health data poverty, where minority groups are underrepresented in training datasets. Augmenting the minority class using resampling (such as SMOTE) is a widely used approach due to the simplicity of the algorithms. However, these algorithms decrease data variability and may introduce correlations between samples, giving rise to generative approaches based on GAN. Generation of high-dimensional, time-series, authentic data that provide a wide distribution coverage of the real data, remains a challenging task for both resampling and GAN-based approaches. In this work we propose CA-GAN architecture that addresses some of the shortcomings of the current approaches, where we provide a detailed comparison with both SMOTE and WGAN-GP, using a high-dimensional, time-series, real dataset of 3343 hypotensive Caucasian and Black patients. We show that our approach is better at both generating authentic data of the minority class and remaining within the original distribution of the real data
Total knee arthroplasty after anterior cruciate ligament reconstruction: a narrative review
Background and objective: Knee replacement following anterior cruciate ligament (ACL) reconstruction can be demanding due to altered anatomy, soft tissue scars, bone loss, extensor mechanism complications, and knee instability. This narrative review summarizes the strategies and approaches to managing operative challenges in total knee arthroplasty (TKA) following ACL reconstruction. Methods: Studies reporting outcomes of patients who underwent TKA after ACL reconstruction were retrieved and assessed to be included in this review that synthesizes the available evidence highlighting the pitfalls encountered during surgery, the intraoperative challenges posed by ligament balancing and exposure, and the leading role of modular and retained implants. Key content and findings: TKA following ACL reconstruction has a high rate of intra-operative complications such as instability, bone loss, difficult exposure and demanding soft tissue balancing, representing a revision surgery rather than routine primary knee arthroplasty and a revision-oriented skill set and modular components are recommended to significantly optimize both surgical strategy and patient outcomes. With a rising incidence of ACL injuries and growing reconstructions, anticipating an increase in TKA procedures, this review aims to provide a call for rethinking clinical approaches to ensure effective and patient-centric care. Conclusions: This narrative review seems to indicate that TKA after ACL reconstruction should be considered as revision surgery and modular components should be used. However, future prospective and high-quality studies are required to better clarify risk factors and give strong recommendations for this complex surgery
Volume complexity of dS bubbles
In the framework of the static patch approach to de Sitter holography
introduced in [arXiv:2109.14104], the growth of holographic complexity has a
hyperfast behaviour, which leads to a divergence in a finite time. This is very
different from the AdS spacetime, where instead the complexity rate
asymptotically reaches a constant value. We study holographic volume complexity
in a class of asymptotically AdS geometries which include de Sitter bubbles in
their interior. With the exception of the static bubble case, the complexity
obtained from the volume of the smooth extremal surfaces which are anchored
just to the AdS boundary has a similar behaviour to the AdS case, because it
asymptotically grows linearly with time. The static bubble configuration has a
zero complexity rate and corresponds to a discontinuous behaviour, which
resembles a first order phase transition. If instead we consider extremal
surfaces which are anchored at both the AdS boundary and the de Sitter
stretched horizon, we find that complexity growth is hyperfast, as in the de
Sitter case.Comment: 30 pages, 27 figures; v2: journal versio
Coupled modelling of the EBR-II SHRT-45R including photon heat deposition
The Fast REactor NEutronics/Thermal-hydraulICs (FRENETIC) code has been developed during the last years at Politecnico di Torino, implementing a full-core coupled neutronic/thermal-hydraulics model for steady-state and transient analysis of liquid-metal cooled fast breeder reactor (LMFBR). In the framework of the validation activities for the code, an analysis of the sodium-cooled reactor EBR-II, previously carried out in the frame of a IAEA Coordinated Research Project, is performed with FRENETIC including the most recent physics models. In particular, photon transport and heat deposition are taken into account, a feature which has been proved in previous studies to be relevant to the correct study of the EBR-II core. To this purpose, a set of nuclear data for photons has been generated by means of the Monte Carlo code Serpent-2, and it is demonstrated that the code is able to take into account the photon heat deposition in the EBR-II
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