Caratterizzazione del Coralligeno del Nord Adriatico: analisi della biodiversità e della variabilità spaziale delle comunità macroalgali

2011/2012I fondali che si estendono dal Golfo di Venezia fino alle coste Slovene (Nord Adriatico) prevalentemente fangosi o detritici, sono interrotti da numerosi affioramenti rocciosi distribuiti a profondità tra 7 e 25 m. e distanti dalla costa 0.5-25 miglia nautiche. Tali affioramenti localmente chiamati “tegnùe”, “trezze”, “grebeni”, sono maggiormente concentrati tra il Delta del Po e il Golfo di Trieste (Fig. 1). Stefanon (1967) è stato il primo a descrivere alcuni di questi affioramenti, inizialmente definiti come beachrocks; la loro genesi è invece attualmente connessa alle emissioni di gas metano [1]. La migrazione di gas poco profondi attraverso i sedimenti marini induce la deposizione di carbonato di calcio, cementificando il substrato altrimenti non consolidato.La maggior parte degli affioramenti del Nord Adriatico, che mostrano un ampio spettro di morfologie e dimensioni, è formata da una base rocciosa colonizzata da bioconcrezioni calcaree [1]. Le tegnùe sono state definite formazioni coralligene, anche se differiscono dal tipico coralligeno mediterraneo sensu stricto (Ballesteros, 2006). Il coralligeno e i fondi a maërl e rodoliti sono considerati tra i principali hot-spots di biodiversità in Mediterraneo. Il coralligeno è prodotto dal concrezionamento di alghe calcaree, briozoi, serpulidi, coralli e spugne che si accrescono in condizioni sciafile (Hong, 1980; Ballesteros, 2006), mentre i fondi a rodoliti e maërl sono substrati sedimentari ricoperti da alghe calcaree libere (Corallinales o Peyssonneliaceae) (UNEP-MAP-RAC/SPA, 2008). La conoscenza dell’estensione e struttura delle formazioni coralligene in Mediterraneo è essenziale per l’individuazione di attività di gestione e protezione di questi habitat, così come indicato dalle più recenti Direttive europee e Convenzioni internazionali. Nell’ambito della Marine Strategy Framework Directive 2008/56/CE (MSFD) il “Coralligeno (C)” e i “Fondi a maërl e rodoliti” sono stati inseriti tra gli Special Habitat da caratterizzare e di cui valutare lo Stato Ecologico (GES). Lo scopo ultimo di questo studio, basato sia su attività sperimentali di campo e di laboratorio che sull’analisi di dati di letteratura, è quello di contribuire ad una più approfondita conoscenza delle comunità biotiche degli affioramenti rocciosi del Nord Adriatico. La maggior parte dell’attività di ricerca è stata incentrata sullo studio della struttura e variabilità delle comunità macroalgali, in relazione alle principali variabili ambientali e caratteristiche morfologiche degli affioramenti rocciosi del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. È stata inoltre analizzata la componente algale dei fondi a maërl e rodoliti, che si estendono dalle coste venete fino al circalitorale Sloveno. HABITAT FONDI A MAËRL E RODOLITI Per il Nord Adriatico non sono disponibili dati recenti e rappresentativi sulla distribuzione di maërl e rodoliti. La loro presenza è stata segnalata per la prima volta nel Golfo di Trieste nell’area prospiciente le lagune di Grado e Marano (Giaccone, 1978; Orel et al., 1981-82). Successivamente uno studio condotto da Nichetto (1990) ha rilevato la presenza di talli di maërl, prevalentemente morti, sui fondali sabbiosi che si estendono da Grado a Venezia. Infine, Bressan e Giaccone (2005) hanno riportato la presenza di maërl fossile nei sedimenti del Dosso di Santa Croce posto al centro del Golfo di Trieste. Per meglio definire l’estensione di questo Habitat a scala di sottoregione, a partire dal 2008, sono state campionate 46 stazioni nel versante italiano del Golfo di Trieste [1] e al largo della Slovenia [2]. Il campionamento in collaborazione con l’ARPA-FVG è tutt’ora in corso. I campioni sono stati raccolti in immersione o mediante bennate e dragaggi. Considerando anche i dati di letteratura sui fondi mobili dal Veneto alle coste Slovene sono state rinvenute 23 Corallinales, la cui distribuzione batimetrica è compresa tra 9 e 24 m (Orel et al., 1981-82; Nichetto, 1990; Bressan e Giaccone, 2005; [1]; [2]). 15 Corallinales sono state rinvenute sotto forma di rodoliti: Lithophyllum incrustans Philippi, Lithophyllum racemus (Lamarck) Foslie, Lithophyllum corallinae (P.L.Crouan & H.M.Crouan) Heydrich, Lithophyllum pustulatum (J.V. Lamouroux) Foslie, Lithothamnion corallioides (P.L.Crouan & H.M.Crouan) (P.L.Crouan & H.M.Crouan), Lithothamnion minervae Basso, Lithothamnion philippii Foslie, Lithothamnion sonderi Hauck, Lithothamnion valens Foslie, Neogoniolithon brassica-florida (Harvey) Setchell & Mason, Neogoniolithon mamillosum (Hauck) Setchell & L.R. Mason, Phymatolithon calcareum (Pallas) W.H. Adey & D.L. McKibbin, Phymatoltihon lenormandii (Areschoug) W.H. Adey, Spongites fruticulosa Kützing), Sporolithon ptycoides Heydrich. Delle 11 Corallinales raccolte mediante dragaggi nel circalitorale sloveno 5 taxa rappresentano nuove segnalazioni per l’area di studio: Hydrolithon boreale (Foslie) Y.M. Chamberlain, L. philippii, L. minervae, L. sonderi, N. brassica-florida [2]. Nella biocenosi del Detritico Costiero e presso i banchi di Cladocora caespitosa Linnaeus, L. philippii, L. sonderi, L. minervae, L. pustulatum, L. racemus, N. brassica-florida, N. mamillosum, P. lenormandii sono stati campionati come rodoliti vivi, morti o fossili. Alcuni siti sono risultati caratterizzati prevalentemente da rodoliti sub-fossili [2]. Sui fondi mobili da Venezia a Trieste sono state censite 15 Corallinales in forma di rodoliti, in prevalenza caratteristiche del Detritico Costiero. I dati degli anni ’90 avevano evidenziato la dominanza di talli morti in particolare nell’area di Grado, che risultava anche impoverita in termini di abbondanza. Il presente studio ha invece individuato proprio al largo di Grado la presenza di facies vive di maërl e rodoliti. In particolare i fondali sabbiosi sono risultati caratterizzati da L. racemus, mentre sul substrato pelitico-sabbioso sono stati rinvenuti per la prima volta nel Golfo di Trieste talli vivi di P. calcareum, assieme alle altre due specie caratteristiche del maërl mediterraneo (L. corallioides e L. minervae) (Curiel et al., 2009; AA.VV., 2010; [1]). Poiché l’analisi della morfologia dei rodoliti sembra essere indicativa delle caratteristiche idrodinamiche e del tasso di sedimentazione, i talli raccolti in due siti al largo di Grado caratterizzati da una più cospicua presenza di forme libere sono stati classificati in base all’indice di sfericità e alla densità delle ramificazioni [1]. HABITAT CORALLIGENO La posizione, la profondità, la topografia e la struttura geologica degli affioramenti rocciosi del Nord Adriatico sono ben documentati già da tempo, come lo sono la biodiversità e la variabilità spaziale delle comunità zoobentoniche. Al contrario solo pochi studi sono stati condotti sulle macroalghe [3]. Nel presente studio sono state analizzate la biodiversità e la variabilità spaziale delle comunità macroalgali di 37 affioramenti rocciosi situati sui fondali antistanti le lagune di Venezia e Grado-Marano, a distanze dalla costa comprese tra 0.5-10 miglia nautiche e profondità tra 7 e 25 m [3]. In base alla loro morfologia ed elevazione dal substrato tali affioramenti sono stati suddivisi in 3 tipologie: i) piccole rocce sparse con elevazione di 0.5-1m; ii) rocce raggruppate con elevazione di 0.5-1m; iii) strutture ampie con rilievo fino a 3-4m. Sulle superfici orizzontali superiori di ciascun affioramento le macroalghe sono state campionate mediante grattaggi di tre aree (2500 cm2). In laboratorio sono stati analizzati il numero di taxa, la copertura di Rhodophyta, Chlorophyta, Ochrophyta e dei gruppi morfo-funzionali (forme incrostanti, filamentose ed erette). Le relazioni di questi parametri con la tipologia del substrato, la profondità e la distanza dalla costa sono state valutate mediante analisi statistica [3]. In totale sono stati identificati 173 taxa, di cui 124 Rhodophyta, 25 Ochrophyta e 24 Chlorophyta. Con l’aggiunta di dati di letteratura il numero di macroalghe censite sugli affioramenti del Nord Adriatico è di 190 taxa., comprendendo gran parte della flora della regione. Considerando il contesto biogeografico e i fondali mobili circostanti le tegnùe presentano una elevata biodiversità algale, se comparata con le formazioni coralligene del Mediterraneo. L’analisi floristica ha portato al ritrovamento di Mesophyllum macroblastum (Foslie) Adey (Hapalidiaceae, Corallinales, Rhodophyta) componente importante del coralligeno nel Mediterraneo occidentale e prima segnalazione per il Nord Adriatico. I talli gametangiali sono stati invece rinvenuti per la prima volta in Mediterraneo [4]. La morfologia e l’anatomia dei talli raccolti nel Golfo di Trieste sono state analizzate al SEM e successivamente comparate con campioni d’erbario provenienti dal Tirreno e con dati di letteratura. In base alla struttura e anatomia dei concettacoli tetrasporangiali è stata proposta una nuova chiave dicotomica per l’identificazione dei taxa Mediterranei del genere Mesophyllum. È stato inoltre segnalato per la prima volta in Mediterraneo Phymatolithon lamii (Lemoine) Y. Chamberlain (Hapalidiaceae, Corallinales, Rhodophyta), specie aliena incrostante nord atlantica [5]. Lo studio morfo-anatomico al SEM dei campioni raccolti ha evidenziato alcune differenze rispetto ai tipi e ai campioni delle Isole Britanniche. Sono stati inoltre individuati e descritti i caratteri che distinguono P. lamii dalle altre due specie del genere ed è stata proposta una nuova chiave dicotomica basata sulla morfologia esterna del tallo e la struttura dei concettacoli. Il ritrovamento di P. lamii al di fuori del suo range ottimale di temperatura e la presenza di entrambe le fasi riproduttive sembrano indicare una maggiore capacità adattativa di questa specie. È quindi possibile che P. lamii sia presente anche in altre aree del Mediterraneo, ma confuso con il congenerico P. lenormandii. Oltre a P. lamii sugli affioramenti rocciosi campionati sono state rinvenute altre 7 specie aliene, già segnalate nella laguna di Venezia: Antithamnion hubbsii E.Y.Dawson, Desmarestia viridis (O.F.Müller) J.V.Lamouroux, Heterosiphonia japonica Yendo, Neosiphonia harveyi (J.W.Bailey) M.S.Kim, H.G.Choi, Guiry & G.W.Saunders, Polysiphonia morrowii Harvey, Polysiphonia stricta (Dillwyn) Greville, Solieria filiformis (Kützing) P.W.Gabrielson [3]. In totale sono state rinvenute 5 Peyssonneliaceae e 22 Corallinales, tra cui le più comuni sono L. pustulatum e L. philippii. È peculiare l’assenza di alcune alghe comuni nelle formazioni coralligene tipiche del Mediterraneo, che sono invece presenti sui substrati rocciosi sottocosta e poco profondi del Golfo di Trieste, quali Halimeda tuna (Ellis & Solander) J.V. Lamouroux e Flabellia petiolata (Turra) Nizamuddin. La copertura media (14.8 % ± 29.2 %) è bassa rispetto ai valori riportati per il Mediterraneo occidentale (>120 %) Le specie più abbondanti sono Peyssonnelia sp.pl., L. philippii, L. pustulatum e Zanardinia typus (Nardo) P.C.Silva. Per quanto riguarda i gruppi morfo-funzionali il numero delle alghe filamentose (13.4 ± 9.0 taxa) è maggiore rispetto alle forme incrostanti (6.4 ± 5.6 taxa) ed erette (5.4 ± 3.8 taxa). Risultati opposti sono stati ottenuti considerando invece le coperture medie (incrostanti: 8.2 % ± 19.3 %; erette: 4.2 % ± 8.6 % ; filamentose: 2.3 % ± 5.0 % ). Sia il numero di macroalghe che la copertura mostrano un'elevata variabilità correlata alla distanza dalla costa, alla topografia degli affioranti e alla profondità. Tale variabilità è più marcata sottocosta in vicinanza di sbocchi fluviali e alla laguna di Venezia. Questi affioramenti, sottoposti ad elevata sedimentazione, sono caratterizzati da bassi valori di copertura e dalla presenza di taxa a tallo eretto o comuni nelle acque di transizione e sulle strutture artificiali, quali ad esempio Ulva laetevirens Areschoug, Cryptonemia lomation (Bertoloni) J.Agardh, Rhodophyllis divaricata (Stackhouse) Papenfuss, Rhodymenia ardissonei (Kuntze) Feldmann, Ceramium diaphanum (Lightfoot) Roth, Chondria capillaris (Hudson) M.J.Wynne, Dictyota dichotoma v. intricata (C.Agardh) Greville. Gli affioramenti posti a maggior profondità al largo delle lagune di Grado e Venezia mostrano invece elevati valori di copertura di specie biocostruttrici, quali L. stictaeforme, L. philippi, N. mamillosum. In particolare gli affioramenti del Golfo di Trieste, caratterizzati da una minor torbidità e sedimentazione, presentano il numero di macroalghe e i valori di copertura di specie incrostanti maggiori. In generale le forme filamentose mostrano un elevato numero di taxa in entrambe le aree ma con bassi valori di copertura, ad eccezione di Pseudochlorodesmis furcellata (Zanardini) Børgesen . Dato che la MSFD richiede che il GES sia definito a livello ecosistemico, lo studio è stato integrato con dati relativi alle comunità zoobentoniche e alla fauna ittica [6]. È stata quindi ottenuta una check-list di 1001 taxa, che evidenzia la grande biodiversità degli affioramenti del Nord Adriatico. I gruppi principali presenti sugli affioramenti biogenici sono molluschi (256 taxa), alghe (190 taxa), policheti (144 taxa), crostacei (124 taxa), spugne (68 taxa), tunicati (40 taxa) e pesci (80 taxa). In generale gli affioramenti Adriatici sono contraddistinti da un maggior numero di sospensivori e da una ridotta complessità strutturale delle comunità biotiche rispetto al coralligeno mediterraneo. Gli affioramenti del Veneto, probabilmente anche in relazione al numero di studi condotti, presentano un maggior numero di taxa zoobentonici rispetto a quelli del Friuli Venezia Giulia e ai fondali Sloveni. I principali biocostruttori delle tegnùe sono rappresentati da alghe calcaree e policheti. C. caespitosa risulta rara sugli affioramenti italiani mentre mostra un’importante attività di biocostruzione in Slovenia. Complessivamente sono stati censiti 17 taxa considerati caratteristici del coralligeno (sensu Ballesteros, 2006), al contrario i grandi antozoi e briozoi sono assenti, ad eccezione di Myriapora truncata Pallas rinvenuta in Slovenia. L'assenza di queste specie è probabilmente legata alla scarsa elevazione degli affioramenti, alla risospensione dei sedimenti e alle ridotte dimensioni delle superfici colonizzabili. Il ruolo dei bioerosori sui processi di biocostruzione è stato poco indagato. In totale sono stati censiti 14 taxa bioerosori, di cui 4 poriferi, 2 sipunculidi, 4 bivalvi, 3 policheti e 1 echinoderma. In conclusione questo studio rappresenta un importante contributo alla caratterizzazione della componente macroalgale del coralligeno di fondo duro e mobile in Nord Adriatico. Sono state individuate facies vive di maërl in diversi siti al largo della laguna di Grado e definite le tipicità del coralligeno degli affioramenti rocciosi adriatici, adattato a elevati tassi di sedimentazione e ampie escursioni termiche e di salinità. Le tegnùe, per la ridotta profondità e particolare topografia, presentano caratteristiche in parte simili al coralligeno descritto per le coste Pugliesi (Sarà, 1969). Le conoscenze acquisite durante questa ricerca hanno permesso di: - designare due affioramenti come nuova area SIC per il Friuli Venezia Giulia (IT3330009 “Trezze San Pietro e Bardelli”) che con la Deliberazione della Giunta regionale n. 1623 del 20 settembre 2012 è entrata a far parte della rete Natura 2000. - includere ai fini dell’attuazione della MSFD il nord Adriatico tra le 11 assessment area per gli Habitat “Coralligeno” e “Fondi a maërl e rodoliti”. Lo Stato Ecologico è stato indicato in base al “giudizio esperto”, dato che per i due Habitat mancano a livello nazionale ed europeo indici validati per la definizione dei valori soglia del GES.XXV Ciclo198

First ex situ outplanting of the habitatforming seaweed Cystoseira amentacea var. stricta from a restoration perspective

In the Mediterranean Sea, brown algae belonging to the Cystoseira genus play a valuable role as foundation species. Due to evidences of regression/loss of the habitats of these species caused by the interplay of human and climatic disturbances, active restoration measures have been encouraged by EU regulations. In particular, nondestructive restoration techniques, which avoid the depletion of threatened species in donor populations, are strongly recommended. In the framework of the EU project ROCPOP-Life, the first ex situ outplanting experience of Cystoseira amentacea var. stricta has been implemented in the Cinque Terre Marine Protected Area (northwestern Mediterranean). A total of 400 clay tiles, hosting approximately three mm-long germlings of C. amentacea, were fixed to the rocky shore with screws: the tiles were monitored for the next 2 months by photographic sampling, and survival (presence/absence of juveniles on the tiles), cover and growth were assessed. Additional sampling was performed 6 months after tile deployment, after which an unprecedented storm surge severely affected the restoration performance. After 2 months, over 40% of the tiles were covered with Cystoseira juveniles, which reached approximately eight mm in total length. The tiles that survived the storm hosted three to six cm-long juveniles. The high cover (25%), assuring moisture and shading, and the appropriate size of the juveniles, to avert micro-grazing, at time of deployment were key to the survival and growth of the outplanted juveniles, increasing the potential for restoration success. Our findings show that outplanting of midlittoral canopy-forming species is a feasible approach for restoration efforts, with particular attention given to the early phases: (i) laboratory culture, (ii) transport, and (iii) juvenile densities. These results are strongly encouraging for the implementation of restoration actions for C. amentacea on a large scale, in light of EU guidelines

Microbe-assisted seedling crop improvement by a seaweed extract to address fucalean forest restoration

In the Mediterranean, Cystoseira sensu lato (s.l.) (Phaeophyceae) forests have sharply declined and restoration measures are needed to compensate for the loss. Assisted regeneration through the outplanting of seedlings grown ex-situ has proven to be a sustainable option. Optimizing mesocosm culture can maximize survival of the most critical embryonic stages and reduce long-term maintenance costs. Host-microbiome interactions could also play a crucial role in seedling development and welfare. In this context, we aimed to advance a cultivation protocol that stimulates the growth and fitness of Ericaria amentacea (Phaeophyceae) seedlings and identify the associated microbial biofilm communities. Seedlings were cultured in 6 treatments [i.e., filtered seawater (SW, C, Control), von Stoch-enriched SW (VS), VS + algal extract (VSA), algal extract-enriched SW: A1< A2< A3]. After the field, A2 seedlings had the highest cover (1372 ± 53.66 mm2), which was 1.8 and 1.9 times greater than in VS and VSA, respectively. The addition of the algal extract and nutrients significantly affected the structure and composition of the microbial community that shifted over time in each culture medium. We identified a treatment-specific microbial fingerprint. After the mesocosm phase, A2 was characterized by 4 unique taxa: Postechiella, Winogradskyella, Roseovarius and Arenibacter (Bacteria). Given the success of A2 seedlings, we propose the probiotic consortia candidates characterized by the unique treatment-taxa in conjunction with the shared taxon Psychroserpens (Bacteria, present in A1, A2, VSA, VS) and the reminder community. Within the holobiont concept, the effect of algal extract or nutrients on the algae and/or biofilm could have important consequences for tuning the overall interaction networks. Our study has shown that macroalgal restoration could benefit from both the use of commercial algal extract and tailored nutrient enrichment in ex-situ cultures and the identification of probiotic consortia candidates that promote seedling growth

Rhodolith Beds Heterogeneity along the Apulian Continental Shelf (Mediterranean Sea)

Rhodolith beds represent a key habitat worldwide, from tropical to polar ecosystems. Despite this habitat is considered a hotspot of biodiversity, providing a suite of ecosystem goods and services, still scarce quantitative information is available thus far about rhodolith beds occurrence and ecological role, especially in the Mediterranean Sea. This study reports the composition and patterns of distribution of rhodolith assemblages found in four study areas along ca. 860 km of coast in the Central Mediterranean Sea. These rhodolith beds were studied for the first time and significant differences at all spatial scales have been highlighted, documenting the high variability of this habitat. Rhodolith species composition, morphology and distribution have been discussed considering the potential role of environmental factors in driving these patterns. The need for improving their protection is discussed to complement present conservation and management initiatives, particularly in the frame of the EU Marine Strategy Framework Directive

NAMBER: A biotic index for assessing the ecological quality of mesophotic biogenic reefs in the northern Adriatic Sea

1. The aim of the present study was to propose a biotic index (North Adriatic Mesophotic BiogEnic Reefs, NAMBER) suitable for assessing the ecological quality of the mesophotic biogenic reefs of the northern Adriatic continental shelf based on photographic sampling. 2. At each of the 20 study sites, the degree of bioconstruction (expressed as percentage cover of crustose coralline algae), the α-diversity (expressed as the mean number of taxa), and the degree of sensitivity to human disturbance and climate change (based on literature data and expert judgement) of the benthic assemblages were selected as descriptors and combined in the NAMBER index, using the best values that the three metrics can currently achieve in the studied region as a reference. 3. The study highlighted that there was large spatial heterogeneity among reefs and high variability in the ecological quality values obtained by NAMBER, ranging from bad to high. The index indicates that reefs lying furthest from the coast, under substantially lower anthropogenic pressure, have a generally higher status of environmental quality. However, a clear geographical pattern did not emerge, as reefs close together often had different ecological qualities. 4. The NAMBER index, which combines three ecological descriptors, in accordance with the requirements of the European Marine Strategy Framework Directive, represents a specific adaptation to the northern Adriatic Sea of a multimetric index previously developed for the north-western Mediterranean Sea, capitalizing on previous knowledge and research efforts. 5. This multimetric biotic index provides an effective standardized tool for monitoring programmes and environmental impact assessments in the northern Adriatic mesophotic biogenic reefs and lays the foundation for ecosystem-based management and conservation in this basin

First freshwater coralline alga and the role of local features in a major biome transition

Coralline red algae are significant components of sea bottom and up to now considered as exclusively marine species. Here we presentthe first coralline alga from a freshwater environment, found in theCetina River (Adriatic Sea watershed).The alga is fully adapted to freshwater, as attested by reproductive structures, sporelings, and an inability to survive brackish conditions. Morphological and molecular phylogenetic analyses revealthe species belongs to Pneophyllum and is described as P. cetinaensis sp. nov.The marine-freshwatertransition most probably occurred during the last glaciation. The brackish-water ancestor was preadapted to osmotic stress and rapid changes in water salinity and temperature.The particular characteristics ofthe karst Cetina River, such as hard water enriched with dissolved calcium carbonate and a pH similarto the marine environment, favoured colonization ofthe river by a marine species.The upstream advance and dispersal is facilitated by exceptionally pronounced zoochory by freshwater gastropods. Pneophyllum cetinaensis defies the paradigm of Corallinales as an exclusively marine group

Where and how - new insight for brown algal forest restoration in the Adriatic

Several anthropogenic factors are responsible for the decline of Cystoseira sensu lato (hereafter Cystoseira) forests along Mediterranean coasts. Some Cystoseira species are already regionally extinct, and their decline has been widely recorded. Sustainable and efficient techniques for the restoration of Cystoseira are needed. In this context, the objectives of this study were i) to analyse the reproductive traits of three populations of Gongolaria barbata from three nearby donor sites in the northern Adriatic Sea, assessing the differences in their reproductive potential and reproductive success; and ii) to evaluate the outplanting success in terms of the effectiveness of G. barbata restoration, in relation to the different donor and receiving sites (Miramare MPA and in front of the Marine Biology Station Piran - MBSP) and implemented methods (ex situ and hybrid method combining a mesocosm cultivation and a suspended culture in the field). After 2 weeks of cultivation in mesocosms, half of the tiles with germlings were transported to the receiving sites and placed on suspended lantern nets (hybrid method), which were later (after 3 months) transferred to the seabed on concrete plates with protective cages. The remaining tiles were placed on the seabed on concrete plates with protective cages after a 4-week culture (ex situ method). At both sites, lantern nets and plates were randomly placed at 3 m depth. Thallus length was measured monthly in each treatment. Seedlings in suspended culture showed lower performance at the Miramare MPA, most likely due to the unfavourable environmental conditions. The satisfactory results obtained at MBSP demonstrate the efficiency of the hybrid method and confirm its potential to reduce the cost and time required for cultivation. Since unpredictable climatic events pose the greatest threat to restoration performance, these challenges must be considered when establishing new restoration practices. Moreover, herbivore regulation is extremely urgent and should be planned and implemented on a larger regional scale

Spatial patterns and drivers of benthic community structure on the northern Adriatic biogenic reefs

The northern Adriatic Sea (NAS) hosts numerous biogenic subtidal reefs that are considered biodiversity hotspots. Several studies have already investigated the origin and biodiversity of these reefs. However, many of them are still unexplored and further knowledge is needed for their conservation. Here, the spatial variability, epibenthic community structure, and environmental features that characterize these habitats were investigated. Fifteen randomly selected reefs were sampled between 2013 and 2017, including some remote sites that have never been studied before. A fuzzy k-means clustering method and redundancy analysis were used to find similarities among sites in terms of epibenthic assemblages and to model relationships with abiotic variables. The results showed that these reefs are highly heterogeneous in terms of species composition and geomorphological features. The results were also consistent with previous studies and highlighted three main types of benthic assemblages defined by the dominance of different organisms, mainly reflecting the coastal-offshore gradient: nearshore reefs, generally dominated by stress-tolerant species; reefs at a middle distance from the coast, characterized by sponges, non-calcareous encrusting algae and ascidians; offshore reefs, dominated by reef builders. However, distance from the coast was not the only factor affecting species distribution, as other local factors and environmental characteristics also played a role. This kind of biogenic reefs in temperate seas are still poorly known. The present work contributed to shed further light on these habitats, by complementing the results of previous studies on their natural diversity, highlighting the specificity of the epibenthic communities of NAS reefs and the need to improve current, still inadequate, conservation measures

Study of an unusually high level of N-glycolylneuraminic acid (NGNA) sialylation on a monoclonal antibody expressed in Chinese hamster ovary cells

Sialic or neuraminic acids of recombinant therapeutic glycoproteins produced in mammalian cells, including monoclonal antibodies, have significant impact on the half-life, stability, and biological activity of these proteins (Hossler et al., 2009; Ghaderi et al., 2012). The predominant sialic acid N-acetylneuraminic acid (NANA or Neu5Ac) is added from precursor CMP-NANA to galactose residues of N-linked glycoproteins by sialytransferases. In most mammals CMP-NANA can also be modified to its hydroxylated derivative CMP-NGNA by CMP-N-acetylneuraminic acid hydroxylase (CMAH). NGNA can then be added from CMP-NGNA to galactose residues of the N-linked glycoproteins, also by sialytransferases. However, humans cannot make functional CMAH due to an inactivating exon deletion mutation in CMAH gene (Okerblom and Varki, 2017), and therefore cannot convert CMP-NANA to CMP-NGNA. Consequently, when injected into human patients, NGNA sialic acid containing mAbs or other recombinant glycoproteins may induce immune responses, which could negatively impact pharmacokinetics or efficacy. Therefore high levels of NGNA on therapeutic mAbs or other recombinant glycoproteins are an undesirable product quality attribute. The level of total sialic acids of recombinant glycoproteins produced in Chinese hamster ovary (CHO) cells is dictated largely by the selected cell lines, upstream process, and to a lesser degree, downstream process. NGNA sialylation is generally rare in CHO cells (Könitzer et al., 2015). Hence, therapeutic glycoproteins manufactured in these cells are considered safe for human use. However, during a first-in-human (FIH) upstream process development for a novel mAb, an initially selected desirable cell line (A) was found to produce the mAb with an unexpectedly high level of the NGNA sialic acid (\u3e30%). To the best of our knowledge such high level of NGNA sialylation on a mAb produced by CHO cells has not been reported. To mitigate potential risks associated with high NGNA in human patients, a new cell line (B) that produces the mAb with very low NGNA was selected as the manufacturing cell line for this project. In order to understand the molecular mechanism causing the high NGNA content in cell line A, we initiated comprehensive genetic gap analyses using next-generation sequencing technologies and determined the differences in genomic, transcriptomic, and miRnomic profiles of the two cell lines. The results indicate spontaneous upregulation of CMAH mRNA expression, at least 10 fold higher in cell line A compared to cell line B. In this talk we will summarize the results of our studies of this unusual sialylation behavior in CHO cells

Endoglin, a novel biomarker and therapeutical target to prevent malignant peripheral nerve sheath tumor growth and metastasis.

PURPOSE Malignant peripheral nerve sheath tumors (MPNSTs) are highly aggressive soft-tissue sarcomas that lack effective treatments, underscoring the urgent need to uncover novel mediators of MPNST pathogenesis that may serve as potential therapeutic targets. Tumor angiogenesis is considered a critical event in MPNST transformation and progression. Here, we have investigated whether endoglin (ENG), a TGF-β coreceptor with a crucial role in angiogenesis, could be a novel therapeutic target in MPNSTs. EXPERIMENTAL DESIGN ENG expression was evaluated in human peripheral nerve sheath tumor tissues and plasma samples. Effects of tumor cell-specific ENG expression on gene expression, signaling pathway activation and in vivo MPNST growth and metastasis were investigated. The efficacy of ENG targeting in monotherapy or in combination with MEK inhibition was analyzed in xenograft models. RESULTS ENG expression was found to be upregulated in both human MPNST tumor tissues and plasma circulating small extracellular vesicles. We demonstrated that ENG modulates Smad1/5 and MAPK/ERK pathway activation and pro-angiogenic and pro-metastatic gene expression in MPNST cells and plays an active role in tumor growth and metastasis in vivo. Targeting with ENG-neutralizing antibodies (TRC105/M1043) decreased MPNST growth and metastasis in xenograft models by reducing tumor cell proliferation and angiogenesis. Moreover, combination of anti-ENG therapy with MEK inhibition effectively reduced tumor cell growth and angiogenesis. CONCLUSIONS Our data unveil a tumor-promoting function of ENG in MPNSTs and support the use of this protein as a novel biomarker and a promising therapeutic target for this disease.We apologize to those authors whose work could not be cited due to size limitations. We thank Dr. Eduard Serra, Dr. Conxi Lázaro and Dr. David Lyden for their support in the project. We also thank Héctor Tejero for his help in analyzing RNA-seq data. Dr. Peinado laboratory is funded by US Department of Defense (W81XWH-16-1-0131), Agencia Estatal de Investigación/Ministerio de Ciencia e Innovación (AEI/MCIN) (PID2020-118558RB-I00/AEI/10.13039/501100011033), Fundación Proyecto Neurofibromatosis, European Union’s Horizon 2020 research and innovation programme “proEVLifeCycle” under the Marie Skłodowska-Curie grant agreement No 860303, and Fundación Científica AECC. We are also grateful for the support of the Ministerio de Universidades (Programa de Formación de Profesorado Universitario (FPU)) for the fellowship FPU016/05356 awarded to T. González-Muñoz and to the Translational NeTwork for the CLinical application of Extracellular VesicleS (TeNTaCLES) RED2018-102411-T(AEI/10.13039/501100011033). A. Di Giannatale was supported during this work by a research gran Nuovo-Soldati Foundation. The CNIO, certified as Severo Ochoa Excellence Centre, is supported by the Spanish Government through the Instituto de Salud Carlos III.N