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Post Human. Esperienze e questioni di critica d’arte
2008 - 2009Esperienza artistica di confine, luogo di riflessione critica e di aperto dibattito
filosofico e antropologico, il Post-Human rappresenta un oggetto teorico estremamente
complesso, ricco di prospettive e di molteplici sviluppi. Una costellazione di pratiche e
di proposte critiche che, maturata nell’ultimo decennio del Novecento, continua a
segnare i percorsi dell’arte e della critica d’arte d’inizio secolo, ponendo questioni che
coinvolgono, innanzitutto, le nozioni di identità e di corpo.
In quest’ottica premessa ineliminabile è stata una disamina delle prime ricerche che
nella seconda metà del secolo scorso hanno posto al centro del proprio interesse la
corporeità, anticipando alcuni problemi sviluppati poi in maniera differente nella
stagione del Post Human. Mi riferisco essenzialmente alla Body art e alle tesi
riconducibili a Il corpo come linguaggio (Lea Vergine), dove per uno slittamento
l’artista tramite l’auto-rappresentazione diviene «soggetto e oggetto dell’opera»,
secondo l'ormai celebre definizione di Willoughby Sharp.
In particolare sono stati approfonditi i motivi di affinità e divergenza tra questa prima
fase, ormai storicizzata, e la cosiddetta nuova ondata mutazionista che emerge a
cavallo tra i due millenni.
Nel primo capitolo si è tentato di dare al dibattito tutt’ora in corso sull’argomento un
approccio trasversale e pluridisciplinare, analizzando metodologicamente posizioni tra
di loro molto distanti e concentrando la ricerca su alcuni nodi fondamentali, come le
questioni, tuttora in corso, tra tecnofobi e tecnofili; tra chi sostiene lo iato esistente tra
Homo Faber e Homo Creator (Anders); tra i “transumanisti” fautori di un’antica
volontà di potenza antropocentrica pronta a schiacciare qualsiasi alterità, espressione
della punta più avanzata dei teorici della tecno-scienza tesa a superare l’“uomo
limitato” consegnatoci dall’evoluzione, in opposizione ai nostalgici di una natura
armonica e incontaminata che rivendicano il predominio di una mitica età felice, alla
quale epoche e contesti storici hanno attribuito sfumature di significato e valenze
estetico-simboliche diverse. Posizioni spesso antitetiche nelle quali si è tentata una -
non facile - mediazione, come quella attuata da Roberto Marchesini, il quale sostiene
che natura e cultura possano essere intesi solo strumentalmente in rapporto di
opposizione, poiché nella storia evolutiva dell'uomo l'ibridazione con la tecnologia è
quasi congenita, in quanto la specie umana si è sempre caratterizzata per una elevata
capacità di rapportarsi con mondi ed esperienze lontane dalla propria, con gli animali
prima ancora che con la tecnica. È questa capacità di apertura all'altro a “definire”
l'uomo secondo Marchesini. Si deve pertanto accettare l’idea che l’essere umano è il
risultato di una co-evoluzione che lo vede strutturalmente accoppiato agli strumenti
tecnologici, all’interno di una complessa rete di feedback, negativi e positivi.
Partendo da questi presupposti, il progetto di ricerca si è poi concentrato sulla
progressiva erosione della linea di divisione tra biologico e tecnologico, da molti
considerato in atto ma che tuttavia potrebbe essere inteso come lo sviluppo di un
processo che ha condotto alla comparsa della specie umana e che trova la sua identità
sul piano dell’evoluzione filogenetica proprio in quanto soggetto e oggetto di questa
stessa erosione.
Sulla scorta di queste posizioni teoriche, eterogenee e spesso contrastanti, si è passati
ad analizzare alcuni esiti estremi di questa tendenza sotto il profilo artistico, cercando
di contestualizzare alcuni fenomeni coevi, esaminati per exempla attraverso il lavoro di
una serie di artisti, da Cindy Sherman a Matthew Barney, da Robert Gober a Paul Mc
Carthy e alcuni fenomeni coevi, e mi riferisco all’esplosione della YBA (Young British
Art), di cui alcuni esponenti (Damien Hirst, Chapman Brothers, Marc Quinn),
presentano non poche tangenze con la temperie Post-Human. Si è cercato di affrontare
per tipologie le poetiche degli artisti afferenti questa nuova sensibilità, analizzando
ambiti e territori di un movimento di pensiero destinato a diventare una tendenza
eterogenea più che uno stile o un movimento. Un particolare modo di sentire in linea
con una precisa “corrente di gusto” che attraversa i processi di transculturazione e di
ibridazione in atto.
Tra le molteplici esperienze e figure affrontate, particolare importanza è stata data allo
studio della figura e dell’opera di ORLAN, artista che funge da trait d’union tra i due
momenti della ricerca. La ricostruzione filologica di tutte le fasi della complessa
carriera dell’artista e il recupero di una serie di materiali inediti - e per la prima volta
sistematizzati - ha segnato un momento fondamentale del progetto di ricerca. Si è in
questo modo completato uno studio iniziato nel 1999-2001 con ORLAN: Art
Corporel, Art Charnel, tesi di laurea dello scrivente incentrata sui due momenti
fondamentali dell’attività dell’artista, esemplificati fin dal titolo di questo primo lavoro
che ha costituito la base teorica delle ricerche future. Le operazioni chirurgiche
performance, la parte più famosa, contestata e travisata ad un tempo, del lavoro di
ORLAN, sulle quali molto si è detto e scritto, sono state definitivamente restituite alle
reali intenzioni dell’artista, atte a trovare un’originale e provocatoria “altra via” alla
crisi della performance, realizzata trasformando la sala operatoria in un atelier dove
produrre opere d’arte, inaugurando in questo modo il paradigma mutazionista dell’arte
contemporanea che sancisce il progressivo ritorno alle tematiche corporali in
un’accezione naturalmente molto diversa da quella in auge alla fine degli anni
Sessanta, meno esistenziale e politicamente impegnata, strettamente correlata
all’assillo delle nuove tecnologie e delle biotecnologie. Una nuova tendenza nella
quale l’artista francese si rivela ancora una volta un’apripista, prima ancora della
grande mostra itinerante “Post Human” (1992-93), organizzata da Jeffrey Deitch, qui
ugualmente analizzata, sia sotto l'aspetto teorico, asciutto e ben argomentato, che sotto
quello, meno convincente, della scrittura espositiva.
La disamina del lavoro di ORLAN chiude il secondo capitolo, focalizzato sullo
sconfinamento in una sensibilità riconducibile a quella che Mario Perniola definisce
realismo psicotico, caratterizzata da nuove forme di soggettività che emergono
dall’interazione del corpo con le nuove tecnologie e dall’ibridazione col potenziale
della biogenetica; da una promiscuità ontologica (Marchesini) che ridisegna, all’inizio
degli anni Novanta, gli scenari delle poetiche legate al corpo, ormai oggetto di infinite
combinazioni tra umano e non umano, artificiale e organico, reale e virtuale e che
circoscrivono gli scenari, per certi aspetti inquietanti, del Post-Human.
Oltre la disamina degli artisti e delle occasioni espositive, oggetto del secondo capitolo
della mia ricerca, un capitolo a parte è stato dedicato alle posizioni della critica in
Italia, incentrato sullo iato esistente tra i teorici della Body Art storica e i nuovi teorici
della mutazione, esaminando anche la singolare esperienza di una rivista, “Virus”,
animata dal Francesca Alfano Miglietti, che per pochi, proficui anni, ha dato conto di
queste vicende, con uno sguardo trasversale, dall’arte alla moda, dal cinema alla
musica.
L'ultimo capitolo del lavoro si è incentrata sull’evoluzione, in parte ancora futuribile,
del Post-Human, e mi riferisco essenzialmente alla cosiddetta Art Biotech, ancora poco
studiata, che porta uno scarto ulteriore al tema della mutazione, passando
dall’acorporalità del virtuale (Virilio) ad una brusca “ri-materializzazione”
dell'oggetto d'arte, segnando il passaggio, gravido di conseguenze, dalla net-art alla
wet-art. Una buona parte delle ricerche afferenti quest’ultima parte del lavoro sono
state svolte negli Stati Uniti, dove ho reperito una serie di testi non ancora pubblicati in
Italia, che trattano questi fenomeni, in Gran Bretagna e in Francia. Particolare cura è
stata data allo studio dei rapporti tortuosi intercorrenti tra scienza ed arte, che per una
serie di teorici (Kac, Hauser) sembrano andare insieme verso il futuro, ma non in un
atteggiamento di appassionata connivenza, come ai tempi di Leonardo, prototipo
universale dell’artista-scienziato. Gli artisti, fedeli sismografi del proprio tempo,
recepiscono con lucida follia l’accelerazione tecnologica, accompagnano questo
movimento inarrestabile incrociando biotecnologia e ingegneria genetica, partecipano
al progressivo tecnologizzarsi e scientificizzarsi dell’opera d’arte. «Il ruolo del
demiurgo si è spostato: esso non appartiene più all’artista ma allo scienziato», dichiara
non a caso ORLAN, e ancora provocatoriamente: «l’avanguardia non è più nell’arte
ma nella genetica». La scienza assume un aspetto estetico ed appetibile nascondendo
problemi etici e dubbi morali agli sguardi indiscreti. Gli artisti reagiscono
collaborando coi tecnocrati, accedono ai domini protetti del sapere scientifico ponendo
dubbi leciti sui brevetti biologici e ribellandosi ai deliri di eugenetica. Emblematico di
queste ultime tendenze, il lavoro di Marta de Menezes che utilizza materiali biologici
alla stregua di nuovi medium artistici: DNA, proteine, cellule e microrganismi che
diventano lo strumento per esplorare nuove vie di rappresentazione e comunicazione.
In Natura? (2003) la de Menezes interviene sui meccanismi biologici delle farfalle,
sulle cui ali organiche, quindi apparentemente naturali, compaiono disegni progettati
da un artista che non appartengono al processo evolutivo delle farfalle. Il risultato sono
degli organismi unici che non esistono in natura. Eduardo Kac realizza in laboratorio
GFP Bunny (2000), un coniglio albino creato con una mutazione sintetica del gene
della fluorescenza “GFP” della medusa “Aequorea Victoria” che lo rende fluorescente
se esposto ad una particolare luce azzurrata. Bunny è uno degli esempi estremi di
questa singolare forma di espressione atta alla creazione di un essere vivente
complesso totalmente artificiale che pone inquietanti interrogativi all’incrocio tra
trasformazioni del vivente ad opera delle biotecnologie, dubbi etici e domini estetici. Il
collettivo australiano dei SymbioticA porta avanti un progetto artistico di sviluppo e di
ricerca focalizzato sull’ingegneria tessutale per realizzare in appositi laboratori
sculture di carne creata sinteticamente, le Poupées du Souci, realizzate partendo da
strutture ibride a base di polimeri biodegradabili e di cellule organiche con le quali
ricreare tessuto osseo, cartilagineo ed epidermico. Analogamente per questa ultima
parte sono state analizzate sia le occasioni espositive che le posizioni teoriche più
importanti. Queste le tracce dipanate di un discorso i cui esiti estremi, ancora in fieri e
in costante divenire, si è tentato in questa occasione, per la prima volta, di
sistematizzare. [a cura dell'autore]VIII n.s
Conceptual design of a habitation module for a deep space exploration mission
The paper deals with the conceptual design of a habitable module conceived for long duration space exploration missions. The pressurized habitation module (HAB) was specifically sized for a Near Earth Asteroid (NEA) mission, named AENEA ―humAn Exploration mission to a Near Earth Asteroid‖. This mission is conceived as an intermediate step before going to further destinations and aims at testing technologies necessary for reaching more challenging targets. In accordance to the mission objectives, the HAB was devised as a reusable space infrastructure, suitable for different exploration scenarios with only minor changes in the architecture/design. The paper describes the design process that, starting from the mission statement, was followed to define the objectives, the requirements and the architecture of the module in terms of system and subsystems configuration. In particular, the HAB was designed to safely sustain the life of 4 astronauts, for a mission to a NEA lasting about 6 months. The main subsystems of the HAB were sized in order to provide the astronauts with the needed resources, support the activities during all operational phases, including the Extra Vehicular Activities (EVA) on the asteroid's surface, and protect them against the external environment, with particular attention to the space radiation, one of the most critical aspects of this kind of mission. In this regard, appropriate analyses were carried out for selecting the best shielding strategy. For the execution of the EVAs on the asteroid surface, a dedicated airlock and specific EVA support tools were included. The paper reports a detailed description of the subsystems and their innovative aspects. Starting from the mission phases and the related scenarios, different modes of operations were identified. System budgets were evaluated for the envisaged operational modes. The paper illustrates both the applied methodologies and the results, highlighting the major criticalities to be faced (long exposure to space radiations, EVA operations on the asteroid surface) and the key technologies (radiation shielding, inflatable technology, EVA support tools
iga anticardiolipin in patients with gastroenteric tumor
Recently the presence of antiphospholipid antibodies in patients with cancer has been demonstrated, suggesting an involvement of autoimmune response in neoplastic conditions. The presence of antiphospholipid antibodies in tumor disease is highly correlated with the risk of developing thrombotic complications, which represents a significant cause of morbidity and mortality in cancer patients. Interestingly, it has been highlighted that high levels of IgM and IgG anticardiolipin antibodies are more often produced in patients with gastroenteric tumor than in patients with either ovarian or breast tumor. Thus far, there are no data looking into the role or measurements of IgA in patients with solid cancer. Our preliminary results, in this study, demonstrate that testing only for IgG and IgM anticardiolipin antibodies may increase the incidence of false positive because 44% who were IgA positive and IgG and IgM negative had high titres of CA19.9 and CEA. We suggest that taking into account the role of IgA could substantially improve the detection of antiphospholipids antibodies in subjects with solid cancer, and this detection may allow us for better prevention and management of thrombotic complications in these patients
Nuevos superhéroes. La relación mediática entre los jóvenes y los médicos
The article introduces an ongoing research realized by the Lab Center for
Generative Communication (CfGC), directed by Luca Toschi. The aim of this study is to
define the impact of media in the evolution of imagery of children and young people
regarding doctors. Today, in relation to COVID-19 emergency, doctors appear - through
media exposition - as heroic figures, with peculiar characteristics in comparison to the
classic superhero: from the various information and awareness campaigns to the streetBanksy’s art, in the media an idea of abstract super-heroism is abandoned, preferring a
more concrete and real doctor-hero model.
The first results that emerge from this study show how doctors were represented across
the years: when medicine was still an uncertain science, the arrival of the doctor at home
represented an unusual moment and, at the same time, crucial for the survival of the
youngest and most fragile people. The seriousness and respectability of his role was
often represented in pictures and illustrations in the late Nineteenth and Twentieth
centuries and it changes progressively. In fact, later the doctor starts to show a nuance
of attitudes between the vulnerable and the swindler and he relates to young people in
precarious health conditions and leaves from their presence/absence in pictures - such
as "The Doctor" by Luke Fildes (1891) or "The Sick Girl" by Edvard Munch (1885-1927) -
to its uselessness in critical situations such as in Carlo Collodi’s "The Adventures of
Pinocchio" (1881-1883).
In more recent times, the figure of the doctor seems to come out of the juvenile imagery,
given the scientific advances that have taken place over the years and that have allowed
us to eradicate lethal diseases. While there were serious problems related to the health
of young people and the limited availability of health professionals, the presence of the
doctor was seen as an unusual event and, in the solution of a serious health problem, his
intervention left indelible marks in children's perception.
Therefore, the study will explore the ways in which, from the last century to the present,
doctors are always more “human” and show empathy, changing the role of young
patients and their families. Finally, the research introduces some information about the
impact of COVID-19 in the perception of doctors, who become heroes in the imagery of
children and young people.El artículo presenta una investigación en curso con la que el Center for
Generative Communication (CfGC) de la Universidad de Florencia y el Lab CfGC - director:
Luca Toschi - reconstruye el cambio en el imaginario infantil y juvenil en cuanto a la
relación de los jóvenes con la figura del médico, determinado por la pandemia de COVID19. Hoy en día, el médico se presenta como una figura heroica, aunque con
características peculiares en comparación con el superhéroe clásico: desde las diversas
campañas de información y concienciación hasta el street-art de Banksy, en los medios
de comunicación se abandona una idea de super-heroísmo abstracto, prefiriendo un
modelo de médico-héroe más concreto y real.
Los datos que surgen del trabajo de los investigadores del CfGC muestran una
redefinición del estándar: a diferencia de la situación actual, de hecho, cuando la
medicina aún era una ciencia incierta, la llegada del médico a casa representaba un
momento inusual y, al mismo tiempo, crucial para la supervivencia de las personas más
jóvenes y frágiles. La seriedad con la que se recibía al médico y su importancia crucial
está bien representada por los productos mediáticos de finales del siglo XIX y XX. En estos
productos el médico, mostrando un matiz de actitudes entre el vulnerable y el estafador,
se relaciona con los jóvenes en condiciones de salud precarias, y se va desde su presencia
/ ausencia en cuadros - como "El doctor" de Luke Fildes (1891) o "La niña enferma" de
Edvard Munch (1885-1927) - hasta su inutilidad en situaciones críticas como en "Las
aventuras de Pinocho" de Carlo Collodi (1881-1883).
En épocas más recientes, la figura del médico parece salir del imaginario juvenil, dados
los avances científicos que se han ido produciendo a lo largo de los años y que nos han
permitido erradicar enfermedades letales. Mientras estaban graves problemas
relacionados con la salud de los jóvenes y la escasa disponibilidad de profesionales
sanitarios, la presencia del médico se vislumbraba como un hecho insólito y, en la solución de un grave problema de salud, su intervención dejaba marcas imborrables en
el imaginario de niños y chicos.
La investigación, por tanto, pretende reconstruir las formas en las que, desde el siglo
pasado hasta la actualidad, se formó el imaginario de los niños y jóvenes hacia la
profesión médica y la relación con los profesionales de la salud. Resaltando cómo el
COVID-19 ha contribuido a redefinir este imaginario
Results of a Gene Panel Approach in a Cohort of Patients with Incomplete Distal Renal Tubular Acidosis and Nephrolithiasis.
Background: Distal renal tubular acidosis (dRTA) is characterized by an impairment of urinary acidification resulting in metabolic acidosis, hypokalemia, and inappropriately elevated urine pH. If not treated, this chronic condition eventually leads to nephrocalcinosis, nephrolithiasis, impaired renal function, and bone demineralization. dRTA is a well-defined entity that can be diagnosed by genetic testing of 5 genes known to be disease-causative. Incomplete dRTA (idRTA) is defined as impaired urinary acidification that does not lead to overt metabolic acidosis and therefore can be diagnosed if patients fail to adequately acidify urine after an ammonium chloride (NH4Cl) challenge or furosemide and fludrocortisone test. It is still uncertain whether idRTA represents a distinct entity or is part of the dRTA spectrum and whether it is caused by mutations in the same genes of overt dRTA. Methods: In this cross-sectional study, we investigated a group of 22 stone formers whose clinical features were suspicious of idRTA. They underwent an NH4Cl challenge and were found to have impaired urinary acidification ability. These patients were then analyzed by genetic testing with sequencing of 5 genes: SLC4A1, ATP6V1B1, ATP6V0A4, FOXI1, and WDR72. Results: Two unrelated individuals were found to have two different variants in SLC4A1 that had never been described before. Conclusions: Our results suggest the involvement of other genes or nongenetic tubular dysfunction in the pathogenesis of idRTA in stone formers. However, genetic testing may represent a cost-effective tool to recognize, treat, and prevent complications in these patients
A methodology to support strategic decisions in future human space exploration: from scenario definition to building blocks assessment
The human exploration of multiple deep space destinations (e.g. Cis-Lunar, NEAs), in view of the final challenge of sending astronauts to Mars, represents a current and consistent study domain especially in terms of its possible scenarios and mission architectures assessments, as proved by the numerous on-going activities about this topic and moreover by the global exploration roadmap. After exploring and analysing different possible solutions to identify the most flexible path, a detailed characterisation of several Design Reference Missions (DRMs) represents a necessity in order to evaluate the feasibility and affordability of deep space exploration missions, specifically in terms of enabling technological capabilities. The study presented in this paper was aimed at defining an evolutionary scenario for deep space exploration in the next 30 years with the final goal of sending astronauts on the surface of Mars by the end of 2030 decade. Different destinations were considered as targets to build the human exploration scenario, with particular attention to Earth-Moon Lagrangian points, NEA and Moon. For all the destinations selected as part of the exploration scenario, the assessment and characterisation of the relative Design Reference Missions were performed. Specifically they were defined in terms of strategies, architectures and mission elements. All the analyses were based on a pure technical approach with the objective of evaluating the feasibility of a long term strategy for capabilities achievement and technological development to enable future space exploration. This paper describes the process that was followed within the study, focusing on the adopted methodology, and reports the major obtained results, in terms of scenario and mission analysi
Ultrasound lung comets for serial assessment of pulmonary congestion in heart failure
Background: Serial chest radiographs are too insensitive and therefore NOT recommended for monitoring pulmonary congestion in heart failure patients (AHA/ACC guidelines 2006). Ultrasound lung comets (ULCs) are a simple, quantitative chest sonography sign of pulmonary congestion, originating from water-thickened interlobular septa, and might represent a convenient alternative to chest x-ray in this clinical setting. Aim: To assess whether dynamic changes in ULCs could mirror variations in clinical status and natriuretic peptides. Methods: 104 patients (28 females; age 70?11 years) admitted with dyspnoea (NYHA class ≥II) to a Cardiology or Emergency Department were evaluated. NT-proBNP assessment and ULC were independently performed at admission and again before discharge. A patient ULC score was obtained by summing the number of comets from each of the scanning spaces from second to fifth intercostal spaces on anterior chest. Patients were considered "responders" to therapy when NYHA class decreased ≥1 grade at discharge. Results: Responders (group I, n=90) and non-responders (group II, n=14) had similar NT-proBNP (I=5560?6643 vs II=5470?4047 ng/l, p=.313), and ULCs number (I=27?34 vs II=34?24, p=.133) at admission. At discharge, responders had lower NT-proBNP (I=3633?5194 vs II=4654?3366 ng/l, p<.05) and ULCs (I=11?12 vs II=28?32, p<.01, see figure) when compared to non-responders. Variation in NT-proBNP somewhat mirrored variations in ULCs (r=.322, p<0.0001). Conclusions: ULC variations mirror changes in clinical functional class and natriuretic peptides in patients hospitalized with acute dyspnoea. ULCs represent an objective parameter of clinical improvement, useful for serial assessment of extra-vascular lung water in patients admitted with acute dyspnoea
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