16 research outputs found

    Effect of ionization on the behavior of n-Eicosanephosphonic acid monolayers at the air/water interface. experimental determinations and molecular dynamics simulations

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    Monolayers of n-eicosanephosphonic acid, EPA, were studied using a Langmuir balance and a Brewster angle microscope at different subphase pH values to change the charge of the polar headgroups (Zav) from 0 to -2. Molecular dynamics simulations (MDS) results for |Zav| = 0, 1, and 2 were compared with the experimental ones. EPA monolayers behave as mixtures of mutually miscible species (C20H41-PO3H2, C20H41-PO3H-, and C20H41-PO32-, depending on the subphase pH). The order and compactness of the monolayers decrease when increasing |Zav|, while go from strongly interconnected by phosphonic-phosphonic hydrogen bonds (|Zav| = 0-0.03) through an equilibrium between the total cohesive energy and the electrostatic repulsion between the charged polar groups (0.03 < |Zav| < 1.6) to an entirely ionic monolayer (|Zav| ≈ 2). MDS reveal for |Zav| = 0 that the chains form spiralled nearly rounded structures induced by the hydrogen-bonded network. When |Zav| ≈ 1 fingering domains were identified. When Z ≈ 2, the headgroups are more disordered and distanced, not only in the xy plane but also in the z direction, forming a rough layer and responding to compression with a large plateau in the isotherm. The monolayers collapse behavior is consistent with the structures and domains founds in the different ionization states and their consequent in-plane rigidity: there is a transition from a solid-like response at low pH subphases to a fluid-like response at high pH subphases. The film area in the close-packed state increases relatively slow when the polar headgroups are able to form hydrogen bonds but increases to near twice that this value when |Zav| ≈ 2. Other nanoscopic properties of monolayers were also determined by MDS. The computational results confirm the experimental findings and offer a nanoscopic perspective on the structure and interactions in the phosphonate monolayers.Fil: Schulz, Erica Patricia. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Centro Científico Tecnológico Conicet - Bahía Blanca. Instituto de Química del Sur. Universidad Nacional del Sur. Departamento de Química. Instituto de Química del Sur; ArgentinaFil: Piñeiro, Ángel. Universidad de Santiago de Compostela; EspañaFil: Miñones, José. Universidad de Santiago de Compostela; EspañaFil: Miñones Trillo, José. Universidad de Santiago de Compostela; EspañaFil: Frechero, Marisa Alejandra. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Centro Científico Tecnológico Conicet - Bahía Blanca. Instituto de Química del Sur. Universidad Nacional del Sur. Departamento de Química. Instituto de Química del Sur; ArgentinaFil: Pieroni, Olga Inés. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Centro Científico Tecnológico Conicet - Bahía Blanca. Instituto de Química del Sur. Universidad Nacional del Sur. Departamento de Química. Instituto de Química del Sur; ArgentinaFil: Schulz, Pablo Carlos. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Centro Científico Tecnológico Conicet - Bahía Blanca. Instituto de Química del Sur. Universidad Nacional del Sur. Departamento de Química. Instituto de Química del Sur; Argentin

    Myocardial Inflammation—Are We There Yet?

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    Several exogenous or endogenous factors can lead to inflammatory heart disease. Beside infectious myocarditis, other systemic inflammatory disorders such as sarcoidosis, systemic lupus erythematosus (SLE), systemic sclerosis (SSc), Churg-Strauss syndrome, and rheumatoid arthritis can affect the myocardium. Myocardial inflammation may have a major impact on the outcome of these patients, resulting in sudden cardiac death, severe arrhythmias, or end-stage heart failure. The current gold standard for definite confirmation of inflammatory heart disease is endomyocardial biopsy (EMB), but is invasive and suffers low sensitivity and specificity due to sampling errors. Thus, non-invasive methods for detecting the extent and changes over time of the inflammatory myocardial disease are needed. Cardiac magnetic resonance (CMR) is such a non-invasive method. We will describe and discuss different approaches for CMR assessment of inflammatory myocardial disease including early gadolinium enhancement (EGE), T2-weighted imaging, late gadolinium enhancement (LGE), the newer mapping proton relaxation techniques (T1 pre-contrast, T1 post-contrast, T2 mapping), and the hybrid PET/MRI technique

    Ruolo dell'autofluorescenza e dell'angiografia con verde d'indocianina nell'identificazione e preservazione delle paratiroidi durante tiroidectomia totale

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    ABSTRACT Introduzione L’ipoparatiroidismo è la complicanza più frequente della tiroidectomia totale. Ridurne l’incidenza è molto importante per contenere i costi e migliorare la qualità di vita del paziente: l’ipoparatiroidismo, infatti, comporta una degenza ospedaliera più lunga, multipli controlli ambulatoriali, l’insorgenza di sintomi e complicanze a lungo termine, nonché la necessità di dover assumere una terapia sostitutiva con calcio e/o vitamina D. Identificare le paratiroidi durante la chirurgia tiroidea può essere complesso, perché difficili da distinguere dai tessuti circostanti, in quanto piccole e con un colore simile al grasso. Tuttavia, la sola identificazione intra-operatoria non è sufficiente ad assicurarne un’adeguata funzionalità. L’autofluorescenza e l’angiografia con verde di Indocianina (ICG) sono nuove tecniche che possono essere utilizzate durante la tiroidectomia per migliorare l’identificazione e la preservazione delle paratiroidi. L’obiettivo del nostro studio è valutare l’efficacia di queste nuove tecnologie e il loro ruolo nel predire la comparsa ed eventualmente ridurre l’incidenza di ipoparatiroidismo post-chirurgico. Materiali e metodi Si tratta di uno studio di tipo prospettico, nel quale abbiamo reclutato 200 casi consecutivi di tiroidectomia totale, eseguiti presso il reparto di Endocrinochirurgia dell’AOUP, tra il febbraio e il giugno 2021. I pazienti sono stati selezionati secondo i seguenti criteri: età compresa tra 18 e 60 anni, VTS < 50 ml, patologia tiroidea benigna o maligna (in assenza di coinvolgimento linfonodale), non pregressa chirurgia tiroidea e/o paratiroidea, non patologia paratiroidea concomitante, assenza di reazione allergica a ICG o iodio (solo laddove si è usata l’angiografia con ICG). I pazienti sono stati divisi in due gruppi. GRUPPO ICG: 100 pazienti in cui è stata eseguita la tiroidectomia con l’ausilio dell’autofluorescenza, per identificare le paratiroidi e, al termine dell’intervento, dell’angiografia con ICG per valutarne la vitalità. GRUPPO CONTROLLO: 100 pazienti in cui è stata eseguita la tiroidectomia secondo tecnica tradizionale, con la sola identificazione ad occhio nudo delle paratiroidi. Per entrambi i gruppi sono stati dosati PTH, albumina e calcemia prima dell’intervento, in prima giornata post-operatoria e a 6 mesi. Abbiamo valutato l’incidenza di ipoparatiroidismo (transitorio e definitivo), di ipocalcemia sintomatica, la durata della degenza ospedaliera, il dosaggio della terapia sostitutiva alla dimissione e la sua durata, nonché il tasso di identificazione delle paratiroidi nei due gruppi. Risultati I due gruppi presentano caratteristiche sostanzialmente sovrapponibili (età, sesso, tipo di patologia trattata). Mettendoli a confronto, nel gruppo ICG vediamo un’incidenza più bassa di ipocalcemia sintomatica (7%) rispetto al gruppo controllo (17%) (p=0,03). Osserviamo inoltre un minor dosaggio di terapia sostitutiva con calcio carbonato alla dimissione: 1 gr (1-2 IQR) nel gruppo ICG e 2 gr (1-3 IQR) nel gruppo controllo (p=0,07); e una sua durata complessiva inferiore: 15 giorni (10-30 IQR) e 30 giorni (15-56,3 IQR) rispettivamente (p=0,03). Nel gruppo ICG otteniamo una riduzione dell’incidenza di ipoparatiroidismo sia transitorio che definitivo, ma la differenza rispetto al gruppo controllo non è statisticamente significativa. Nel gruppo ICG, con l’utilizzo dell’autofluorescenza sono state identificate 384 paratiroidi, contro le 297 identificate con il solo occhio nudo, quindi 87 paratiroidi non sarebbero state identificate senza l’ausilio di questo macchinario. L’utilizzo dell’autofluorescenza sul pezzo operatorio ci ha permesso di identificare 11 paratiroidi che sono state quindi autotrapiantate. All’esame istologico definitivo sono state riscontrate 4 paratiroidi, che sono però risultate intratiroidee, quindi non visibili neppure con la fluorescenza. Nel gruppo controllo, all’ispezione ad occhio nudo sono state identificate 363 paratiroidi; l’ispezione del pezzo operatorio al termine della tiroidectomia ha permesso di identificare 4 paratiroidi che sono state autotrapiantate. All’esame istologico definitivo sono state riscontrate 2 paratiroidi. Per quanto riguarda lo score ICG, abbiamo notato una sua correlazione con l’outcome. All’aumentare dello score, infatti, diminuisce il tasso di ipoparatiroidismo e di ipocalcemia sintomatica. Tuttavia, questi risultati sono statisticamente significativi di fronte ad almeno 2 paratiroidi con ICG score 2: abbiamo una riduzione dell’incidenza di ipoparatiroidismo transitorio (13,2% contro 43,8%, p=0,0007), e livelli statisticamente più alti di PTH post-operatorio (p=0,0002). Non abbiamo osservato, invece, una correlazione tra score visivo e outcome. Conclusione L’autofluorescenza e l’angiografia con ICG sono tecniche innovative in grado di migliorare la preservazione e la funzionalità paratiroidea post- operatoria. L’autofluorescenza facilita il riconoscimento delle paratiroidi durante la tiroidectomia, e permette di visualizzare quelle accidentalmente asportate e rimaste sul pezzo operatorio, consentendone l’autotrapianto. L’angiografia con ICG, invece, permette di valutarne la vascolarizzazione e quindi la vitalità. Nel nostro studio abbiamo osservato che la combinazione di queste tecniche durante la tiroidectomia riduce il tasso di ipocalcemia sintomatica e permette di diminuire il dosaggio della terapia sostitutiva alla dimissione e la sua durata. Abbiamo osservato altresì una riduzione, seppur non statisticamente significativa, dell’incidenza di ipoparatiroidismo: questo può dipendere dal fatto che l’impatto dell’angiografia con ICG nel ridurre questa complicanza, può essere difficile da valutare, vista la bassa incidenza nei centri ad alto volume come il nostro. Lo score ICG è risultato correlato all’outcome: maggiore è lo score, minore è l’incidenza di ipoparatiroidismo; mentre non si osserva una simile correlazione tra score visivo e outcome post-operatorio. Un limite di questa tecnica risiede nel fatto che la valutazione di questi score (ICG e visivo), essendo basata su una scala di grigi, è totalmente soggettiva. In conclusione, si tratta comunque di tecniche efficaci, semplici da utilizzare e riproducibili, che non aumentano in maniera statisticamente significativa la durata dell’intervento, e sono sicure in quanto prive di effetti collaterali

    Neoplasie intraduttali papillari mucinose del pancreas: diagnosi, gestione medica e chirurgica

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    Introduzione: le neoplasie mucinose papillari intraduttali del pancreas (IPMN) appartengono alla classe delle neoplasie cistiche del pancreas. La loro diagnosi è in costante aumento, in virtù della maggiore diffusione di una cultura specifica sull’argomento e del miglioramento della diagnostica per immagini. L’ importanza di queste lesioni risiede nel fatto che esse originano come forme benigne con tendenza, variabile a seconda delle caratteristiche, alla degenerazione maligna. Inoltre esiste un’ associazione tra le IPMN e altre neoplasie extra-pancreatiche. Scopo dello studio: lo scopo di questo studio è stato quello di verificare l’ affidabilità dei criteri internazionali per la corretta gestione dei pazienti con IPMN. Nel presente lavoro sono stati inoltre analizzati retrospettivamente la prevalenza delle IPMN, i tipi clinici e l’associazione con neoplasie extrapancreatiche nel campione in esame. Infine è stato eseguito un confronto circa i caratteri e le variabili cliniche nelle coorti di pazienti affetti da IPMN con e senza indicazione chirurgica, e un confronto dei caratteri clinici tra il gruppo di pazienti con adenocarcinoma pancreatico insorto su IPMN e un gruppo di match di pazienti affetti da adenocarcinoma duttale non insorto su IPMN. Materiali e Metodi: sono stati analizzati i dati relativi a 64 pazienti afferiti, in modo consecutivo, presso l' ambulatorio dedicato di patologia pancreatica della U.O. Chirurgia Generale e Trapianti, tra il 1/1/2012 ed il 1/4/2014: 23 maschi e 41 femmine, con età media di 67.7 ± 9.1 anni. È stata eseguita un'analisi descrittiva delle variabili della coorte dei pazienti: media (M) e deviazione standard (DS) per le variabili continue e frequenza per le variabili categoriche. Il confronto statistico, per variabili continue, è stato eseguito mediante applicazione del test t di Student e, per le variabili categoriche, del test χ2. La sopravvivenza dei pazienti è stata analizzata mediante la funzione di Kaplan-Meier. Il livello di significatività statistica è stato assunto per p 0.05. Risultati: l' anamnesi ci ha permesso di identificare almeno una familiarità per patologia oncologica in 24/64 pazienti; in particolare, per carcinoma pancreatico in 4/64. Inoltre, l' anamnesi personale ci ha permesso di identificare comorbidità oncologiche in 18/64 pazienti. Nel nostro campione, il motivo che ha portato a diagnosticare la patologia è rappresentato dalla presenza di sintomatologia in 25 pazienti (40% dei casi); nei restanti casi la diagnosi è stata posta incidentalmente o durante valutazione/follow-up di altre comorbidità presenti. Il gruppo di pazienti i cui caratteri clinico-strumentali orientavano per la proposta di eseguire un percorso di follow up, ha presentato in modo statisticamente significativo (p 0.038) meno sintomi rispetto al gruppo di pazienti candidati a chirurgia in prima battuta. Il sintomo più rappresentato è stato il dolore addominale ai quadranti superiori (16 pazienti). La distribuzione in base al tipo di lesione riscontrata agli accertamenti diagnostici è risultata la seguente: Branch duct IPMN (BD-IPMN): 42 pazienti; Mixed type IPMN: 7 pazienti; Adenocarcinoma su IPMN (IPMC): 15 pazienti. 37/64 (57.8%) pazienti sono stati candidati a follow up clinico-strumentale periodico ("gruppo follow up") e 27/64 (42.2%) pazienti sono stati candidati a chirurgia ("gruppo chirurgia"), in ragione dei caratteri clinico-strumentali delle lesioni. L' esame istologico definitivo ha dimostrato, sui 26 pazienti sottoposti a resezione chirurgica, assenza di carcinoma in 12 casi (displasia di basso grado: 9 casi, displasia di grado moderato: 1 caso, displasia di basso e moderato grado coesistenti: 1 caso; displasia di alto grado: 1 caso); i restanti 14 casi erano tutti T3, di cui 8 erano N1. Dei pazienti del gruppo chirurgia 2/27 sono deceduti, entrambi a causa di recidiva di malattia. Dei 25/27 pazienti ancora in vita, 2 hanno sviluppato recidiva. Complessivamente la disease-free survival è risultata essere 10.6 ± 3 mesi. La sopravvivenza media è stata stimata essere 13.3 ± 7.8 mesi. Tra i pazienti candidati al solo follow-up, invece, non si è verificato nessun caso di decesso e nessun caso di degenerazione maligna. I 14 pazienti (7 maschi e 7 femmine, di età media pari a 67.8 ± 6.2 anni) sottoposti a chirurgia, in cui l' istologia definitiva ha confermato la presenza di carcinoma invasivo (IPMC), sono stati confrontati con un gruppo di 28 pazienti (14 femmine e 14 maschi, con età media di 67.4 ± 7.1 anni) affetti da adenocarcinoma duttale non insorto su IPMN (PDAC). Dei 14 pazienti del gruppo IPMC, in 2 casi è stata eseguita una duodenocefalopancreasectomia (DCP), in 4 una pancreasectomia sinistra e nei restanti 8 casi una pancreasectomia totale. Dei 28 pazienti del gruppo PDAC, in 8 casi è stata eseguita una DCP, in 4 una pancreasectomia sinistra, nei restanti 16 una pancreasectomia totale. Il numero di linfonodi totali medi asportati nell'ambito delle DCP è risultato sovrapponibile in entrambi i gruppi (40 nel gruppo IPMC e 40.4 ± 9.7 nel gruppo PDAC), mentre il numero medio dei linfonodi positivi è stato di 0 e 3.6 ± 3.5 nel gruppo IPMC e PDAC, rispettivamente: tale differenza risulta statisticamente significativa (p 0.0004). Nell' ambito delle pancreasectomie sinistre il numero di linfonodi totali medi asportati è risultato anch'esso sovrapponibile nei due gruppi (46.2 ± 19; 37.2 ± 11), e sono risultati positivi in media 0.5 ± 1 linfonodi e 2.5 ± 1.7, rispettivamente nei gruppi IPMC e PDAC: tale differenza risulta statisticamente significativa (p 0.0002). Complessivamente, nel gruppo IPMC solo 2/14 pazienti sono deceduti per ripresa di malattia. La sopravvivenza media complessiva nel gruppo IPMC è stata stimata essere di 15 ± 8 mesi. Dei pazienti ancora in vita 2 hanno sviluppato recidiva, con una disease-free survival media di 9 mesi. Nel gruppo PDAC, invece, i decessi sono stati 13/28; complessivamente la sopravvivenza media a partire dall'intervento è stata stimata essere di 13.5 ± 7.8 mesi ed una disease-free survival media di 10.5 ± 7.6 mesi. Conlusioni : I dati ottenuti dal nostro studio mostrano come i criteri internazionali utilizzati siano affidabili per una buona gestione dei pazienti con IPMN. Le IPMN non degenerate hanno una prognosi ottima e, laddove il paziente si sottoponga a chirurgia resettiva, questa è risolutiva. Inoltre, dalla comparazione dei gruppi IPMC e PDAC, ovvero carcinoma insorto su IPMN e non insorto su IPMN, si evince come il comportamento della malattia sia pressoché sovrapponibile, anche se la sopravvivenza risulta lievemente migliore per i pazienti con IPMC. Se da un lato, quindi, non tutte le IPMN devono essere candidate a chirurgia, dall' altro bisogna ricordare che è fondamentale l' identificazione e il trattamento tempestivo in caso di IPMN "sospette", perché intervenire chirurgicamente quando è già presente un carcinoma incide significafivamente sulla prognosi dei pazienti. Un attento inquadramento anamnestico ed una completa valutazione multidiscplinare presso Centri di terzo livello, specializzati in patologia pancreatica, è auspicabile al fine di stabilire un adeguato iter diagnostico-terapeutico. Ulteriori studi sono necessari per comprendere meglio la storia naturale delle IPMN e per poter individuare nuovi marker più precoci, sensibili e specifici capaci di guidare nelle scelte per la difficile gestione di questi pazienti

    Effect of an amphiphilic polymer on the evaporation behavior of its solutions in toluene and in water

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    The evaporation behavior of solutions of an amphiphilic polymer, phosphonated polybutadiene in toluene and in water was studied by means of vapor pressure and evaporation rate measurements. The polymer reduces the vapor pressure and evaporation rate of toluene, while the opposite effect was observed in aqueous solutions. The effects were explained on the basis of the Flory-Huggins theory in the toluene solutions and the structure breaking effect in the aqueous solutions. © 2009 Elsevier B.V. All rights reserved.Fil: Rodríguez, José Luis Mariano. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Centro Científico Tecnológico Conicet - Bahía Blanca. Instituto de Química del Sur. Universidad Nacional del Sur. Departamento de Química. Instituto de Química del Sur; Argentina. Base Naval Puerto Belgrano; ArgentinaFil: Minardi, Rosanna Marina. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Centro Científico Tecnológico Conicet - Bahía Blanca. Instituto de Química del Sur. Universidad Nacional del Sur. Departamento de Química. Instituto de Química del Sur; ArgentinaFil: Ciolino, Andrés Eduardo. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Centro Científico Tecnológico Conicet - Bahía Blanca; ArgentinaFil: Pieroni, Olga Inés. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Centro Científico Tecnológico Conicet - Bahía Blanca. Instituto de Química del Sur. Universidad Nacional del Sur. Departamento de Química. Instituto de Química del Sur; ArgentinaFil: Vuano, Bruno Mario. Universidad Tecnológica Nacional. Facultad Regional Bahía Blanca; ArgentinaFil: Schulz, Erica Patricia. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Centro Científico Tecnológico Conicet - Bahía Blanca. Instituto de Química del Sur. Universidad Nacional del Sur. Departamento de Química. Instituto de Química del Sur; ArgentinaFil: Schulz, Pablo Carlos. Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas. Centro Científico Tecnológico Conicet - Bahía Blanca. Instituto de Química del Sur. Universidad Nacional del Sur. Departamento de Química. Instituto de Química del Sur; Argentina. Base Naval Puerto Belgrano; Argentin

    Duodenal graft complications requiring duodenectomy after pancreas and pancreas–kidney transplantation

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    Duodenal graft complications are poorly reported complications of pancreas transplantation that can result in graft loss. Excluding patients with early graft failure, after a median follow-up period of 126&nbsp;months (range 23-198) duodenectomy was required in 14 of 312 pancreas transplants (4.5%). All patients were insulin-independent at the time of diagnosis. Reasons for duodenectomy included delayed duodenal graft perforation (n&nbsp;=&nbsp;10, 71.5%) and refractory duodenal graft bleeding (n&nbsp;=&nbsp;4, 28.5%). In patients with duodenal graft bleeding, a total duodenectomy was performed. In patients with duodenal graft perforation, preservation of a duodenal segment was possible in five patients but completion duodenectomy was necessary in one patient. After total duodenectomy, immediate enteric duct drainage was feasible in seven patients. In two patients, a pancreaticocutaneous fistula was created that was subsequently converted to enteric drainage in one patient. In the other patient, enteric fistulization occurred as a consequence of silent pressure perforation of the draining catheter on the ascending colon. After a mean follow-up period of 52&nbsp;months (21-125), all patients were alive, well, and insulin-independent. An aggressive and timely surgical approach may permit graft rescue in patients with severe duodenal graft complications occurring after pancreas transplantation. Generalization of these results remains to be established

    Duodenal graft complications requiring duodenectomy after pancreas and pancreas-kidney transplantation

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    Duodenal graft complications are poorly reported complications of pancreas transplantation that can result in graft loss. Excluding patients with early graft failure, after a median follow-up period of 126 months (range 23-198) duodenectomy was required in 14 of 312 pancreas transplants (4.5%). All patients were insulin-independent at the time of diagnosis. Reasons for duodenectomy included delayed duodenal graft perforation (n = 10, 71.5%) and refractory duodenal graft bleeding (n = 4, 28.5%). In patients with duodenal graft bleeding, a total duodenectomy was performed. In patients with duodenal graft perforation, preservation of a duodenal segment was possible in five patients but completion duodenectomy was necessary in one patient. After total duodenectomy, immediate enteric duct drainage was feasible in seven patients. In two patients, a pancreaticocutaneous fistula was created that was subsequently converted to enteric drainage in one patient. In the other patient, enteric fistulization occurred as a consequence of silent pressure perforation of the draining catheter on the ascending colon. After a mean follow-up period of 52 months (21-125), all patients were alive, well, and insulin-independent. An aggressive and timely surgical approach may permit graft rescue in patients with severe duodenal graft complications occurring after pancreas transplantation. Generalization of these results remains to be established.status: publishe

    Multiple small bowel perforations due to invasive aspergillosis in a patient with acute myeloid leukemia: case report and a systematic review of the literature

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    Purpose: Invasive aspergillosis (IA) represents a major cause of morbidity and mortality in immunocompromised patients. Involvement of the gastrointestinal tract by Aspergillus is mostly reported as part of a disseminated infection from a primary pulmonary site and only rarely as an isolated organ infection. Methods: We report a case of small bowel perforation due to IA in a patient with acute leukemia under chemotherapy and pulmonary aspergillosis. We performed a systematic review of the literature as well. Results: A 43-year-old man with acute myeloid leukemia under chemotherapy developed severe neutropenia and pulmonary aspergillosis due to Aspergillus flavus. He developed melena and hemodynamic failure and a contrast-enhanced ultrasound scan suggested active intestinal bleeding. During emergency laparotomy we found multiple intestinal abscesses, several perforations of intestinal loop and Aspergillus flavus was isolated from the abscesses. Resection of the jejunum was performed. The patient received voriconazole and finally recovered. The patient is now alive and in complete disease remission. From literature review we found 35 intestinal IA previously published in single case reports or small case series as well. Conclusion: Clinical manifestations of gastrointestinal aspergillosis are nonspecific, such as abdominal pain, and only occasionally it presents as an acute abdomen. Antemortem detection of bowel involvement is rarely achieved and, only in cases of complicated gastrointestinal aspergillosis, the diagnosis is achieved thanks to the findings during surgery. Gastrointestinal aspergillosis should be suspected in patients with severe and prolonged neutropenia with or without pulmonary involvement in order to consider the right therapy and prompt surgery

    Effect of Ionization on the Behavior of <i>n</i>‑Eicosanephosphonic Acid Monolayers at the Air/Water Interface. Experimental Determinations and Molecular Dynamics Simulations

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    Monolayers of <i>n</i>-eicosanephosphonic acid, EPA, were studied using a Langmuir balance and a Brewster angle microscope at different subphase pH values to change the charge of the polar headgroups (<i>Z</i><sub>av</sub>) from 0 to −2. Molecular dynamics simulations (MDS) results for |<i>Z</i><sub>av</sub>| = 0, 1, and 2 were compared with the experimental ones. EPA monolayers behave as mixtures of mutually miscible species (C<sub>20</sub>H<sub>41</sub>–PO<sub>3</sub>H<sub>2</sub>, C<sub>20</sub>H<sub>41</sub>–PO<sub>3</sub>H<sup>–</sup>, and C<sub>20</sub>H<sub>41</sub>–PO<sub>3</sub><sup>2–</sup>, depending on the subphase pH). The order and compactness of the monolayers decrease when increasing |<i>Z</i><sub>av</sub>|, while go from strongly interconnected by phosphonic–phosphonic hydrogen bonds (|<i>Z</i><sub>av</sub>| = 0–0.03) through an equilibrium between the total cohesive energy and the electrostatic repulsion between the charged polar groups (0.03 < |<i>Z</i><sub>av</sub>| < 1.6) to an entirely ionic monolayer (|<i>Z</i><sub>av</sub>| ≈ 2). MDS reveal for |<i>Z</i><sub>av</sub>| = 0 that the chains form spiralled nearly rounded structures induced by the hydrogen-bonded network. When |<i>Z</i><sub>av</sub>| ≈ 1 fingering domains were identified. When <i>Z</i> ≈ 2, the headgroups are more disordered and distanced, not only in the <i>xy</i> plane but also in the <i>z</i> direction, forming a rough layer and responding to compression with a large plateau in the isotherm. The monolayers collapse behavior is consistent with the structures and domains founds in the different ionization states and their consequent in-plane rigidity: there is a transition from a solid-like response at low pH subphases to a fluid-like response at high pH subphases. The film area in the close-packed state increases relatively slow when the polar headgroups are able to form hydrogen bonds but increases to near twice that this value when |<i>Z</i><sub>av</sub>| ≈ 2. Other nanoscopic properties of monolayers were also determined by MDS. The computational results confirm the experimental findings and offer a nanoscopic perspective on the structure and interactions in the phosphonate monolayers
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