52 research outputs found

    Family doctor-driven follow-up for adult childhood cancer survivors supported by a web-based survivor care plan

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    To facilitate family doctor-driven follow-up for adult childhood cancer survivors, we developed a survivor care plan (SCP) for adult survivors and their family doctors. The SCP was accessible for survivors and their family doctors on a secure website and as a printed booklet. It included data on diagnosis, treatment and potential risks as well as recommendations for follow-up. Childhood cancer survivors who were off-treatment >= 5 years, aged >= 18 years and not involved in a long-term follow-up program were eligible. They were advised to visit their family doctor. The endpoints were numbers of participants, adherence of family doctors to the guidelines and satisfaction ratings. The eligibility criteria were fulfilled by 108 survivors. Three family doctors and 15 survivors refused, 10 survivors were non-responders. Of the remaining 80 survivors, 73 survivors visited 72 family doctors. Sixty-nine (96%) family doctors returned data of whom 60 (83%) fully adhered to the recommended tests. The majority of survivors and family doctors were satisfied about the SCP. A (web-based) SCP for survivors and family doctors can serve as an effective communication vehicle to provide adequate shared care by the long-term follow-up clinic and family doctors

    Coseismic fault lubrication by viscous deformation

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    Despite the hazard posed by earthquakes, we still lack fundamental understanding of the processes that control fault lubrication behind a propagating rupture front and enhance ground acceleration. Laboratory experiments show that fault materials dramatically weaken when sheared at seismic velocities (>0.1 m s−1). Several mechanisms, triggered by shear heating, have been proposed to explain the coseismic weakening of faults, but none of these mechanisms can account for experimental and seismological evidence of weakening. Here we show that, in laboratory experiments, weakening correlates with local temperatures attained during seismic slip in simulated faults for diverse rock-forming minerals. The fault strength evolves according to a simple, material-dependent Arrhenius-type law. Microstructures support this observation by showing the development of a principal slip zone with textures typical of sub-solidus viscous flow. We show evidence that viscous deformation (at either sub- or super-solidus temperatures) is an important, widespread and quantifiable coseismic lubrication process. The operation of these highly effective fault lubrication processes means that more energy is then available for rupture propagation and the radiation of hazardous seismic waves

    Mutator Suppression and Escape from Replication Error–Induced Extinction in Yeast

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    Cells rely on a network of conserved pathways to govern DNA replication fidelity. Loss of polymerase proofreading or mismatch repair elevates spontaneous mutation and facilitates cellular adaptation. However, double mutants are inviable, suggesting that extreme mutation rates exceed an error threshold. Here we combine alleles that affect DNA polymerase δ (Pol δ) proofreading and mismatch repair to define the maximal error rate in haploid yeast and to characterize genetic suppressors of mutator phenotypes. We show that populations tolerate mutation rates 1,000-fold above wild-type levels but collapse when the rate exceeds 10−3 inactivating mutations per gene per cell division. Variants that escape this error-induced extinction (eex) rapidly emerge from mutator clones. One-third of the escape mutants result from second-site changes in Pol δ that suppress the proofreading-deficient phenotype, while two-thirds are extragenic. The structural locations of the Pol δ changes suggest multiple antimutator mechanisms. Our studies reveal the transient nature of eukaryotic mutators and show that mutator phenotypes are readily suppressed by genetic adaptation. This has implications for the role of mutator phenotypes in cancer

    Caratterizzazione di alcuni siti della rete accelerometrica nazionale al fine di individuare la risposta sismica locale

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    Le indagini geotecniche finalizzate alla stima della risposta sismica locale si limitano molto spesso ai primi 30 m di profondità, valore che è diventato uno standard per la classificazione delle caratteristiche di un sito. Negli anni ’90 Borcherdt (1994) e Martin e Dobry (1994) suggerirono 30 m come la profondità standard di indagine per la verifica delle strutture. Boore et al. (1993, 1994, 1997) e Boore e Joyner (1997) basarono le regressioni per il calcolo delle leggi predittive del moto del suolo sullo stesso parametro. Nel 1997 negli Stati Uniti il National Earthquake Hazards Reduction Program (NEHRP) nella stesura delle norme tecniche per le costruzioni in zona sismica (FEMA, 1997) utilizza per la prima volta il parametro Vs30 come indice per la classificazione dei suoli, con lo scopo di definirne l’amplificazione. Le norme tecniche per le costruzioni in zona sismica della comunità Europea, EC8 (ENV, 1998) ente da dati provenienti dagli Stati Uniti occidentali e, utilizzando dati provenienti dalla stessa regione, Wald & Mori (2000) segnalano che le VS,30 non sono molto ben correlate con l’entità dell’amplificazione, in quanto esiste una forte dispersione dei dati. La figura 1.1 mostra il rapporto tra le amplificazioni, mediate sull’intervallo di frequenza compreso tra 3-5 Hz. raccomandano lo stesso parametro per suddividere i terreni, anche se le classi differiscono in parte dalla classificazione NEHRP. Infine, anche in Italia, le Norme Tecniche per le Costruzioni (Normative Tecniche per le Costruzioni, Gazzetta Ufficiale del 14/01/2008) adottano la stessa suddivisione dei terreni adottata dall’EC8.L’attendibilità della velocità delle onde di taglio nei primi 30 m (VS,30) come estimatore della risposta sismica di un sito, in termini di frequenza e amplificazione, è tuttavia molto discussa.Innanzitutto il parametro è stato ricavato unicamente da dati provenienti dagli Stati Uniti occidentali e, utilizzando dati provenienti dalla stessa regione, Wald & Mori (2000) segnalano che le Vs30 non sono molto ben correlate con l’entità dell’amplificazione, in quanto esiste una forte dispersione dei dati. La figura 1.1 mostra il rapporto tra le amplificazioni, mediate sull’intervallo di frequenza compreso tra 3-5 Hz. I valori risultano effettivamente molto dispersi, ma questo risultato può essere spiegato col fatto che non tutte le classi di sito hanno frequenza di risonanza compreso in questo intervallo di frequenza. Perciò per alcuni siti la media è stata calcolata nell’intorno della frequenza di risonanza (sulle amplificazioni massime), mentre per altri è stata calcolata sulle armoniche superiori, che hanno ampiezze minori. Lavori eseguiti con dati provenienti da altre regioni sottolineano come le Vs30 non siano buoni estimatori per la predizione di amplificazioni in bacini profondi (Park & Hashash, 2004), per la stima delle amplificazioni in altre regioni (Stewart et al., 2003) o in presenza di inversioni di velocità (Di Giacomo et al., 2005). Uno studio recente, eseguito su dati giapponesi (Zhao et al., 2006) si è evitato l’uso della Vs30 perché strati spessi di terreno rigido posti sopra il substrato roccioso amplificano il moto di lungo periodo, mentre gli strati sottili e soffici tendono ad amplificare il moto di corto periodo: ciò significa che la VS,30 non può rappresentare il periodo predominante del sito, dato che si basa solo sugli strati superficiali. Secondo Mucciarelli e Gallipoli (2006) il confronto tra l’amplificazione sismica al sito e la Vs30 mostra che quest’ultimo parametro non è adeguato per spiegare gli effetti di sito osservati in Italia a causa delle situazioni geologiche particolari che sono diffuse nel nostro paese. La figura 1.2 mostra la distribuzione dell’ampiezza rispetto alla classe di sito, in cui si vede che le classi sono mal discriminate e le mediane delle classi A e B (indicate dalla linea nera) sono uguali. È però necessario notare che questo grafico è stato costruito utilizzando le ampiezze ricavate col metodo dei rapporti spettrali H/V, ma in letteratura (Bard, 1999) è dimostrato che tali rapporti spettrali permettono di stimare la frequenza di risonanza, ma falliscono nella stima del valore di amplificazione. In particolare la Vs30 sottostima gli effetti locali ai siti con inversione di velocità e li sovrastima in siti con bacini profondi. La Vs30 sembra fornire dei buoni risultati solo in siti che abbiano un profilo di velocità monotono, crescente con la profondità e un forte contrasto di impedenza nella prima decina di metri. Questo studio si propone di verificare l’attendibilità della velocità delle onde di taglio valutate nei primi 30 m come estimatore della risposta sismica di un sito. Per questo scopo sono state selezionate 45 stazioni della Rete Accelerometrica Nazionale, di cui si conoscono i profili stratigrafici e i profili di velocità delle onde di taglio e di compressione. Inoltre sono state raccolte le registrazioni strong motion relative ai terremoti registrati da queste stazioni. Gli effetti di sito sono stati valutati in due modi: · Le registrazioni sono state utilizzate per calcolare i rapporti spettrali H/V per ricavare la frequenza fondamentale propria di ciascun sito (f0) e il relativo valore di amplificazione; · I profili di velocità delle onde di taglio sono serviti per ricavare il modello teorico monodimensionale per il calcolo della funzione di trasferimento del sito, eseguito per mezzo del modello proposto da Haskell e Thomson (Haskell, 1953, Thomson 1950), da cui ricavare la f0 e l’amplificazione. I valori ottenuti con i due metodi sono stati poi confrontati per verificare la congruenza dei risultati. I profili di velocità hanno permesso di classificare le stazioni utilizzando la velocità media delle onde di taglio nei primi 30 m (Vs30), secondo la normativa italiana. I risultati ottenuti dalla valutazione della risposta di ciascun sito, espressi in termini di frequenza fondamentale e amplificazione, sono stati correlati con la rispettiva classe di sito per verificare l’attendibilità del parametro delle Vs30 come estimatore degli effetti di sito

    Friction falls towards zero in quartz rock as slip velocity approaches seismic rates

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    An important unsolved problem in earthquake mechanics is to determine the resistance to slip on faults in the Earth's crust during earthquakes(1). Knowledge of coseismic slip resistance is critical for understanding the magnitude of shear-stress reduction and hence the near-fault acceleration that can occur during earthquakes, which affects the amount of damage that earthquakes are capable of causing. In particular, a long-unresolved problem is the apparently low strength of major faults(2-6), which may be caused by low coseismic frictional resistance(3). The frictional properties of rocks at slip velocities up to 3 mm s(-1) and for slip displacements characteristic of large earthquakes have been recently simulated under laboratory conditions(7). Here we report data on quartz rocks that indicate an extraordinary progressive decrease in frictional resistance with increasing slip velocity above 1 mm s(-1). This reduction extrapolates to zero friction at seismic slip rates of similar to1m s(-1), and appears to be due to the formation of a thin layer of silica gel on the fault surface: it may explain the low strength of major faults during earthquakes

    Size effects resolve discrepancies in 40 years of work on low-temperature plasticity in olivine

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    The strength of olivine at low temperatures and high stresses in Earth’s lithospheric mantle exerts a critical control on many geodynamic processes, including lithospheric flexure and the formation of plate boundaries. Unfortunately, laboratory-derived values of the strength of olivine at lithospheric conditions are highly variable and greatly disagree with those inferred from geophysical observations. Here we demonstrate via nanoindentation that the strength of olivine depends on the length-scale of deformation, with experiments on smaller volumes of material exhibiting larger yield stresses. This “size effect” resolves discrepancies among previous measurements of olivine strength using other techniques. It also corroborates the most recent flow law for olivine, which proposes a much weaker lithospheric mantle than previously estimated, thus bringing experimental measurements into closer alignment with geophysical constraints. Further implications include an increased difficulty of activating plasticity in cold, fine-grained shear zones, and an impact on the evolution of fault surface roughness due to the size-dependent deformation of nanometer- to micrometer-sized asperities
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