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    A roadmap for amphibious drilling at the Campi Flegrei caldera: insights from a MagellanPlus workshop

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    Large calderas are among the Earth's major volcanic features. They are associated with large magma reservoirs and elevated geothermal gradients. Caldera-forming eruptions result from the withdrawal and collapse of the magma chambers and produce large-volume pyroclastic deposits and later-stage deformation related to post-caldera resurgence and volcanism. Unrest episodes are not always followed by an eruption; however, every eruption is preceded by unrest. The Campi Flegrei caldera (CFc), located along the eastern Tyrrhenian coastline in southern Italy, is close to the densely populated area of Naples. It is one of the most dangerous volcanoes on Earth and represents a key example of an active, resurgent caldera. It has been traditionally interpreted as a nested caldera formed by collapses during the 100–200 km3 Campanian Ignimbrite (CI) eruption at ∼39 ka and the 40 km3 eruption of the Neapolitan Yellow Tuff (NYT) at ∼15 ka. Recent studies have suggested that the CI may instead have been fed by a fissure eruption from the Campanian Plain, north of Campi Flegrei. A MagellanPlus workshop was held in Naples, Italy, on 25–28 February 2017 to explore the potential of the CFc as target for an amphibious drilling project within the International Ocean Discovery Program (IODP) and the International Continental Drilling Program (ICDP). It was agreed that Campi Flegrei is an ideal site to investigate the mechanisms of caldera formation and associated post-caldera dynamics and to analyze the still poorly understood interplay between hydrothermal and magmatic processes. A coordinated onshore–offshore drilling strategy has been developed to reconstruct the structure and evolution of Campi Flegrei and to investigate volcanic precursors by examining (a) the succession of volcanic and hydrothermal products and related processes, (b) the inner structure of the caldera resurgence, (c) the physical, chemical, and biological characteristics of the hydrothermal system and offshore sediments, and (d) the geological expression of the phreatic and hydromagmatic eruptions, hydrothermal degassing, sedimentary structures, and other records of these phenomena. The deployment of a multiparametric in situ monitoring system at depth will enable near-real-time tracking of changes in the magma reservoir and hydrothermal system

    Le grandi eruzioni Pliniane. Nuovi metodi e modelli in vulcanologia e loro applicazione all'Ignimbrite Campana ed al Tufo Giallo Napoletano.

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    Le grandi eruzioni pliniane (VEI 6) sono spesso caratterizzate da un'imponente colonna eruttiva sostenuta (h>25km) e dalla successiva messa in posto di correnti piroclastiche, espanse e turbolente. La distruzione procurata da questi eventi si rinnova costantemente, e ha sconvolto profondamente vaste regioni in epoca preistorica e storica: Toba, 70 mila anni fa; Santorini, 3500 anni fa; Vesuvio, 79 dC; Tambora 1815. Eppure, non esistono dei semplici modelli capaci di definire le aree di massimo impatto delle correnti piroclastiche, cioè le regioni dove le correnti hanno un comportamento erosivo; né dei metodi per il calcolo del volume dei depositi ignimbritici che permettano di definire la magnitudo dell'eruzione, a meno di non usare approssimative stime geometriche . Le principali difficoltà derivano dalla scarsa attenzione riservata agli effetti erosivi delle correnti rispetto ai meccanismi deposizionali e dalla irregolare distribuzione dei depositi ignimbritici, che sono fortemente controllati dalla paleomorfologia. Lo studio dei prodotti delle due più grandi eruzioni pliniane dell'area Campana: l'Ignimbrite Campana ed il Tufo Giallo Napoletano, ha permesso di sviluppare dei nuovi metodi e modelli per determinare quali sono i parametri che influenzano il comportamento erosivo delle correnti piroclastiche e per definire la magnitudo di un'eruzione. E' stato elaborato un nuovo metodo che consente, conoscendo il volume della cenere coignimbritica e la quantità di cenere risalita nell'atmosfera, di calcolare il volume dell'ignimbrite. Questo metodo è stato applicato all'Ignimbrite Campana, il cui volume stimato in letteratura varia di un ordine di grandezza, ed è compreso tra 30 e 500 km3. Inoltre, la ricostruzione della profondità e dell'andamento dell'erosione, alla base dei depositi di corrente piroclastica dell'Ignimbrite Campana e del Tufo Giallo Napoletano, ha permesso di definire quali sono i parametri che influenzano l???erosione e di proporre un modello generale di dinamica erosiva, fortemente dipendente dall'interazione con il substrato

    Alla scoperta dei Vulcani della Città di Napoli

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    Illustrazione delle principali località di affioramento dei prodotti vulcanici, all'interno dell'area urbana napoletana. A seguire escursione nell'area napoletano-flegrea
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