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    Il lavoro che cambia: gli effetti delle riforme del lavoro dopo il boom economico

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    Il lavoro \ue8 cambiato per le necessit\ue0 della produzione: da un lato quello di mantenere elevati i margini di profitto, dall'altro quello di rendere pi\uf9 "snella" la produzione. Il contributo analizza gli ultimi trent'anni di cambiamenti strutturali e di politiche del lavoro tese a modificare i rapporti di lavoro per comprendere come mai non si siano concretizzati in aumenti di produttivit\ue0. L'effetto finale, come evidenzia il contributo \ue8 quello di indurre pesanti effetti distributivi a sfavore del lavoro

    Lavoro precario, povertà e vie d’uscita

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    1La crisi economica ha avuto un risvolto positivo sul pensiero economico mainstream, quello di far serpeggiare tra gli economisti un dubbio inatteso, il fatto che la flessibilità del lavoro non costituisca la panacea di tutti i mali del sistema capitalistico moderno. Sono molti gli studi presenti in letteratura che mettono in evidenza come l’aumento della flessibilità del lavoro abbia causato una crescente disuguaglianza e un incremento del livello di povertà della popolazione, soprattutto in Paesi come l’Italia e la Spagna, dove la ricerca delle forme più spinte di flessibilità si è trasformata in flessibilizzazione selvaggia e in precarietà. Le trasformazioni sistemiche originate dalla fine del sistema fordista degli anni ’80 hanno prodotto in Italia l’aumento della parcellizzazione industriale e la crescita di un settore terziario pervaso da posti di lavoro poco qualificati e instabili. La scarsa capacità di innovazione ha fatto il resto, rendendo necessari posti di lavoro facilmente intercambiabili e a bassa produttività, con poche eccezioni. L’inevitabile conseguenza è stata l’avvio di riforme del lavoro disegnate per l’offerta di forme contrattuali a sempre più elevata flessibilità. Il lavoro mette in evidenza come le forme contrattuali flessibili siano in grado di trasformare la disoccupazione in occasioni di lavoro labili per alcune categorie di lavoratori, in particolare i nuovi entranti che tra la metà degli anni ’70 e i primi anni ‘90 non erano solo i giovani, ma anche le donne e gli immigrati. Le cause della precarietà sono quindi riconducibili al sistema produttivo e istituzionale, più che alle caratteristiche e preferenze individuali, le quali determinano invece una trappola della precarietà in assenza di un sistema di welfare efficace, come nel caso italiano. Le funzioni redistributive e assicurative dello Stato vengono assunte dalla famiglia nel nostro Paese, per cui le condizioni familiari possono costituire un’ulteriore trappola della precarietà. Il lavoratore è povero non solo a causa delle condizioni del mercato del lavoro e delle caratteristiche individuali, ma anche perché la povertà familiare non permette l’uscita dalla precarietà. L’analisi condotta sui redditi da lavoro individuali e familiari (reddito equivalente) basati sulla base di dati IT-Silc, la versione italiana dell’indagine europea sui redditi e le condizioni di vita delle famiglie, presente in questo lavoro, mette in luce che i working poor siano non solo gli individui che entrano nella trappola della precarietà contrattuale, ma quelli determinati dalle condizioni familiari (numerosità della famiglia, età media, presenza di minori o di anziani) e dalle condizioni territoriali. Si evidenzia inoltre che la transizione da forme di lavoro precarie a quelle stabili dipende fortemente dagli assetti istituzionali che i diversi Paesi sono stati in grado di assicurare a questi lavoratori . Le politiche necessarie per ridurre il precariato non possono essere, tuttavia, solo istituzionali e rivolte esclusivamente al mercato del lavoro, ma richiedono un ripensamento strutturale: politiche industriali e dell’innovazione che permettano di trattenere la ricchezza nei territori, politiche di welfare che abbiano al centro il singolo individuo e non il solo lavoratore e condizioni di politica economica europea più attente agli equilibri reali e sociali che sono quelli che garantiscono un dignitoso tasso di crescita economica.openopenChies, LauraChies, Laur

    Optical-NIR analysis of globular clusters in the IKN dwarf spheroidal: a complex star formation history

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    Age, metallicity and spatial distribution of globular clusters (GCs) provide a powerful tool to reconstruct major star-formation episodes in galaxies. IKN is a faint dwarf spheroidal (dSph) in the M81 group of galaxies. It contains five old GCs, which makes it the galaxy with the highest known specific frequency (SN=126). We estimate the photometric age, metallicity and spatial distribution of the poorly studied IKN GCs. We search SDSS for GC candidates beyond the HST field of view, which covers half of IKN. To break the age-metallicity degeneracy in the V-I colour we use WHT/LIRIS Ks-band photometry and derive photometric ages and metallicities by comparison with SSP models in the V,I,Ks colour space. IKN GCs' VIKs colours are consistent with old ages ( ⁣8\geq\!8 Gyr) and a metallicity distribution with a higher mean than typical for such a dSph ([Fe/H] ⁣ ⁣1.40.2+0.6]\!\simeq\!-1.4_{-0.2}^{+0.6} dex). Their photometric masses range (0.5<MGC<4×105M0.5 <{\cal M_{\rm GC}}<4\times10^5M_\odot) implies a high mass ratio between GCs and field stars, of 10.6%10.6\%. Mixture model analysis of the RGB field stars' metallicity suggests that 72\% of the stars may have formed together with the GCs. Using the most massive GC-SFR relation we calculate a SFR of  ⁣10M/\sim\!10M_\odot/yr during its formation epoch. We note that the more massive GCs are closer to the galaxy photometric centre. IKN GCs also appear spatially aligned along a line close to the IKN major-axis and nearly orthogonal to the plane of spatial distribution of galaxies in the M81 group. We identify one new IKN GC candidate based on colour and PSF analysis of the SDSS data. The evidence towards i) broad and high metallicity distribution of the field IKN RGB stars and its GCs, ii) high fraction and iii), spatial alignment of IKN GCs, supports a scenario for tidally triggered complex IKN's SFH in the context of interactions with galaxies in the M81 group.Comment: 12 pages, 9 figures, accepted to A&

    O protesto da certidão de dívida ativa

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    High resolution imaging of the early-type galaxy NGC 1380: an insight into the nature of extended extragalactic star clusters

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    NGC 1380 is a lenticular galaxy located near the centre of the Fornax Cluster northeast of NGC 1399. The globular cluster system of this galaxy was previously studied only from the ground. Recent studies of similar early-type galaxies, specially lenticular ones, reveal the existence of star clusters that apparently break up the traditional open/globular cluster dichotomy. With higher quality photometry from HST/WFPC2 we study the star clusters in NGC 1380, measuring their magnitudes, colours, sizes and projected distances from the centre of the galaxy. We used deep archival HST/WFPC2 in the B and V bands. We built colour magnitude diagrams from which we selected a sample of cluster candidates. We also analysed their colour distribution and measured their sizes. Based on their location in the luminosity-size diagram we estimated probabilities of them being typical globular clusters as those found in the Galaxy. A total of about 570 cluster candidates were found down to V=26.5. We measured sizes for approximately 200 of them. The observed colour distribution has three apparent peaks. Likewise for the size distribution. We identified the smaller population as being mainly typical globular clusters, while the more extended objects have small probabilities of being such objects. Different correlations between absolute magnitudes, sizes, colours and location were inferred for these cluster sub-populations. Most extended clusters (Reff > 4 pc) share similar properties to the diffuse star clusters reported to inhabit luminous early-type galaxies in the Virgo galaxy cluster such as being of low surface brightness and fainter than MV ~ -8. We also report on a small group of (Reff ~ 10 pc), -8< MV < -6, red clusters located near the centre of NGC 1380, which may be interpreted as faint fuzzies.Comment: accepted for publication in A&

    Iscritti, Laureati e Transizioni al lavoro: l'Universit\ue0 di Trieste

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    In questo volume sono raccolti i risultati di un complesso lavoro di analisi di dati sulle caratteristiche ed i comportamenti degli studenti e dei laureati dell\u2019Universit\ue0 di Trieste in un periodo di transizione molto critico, che abbraccia i primi quattordici anni del XXI secolo. Transizione segnata dall\u2019 intreccio tra le riforme dei corsi di studio secondo le direttive emerse dal processo di Bologna e quello delle riforme che hanno investito il mercato del lavoro nello stesso periodo. La raccolta, classificazione ed elaborazione delle informazioni \ue8 stata resa possibile dal finanziamento del Fondo di Ateneo per la Ricerca (FRA2011) e consente di indagare sugli effetti congiunti delle riforme sull\u2019 atteggiamento degli studenti universitari verso lo studio e il lavoro, da un lato e dall\u2019altro su quello delle imprese nei processi di reclutamento della propria manodopera pi\uf9 qualificata. L\u2019opera \ue8 divisa in due parti. Nella prima, dopo aver presentato gli aspetti strutturali e le dinamiche dei profili dei laureati e dei dottori di ricerca, utilizzando principalmente i dati amministrativi forniti dall\u2019Ateneo giuliano, si seguono gli stessi nel primo ingresso nel mercato del lavoro con l\u2019ausilio dei dati dell\u2019Osservatorio del Mercato del Lavoro della Regione Friuli Venezia Giulia, a cui si aggiungono gli approfondimenti dell\u2019indagine Almalaurea su laureati e condizione occupazionale. Nella seconda parte del volume si approfondiscono alcune problematiche emerse dall\u2019analisi che riguardano i cambiamenti negli atteggiamenti degli studenti universitari nei confronti dello studio, di fronte alle variazioni nelle regole di incentivo allo studio(Graziosi), del cambiamento nel regolamento dei contratti di lavoro (Chies, Graziosi, Pauli) e della riforma dei cicli universitari (Chies, Graziosi, Pauli). I legami con il mercato del lavoro locale vengono poi indagati nei tre contributi successivi, che chiariscono il ruolo dell\u2019universit\ue0 nel veicolare la conoscenza e innovazione nelle imprese (Capellari), nell\u2019accorciare i tempi di transizione al lavoro (Chies, Puggioni, Stok) e nel definire i percorsi universit\ue0-impresa (Schoier e Monte). Il lavoro si conclude con intervento (Podrecca) che espone le indicazioni derivanti dalla letteratura teorica: una riduzione della flessibilit\ue0 contrattuale a fronte di un\u2019elevata accumulazione di capitale umano supporta lo sviluppo dell\u2019economia locale, anzich\ue9 ostacolarlo

    Lifting the dust veil from the Globular Cluster Palomar2

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    This work employs high-quality {\em Hubble Space Telescope} ({\em HST}) Advanced Camera for Surveys (ACS) F606W and F814W photometry to correct for the differential reddening affecting the colour-magnitude diagram (CMD) of the poorly-studied globular cluster (GC) Palomar\,2. Differential reddening is taken into account by assuming that morphological differences among CMDs extracted across the field of view of Palomar\,2 correspond essentially to shifts (quantified in terms of δE(BV)\delta E(B-V)) along the reddening vector due to a non-uniform dust distribution. The average reddening difference over all partial CMDs is δE(BV)=0.24±0.08\overline{\delta E(B-V)}=0.24\pm0.08, with the highest reaching δE(BV)=0.52\delta E(B-V) =0.52. The corrected CMD displays well-defined and relatively narrow evolutionary sequences, especially for the evolved stars, i.e. the red-giant, horizontal and asymptotic giant branches (RGB, HB and AGB, respectively). The average width of the upper main sequence and RGB profiles of the corrected CMD corresponds to 56\% of the original one. Parameters measured on this CMD show that Palomar\,2 is 13.25\approx13.25\,Gyr old, has the mass M1.4×105mM\sim1.4\times10^5\,m_\odot stored in stars, is affected by the foreground E(BV)0.93E(B-V)\approx0.93, is located at d26d_\odot\approx26\,Kpc from the Sun, and is characterized by the global metallicity Z/Zo0.03Z/Zo\approx0.03, which corresponds to the range 1.9[Fe/H]1.6-1.9\leq [Fe/H] \leq-1.6 (for 0.0[α/Fe]+0.40.0\leq[\alpha/Fe]\leq+0.4), quite consistent with other outer halo GCs. Additional parameters are the absolute magnitude MV7.8M_V\approx-7.8, and the core and half-light radii rC2.6r_C\approx2.6\,pc and RHL4.7R_{HL}\approx4.7\,pc, respectively.Comment: Accepted for publication by MNRA

    Social Accountability and Open Government: Different Types of Collaborative Engagement

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    [extract] This presentation discusses how social accountability and open government approaches can improve the provision of public goods and services through prioritizing constructive engagement. Interventions aim to bridge state and civil society actors and, potentially, to encourage co-production. Nevertheless, these efforts do not come in a one-size fits all model of collaborative engagement.We present a typology of collaborative engagement associating different forms of engagement to four types of bridges: cable-stayed bridge, movable bridge, step stone bridge and pier. This typology results from a theoretical-empirical exercise on the interaction between context, strategy and organization. Different types of bridges explain the potential and limits of state-society engagement to tackle public policy and governance problems.We illustrate these types with a series of local social accountability and open governance interventions in Brazilian cities, researched in 2015 and 2016. What the Brazilian experience suggests is that, in the implementation of collaborative open government and social accountability strategies, the actions (as opposed to static plans or structures) serve as bridges between components of the state and elements of the societies to which they belong. The different local political contexts where action happens, shapes and can be shaped by organizational structures and strategies that show different forms of engagement
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