On a generalization of the Dvoretzky-Wald-Wolfowitz theorem with an application to a robust optimization problem

A generalization of the Dvoretzky-Wald-Wolfowitz theorem to the case of conditional expectations is provided assuming that the $\sigma$-field on the state space has no conditional atoms.Comment: 10 page

Faculty Development Centri di Professionalit\ue0 Accademica (CPA)

mondo universitario ha subito un\u2019ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell\u2019eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli pi\uf9 evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l\u2019offerta formativa: dal momento che si \ue8 modificato il modo di concepire l\u2019apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che \ue8 diventato sempre pi\uf9 importante e l\u2019aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un\u2019elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle universit\ue0 nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l\u2019espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attivit\ue0 svolte in un ateneo. Nella realt\ue0 italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell\u2019esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non \ue8 necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell\u2019ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l\u2019effettivo esito di tutte queste azioni. L\u2019effetto finale \ue8 un evidente declino (Capano et al., 2017) dell\u2019istituzione universitaria. Si pu\uf2 ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: \ue8 quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un\u2019efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunit\ue0. Il presente studio si propone come un\u2019analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l\u2019obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell\u2019oggetto, in modo che l\u2019esplicitazione della datit\ue0 raccolta fornisca un\u2019analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un\u2019avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L\u2019offerta formativa \ue8 concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalit\ue0 didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge \ue8 demandato all\u2019impegno del singolo, senza che l\u2019istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualit\ue0 dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessit\ue0 di migliorare la qualit\ue0 dell\u2019insegnamento non \ue8 mai stata cos\uec stringente e sfidante come lo \ue8 oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. \uc8 necessario affrontare temi quali l\u2019inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l\u2019incapacit\ue0 dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessit\ue0 degli ambienti accademici, le attese e le responsabilit\ue0 istituzionali, la necessit\ue0 di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessit\ue0 di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualit\ue0 della didattica \ue8 inoltre essenziale perch\ue9 consente di ridurre il numero degli abbandoni. \uc8 venuto il momento di transitare da un\u2019offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuit\ue0 nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa \ue8 il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialit\ue0? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). \uc8 finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacit\ue0 di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, \ue8 risultato necessario identificare le principali modalit\ue0 formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l\u2019apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale \ue8 stato utile prendere in esame le attivit\ue0 proposte dai pi\uf9 importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell\u2019organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L\u2019analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realt\ue0 \ue8 risultata molto utile poich\ue9 ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati \ue8 stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l\u2019istituzione di \u201cCentri per la professionalit\ue0 accademica\u201d, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realt\ue0 del nostro paese

The integration of 3D modeling and simulation to determine the energy potential of low-temperature geothermal systems in the Pisa (Italy) sedimentary plain

Shallow, low-temperature geothermal resources can significantly reduce the environmental impact of heating and cooling. Based on a replicable standard workflow for three-dimensional (3D) geothermal modeling, an approach to the assessment of geothermal energy potential is proposed and applied to the young sedimentary basin of Pisa (north Tuscany, Italy), starting from the development of a geothermal geodatabase, with collated geological, stratigraphic, hydrogeological, geophysical and thermal data. The contents of the spatial database are integrated and processed using software for geological and geothermal modeling. The models are calibrated using borehole data. Model outputs are visualized as three-dimensional reconstructions of the subsoil units, their volumes and depths, the hydrogeological framework, and the distribution of subsoil temperatures and geothermal properties. The resulting deep knowledge of subsoil geology would facilitate the deployment of geothermal heat pump technology, site selection for well doublets (for open-loop systems), or vertical heat exchangers (for closed-loop systems). The reconstructed geological-hydrogeological models and the geothermal numerical simulations performed help to define the limits of sustainable utilization of an area's geothermal potential

3D geothermal modelling of the Mount Amiata hydrothermal system in Italy

In this paper we build a subsurface model that helps in visualizing and understanding the structural framework, geology and their interactions with the Mt. Amiata geothermal system. Modelling in 3D provides the possibility to interpolate the geometry of structures and is an effective way of understanding geological features. The 3D modelling approach appears to be crucial for further progress in the reconstruction of the assessment of the geothermal model of Mt. Amiata. Furthermore, this model is used as the basis of a 3D numerical thermo-fluid-dynamic model of the existing reservoir(s). The integration between borehole data and numerical modelling results allows reconstructing the temperature distribution in the subsoil of the Mt. Amiata area. Keywords

PIXE mapping on multiphase fluid inclusions in endoskarn xenoliths of AD 472 eruption of Vesuvius (Italy)

In this work we report a microthermometric and proton-induced X-ray emission (PIXE) mapping investigation on multiphase fluid inclusions hosted within nepheline and clinopyroxene of endoskarn xenoliths present in the deposits of the AD 472 eruption of Vesuvius. PIXE mapping on magmatic fluid inclusions repesents a useful tool for the characterization of the composition of magma derived fluids, exsolved from active magma chambers. In fluid inclusions we observed the occurrence of widespread solid phases formed by Fe, Pb, Zn, As ± Cu ± Mn, suggesting the good metal transport capability of Vesuvius magmatic fluids, which interacted with carbonate country rocks leading to the formation of endoskarn

Can Shading Affect Nitrogen Fixation Of Forage Legume Swards? An Assessment Of B-Value Through The 15N Natural Abundance Method

Tree-based intercropping systems are gaining pace as a land-use strategy to cope with climate change and provide environmental, economic, and social benefits. The integration of nitrogen-fixing crops between trees can be a solution to increase the land productivity and reduce the reliance on external inputs by increasing nitrogen (N) availability and then both tree and crop growth. Intercropping perennial legumes with trees can also reduce nitrogen losses, due to the higher amount of N accumulated in stable forms in the soil due to biological N₂-fixation and N root compartimentation. On the other hand tree competition for light, water and nutrients eventually could limit legume growth and N₂-fixation. The isotopic method based on ¹⁵N natural abundance is one of the most used methods to assess Biological Nitrogen Fixation (BNF). The B-value, that is defined as the δ¹⁵N value of a legume when completely dependent on N₂-fixation for satisfying its N demand, is of primary importance for BNF estimations. The B-value may vary with species, plant age at harvest and growing conditions, e.g. light availability. Therefore, the B-value found in literature could not be representative for all legumes and environments, in particular for legumes grown intercropped with trees and thus subject to shading conditions. In this pot experiment we assessed the B-value of several forage legumes, as affected by different levels of simulated shading and grown in N-free medium. A greenhouse pot experiment was established in March 2021 at the Department of Agriculture, Food and Environment (DAFE) of the University of Pisa to determine the B-value for ¹⁵N calculations about two forage legume species grown in a field trial located at the Center of Agri-Envirnomental Research “Enrico Avanzi” of the University of Pisa, San Piero a Grado (Pisa) (43°41'6.97"N 10°20'29.22"E), using the same shade treatments

Trayectoria a largo plazo de algunas especies de Elasmobranquios en los mares de Toscana (Mediterráneo noroccidental) a través de 50 años de datos de captura

The time series of elasmobranch catch rates off the Tuscany coasts (NW Mediterranean) were investigated by means of min/max auto-correlation factor analysis in order to estimate variations in population abundance and evaluate the influence of environmental and anthropogenic factors. The analyses highlighted a general decreasing trend in the catch rates of sharks and skates from 1961 to the mid-1990s, mainly influenced by the increase in fishing effort. Since the 1990s, the EU Common Fishery Policy for the Mediterranean has promoted the reduction of fishing fleets through incentives to vessel demolition. The Porto S. Stefano trawl fleet has decreased by about 50%, leading to a decrease in fishing effort which seemed to be the most relevant factor affecting the increasing trend shown by the catch rates of Galeus melastomus, Scyliorhinus canicula and skates from 1991 to 2009. The elasmobranch assemblage did not undergo major shifts but the weighted frequency of occurrence shows that elasmobranchs were more frequent in the past. Particular caution should be paid in interpreting the recent rebound of some species as an early sign of recovery: trawl survey data and landing data show that over the last 50 years elasmobranch fauna have undergone a drastic decline and that recent rebounds are still far from a recovery to historical levels.Se investigaron las series históricas de datos de captura de algunas especies de Elasmobranquios en los mares de Toscana (Mediterráneo noroccidental), por medio del análisis de auto-correlación factorial MAFA, con el fin de evaluar las variaciones en la abundancia de poblaciones y la influencia de factores ambientales y antropogénicos. Los análisis permitieron poner en relieve una tendencia a la disminución, a partir de 1961 hasta la mitad de los años 1990, de las tasas de captura de las especies de tiburones y rayas demersales. Esta disminución parece ser debida principalmente al aumento del esfuerzo pesquero. Sin embargo, desde 1990 capacidad y actividad pesquera mostraron una tendencia a la disminución, como resultado de la Política Pesquera Común de la UE para el Mediterráneo. La flota de arrastre de Porto Santo Stefano disminuyó en un 50%; esta reducción parece ser el factor más importante que produjo un aumento en los indices de abundancia relativa de Galeus melastomus, Scyliorhinus canicula y de las rayas, desde 1991 a 2009. Sin embargo la composición en especies de los Elasmobranquios no ha mostrado evidentes cambios en el tiempo, a pesar de muchas especies que han sufrido una disminución en la frecuencia de occurrencia. Por lo tanto, la interpretación de estos resultados como señal de recuperación de las poblaciones de elasmobranquios, necesita de una precaución especial. De hecho durante los últimos 50 años la fauna de elasmobranquios en el Mediterráneo ha sufrido una drástica reducción y todavía no se está observando ninguna considerable señal de recuperación

Deformation and fluid flow in the Munsiari Thrust (NW India): A preliminary fluid inclusion study

A fluid inclusion study was carried out on quartz veins deformed during the activity of the Munsiari Thrust in the Garhwal Himalaya (India, Western Himalaya). These veins are hosted in mylonitic phyllites, with a greenschist mineral assemblage made of quartz-white mica-biotite-chlorite-epidote and minor calcite and plagioclase. Within the veins two groups of isolated “early fluid” inclusions and trails of small secondary fluid inclusions have been observed. Two types of inclusions preserved in isolated groups have been petrographycally recognized: (i) a two liquids and a vapor phase (L1+L2+V) that is the most common type and (ii) a less frequent liquid and a vapor phase (L+V). Both types of fluid inclusions were investigated through optical microthermometric experiments. For “early fluid” inclusions, assuming a trapping temperature based on quartz dynamic recrystallization mechanisms and previous P-T estimates, in the range of 500-520 °C, a corresponding trapping pressure in the range of c. 0.50-0.53 GPa is estimated. The trapping pressure range evaluated in the present contribution support that these fluid inclusions have been entrapped during the early stages of the activity of the Munsiari Thrust

The “discard problem” in Mediterranean fisheries, in the face of the European Union landing obligation: the case of bottom trawl fishery and implications for management

Since the first introduction of the landing obligation (a.k.a. Discard ban) in 2015, the EU Mediterranean fisheries are facing some unforeseen challenges. The demersal bottom trawl fisheries, being the most significant contributors to the so-called 'discard problem', are confronted with the greatest challenges. Data from the Italian and the Greek fleet, spanning over two decades (1995–2015), were analysed with the intention of revealing the diversity and heterogeneity of the discard problem, especially for regulated species. Species composition of discards, as well as discarding rates, were shown to be irregular, fluctuating among areas, depth strata, seasons and years. Although fish dominated the discarded gross catch in weight, benthic invertebrates (other than commercial cephalopods and crustaceans) were the taxa discarded almost exclusively. The established minimum conservation reference size was largely ignored by fishers. From a management point of view, the present investigation suggests that the recently established Discard Management Plans lack scientific evidence (given the high intrinsic variability of the parameters and confusion regarding the rules) and provide exemptions from the landing obligation that will in practice allow the average Mediterranean bottom trawl vessel to continue business as usual. Moreover, detecting if these rules are actually respected is an almost impossible task for the Mediterranean control and enforcement authorities. Incentivizing the adoption of fishing technologies and practices that reduce pre-harvest mortality and post-harvest discards, while avoiding damage to sensitive marine species and habitats, seems the only way to move forward, rather than dealing with the problem after it has occurred