11,128 research outputs found

    La prima edizione di un testo anglosasone: un falso(?) elisabettiano.

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    Nel 1567 a Londra, M. Parker, arcivescovo di Canterbury, cura l'edizione a stampa del primo testo anglosassone. Si tratta di un'omelia di Aelfric (X sec.) abate di Eynsham e illustre rappresentante della rinascita benedettina anglosassone. La scelta di dare alle stampe, accompagnato da una traduzione e da un'introduzione, quest'omelia sul mistero eucaristico, si inserisce nelle attività di propaganda della nuova chiesa anglicana, alla ricerca di una legittimazione storica e dottrinaria

    Trust e fallimento: utilizzo nelle procedure concorsuali

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    Il presente contributo indaga le possibili applicazioni che l'istituto del trust, di tradizione anglosassone, quale mezzo di separazione patrimoniale, può esplicare nell’ambito del diritto fallimentare italiano

    Una nota sulla storia del concetto di imprenditore

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    Relativamente alla figura dell’imprenditore, appare assumere una certa consistenza l'ipotesi che si sia a lungo mantenuta una sorta di dicotomia fra due tradizioni di ricerca: quella prevalente sul continente europeo, che, prendendo le mosse dall'Italia tardo-medievale, giunge fino a Schumpeter e ai suoi epigoni; e quella anglosassone, che sviluppatasi nell'Inghilterra della scuola classica avrà poi nell'America del Novecento l'ambiente ideale per la sua affermazione. Nella tradizione continentale, in cui prevale un approccio ermeneutico/interpretativo, la rappresentazione del processo economico lascia spazio per l'agire individuale e per la vitalità e la creatività dei soggetti economici. In quella anglosassone, invece, sempre più caratterizzata da uno "stile" analitico\ la ricerca del funzionamento oggettivo del sistema economico rigetta un'analisi del comportamento individuale distinta, e indipendente, dalle dinamiche delle macrograndezze economiche

    La geopolitica vista dal mare: la scuola anglosassone

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    Sebbene i geografi britannici di fine Ottocento guardino prevalentemente al faro tedesco, un’altra grande fonte di ispirazione è in casa loro: si tratta di Charles Darwin e di tutto il côté evoluzionista. La visione di Humboldt e Ritter è improntata al concetto di «armonia», in qualche modo statico. I successi ottocenteschi dell’evoluzionismo rivoluzionano la scienza e, non ultima, la geografia: la realtà è vista ora come dinamica (evoluzione) e competitiva (lotta per la sopravvivenza). La natura non è più un dono divino fatto all’uomo perché la utilizzi a suo piacimento, né il bucolico scenario di un’avventura umana da esso svincolata: l’umanità è inserita nella natura, ne è parte costituente, capace talvolta di manipolarla, ma più spesso plasmata da ess

    Sergio Cremaschi su metaetica ed etica applicata

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    Cremaschi’s book (Normativity within the Bounds of Plural Reasons, Helsingforts, NSU Press, 2007) presents a critical exposition of the development of contemporary moral philosophy. A virtue of the book rarely found in other philosophical survays is the parallel representation of the themes discussed both in the Anglo-Saxon tradition and in the continental one. The final part of the book is devoted to recent developments in applied ethics

    Ripensare la pianificazione: le Community Land Trust

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    Cosa sono le Community Land Trust? Qual è il principio che vi sta alla base? Possono queste rappresentare una soluzione alternativa per la nuova questione abitativa? L'articolo prova a rispondere a tali quesiti raccontando l'esperienza anglosassone delle CLT

    Naturalizzazione senza naturalismo: una prospettiva per la metaetica

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    I discuss first the meaning of naturalism in philosophy and then the sense in which it has been introduced in ethics: that of American Naturalism, that of Dewey’s pragmatism, the sense of a negation of Moore’s negation of naturalism, the neo-Aristotelian, and the one of the external realists. I will argue a fundamental heterogeneity of these meanings and will add that the reasons for the apparent unity of a naturalist front in recent philosophical debates lies more in factors pertaining to the sociology of knowledge. I will suggest that there is one sense in which a naturalism claim may be defended, the sense of Aristotle and Dewey, according to which moral good is not specifically moral in its nature. I will add that programs of scientific exploration into biological bases of behaviour and co-ordination of behaviour within groups are highly promising, but are in no sense ‘naturalistic’ and are indeed compatible with ethical intuitionism, or Kantian ethic
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