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    Iconograhpy subdued power: The works and clients of Alessandro Baratta, engraver and topographer in the early XVII entury

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    Alessandro Baratta “intagliatore di stampe di rame”, è l’autore della veduta topografica Fidelissimae urbis neapolitanae…, del 1629, la più importante raffigurazione della città di Napoli nel Seicento. Originario di Scigliano Calabro, nacque intorno al 1583, e svolse la sua attività tra il 1606 e il 1637 a Roma, ma soprattutto a Napoli dove condusse una attivissima bottega specializzata nella tecnica di incisione a bulino legata all’illustrazione libraria e alla produzione di stampe d’iconografia urbana nelle quali si fondono echi provenienti dalla cultura figurativa romana, che ebbe modo di assorbire negli anni della formazione, e spagnola assimilata indirettamente attraverso le esigenze dei committenti. Egli si fece interprete dei desiderata di una committenza assai varia la quale influì in parte sull’identità e formazione dell’artista. Con la sua maestria grafica creava immagini che comunicassero auctoritas divenendo potenti strumenti di legittimazione e autoesaltazione del potere politico ed ecclesiastico.Alessandro Baratta “intagliatore di stampe di rame”, is the author of the topographic view Fidelissimae urbis naepolitanae..., dated 1629, and it is the most important representation of the city of Naples of the 17th century. He was born in Scigliano Calabro around 1583 and worked in his profession between 1606 and 1637 in Rome, but above all in Naples, where he headed a busy shop specialized in the engraving technique. The primary focus of his work was book illustration and prints related to urban iconography stemming from the ancient Roman figurative culture that he progressively developed through the work given to him. Indeed, he did work for a broad range of clients, and this variety influenced partly his identity and training as an artist. Through his graphic mastery, he was able to create images that evoked auctoritas, thus his works became powerful tools for the legitimization and self-glorification of both the political and ecclesiastical power

    La città medievale è la città dei frati? Is the medieval town the city of the friars?

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    Fin dalla metà del XIII secolo la presenza degli Ordini mendicanti diventa elemento caratterizzante della città medievale. Questo fenomeno sempre più esteso, che si consolida progressivamente nei decenni seguenti, raggiugendo l’apice nel corso del Trecento, provoca un acceso dibattito all’interno delle comunità conventuali sull’opportunità o meno di erigere complessi duraturi e monumentali nei contesti urbani. La successiva costruzione di una rilevante moltitudine di conventi nella penisola italiana incide profondamente sulle scelte artistiche e architettoniche con soluzioni innovative che verranno replicate, con opportune declinazioni locali, in un ampio contesto territoriale. La crescita della città europea tra XIII e XIV secolo risentirà profondamente della presenza dei conventi mendicanti, determinando l’espansione di alcune aree, l’incremento residenziale e demografico in altre, la trasformazione del tessuto storico prossimo ai principali poli urbani, religiosi e politici. Questo volume, esito del progetto di ricerca interdisciplinare e internazionale, La città medievale. La città dei frati | Medieval city. City of the friars, sostenuto da diversi enti e istituzioni, prospetta molteplici approcci e competenze utili a far luce sulla complessità e la ricchezza di una delle più significative esperienze religiose dell’età medievale e della prima età moderna

    Antonio Buttafuoco e l'Oratorio di Villa Bassi Rathgeb

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    Nella tesi parlerò inizialmente di Villa Bassi Rathgeb nella seconda metà del Settecento, durante il passaggio dalla famiglia Secco ai Dondi Orologio , quando lo stucco sostituisce gli affreschi e il corpo padronale della villa viene ampliato. Mi concentrerò poi sulla descrizione dell’Oratorio, edificato in quel momento e dedicato a Santa Maria di Loreto. L’interno presenta similitudini rispetto al Santuario della Santa Casa di Loreto e viene affrescato da Antonio Buttafuoco, un pittore veronese. Infine mi concentrerò sul Santuario della Santa Casa.In the thesis I will talk initially about Villa Bassi Rathgeb in the second half of the eighteenth century, during the transition from the Secco family to Dondi Orologio , when the stucco replaces the frescoes and the main body of the villa is enlarged. I will then focus on the description of the Oratory, built at that time and dedicated to Santa Maria di Loreto. The interior has similarities to the Sanctuary of the Holy House of Loreto and is frescoed by Antonio Buttafuoco, a painter from Verona. Finally I will focus on the Sanctuary of the Holy House

    La città e i frati. La committenza e i conventi mendicanti tra Duecento e Quattrocento nelle province del Nord Ovest

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    L’arrivo di nuove comunità religiose conventuali nelle città tardomedievali genera una partecipazione attiva da parte di tutti i principali componenti della società: committenti, maestranze e cittadini. Il ruolo svolto dagli Ordini mendicanti e la loro presenza nelle città comunali e nelle capitali di principati territoriali sono determinanti per l’aspetto economico, sociale e per i modelli architettonici adottati. L’insediamento conventuale diviene in breve tempo un elemento costituente e strutturante della società urbana del Duecento e del Trecento. Nelle ricerche in corso sul territorio subalpino sono emerse alcune dinamiche legate alle modalità di ingresso nelle città e all’apertura dei cantieri dei Mendicanti, in particolare dei Predicatori e dei Minori, tra la fine del XIII e il XV secolo. La lunga cronologia dello studio è dovuta alla volontà di includere nell’analisi anche la committenza dei marchesi di Monferrato che arriveranno ad attuare una politica matura nei confronti dei Predicatori solo nel corso del XV secolo. Nello specifico il tema affrontato in questo saggio esamina i rapporti instaurati tra le comunità religiose e la committenza, intesa come l’insieme dei poteri attivi su un territorio, che avvia politiche volte a favorire l’arrivo dei frati e ne determina lo stanziamento in una parte della città, concedendo proprietà ed edifici religiosi dismessi in un primo periodo e successivamente aree per l’edificazione dei nuovi complessi conventuali. "The city and the friars. The patronage and the Mendicant convents in the provinces of the North West (XIII-XV centuries)" keywords: Mendicant Orders; convents; medieval cities; settlement strategies; Northwest Italy The new conventual communities in late medieval cities generates active participation by all the components of society: patrons, masters and citizens. The role played by the Mendicant Orders and their presence in the communal and seigniorial cities were decisive for the economic, social and architectural models that were adopted. The research explores the relationship established between the religious community and its patrons, both public and seigniorial, where the inclusion of religiones novae foundations often seemed to be linked to a precise ‘dynastic development plan’. Therefore, can the arrival of the Mendicants be considered from the point of view of a predetermined project of affirming seigniorial power in the urban context to govern the transformation of the city? The essay develops the theme by exploring the policies pursued by the princes of Achaia, the Savoys and the marquises of Saluzzo and Monferrato (Northwest Italy) regarding the religious communities of friars in the main urban centres of the territory. At the same time, through the numerous cases analysed cases relating to episcopal-communal cities, the study aims to verify the logic behind the inclusion of the convents of the friars Minor and Preacher, and see if it determines the development of the urban fabric around the and the reshaping of historical lots near civil and religious centers of the town

    Roma

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    Sant\u2019Eufemia da Calcedonia: migrazione e ideologizzazioni del culto, produzione di sosia, genesi di luoghi sacri

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    In the first part, the essay follows the routes of early-medieval migrations of martyr Euphemia\u2019s cult and relics through eastern Mediterranean sea, from Calcedonia-Constantinople to the patriarchal area (Aquileia-Grado, with branches into the Friulian inland, to Venice-Padua, Ravenna and Trieste-Parenzo-Rovigno), focusing on the phenomena triggered by the diffusion of Euphemian devotion, which assured its lasting fortune: its increasing ideologization and repeated political use in an antiheretical-antischismatic and identitary key, the multiplication of the reference figure (with the \u2018invention\u2019 of homonymous martyrs in Aquileia, Ravenna and Trieste), the genesis and characterization of sacred places, the modification of natural and urban topography itself in some of the sites affected by that flow. In the second part we recall the late-medieval vicissitudes of the original saint\u2019s main relics and consider a specific case: the attempt to revitalize her cult and church in Padua, which were in a state of deep crisis and neglect. The failure of that attempt and the general impoliticalness of Euphemian cult in the Venetian area in the mid 15th c. brought eventually to reunify some of the ideological and material branches it had divided up and to \u2018parachute\u2019 it (with a cold-blood operation, devoid of local precedents and with a strong commercial taste) in Montepeloso (nowadays Irsina MT). This in turn generated a new pole of Euphemian devotion \u2013 promptly declined, also from the viewpoint of sacred spaces, in both religious and civic-identitary versions and mildly radiating over the territory \u2013 and started an important and lasting flow of Venetian works of art among churches and convents in the Apulo-Lucanian area

    Giuseppe Borsato, 1770 - 1849

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    Fondamentale cardine della civilt\ue0 artistica veneziana durante tutta la prima met\ue0 del XIX secolo, per la prima volta la figura e l'opera di Giuseppe Borsato sono state studiate e analizzate nei molteplici aspetti del suo operato. Borsato, formatosi nell\u2019ambito della scenografia prospettica, fu pittore da cavalletto, decoratore di apparati effimeri, frescante, scenografo ufficiale del Teatro La Fenice per pi\uf9 di dieci anni, detentore della cattedra d'Ornato presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia dal 1812 alla morte e fornitore di modelli per mobilia e arredi sia pubblici, che privati. Oltre che a Venezia, lasci\uf2 importanti testimonianze in centri, quali Trieste, Treviso, Udine, Padova e Vicenza. Responsabile per la decorazione ad affresco dei neo-concepiti Palazzo Reale e Villa Reale a Stra negli anni del dominio napoleonico e nel successivo austriaco, egli ebbe modo di servire, durante il primo, committenti quali il vicer\ue9 Eugenio de Beauharnais e Dominique-Vivant Denon e, nel secondo, la Casa Imperiale d'Austria, molti membri del Governo e della Corte, oltre a un lungo elenco di aristocratici e ricchi possidenti italiani e stranieri bramosi di possedere suoi dipinti e di far decorare le loro dimore. La sua attivit\ue0 non conobbe soste dagli albori del secolo sino alla morte: le molte vedute di sapore canalettiano che esegu\uec, spesso caratterizzate da un intento cronachistico, trascrissero, in genere, pi\uf9 eventi che luoghi, restituendoci la visione di particolari situazioni storiche e 'metereologiche', soprattutto veneziane, testimoniando, nel corso di cinque decenni, anche l'evoluzione del gusto pittorico. Decoratore di molti teatri (intervenne per ben tre volte all'interno de La Fenice) firm\uf2, tra l'altro, le scenografie di prime assolute di opere rossiniane che rimasero delle pietre miliari nel campo dell'allestimento scenico. Convinto sostenitore del 'vero stile' e divulgatore dei modelli Empire, fu forse il maggior responsabile sulle lagune della svolta che il gusto sub\uec con l'avvio dell'Ottocento. Borsato impose in tanti anni di mutazioni politiche e sociali il nuovo 'credo', anche attraverso due importanti raccolte di stampe, nei pi\uf9 disparati campi della figurazione, dando vita a quel particolare volto neoclassico che tanto ancora, a ben guardare, contraddistingue Venezia

    Joseph Heintz il Giovane pittore nella Venezia del Seicento

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    2006/2007Questa tesi di dottorato presenta il catalogo ragionato dell’opera pittorica di Joseph Heintz il Giovane, artista tedesco attivo a Venezia per più di un cinquantennio, dal 1625 al 1678, anno della morte. Il lavoro rispetta l’impostazione tipica di questo metodo conoscitivo aprendosi pertanto con la biografia dell’artista accompagnata dal saggio critico, che introduce il catalogo ragionato delle opere; chiude in clausola la bibliografia. Da questa prima e inedita catalogazione sono emersi diversi aspetti della sua attività, finora poco noti o addirittura sconosciuti. Partendo dall’analisi delle opere a lui precedentemente riferite, si è cercato di differenziare quelle autografe, da quelle di bottega e da quelle estranee al suo pennello. La versatilità di questo artista, che lo spingeva a passare con disinvoltura da un genere all’altro cambiando stile all‘occorrenza, non ha certo agevolato tale compito. Fra le lagune egli si sposò due volte ed ebbe almeno quattro figli, inserendosi pienamente in quel circuito di committenze pubbliche e private che regolavano la vita artistica locale. Il suo contemporaneo Marco Boschini nel 1674 segnalava ventitre dipinti di carattere religioso sparsi nelle chiese veneziane, il suo nome affiora, altresì, con frequenza dall’elenco degli inventari delle collezioni private coeve. Il merito maggiore di Heintz fu quello d’aver affrontato per primo a Venezia il tema della veduta. Se in precedenza qualche artista aveva trasposto su grandi teleri certe significative cerimonie veneziane, fu Heintz il primo a commercializzarle impiegando supporti, le cui dimensioni ridotte rispondevano meglio alle esigenze di una committenza privata. Il successo riscosso da queste opere lo “obbligò” ad avvalersi dell’ausilio di alcuni collaboratori. Due di questi furono sicuramente i figli Daniel e Regina, successivamente pittori in proprio a Venezia; un altro quel Francesco Trevisani che nel 1678, anno di morte di Heintz, si trasferì a Roma per diventare uno dei massimi esponenti del rococò locale. La presenza di collaboratori attivi all’interno della sua bottega giustifica quindi la quantità di dipinti che ancora oggi vengono indebitamente registrati come autografi e che invece debbono esser distinti, in alcuni casi, come opere di bottega e in altri espunti senza indugio dal catalogo. Lo studio attento e una conoscenza precisa del suo ductus pittorico hanno permesso all’autore di sottrargli molti dipinti che ripetevano, senza nerbo e con una condotta evidentemente diversa, quelle tematiche da lui sviluppate e diffuse. Il presente catalogo offre infine una ricostruzione della vicenda biografica dell’artista dedotta, in parte, dallo studio di alcuni interessanti documenti d’archivio, finora inediti.XX Ciclo197

    San Giorgio Maggiore a Venezia: la chiesa tardo-medievale e il coro del 1550

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    Scholars have hitherto given little attention to the lost late-medieval Benedictine church of San Giorgio Maggiore in Venice. The main documentary sources (a 1550-51 book of accounts and a slightly later ceremonial) have only been partially studied, while a superficial interpretation of them led scholars to gross misunderstandings. A re-examination of the documents allows us to formulate a new proposal for the reconstruction of the abbey church and, in particular, of the choirs and the presbytery. The latter had a rather complex arrangement, similar to that of the main chapel of St. Mark; this parallelism is even more significant if we consider the annual doge’s visits to the monastery on the feast of St. Stephen. The main chapel restoration carried out in the mid 16th century could be interpreted as the first stage of an architectural renovation that could be extended to all the medieval church, following the example of Giulio Romano’s intervention in the sister abbey church of San Benedetto Po, near Mantua (1540s). The following ambitious project of a new monumental church by Palladio, however, just fifteen years later, frustrated this hypothetical original plan
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