525 research outputs found

    Fluorescence spectroscopy applied to the optimisation of a desalting step by electrodialysis for the characterisation of marine organic matter

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    The isolation and characterisation of marine dissolved organic matter (DOM) are still not readily achieved today. The study of this chemically complex material is particularly difficult, especially as it is hindered by the high salinity of seawater. It is therefore essential to develop a method in which a sufficient quantity of marine organic matter can be collected for structural analyses. Reverse osmosis (RO) is often used for the concentration of DOM from freshwaters, due to the fact that DOM is not modified during RO and that DOC recoveries are high (about 80%). Unfortunately, RO cannot be used directly to isolate marine DOM,since both salts and organic matter are concentrated during the process. Therefore, marine samples have to be desalted before their concentration by RO. Our aim was to develop a desalting step of seawater by electrodialysis (ED), whilst minimising DOM modifications and losses. The process was first developed with small volumes (2 L) of artificial and Mediterranean seawater and was then applied to larger volumes.We showed that 20 L of Mediterranean seawater could be rapidly desalted (in less than 7 h) and, by monitoring the quality of DOM in desalted subsamples collected during ED using spectrofluorometry, that the quality of DOM was not significantly modified. It was concluded that desalted samples were still representative of the initial seawater samples. It should be noted, however, that care has to be taken in choosing the ratio of the volume of water to be desalted over the membrane surface area in order to limit DOM modifications and losses. Electrodialysis efficiently removed up to 75% of the salts present in the seawater samples whilst recovering most of unaltered DOM. ED and RO could then be combined in order to isolate, concentrate and characterise marine organic matter

    Toxoplasmosi felina: indagini sierologiche, microscopiche e molecolari

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    La toxoplasmosi è una delle zoonosi parassitarie cosmopolita universalmente più comuni. Il relativo agente eziologico, Toxoplasma gondii, è un protista parassita che vive nei gatti e in altri animali a sangue caldo, appartiene agli Apicomplexa ed è l'unico membro noto del genere Toxoplasma. È cosmopolita. Lo scopo di questo studio è cercare di chiarire meglio il ruolo del gatto nella trasmissione della malattia. Per questo intento sono stati analizzati 131 campioni di siero e 133 campioni di feci, di cui 50 incrociati. Su tutti i sieri sono stati ricercati gli anticorpi anti T.gondii, usando l’I.F.A. test per la ricerca di IgG, e la prova dell’agglutinazione diretta per la ricerca di IgG ed IgM. Su tutti campioni di feci è stata fatta una microscopia in chiaro dopo flottazione per la ricerca delle oocisti, mentre sui 50 campioni incrociati di feci è stata fatta anche una PCR nested per la ricerca del DNA di T.gondii. I dati ottenuti sono stati confrontati ed analizzati cercando una eventuale relazione tra il livello di anticorpi presenti nel siero con il momento dell’eliminazione di oocisti. I risultati sierologici e microscopici mostrano indici di prevalenza, in accordo, con quelli descritti in letteratur

    Studio morfologico di un modello sperimentale di atrofia muscolare spinale (SMA) in condizioni basali e dopo trattamento con litio

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    L’Atrofia Muscolare Spinale (SMA) è la più comune malattia neurodegenerativa infantile. La SMA è una malattia autosomica recessiva caratterizzata dalla degenerazione dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale ed è associata ad atrofia e a paralisi muscolare. Esistono quattro forme di SMA (I-IV), classificate sulla base dell’età di esordio della malattia e della sua gravità. I meccanismi molecolari che causano la malattia non sono ancora completamente conosciuti e, attualmente, non esistono cure efficaci per il trattamento dei pazienti SMA. Tutte le forme di SMA sono caratterizzate dalla riduzione dei livelli di espressione della proteina SMN (Survival Motor Neuron), codificata nell’Uomo da due geni omologhi (SMN1 e SMN2) localizzati sul cromosoma 5. I geni SMN1 e SMN2 differiscono solo per 5 nucleotidi di cui uno è localizzato nell’esone 7, responsabile dello splicing alternativo del gene. Il gene SMN1 codifica per una proteina full lenght contenente anche il trascritto dell’esone 7, mentre il gene SMN2 codifica la proteina full lenght solo nel 10% dei casi e nel restante 90% una proteina mancante dell’esone 7, tronca ed instabile. Il gene SMN1 presenta mutazioni nel 98% dei casi di malattia, mentre in tutti i pazienti il gene SMN2 risulta inalterato. Tuttavia, la quantità di proteina full lenght prodotta dal gene SMN2 non riesce a compensare i bassi livelli di proteina SMN. Pertanto varie strategie terapeutiche hanno come target la proteina SMN ed in particolare hanno lo scopo di aumentarne i livelli. Ad esempio, studi in vitro hanno dimostrato che l’acido valproico, un farmaco stabilizzante dell’umore, che inibisce la proteina glicogeno sintasi chinasi 3beta (GSK-3beta), aumenta i livelli della proteina SMN nei fibroblasti di pazienti SMA. In vivo l’acido valproico aumenta i livelli di SMN nel midollo spinale di modelli murini di SMA e rallenta la progressione della malattia. Nel presente studio abbiamo indagato su modelli murini di SMA-III gli effetti dei sali di litio, un altro stabilizzante dell’umore che, come l’acido valproico, inibisce la proteina GSK-3beta. Per valutare gli effetti protettivi del litio è stato utilizzato un modello murino di SMA a lenta progressione (SMA-III) che possiede il genotipo SMN1A2G+/- SMN2+/+ SMN-/- (knock out doppio transgenico). Gli animali SMA-III sono stati trattati con sali di litio (1 mEq/kg) per circa 15 mesi a giorni alterni. Durante il periodo di trattamento gli animali sono stati sottoposti a test motori per valutare gli effetti del farmaco sulla forza muscolare. Quindi gli animali sono stati sacrificati ed il midollo spinale è stato valutato con un approccio morfologico in microscopia ottica ed elettronica e mediante analisi di Western Blot. Dall’indagine è emerso che il litio ha rallentato la progressione della malattia. Inoltre, il litio riduce la perdita dei motoneuroni e ne preserva la morfologia. Le indagini di immunocitochimica e di Western Blot confermano un aumento dei livelli di espressione di SMN dopo trattamento con litio. Questi dati dimostrano che il litio potrebbe avere un ruolo nel contrastare il progredire della malattia. Inoltre, poiché la proteina SMN è espressa in maniera ubiquitaria in vari tipi cellulari, è stata valutata la modulazione della sua espressione da parte dei sali di litio anche nelle cellule PC12, che rappresentano un modello di neurone. Anche negli esperimenti in vitro il litio ha aumentato i livelli della proteina SMN, come osservato in microscopia elettronica e confermato dall’analisi di Western Blot. Tali dati indicano che il litio induce neuroprotezione nei topi SMA producendo un aumento della proteina SMN il cui deficit è responsabile della malattia. L’aumento della proteina SMN indotto da litio, dimostrato anche nella coltura di cellule PC12, fa supporre che tra le molteplici azioni di questa molecola vi sia anche la capacità di modulare l’espressione della proteina. Questa proprietà potrebbe essere dovuta inibizione della proteina GSK-3beta che da altri Autori è stato dimostrata aumentare i livelli della proteina SMN

    "No waving mutant": caratterizzazione fenotipica e molecolare di un mutante "T-DNA tagged" di Arabidopsis thaliana

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    In uno studio compiuto sul trascrittoma di Arabidopsis thaliana in condizioni anossiche sono stati identificati alcuni geni che mostrano una rapida e significativa induzione in seguito all’abbassamento delle concentrazioni di ossigeno disponibile nell’ambiente. Di questi geni sono disponibili i relativi mutanti inserzionali “T-DNA tagged” e fra questi ne è stato identificato uno che presenta interessanti caratteristiche fenotipiche. Il gene in questione è At3g03270, appartenente alla famiglia delle Universal Stress Protein, le quali sembrano svolgere un ruolo importante nelle vie di signalling generate da stress abiotici e biotici. Questo lavoro sperimentale si è occupato di caratterizzare le linee Salk_042828 e Salk_136373, che costituiscono due diversi mutanti inserzionali per il gene preso in considerazione. Dal punto di vista fenotipico sono stati rilevati una serie di caratteri molto interessanti: la linea Salk_042828, cresciuta in piastre verticali poste ad una inclinazione di 75°, mostra radici più corte con ramificazioni ridotte e l’assenza del fenomeno noto come “root waving” se confrontata con il relativo wild type e la linea Salk_136373. La radice primaria è caratterizzata inoltre da un sovrapproduzione di peli radicali. Le foglie sono accartocciate e più affusolate rispetto al wild type ed hanno un comportamento costitutivamente iponastico, con il picciolo che forma un angolo più ampio con il terreno rispetto al wild type. La linea Salk_042828 mostra inoltre una maggiore sensibilità a trattamenti anossici e di sommersione. Dall’analisi trascrizionale è stato infine individuato un cluster di geni particolarmente indotti coinvolti nella risposta alle “reactive oxygen species” (ROS). Per comprendere se la mutazione del gene At3g03270 nella linea Salk_042828 è l’unica responsabile del fenotipo osservato sono state adottate diverse strategie di transgenesi: fenocopiare la mutazione nel wild type, overesprimendo la sequenza genica At3g03270 non mutata nella linea wild type, oppure seguire la strategia della complementazione overesprimendo il gene d’interesse nella sua forma wild type all’interno delle linee mutanti. Le linee transgeniche risultanti aiuteranno a capire se la mutazione in questione è di tipo “gain” o “loss of function”

    A Dynamic Composition and Stubless Invocation Approach for Information-Providing Services

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    The automated specification and execution of composite services are important capabilities of service-oriented systems. In practice, service invocation is performed by client components (stubs) that are generated from service descriptions at design time. Several researchers have proposed mechanisms for late binding. They all require an object representation (e.g., Java classes) of the XML data types specified in service descriptions to be generated and meaningfully integrated in the client code at design time. However, the potential of dynamic composition can only be fully exploited if supported in the invocation phase by the capability of dynamically binding to services with previously unknown interfaces. In this work, we address this limitation by proposing a way of specifying and executing composite services, without resorting to previously compiled classes that represent XML data types. Semantic and structural properties encoded in service descriptions are exploited to implement a mechanism, based on the Graphplan algorithm, for the run-time specification of composite service plans. Composite services are then executed through the stubless invocation of constituent services. Stubless invocation is achieved by exploiting structural properties of service descriptions for the run-time generation of messages

    A DHT-Based Discovery Service for the Internet of Things

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    Current trends towards the Future Internet are envisaging the conception of novel services endowed with context-aware and autonomic capabilities to improve end users' quality of life. The Internet of Things paradigm is expected to contribute towards this ambitious vision by proposing models and mechanisms enabling the creation of networks of "smart things" on a large scale. It is widely recognized that efficient mechanisms for discovering available resources and capabilities are required to realize such vision. The contribution of this work consists in a novel discovery service for the Internet of Things. The proposed solution adopts a peer-to-peer approach for guaranteeing scalability, robustness, and easy maintenance of the overall system. While most existing peer-to-peer discovery services proposed for the IoT support solely exact match queries on a single attribute (i.e., the object identifier), our solution can handle multiattribute and range queries. We defined a layered approach by distinguishing three main aspects: multiattribute indexing, range query support, peer-to-peer routing. We chose to adopt an over-DHT indexing scheme to guarantee ease of design and implementation principles. We report on the implementation of a Proof of Concept in a dangerous goods monitoring scenario, and, finally, we discuss test results for structural properties and query performance evaluation

    A Service-Oriented Approach for Network-Centric Data Integration and Its Application to Maritime Surveillance

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    Maritime-surveillance operators still demand for an integrated maritime picture better supporting international coordination for their operations, as looked for in the European area. In this area, many data-integration efforts have been interpreted in the past as the problem of designing, building and maintaining huge centralized repositories. Current research activities are instead leveraging service-oriented principles to achieve more flexible and network-centric solutions to systems and data integration. In this direction, this article reports on the design of a SOA platform, the Service and Application Integration (SAI) system, targeting novel approaches for legacy data and systems integration in the maritime surveillance domain. We have developed a proof-of-concept of the main system capabilities to assess feasibility of our approach and to evaluate how the SAI middleware architecture can fit application requirements for dynamic data search, aggregation and delivery in the distributed maritime domain

    Numerical integration errors in deep space orbit determination

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    Il progetto di tesi è stato sviluppato durante il periodo di tirocinio svolto all’interno del “Laboratorio di Radio Scienza ed Esplorazione Planetaria” da un'esperienza da cui prende il nome lo stesso elaborato: ”Numerical integration errors in deep space orbit determination”. Lo scopo del sopraccitato laboratorio è stato quello di studiare in modo approfondito il problema kepleriano dei due corpi, per poi passare ad un’analisi del problema dei tre corpi e successivamente a n corpi (con particolare attenzione alle orbite dei satelliti medicei di Giove). Lo studio è stato affiancato ad un costante utilizzo della piattaforma di programmazione Matlab per l’elaborazione e la stesura di codici per il calcolo di traiettorie orbitali ed errori numerici. Infatti, il fulcro del lavoro è stato proprio il confronto di vari integratori e degli errori numerici derivanti dall’integrazione. Nella tesi, dapprima, viene introdotto il sistema Gioviano, vengono presentati i satelliti medicei, delineate le caratteristiche fisiche fondamentali e i principali motivi che portano ad avere particolare interesse nel conoscere lo sviluppo orbitale di tale sistema. In seguito, l'elaborato, dopo una dettagliata descrizione teorica del problema dei due corpi, presenta un codice per la rappresentazione di orbite kepleriane e il calcolo dei relativi errori commessi dal metodo numerico rispetto a quello analitico. Nell'ultimo capitolo, invece, il problema è esteso a più corpi dotati di massa e a tal proposito viene proposto un codice per la rappresentazione delle orbite descritte nel tempo da n corpi, date le condizioni iniziali, e il calcolo dei rispettivi errori nel sistema di riferimento (r,t,n). In merito a ciò, vengono infine testati diversi integratori per cercare quello con le migliori performance e sono poi analizzati alcuni parametri in input al problema per verificare sotto quali condizioni l’integratore lavora meglio

    Human base excision repair complex is physically associated to DNA replication and cell cycle regulatory proteins

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    It has been hypothesized that a replication associated repair pathway operates on base damage and single strand breaks (SSB) at replication forks. In this study, we present the isolation from the nuclei of human cycling cells of a multiprotein complex containing most of the essential components of base excision repair (BER)/SSBR, including APE1, UNG2, XRCC1 and POLβ, DNA PK, replicative POLα, δ and ɛ, DNA ligase 1 and cell cycle regulatory protein cyclin A. Co-immunoprecipitation revealed that in this complex DNA repair proteins are physically associated to cyclin A and to DNA replication proteins including MCM7. This complex is endowed with DNA polymerase and protein kinase activity and is able to perform BER of uracil and AP sites. This finding suggests that a preassembled DNA repair machinery is constitutively active in cycling cells and is ready to be recruited at base damage and breaks occurring at replication forks

    The Rorschach Defense Checklist: Rationale and Validity

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