16 research outputs found
L’evoluzione del contagio in relazione ai territori delle Marche
This chapter discusses the trend of contagion during the first wave of Covid-19 in the Marche Region, in relation to the specific demographic, socio-cultural and economic characteristics of the territory. In particular, the following aspects were taken into consideration: I) location of the main aggregative events that may have contributed to the spread of the virus, II) distribution and evolution of the infection, III) estimate of mortality attributable to the virus, IV) structure of the population by age group and aging index, V) structure of the social-health assistance system, VI) levels of NO2 and PM10 pollution, VII) production system and intra- and extra-regional commuting regimen. Results underline the significant influence of territorial and social dynamics in the spread of Covid-19 in the Marche Region
Improving Safety at Sea through the Implementation of a New Maritime Emergency Management Model
Gli incidenti hanno fatto parte dell’industria marittima sin dal suo inizio. I primi tentativi di eliminare o ridurre gli incidenti erano di natura ingegneristica; tuttavia, gli incidenti spesso non sono dovuti a malfunzionamenti delle apparecchiature, ma sempre più a errori umani. Pertanto, sin dai primi anni ‘90, l’attenzione si è progressivamente spostata sul ruolo del comportamento umano e su come tale comportamento si traduce eventi avversi. Tuttavia, tali eventi avversi si verificano ancora a un ritmo allarmante nonostante tutte le leggi, i regolamenti, le migliori pratiche e la formazione che sono state messe in atto per garantire miglioramenti della sicurezza per oltre un decennio. Gli incidenti marittimi sono raramente il risultato di un unico enorme errore, pertanto la sicurezza marittima deve essere affrontata su base sistemica a tutti i livelli, a livello normativo, organizzativo, gestionale e individuale. Su questa linea, questa tesi affronta la questione del fattore umano in modo originale, proponendo e discutendo l’applicazione di un nuovo modello di gestione delle emergenze che considera le interazioni umane a livello individuale, organizzativo e gestionale per dare al livello normativo un nuovo strumento per migliorare la sicurezza. Analizzando il disastro della Costa Concordia, il primo passo verso il nuovo modello è l’identificazione delle interazioni multilivello che hanno portato all’incidente e hanno caratterizzato l’intera emergenza. L’analisi delle testimonianze degli ufficiali a bordo della Costa Concordia la notte dell’incidente, evidenzia che errori e omissioni a tutti i livelli hanno determinato il fallimento del modello di comando e controllo e una conseguente crisi di comunicazioni. Il secondo passo è approfondire l’analisi del fallimento della leadership e misurare il suo impatto sulle comunicazioni. Attraverso la combinazione di misure di analisi del testo con la social network analysis, è possibile misurare l’emergere di una struttura di leadership informale sulla Costa Concordia che ha parzialmente limitato le carenze nelle comunicazioni. Il terzo passo consiste nell’identificare una possibile struttura di leadership alternativa e più orizzontale che può essere combinata con il modello verticale di comando e controllo. A tal fine sono i marinai che vivono il sistema marittimo ogni giorno sono stati intervistati per avere indicazioni reali e utili su come combinare la leadership orizzontale e verticale nell’ambiente marittimo. Combinando tutte le conclusioni di questi passi conseguenti, il nuovo modello mira a migliorare la sicurezza in mare introducendo un modello di leadership semi verticale nell'ambiente marittimo.Accidents have been part of the maritime industry since its beginning. Early attempts to eliminate or reduce accidents were engineering in nature; however, accidents are often not due to equipment malfunctioning but increasingly to human error. Therefore, since the early 1990s the focus has progressively shifted on the role of human behavior and how that behavior factors into casualties. But,
casualties still occur at an alarming rate in spite of all the laws, regulations, best practices and training that have been in place to guarantee safety improvements for more than a decade. Maritime accidents are rarely the result of a single massive error, so maritime safety has to be addressed on a systemic basis at all levels, regulatory, organizational, managerial and individual. On this vein, this dissertation approaches the human factor issue in an original way, proposing and discussing the application of a new emergency management model that consider human interactions among individual, organizational and managerial level, to give the regulatory level a new instrument to improve safety. Analyzing the Costa Concordia disaster, the first step towards the new model is the identification of the multilevel interactions that leaded to the accident and characterized the entire emergency. The analysis of the testimonies of the officers
working on the Costa Concordia the night of the accident, highlights that errors and omissions at all levels determined the failure of the command and control model and a consequent crisis of communications. The second step is to deep the analysis of the leadership failure and measure its impact on communications. Through the combination of text analytics measures with social network analysis, it
is possible to measure the emergence of an informal leadership structure on the Costa Concordia that partially confined the lacks in communications. Third step consist in identifying a possible alternative and more horizontal leadership structure that can be combined with the command and control vertical model. Mariners living the maritime system everyday are addressed to have real and useful indications on how to combine horizontal and vertical leadership in the maritime environment. Combining all the finding of these consequent steps the new model aims at improving safety at sea by introducing a semi-vertical leadership model in the maritime environment
La riduzione del rischio disastri: dal controllo della natura all'etica ambientale.
L’attuale quadro di cambiamenti ambientali ed in modo particolare le drammatiche mutazioni dei cicli climatici del pianeta sono evidente manifestazione di un insostenibile rapporto uomo–ambiente. I disastri ambientali e la distruzione degli ecosistemi sono costosissime conseguenze dell’errata gestione del territorio. Da qui la necessità di trovare risposte e modelli di sviluppo più equilibrati ed adattati alle condizioni naturali dei vari contesti territoriali. L’approccio ecologico alla riduzione dei disastri cerca l’equilibrio nella dinamicità dei socio–ecosistemi e vede l’origine dei cambiamenti (disturbanze o disastri) non tanto nell’evento naturale estremo per sé (pericolo), quanto nell’esposizione dei processi sociali ed economici (vulnerabilità e rischio) a tali eventi. Questa scuola di pensiero denominata di Human Ecology fu sviluppata verso la fine degli anni 1930 da Gilbert F. White, geografo statunitense, il quale, studiando le esondazioni, si rese conto che per ridurne l’impatto non fosse solo il fiume a dover essere controllato, ma anche la decisione umana di urbanizzare le piane alluvionali. Questo cambio di paradigma culminerà con la transizione da un approccio resistente ai pericoli naturali ad uno resiliente, dalla visione di una natura cattiva, da controllare, a quella di una natura che svolge e produce importanti servizi ecosistemici. Il disastro non è quindi un atto di Dio, ma il fallimento umano nel
trovare il giusto equilibrio fra sviluppo economico e rispetto dei cicli naturali. Trovare modelli di sviluppo sostenibili nel rispetto della natura, significa sviluppare dialetticamente un’etica ambientale che definisca diritti e responsabilità dell’uomo nei confronti di sé stesso e del creato. Tale dialettica si sintetizza nella cosiddetta Political Ecology che, partendo dalle diverse strutture sociali e culturali che hanno generato il rischio, esplora i processi di adattamento al rischio stesso. Questa responsabilizzazione enfatizza la capacità delle persone di proteggere sé stesse e gli altri tramite un adattamento resiliente ai cicli naturali. Da questa prospettiva, l’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’offre la via per affrontare la crisi socio–ambientale attraverso un approccio che si può definire di ‘ecologia integrale’. Tale ispirazione oltrepassa la corrente visione frammentaria del rapporto Uomo–Ambiente ed evidenzia le profonde interconnessioni tra le diverse crisi cercando di risolverle in modo olistico e interdisciplinare
Narrazioni della crisi climatica regioni adriatiche
La comunità scientifica concorda riguardo la natura antropogenica degli attuali cambiamenti climatici. Ciononostante, si stentano a prendere risoluzioni decisive dalla scala globale a quella locale. Le ragioni sono di tipo economico-politico, ma anche sociale-culturale. In questo lavoro viene proposta l’analisi della narrazione della crisi climatica da parte di cittadini appartenenti alle regioni adriatiche italiane coinvolte del Progetto Interreg Italia-Croazia RESPONSe, Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Marche e Puglia. I risultati mostrano differenze territoriali e generazionali di percezione. Emerge, infatti, un diffuso scetticismo verso la crisi climatica e le responsabilità dell’uomo, come anche l’urgenza di agire, sia singolarmente sia come collettività, per limitarne gli effetti
Geografie dello spazio antropizzato e COVID-19 nella Regione Marche
none3noLa zoonosi è una forma di interazione uomo-natura originata con l’addomesticamento degli animali. Recenti studi, tuttavia, sostengono un nesso fra le attuali pandemie e il degrado ambientale di origine antropica. Anche se l’influenza dell’attività antropica sulla trasmissione del virus SARS-CoV-2 ancora non è chiara, certo la sua diffusione concerne aspetti della geografia degli spazi antropizzati. Questo contributo indaga le coincidenze spaziali fra caratteristiche identificative del territorio locale ed effetti della pandemia nella Regione Marche. I risultati suggeriscono che la severità dell’impatto sia legata al conflitto fra spazi costruiti e spazi naturali. Ciò conferma la necessità di ripensare lo sviluppo socio-ecologico per preservare la capacità rigenerativa degli ecosistemi naturali.openColocci, Alesssandra; Casareale, Cristina; Marincioni, FaustoColocci, Alesssandra; Casareale, Cristina; Marincioni, Faust
Paesaggi belli e sicuri per una sostenibile riduzione del rischio.
Da sempre l’uomo ha modellato lo spazio in cui vive al fine di garantire la propria sopravvivenza e sviluppare
un senso di appartenenza ad un luogo. Tuttavia, il crescente sfruttamento delle risorse ha portato all’intensificazione
del degrado ambientale e all’aumento degli eventi estremi e disastri. Nuove forme di governo del territorio si rendono necessarie
per salvaguardare paesaggi e comunità locali. L’imprevedibilità degli eventi naturali rende difficile trasfondere
l’importanza delle attività di mitigazione dei rischi. Altrettanto difficile è la giustificazione delle perdite derivanti
dall’abbandono di aree o infrastrutture pericolose sulla sola previsione probabilistica di un futuro evento estremo. Tuttavia, la
combinazione di elementi del landscape design con tecniche di riduzione del rischio disastri sembra avere potenzialità ancora
inesplorate. L’estetica e l’etica ambientale potrebbero guidare la modellazione del paesaggio verso modelli di uso e gestione
del territorio più stabili e sicuri
Quarant’anni di terremoti nell’Italia centrale: influenze globali e problematiche locali alla base delle azione di (s)radicamento territoriale
I terremoti degli ultimi quarant’anni nell’Italia centrale sono importanti casi studio sulle modalità di ricostruzione post-evento. La scelta del governo centrale di sradicare la popolazione dopo il terremoto di Norcia (1979) portò all’aumento della vulnerabilità sociale ed economica dell’area. Al contrario, la scelta delle istituzioni locali di salvaguardare le attività economiche dopo i sismi di Marche-Umbria (1997) ed Emilia (2012) rafforzò il senso di radicamento. Il ritorno ad
una gestione centralizzata della ricostruzione dopo il terremoto dell’Aquila (2009) ha prodotto forti disagi e conseguenze incerte in termini (s)radicamento. Queste esperienze dovrebbero guidare la scelta delle strategie di ricostruzione del dopo Amatrice-Norcia-Visso (2016-2017).
SUMMARY: The earthquakes happened in central Italy over the last forty years are important case studies on post-event reconstruction models. The choice of the central government to relocate the population after the earthquake of Norcia (1979) led to an increase social and economic vulnerability of the area. On the contrary, the choice of local institutions to safeguard economic activities after the earthquakes of Marche-Umbria (1997) and Emilia (2012) reinforced people’s sense of rootedness. A return to a centralized management style after the earthquake of L’Aquila (2009) is generating great hardship and uncertain consequences in terms of community-territory bond. These experiences should guide the choice of the reconstruction models after the seismic sequence of Amatrice-Norcia-Visso (2016-2017)
The role of the socio-economic context in the spread of the first wave of COVID-19 in the Marche Region (central Italy)
The first wave of COVID-19 arrived in Italy in February 2020 severely hitting the northern regions and delineating sharp differences across the country, from North to South. The Marche Region (central Italy) is a good example of such uneven distribution of contagion and casualties. This paper discusses the spatial diffusion of COVID-19 during the spring of 2020 in the five provinces of Marche and discusses it by means of descriptive and quantitative analysis of local socio-economic variables. Results show that the high impact of COVID-19 in Pesaro and Urbino, the northernmost province of Marche, might be reasonably attributable to higher mobility of local residents, especially northbound. Similarly, the larger contagion among the elderly in the center and norther provinces, is possibly due to a high number of hospices and seniors' residential facilities. Finally, the North-to-South diffusion of the virus can be explained by the Region's transportation infrastructures and urban layout along the coastal area