From perception to the Digital World: phenomenological observations

This article is based on Gibson’s “experimental phenomenology” and ecological perspec- tive. It aims to develop Merleau-Ponty’s concept of “incarnate” by relating it to the more general concept of “illusion” in order to apply it to digital environments and immersive virtual realities. First of all, we should clarify, from a phenomenological point of view, the notion of “world.” Although the concept of “world” is closely linked to that of “reality,” it cannot be superimposed on it. We will analyze this distinction by focusing on specific cases of optical-geometric illusions and their ontological and epistemological implications. We will then extend them from the natural to the digital world

‘Movement as disclosive of being’ Merleau-Ponty: from the psychology of gestalt to the analysis of movement

In this essay we seek to clarify the meaning and theoretical implications of the statement by Merleau-Ponty contained in his 1953 course, Le Monde Sensible et le Monde de l’Expression, according to which movement is ‘revealing of being’. This analysis takes up and comments on chapter 7 of Koffka’s Principles of Gestalt Psychology (dedicated to the issue of movement) and related experiments in particular. We will show that Merleau-Ponty’s idea of ontology of movement emerges from his examination of several exemplary cases. This method of analysis brings to light an idea of similar phenomenology compatible with an experimental phenomenolog

An Update on the Pathogenesis and Treatment of Chronic Recurrent Multifocal Osteomyelitis in Children

Chronic recurrent multifocal osteomyelitis (CRMO), also known as chronic non-bacterial osteomyelitis (CNO), is a rare inflammatory disorder that primarily affects children. It is characterized by pain, local bone expansion, and radiological findings suggestive of osteomyelitis, usually at multiple sites. CRMO predominantly affects the metaphyses of long bones, but involvement of the clavicle or mandible are suggestive of the diagnosis. CRMO is a diagnosis of exclusion, and its pathogenesis remains unknown. Differential diagnosis includes infection, malignancies, benign bone tumors, metabolic disorders, and other autoinflammatory disorders. Biopsy of the bone lesion is not often required but could be necessary in unclear cases, especially for differentiation from bone neoplasia. Non-steroidal anti-inflammatory drugs (NSAIDs) are the first-line treatment. Alternative therapies have been used, including corticosteroids, methotrexate, bisphosphonates, and tumor necrosis factor (TNF)-\u3b1 inhibitors. No guidelines have been established regarding diagnosis and treatment options. This manuscript gives an overview of the most recent findings on the pathogenesis of CRMO and clinical approaches for patients with the condition

Il mondo esterno e l'arte pittorica.Studio di fenomenologia della percezione.

2006/2007Oggetto della ricerca sono i problemi legati all’apparire della cosa, alla possibilità di poterne dubitare e alla sua raffigurazione. L’obiettivo della ricerca è quello di definire e circoscrivere la metodologia della fenomenologia della percezione per applicarla prima – in risposta allo scetticismo – al problema della percezione del mondo esterno e poi alla rappresentazione pittorica. A partire dall’esempio della percezione di un cubo, l’analisi critica del concetto di cosa è stata condotta attraverso una fenomenologia della percezione; benché sia solo uno dei possibili approcci, si è cercato di giustificare il primato della percezione stessa. Il mondo è legato all’aspetto visibile delle cose che lo compongono e che non vanno immaginate o pensate genericamente ma prima di tutto osservate. La chiarificazione della percezione visiva ha condotto all’approfondimento della filosofia della psicologia di Ludwig Wittgenstein: in particolare è stato preso in esame il concetto di «vedere come». L’individuazione di specifici esempi ha avuto come obiettivo quello di restringere le argomentazioni a singoli casi rendendoli pubblici, cioè visibili e accessibili. L’esempio del cubo è stato analizzato e discusso da molti fenomenologi che hanno colto la problematicità della relazione tra gli aspetti visibili e invisibili della cosa; questa indagine è stata utilizzata anche per discutere la tesi scettica, contro la possibilità di poter dubitare dell’apparire della cosa. Per le molte affinità teoriche e in parte metodologiche si è voluto analizzare in modo particolare la seconda parte de La fenomenologia della percezione di Maurice Merleau-Ponty, dedicata appunto all’analisi della cosa e alla percezione del mondo. È stata delineata una fenomenologia della percezione che corrisponde, per molti aspetti metodologici, a quanto sostenuto da Paolo Bozzi, filosofo e psicologo sperimentale che ha raccolto e rielaborato la tradizione della Teoria della Gestalt. È stato quindi indispensabile un confronto tra fenomenologia e psicologia della percezione, mediante il quale sono state esaminate le implicazioni teoretiche ed epistemologiche. In particolare è stata presa in esame la psicologia della forma (Gestalt), nei suoi più recenti sviluppi apportati, per esempio, dai lavori di Gaetano Kanizsa oltre a quelli di Paolo Bozzi. Uno dei punti centrali della ricerca è stato lo studio di come la fenomenologia sperimentale sia arrivata a distinguere pensiero e visione, in particolare nel caso emblematico del «completamento amodale», lungamente esaminato da Kanizsa. Esso consiste nell’osservazione diretta dell’invisibile-visibile: di quel sovrappiù di visibilità, cioè, che è direttamente osservabile nelle cose. La fenomenologia sperimentale ha ampiamente dimostrato come alla base di questo fenomeno non vi siano l’esperienza passata o il retaggio culturale, ma regole interne all’organizzazione della datità fenomenica. Wittgenstein, da parte sua, caratterizza il pensiero come «attività», differenziandolo dalla «stato» percettivo. Il completamento amodale mostra come la percezione visiva abbia regole autonome, diverse e indipendenti da quelle del pensiero: pertanto la messa a fuoco di casi percettivi particolari, in cui la percezione «impone» soluzioni diverse rispetto al pensiero (come le illusioni ottiche di Müller-Lyer o i quadri di Escher), è stata particolarmente significativa per le molteplici implicazioni teoretiche che tali casi hanno comportato. La prima parte di questo lavoro argomenta a favore di un monismo-realismo, di una percezione diretta e di una fenomenologia sperimentale e descrittiva. La seconda parte della ricerca tratta il problema della rappresentazione pittorica, in particolare viene analizzata la nozione di somiglianza (mantenendo sempre un approccio fenomenologico); più precisamente questa parte rappresenta il tentativo di applicare un’idea di percezione visiva allo studio della rappresentazione pittorica, facendo riferimento alla psicologia dell’arte e alle opere pionieristiche di Arnheim, Gombrich e Gibson. Il cubo può essere osservato sia come oggetto fisico sia come rappresentazione; il problema affrontato è se la somiglianza – in particolare dopo le critiche apportate da Nelson Goodman – sta alla base della relazione tra l’oggetto fisico e l’immagine. La risposta è consistita in una parziale difesa della nozione di somiglianza, distinguendo e difendendo la somiglianza percettiva da quella «logica», discussa da Goodman; in accordo con il filosofo americano si è argomentato, per altro, contro l’idea che essa sia una condizione necessaria e sufficiente alla rappresentazione pittorica. L’architettura di questa tesi nasce da un’idea precisa: dopo aver sostenuto nella prima parte che il fenomeno, cioè l’apparire della cosa, deve essere colto iuxta propria principia e assunto direttamente in quanto tale, il passo successivo è consistito nel descrivere la rappresentazione pittorica come un’attività che consiste nel giocare con le modalità dell’apparire della cosa, cioè con regole e modalità intrinseche alla possibilità stessa dell’apparire fenomenico della cosa messe in luce dalla fenomenologia sperimentale.XIX Cicl

Osservazioni sull’indipendenza dell’esperienza immediata: da Frege alla «fenomenologia sperimentale» di Paolo Bozzi

Paolo Bozzi developed his «experimental phenomenology» from the Gestalt psychology tradition, particularly from Gaetano Kanizsa’s method. The distinction between «phenomenal description» and «causal explanation» of the «perception» springs up from the analysis of Bozzi’s «S-D psychophysical scheme». What Frege, who was well-known by Bozzi, deals with in paragraph 71 of The Thought theoretically mirrors what is outlined in the Scheme and could also be intended as its source. The juxtaposition between a «science of observable things» or «experimental phenomenology» – conceived as a science which is autonomous from what happens in the brain – and logics, which is set up autonomously from the thinking processes, is a programmatic element that is openly indicated by the author. Frege’s anti-psychologism and realism are both widely shared by Bozzi. The realism and the «naïve physics» Bozzi was a pioneer of lie at the basis of the so-called «New Realism». The following essay aims to localize and highlight some theoretical implications – up to their phenomenological origins – which can be detected particularly in paragraph 71 of The Thought. The present work tries to sketch out the boundaries and the autonomy of the «first person» perceptive experience and to define the scientific explanation that we can give of it. The distinction between science and experience, and the autonomy of experience from science and of the immediate experience of the content of consciousness from neuroscience, entail the impossibility of a naturalization of the phenomenological experience. In the examples taken from Frege can be found a theoretical bridge which connects the Gestalt perceptological tradition, Wittgenstein’s investigations of the philosophy of psychology, and the so called «New Realism»

Recent advances in the use of Anti-TNF\u3b1 therapy for the treatment of juvenile idiopathic arthritis

Juvenile Idiopathic Arthritis (JIA) encompasses a group of diseases of unknown etiology having in common arthritis in at least 1 joint that persists for 6 weeks and begins before 16 years of age, with other conditions excluded. With a prevalence of 1 per 1,000 children in the USA, JIA is the most common pediatric rheumatic illness and a major cause of acquired childhood disability. During the last 20 years, the advent of host immune response modifiers known as biologic agents, in particular the anti-TNF\u3b1 agents (etanercept, infliximab, adalimumab), which directly inhibit the action of pro-inflammatory mediators, has revolutionized the treatment and the expected outcome of JIA. This article highlights treatment indications of anti-TNF\u3b1 drugs and their more frequent side effects in JIA patients

Pain Intervention for Infant Lumbar Puncture in the Emergency Department: Physician Practice and Beliefs

Objectives:  The objectives were to characterize physician beliefs and practice of analgesia and anesthesia use for infant lumbar puncture (LP) in the emergency department (ED) and to determine if provider training type, experience, and beliefs are associated with reported pain intervention use. Methods:  An anonymous survey was distributed to ED faculty and pediatric emergency medicine (PEM) fellows at five Midwestern hospitals. Questions consisted of categorical, yes/no, descriptive, and incremental responses. Data were analyzed using descriptive statistics with confidence intervals (CIs) and odds ratios (ORs). Results:  A total of 156 of 164 surveys (95%) distributed were completed and analyzed. Training background of respondents was 52% emergency medicine (EM), 30% PEM, and 18% pediatrics. Across training types, there was no difference in the belief that pain treatment was worthwhile (overall 78%) or in the likelihood of using at least one pain intervention. Pharmacologic pain interventions (sucrose, injectable lidocaine, and topical anesthetic) were used in the majority of LPs by 20, 29, and 27% of respondents, respectively. Nonpharmacologic pain intervention (pacifier/nonnutritive sucking) was used in the majority of LPs by 67% of respondents. Many respondents indicated that they never used sucrose (53%), lidocaine (41%), or anesthetic cream (49%). Physicians who thought pain treatment was worthwhile were more likely to use both pharmacologic and nonpharmacologic pain interventions than those who did not (93% vs. 53%, OR = 10.98, 95% CI = 4.16 to 29.00). The number of LPs performed or supervised per year was not associated with pain intervention use. Other than pacifiers, injectable lidocaine was the most frequently reported pain intervention. Conclusions:  Provider beliefs regarding infant pain are associated with variation in anesthesia and analgesia use during infant LP in the ED. Although the majority of physicians hold the belief that pain intervention is worthwhile in this patient group, self‐reported pharmacologic interventions to reduce pain associated with infant LP are used regularly by less than one‐third. Strategies targeting physician beliefs on infant pain should be developed to improve pain intervention use in the ED for infant LPs.Peer Reviewedhttp://deepblue.lib.umich.edu/bitstream/2027.42/98758/1/j.1553-2712.2010.00970.x.pd