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    Effetti del pesticida 2,2-Bis(4-Clorofenil)-1,1-Dicloroetilene (DDE) sulla morfologia, funzionalità e dinamica mitocondriale nel testicolo e nel fegato di ratto

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    Il 2,2-Bis(4-Clorofenil)-1,1-Dicloroetilene (DDE), è il principale metabolita prodotto dalla degradazione del DDT e presenta un'elevata liposolubilità, una scarsa idrosolubilità e una grande resistenza alla fotossidazione, caratteristiche che lo rendono molto stabile e persistente nell'ambiente e che gli permettono di avere un'elevata capacità di bioaccumulo. Infatti nonostante nei paesi occidentali DDT e DDE siano stati banditi da molti anni, il DDE in particolare si ritrova ancora nei tessuti grassi degli organismi, uomo compreso. Gli effetti del DDE si evidenziano a livello del tessuto nervoso, delle ghiandole endocrine, del fegato e dell'apparato riproduttore. In questo studio l'attenzione è stata focalizzata sul fegato e sul testicolo di ratti. In particolare, dal momento che il DDT ed il DDE agiscono a livello mitocondriale, presumibilmente agendo come disaccoppianti, nel mio progetto di ricerca ho deciso di utilizzare i mitocondri come possibili biomarkers del danno tossico da pesticidi e chiarire il meccanismo tramite il quale il DDE può eventualmente indurre danno a livello mitocondriale e cellulare. Sono stati scelti i mitocondri epatici poichè il fegato è l'organo deputato, fra l'altro, ai processi di detossificazione e quelli del testicolo dal momento che i pesticidi hanno effetto anti-androgenico e che nei mitocondri avviene la prima tappa del processo di steroidogenesi. Ho valutato gli effetti del DDE sulla bioenergetica mitocondriale ed ho verificato le possibili variazioni delle proteine della dinamica mitocondriale, un campo di studi che negli ultimi quindici anni ha avuto un forte impulso, considerate le strette interrelazioni fra dinamica e funzionalità mitocondriale. Ho, altresì, seguito al microscopio elettronico le eventuali alterazioni ultrastrutturali di questi organelli causate dalla somministrazione del DDE. Il protocollo sperimentale ha previsto di valutare sia gli effetti acuti con una forte dose di DDE, sia quelli cronici con somministrazioni di dosi minime e continue, come avviene per gli organismi viventi nell'ambiente naturale. L'effetto acuto è stato valutato su mitocondri di fegato isolati a cui in vitro è stata somministrata una dose di DDE di 157 nmol/mg proteina. Gli studi in vivo ed ex vivo (con l'isolamento dei mitocondri dei ratti in studio) sono stati eseguiti sul fegato e sul testicolo di ratti Wistar alimentati con differenti tipi di diete per un periodo di 4 settimane. L'uso di differenti diete è stato pensato per valutare l'impatto del DDE, molto liposolubile, associato a diete iperlipidiche. Le diete sono state le seguenti: standard di laboratorio N, ricca in lardo D, con l'aggiunta di DDE alle stesse (N+DDE, D+DDE). La dose di DDE utilizzata per gli studi in vivo è stata di 10 mg/kg di peso corporeo dell'animale. Gli studi in vitro sui mitocondri epatici mostrano una significativa diminuzione delle capacità respiratorie, danneggiando sia la via respiratoria NADH-linked che FADH2-linked, una ridotta capacità di ossidare gli acidi grassi e un severo danno all'integrità dei mitocondri. Il trattamento cronico ex vivo con dosi basse di DDE provoca un adattamento funzionale nei ratti trattati. I mitocondri, infatti, presentano un aumento della capacità di ossidare acidi grassi; ciononostante si può rilevare mediamente un modesto danno all'integrità mitocondriale come indicato dall'abbassamento dell'RCR. Altro aspetto è l'aumento dello stress ossidativo, con aumento dell'H2O2 e dei perossidi lipidici nei trattati con DDE. Per quanto concerne l'effetto del DDE sulla dinamica e sulla morfologia mitocondriale, è noto ormai che i mitocondri sono organelli dinamici, la cui forma e dimensioni, lunghezza e numero sono variabili e controllati dai processi di fissione e fusione. Questi due processi sono regolati da grandi GTPasi che sono rispettivamente Mfn1 e 2 ed OPA1 per la fusione delle membrane mitocondriali esterne ed interne, e Drp1 e Fis1 per la fissione mitocondriale. Lo studio delle proteine della dinamica, tramite western blot, evidenzia che esse variano negli animali trattati sia con semplice dieta iperlipidica che con DDE, rispetto ai ratti di controllo. In particolare, nella sola dieta iperlipidica si nota un aumento di Drp1 ed una diminuzione della Mfn2, il che sta ad indicare uno spostamento verso il processo di fissione che quindi prevale sulla fusione. A livello morfologico si nota un maggior numero di mitocondri piccoli, circolari rispetto ai tubulari più lunghi. Nei trattati con DDE (D+DDE e N+DDE) aumentano sia Drp1 sia Mfn2 ad indicare che in questi animali, c'è una maggiore biogenesi mitocondriale, probabilmente come meccanismo adattativo per riparare i danni indotti dal pesticida: i mitocondri si frammentano per eliminare parti danneggiate e si fondono con altri mitocondri per recuperare molecole perdute. A livello ultrastrutturale si notano varie forme di alterazioni dei mitocondri nei ratti D+DDE e N+DDE: mitocondri donut, che si formano in condizioni di stress ossidativo e mitocondri con processi di bulging, cioè erniazioni che vengono interpretate come immagini testimonianti l'apertura del poro di transizione di permeabilità. La proteina OPA1 oltre ad intervenire nel processo di fusione mitocondriale, è implicata anche nel rimodellamento delle creste, processo indipendente da quello della fusione. Studi recenti hanno evidenziato la presenza di diverse isoforme di OPA1, fra cui OPA1-L (100 KDa) intramembrana e la forma solubile OPA1-S (80 KDa), che formano un complesso oligomerico legato alla membrana mitocondriale interna (m.m.i.) a livello delle giunzioni delle creste che è in grado di tenere chiuse le creste. Western blot, per OPA1, nel fegato, mostrano come ci sia una diminuzione di OPA1-L negli animali trattati col DDE rispetto agli animali N, e come a questo corrisponda un aumento di OPA1-S (80 KDa) rispetto ai controlli. In condizioni normali l'oligomero di OPA1 tiene chiuse le giunzioni e tiene prigioniero all'interno delle creste il citocromo c. I western blot da me allestiti mostrano una diminuzione di citocromo c mitocondriale negli animali trattati col DDE alla quale corrisponde un aumento di cit.c citosolico, probabilmente dovuto al forte stress ossidativo provocato dal DDE che causa la disoligomerizzazione di OPA1 e l'apertura delle creste. Generalmente questi eventi innescano, poi, il processo di apoptosi. Tramite real time PCR e western blot ho valutato l'espressione di un marker più tardivo dell'apoptosi, Chop/Gadd153. I risultati ottenuti mostrano un aumento sia del messaggero che della proteina negli animali trattati con il DDE. Infine, per quanto riguarda il testicolo, come per il fegato, ho valutato le capacità respiratorie dei mitocondri isolati relative allo stato 4 (in assenza di ADP), allo stato 3 (in presenza di ADP) ed il rapporto di controllo respiratorio o RCR (dato dal rapporto stato3/stato 4), indice di integrità dei mitocondri. I risultati ottenuti mostrano che dopo 4 settimane di trattamento non si ha nessuna variazione significativa dello stato 4 della respirazione in presenza di piruvato, come substrato, anche se si osserva una tendenza alla diminuzione nei due gruppi di ratti trattati con DDE. Per quanto riguarda lo stato 3 si osservano invece delle variazioni significative tra i gruppi sperimentali. In particolare si osserva una diminuzione significativa della respirazione in stato 3 in entrambi i gruppi trattati con DDE. Anche l'indice di integrità mitocondriale RCR, è diminuito in entrambi i gruppi trattati con il DDE. I risultati sulle proteine della dinamica mitocondriale in parte ricalcano quelli ottenuti nel fegato. Anche per OPA1, si evidenzia una diminuzione dell'isoforma lunga OPA1-L, un aumento dell'isoforma corta OPA1-S ed un aumento correlato di citocromo c citosolico. Il dosaggio dei livelli di testosterone con il metodo Elisa indica che essi si riducono negli animali trattati col DDE, confermando il ruolo anti-androgenico del pesticida. Da questo mio studio emerge che la dose di pesticida a cui l'animale è sottoposto è molto importante perché dosi alte danneggiano seriamente la funzionalità e l'integrità dei mitocondri, dosi basse, almeno per il periodo di tempo da me saggiato, sono abbastanza tollerate, causando un adattamento funzionale dei mitocondri che rispondono con un aumento della biogenesi. In questo contesto anche l'aumento dell'apoptosi sembra rientrare nel meccanismo di adattamento che tende ad eliminare le cellule seriamente danneggiate ripristinando fin quando possibile l'omeostasi tissutale

    Diet impact on Mitochondrial Bioenergetics and Dynamics

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    Diet induced obesity is associated with impaired mitochondrial function and dynamic behavior. Mitochondria are highly dynamic organelles and the balance in fusion/fission is strictly associated with their bioenergetics. Fusion processes are associated with the optimization of mitochondrial function, whereas fission processes are associated with the removal of damaged mitochondria. In diet-induced obesity, impaired mitochondrial function and increased fission processes were found in liver and skeletal muscle. Diverse dietary fat sources differently affect mitochondrial dynamics and bioenergetics. In contrast to saturated fatty acids, omega 3 polyunsaturated fatty acids induce fusion processes and improve mitochondrial function. Moreover, the pro-longevity effect of caloric restriction has been correlated with changes in mitochondrial dynamics leading to decreased cell oxidative injury. Noteworthy, emerging findings revealed an important role for mitochondrial dynamics within neuronal populations involved in central regulation of body energy balance. In conclusion, mitochondrial dynamic processes with their strict interconnection with mitochondrial bioenergetics are involved in energy balance and diet impact on metabolic tissues

    High-lard and high-fish-oil diets differ in their effects on function and dynamic behaviour of rat hepatic mitochondria

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    Background Mitochondria are dynamic organelles that frequently undergo fission and fusion processes, and imbalances in these processes may be involved in obesity and insulin resistance. Aims The present work had the following aims: (a) to evaluate whether the mitochondrial dysfunction present in the hepatic steatosis induced by a high-fat diet is associated with changes in mitochondrial dynamics and morphology; (b) to evaluate whether effects on the above parameters differ between high-lard and high-fish-oil diets, as it has been suggested that fish oil may have anti-obesity and anti-steatotic effects by stimulating fatty acids utilisation. Methods The development of hepatic steatosis and insulin resistance was monitored in rats fed a high-lard or high-fish-oil diet. Immunohistochemical and electronic microscopic observations were performed on liver sections. In isolated liver mitochondria, assessments of fatty acids oxidation rate, proton conductance and oxidative stress (by measuring H2O2 release and aconitase activity) were performed. Western blot and immunohistochemical analyses were performed to evaluate the presence of proteins involved in mitochondrial dynamics (i.e., fusion and fission processes). To investigate the fusion process, mitofusin 2 and autosomal dominant optic atrophy-1 (OPA1) were analysed. To investigate the fission process, the presence of dynamin-related protein 1 (Drp1) and fission 1 protein (Fis1) was assessed. Results High-lard feeding elicited greater hepatic lipid accumulation, insulin resistance with associated mitochondrial dysfunction, greater oxidative stress and a shift towards mitochondrial fission processes (versus high-fish-oil feeding, which had an anti-steatotic effect associated with increased mitochondrial fusion processes). Conclusions Different types of high-fat diets differ in their effect on mitochondrial function and dynamic behaviour, leading to different cellular adaptations to over-feeding

    A narrative review of digital biomarkers in the management of major depressive disorder and treatment-resistant forms

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    IntroductionDepression is the leading cause of worldwide disability, until now only 3% of patients with major depressive disorder (MDD) experiences full recovery or remission. Different studies have tried to better understand MDD pathophysiology and its resistant forms (TRD), focusing on the identification of candidate biomarkers that would be able to reflect the patients’ state and the effects of therapy. Development of digital technologies can generate useful digital biomarkers in a real-world setting. This review aims to focus on the use of digital technologies measuring symptom severity and predicting treatment outcomes for individuals with mood disorders.MethodsTwo databases (PubMed and APA PsycINFO) were searched to retrieve papers published from January 1, 2013, to July 30, 2023, on the use of digital devices in persons with MDD. All papers had to meet specific inclusion criteria, which resulted in the inclusion of 12 articles.ResultsResearch on digital biomarkers confronts four core aspects: (I) predicting diagnostic status, (II) assessing symptom severity and progression, (III) identifying treatment response and (IV) monitoring real-word and ecological validity. Different wearable technologies have been applied to collect physiological, activity/sleep, or subjective data to explore their relationships with depression.DiscussionDepression’s stable rates and high relapse risk necessitate innovative approaches. Wearable devices hold promise for continuous monitoring and data collection in real world setting.ConclusionMore studies are needed to translate these digital biomarkers into actionable interventions to improve depression diagnosis, monitoring and management. Future challenges will be the applications of wearable devices routinely in personalized medicine

    O cão como aspecto motivador de crianças com transtorno do espectro autismo

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    Com objetivo de verificar se a presença do cão na sessão terapêutica com crianças com TEA seria um aspecto motivador, foi realizado um estudo com 24 crianças na faixa etária de três a dez anos. Os resultados obtidos neste estudo foram tabulados e analisados de maneira inferencial, e a diferença entre as médias do tempo de reação foi utilizado o teste Mann Whitney. As diferenças significativas foram comprovadas através de um p-valor ≤0,005. Este estudo demonstrou que as crianças do grupo controle apresentam uma média maior de tempo de reação à sessão em relação às do grupo experimental

    Skeletal muscle mitochondrial bioenergetics and morphology in high fat diet induced obesity and insulin resistance: Focus on dietary fat source

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    It has been suggested that skeletal muscle mitochondria play a key role in high fat (HF) diet induced insulin resistance (IR). Two opposite views are debated on mechanisms by which mitochondrial function could be involved in skeletal muscle IR. In one theory, mitochondrial dysfunction is suggested to cause intramyocellular lipid accumulation leading to IR. In the second theory, excess fuel within mitochondria in the absence of increased energy demand stimulates mitochondrial oxidant production and emission, ultimately leading to the development of IR. Noteworthy, mitochondrial bioenergetics is strictly associated with the maintenance of normal mitochondrial morphology by maintaining the balance between the fusion and fission processes. A shift toward mitochondrial fission with reduction of fusion protein, mainly mitofusin 2, has been associated with reduced insulin sensitivity and inflammation in obesity and IR development. However, dietary fat source during chronic overfeeding differently affects mitochondrial morphology. Saturated fatty acids induce skeletal muscle IR and inflammation associated with fission phenotype, whereas ω-3 polyunsaturated fatty acids improve skeletal muscle insulin sensitivity and inflammation, associated with a shift toward mitochondrial fusion phenotype. The present minireview focuses on mitochondrial bioenergetics and morphology in skeletal muscle IR, with particular attention to the effect of different dietary fat sources on skeletal muscle mitochondria morphology and fusion/fission balance

    Oxidative stress and mitochondrial uncoupling protein 2 expression in hepatic steatosis induced by exposure to xenobiotic DDE and high fat diet in male Wistar rats

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    Oxidative stress plays a key role in steatohepatitis induced by both xenobiotic agents and high fat diet (HFD). The present study aimed to evaluate hepatic oxidative stress and anti-oxidant systems response in rats exposed to HFD and/or non-toxic dose of dichlorodiphenyldichloroethylene (DDE), the first metabolite of dichlorodiphenyltrichloroethane. Groups of 8 rats were so treated for 4 weeks: 1- standard diet (N group); 2- standard diet plus DDE (10 mg/kg b.w.) (N+DDE group); 3- HFD (D group); 4- HFD plus DDE (D+DDE group). Oxidative stress was analyzed by determining malondialdehyde as lipid peroxidation product, while the anti-oxidant systems were evaluating by measuring the levels of the principal cytosolic and mitochondrial antioxidant proteins and enzymes, namely superoxide dismutase 1 and 2 (SOD1, SOD2), glutathione peroxidase 1 (GPx1) and uncoupling protein 2 (UCP2) involved in the control of hepatic reactive oxygens species (ROS) accumulation. The results showed malondialdehyde accumulation in livers of all groups, confirming the pro-oxidant effects of both HFD and DDE, but with a greater effect of DDE in absence of HFD. In addition, we found different levels of the analyzed anti-oxidant systems in the different groups. DDE mainly induced UCP2 and SOD2, while HFD mainly induced GPx1. Noteworthy, in the condition of simultaneous exposure to DDE and HFD, the anti-oxidant response was more similar to the one induced by HFD than to the response induced by DDE. Present findings confirmed that both HFD and xenobiotic exposure induced hepatic oxidative stress and showed that the anti-oxidant defense response was not the same in the diverse groups, suggesting that UCP2 induction could be an adaptive response to limit excessive ROS damage, mainly in condition of xenobiotic exposure
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