17 research outputs found

    Mutations in alpha-B-crystallin cause autosomal dominant axonal Charcot–Marie–Tooth disease with congenital cataracts

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    Background and purpose: Mutations in the alpha-B-crystallin (CRYAB) gene have initially been associated with myofibrillar myopathy, dilated cardiomyopathy and cataracts. For the first time, peripheral neuropathy is reported here as a novel phenotype associated with CRYAB. // Methods: Whole-exome sequencing was performed in two unrelated families with genetically unsolved axonal Charcot–Marie–Tooth disease (CMT2), assessing clinical, neurophysiological and radiological features. // Results: The pathogenic CRYAB variant c.358A>G;p.Arg120Gly was segregated in all affected patients from two unrelated families. The disease presented as late onset CMT2 (onset over 40 years) with distal sensory and motor impairment and congenital cataracts. Muscle involvement was probably associated in cases showing mild axial and diaphragmatic weakness. In all cases, nerve conduction studies demonstrated the presence of an axonal sensorimotor neuropathy along with chronic neurogenic changes on needle examination. // Discussion: In cases with late onset autosomal dominant CMT2 and congenital cataracts, it is recommended that CRYAB is considered for genetic testing. The identification of CRYAB mutations causing CMT2 further supports a continuous spectrum of expressivity, from myopathic to neuropathic and mixed forms, of a growing number of genes involved in protein degradation and chaperone-assisted autophagy

    Small non-coding RNA profiling in human biofluids and surrogate tissues from healthy individuals. Description of the diverse and most represented species

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    The role of non-coding RNAs in different biological processes and diseases is continuously expanding. Next-generation sequencing together with the parallel improvement of bioinformatics analyses allows the accurate detection and quantification of an increasing number of RNA species. With the aim of exploring new potential biomarkers for disease classification, a clear overview of the expression levels of common/unique small RNA species among different biospecimens is necessary. However, except for miRNAs in plasma, there are no substantial indications about the pattern of expression of various small RNAs in multiple specimens among healthy humans. By analysing small RNA-sequencing data from 243 samples, we have identified and compared the most abundantly and uniformly expressed miRNAs and non-miRNA species of comparable size with the library preparation in four different specimens (plasma exosomes, stool, urine, and cervical scrapes). Eleven miRNAs were commonly detected among all different specimens while 231 miRNAs were globally unique across them. Classification analysis using these miRNAs provided an accuracy of 99.6% to recognize the sample types. piRNAs and tRNAs were the most represented non-miRNA small RNAs detected in all specimen types that were analysed, particularly in urine samples. With the present data, the most uniformly expressed small RNAs in each sample type were also identified. A signature of small RNAs for each specimen could represent a reference gene set in validation studies by RT-qPCR. Overall, the data reported hereby provide an insight of the constitution of the human miRNome and of other small non-coding RNAs in various specimens of healthy individuals

    Truncating Variants in RFC1 in Cerebellar Ataxia, Neuropathy, and Vestibular Areflexia Syndrome

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    INTRODUCTION: Cerebellar Ataxia, Neuropathy and Vestibular Areflexia Syndrome (CANVAS) is an autosomal recessive neurodegenerative disease characterized by adult onset and slowly progressive sensory neuropathy, cerebellar dysfunction, and vestibular impairment. In most cases, the disease is caused by biallelic (AAGGG)n repeat expansions in the second intron of the Replication Factor Complex subunit 1 (RFC1). However, a small number of cases with typical CANVAS do not carry the common biallelic repeat expansion. The objective of this study was to expands the genotypic spectrum of CANVAS by identifying point mutations in RFC1 coding region associated with this condition. METHODS: Fifteen individuals diagnosed with CANVAS and carrying only one heterozygous (AAGGG)n expansion in RFC1 underwent WGS or WES to test for the presence of a second variant in RFC1 or other unrelated gene. To assess the impact of truncating variants on RFC1 expression we tested the level of RFC1 transcript and protein on patients' derived cell lines. RESULTS: We identified seven patients from five unrelated families with clinically defined CANVAS carrying a heterozygous (AAGGG)n expansion together with a second truncating variant in trans in RFC1, which included: c.1267C>T (p.Arg423Ter), c.1739_1740del (p.Lys580SerfsTer9), c.2191del (p.Gly731GlufsTer6) and c.2876del (p.Pro959GlnfsTer24). Patient fibroblasts containing the c.1267C>T (p.Arg423Ter) or c.2876del (p.Pro959GlnfsTer24) variants demonstrated nonsense-mediated mRNA decay and reduced RFC1 transcript and protein. DISCUSSION: Our report expands the genotype spectrum of RFC1 disease. Full RFC1 sequencing is recommended in cases affected by typical CANVAS and carrying monoallelic (AAGGG)n expansions. Also, it sheds further light on the pathogenesis of RFC1 CANVAS as it supports the existence of a loss of function mechanism underlying this complex neurodegenerative condition

    L’impatto ambientale del recente sviluppo abitativo urbano argentino, tra barrios cerrados e villas. Il caso del partido di Tigre

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    Parlare di impatto ambientale dei modelli di sviluppo abitativo urbano oggi predominanti in Argentina presuppone la comprensione del perché tali modelli si siano diffusi. Durante gli anni ‘90, la società argentina ha subìto un grande cambiamento, dovuto a una politica neoliberale legata alla globalizzazione dell’economia. Questo approccio ha comportato l’aumento del divario sociale tra coloro che sono riusciti ad abbracciarne con successo il modello e coloro i quali ne sono stati esclusi. Al ritmo di privatizzazioni, deindustrializzazione e aumento di diseguaglianze sociali, il paesaggio urbano è andato mutando: il tessuto industriale delle grandi città si è trasformato progressivamente in un vero e proprio cimitero di fabbriche e di piccole attività commerciali, in favore di ipermercati, negozi e multisala. Nel mezzo dell’euforia neoliberale, gli insediamenti informali si sono moltiplicati e diversificati per accogliere un numero sempre maggiore di esclusi dal modello predominante, e allo stesso tempo hanno iniziato ad ergersi sempre più i muri delle città privatizzate, rifugio delle classi alte e medio-alte. Gli anni successivi al default economico del 2001 hanno visto un’esplosione di violenza che ha instillato nella popolazione un crescente senso di insicurezza, portando alla proliferazione di quartieri residenziali chiusi e sorvegliati, i barrios cerrados, che però rappresentano anche una fonte di frammentazione del tessuto urbano e di profondi stravolgimenti ambientali. Il format barrio cerrado non è nato recentemente, ma risale all’inizio del ‘900 con i primi country club. Questi, inizialmente concepiti come seconda casa, erano costituiti da infrastrutture e costruzioni semplici, in linea con lo stile di vita a contatto con la natura che sponsorizzavano. Con la massificazione del lusso, questi insediamenti hanno perso il loro carattere temporaneo diventando permanenti. L’artificializzazione del paesaggio si è resa così necessaria per mantenere il format scenografico e consentire, al tempo stesso, il normale svolgimento della vita quotidiana senza gli inconvenienti del contatto con la natura “autentica”. Oltre i confini di questi quartieri chiusi, si sono moltiplicate le villas (baraccopoli), nate dall’occupazione illegale dei suoli e prive di ogni tipo di infrastruttura e organizzazione. Quali, dunque, le conseguenze in termini ambientali di questo stravolgimento e polarizzazione socio-spaziale? Un caso particolarmente interessante è rappresentato dalla città di Tigre, situata nell’omonimo dipartimento (partido) a nord dell’area metropolitana di Buenos Aires, dove il nostro team di lavoro – Architetti Migranti – al termine del Corso di Alta Formazione Permanente “Habitat & Cooperazione” del Politecnico di Torino, ha sviluppato in collaborazione con il Municipio un progetto di recupero urbano di un distretto della città. Tigre è situata in una delle più vaste zone di delta fluviale del mondo, dove il Rio Paranà si congiunge con il Rio Uruguay diventando Rio de la Plata. I sedimenti trasportati dai due fiumi creano continuamente, per deposito, nuove isole inondabili e semi paludose. Queste zone, chiamate humedales, costituiscono un ecosistema estremamente delicato, dove la sopravvivenza di flora e fauna autoctone dipende dall’alternanza di periodi di maggiore o minore presenza d’acqua. Dagli anni ’90 ad oggi le politiche urbane hanno incentivato esponenzialmente l’acquisizione degli humedales da parte di imprese private con lo scopo di edificarvi, previa bonifica, barrios cerrados destinati a fasce benestanti di popolazione, speculando in tal modo sul valore dei terreni. La bonifica tendenzialmente viene effettuata o con un metodo “secco” che consiste nel trasporto di terra da un altro luogo per innalzare il livello delle aree da edificare, o con un metodo “bagnato”, attraverso il drenaggio dell’acqua verso aree di decantazione definite, laghi e vie d’acqua, spesso parte integrante della soluzione compositivo/urbanistica di questo tipo di quartieri. L’artificializzazione del sistema idrico all’interno dei barrios cerrados compromette irreparabilmente il complesso ecosistema degli humedales e la capacità di assorbimento del terreno. All’interno dell’insediamento la mancanza di ricircolo delle acque favorisce la proliferazione di alghe e la permanenza, sul fondo dei bacini artificiali, di residui organici e chimici, provenienti ad esempio dal giardinaggio, che compromettono irrimediabilmente l’equilibrio tra flora e fauna. Al di fuori del barrio la creazione di queste “sacche asciutte”, realizzate in aree inondabili ora rialzate rispetto al terreno circostante, espone le porzioni di territorio limitrofe ad un maggiore rischio di allagamento. Ad aggravare la situazione vi sono le condizioni precarie delle villas, in cui la parziale o totale assenza di sistemi di scarico comporta non solo pericoli per la comunità che vi abita, ma anche la contaminazione dei terreni e dei corsi d’acqua. Questa alterazione pianificata della topografia del territorio, finalizzata alla creazione di un microhabitat per un’élite di persone, comporta conseguenze nefaste in particolar modo sulla popolazione più vulnerabile. Diego Ríos, ricercatore dell’Istituto di Geografia dell’Università di Buenos Aires, afferma che “da quando è iniziato il processo di urbanizzazione a Tigre, le inondazioni colpiscono le popolazioni in maniera differenziale”. Le popolazioni dei barrios cerrados e delle villas miserias, oltre a trovarsi in condizioni topografiche diverse, non hanno gli stessi strumenti economici, sociali e politici per fronteggiare il rischio disastri. Emblematico il caso dell’insediamento informale Las Tunas, i cui abitanti sono dovuti ricorrere a rimedi estremi abbattendo un muro confinante con un barrio cerrado per consentire il deflusso delle acque che stavano letteralmente sommergendo l’insediamento. Per capire la scala ed il livello di enorme disparità di queste due realtà in Tigre (400.000 abitanti circa) vediamo alcuni dati demografici. Nel 2006 un rapporto della Universidad de General Sarmiento, vi contava 39 insediamenti informali con una popolazione superiore a 50.000 persone, distribuite su una superficie di 254 ettari, pari a neanche il 2% del territorio. Qualche anno dopo, nel 2010, la Comisión Interministerial de Ordenamiento Urbano y Territorial (C.I.O.U.T.) stimava nei barrios cerrados una popolazione di 23.000 persone, distribuite su 5.381 ettari, pari al 35,4% del territorio del partido. La diffusione dei barrios cerrados a Tigre è talmente fuori controllo da spingere alcuni intellettuali come Patricia Pintos, geografa e voce autorevole nel settore, a non escludere la possibilità che in futuro possa diventare necessario ricollocarne una buona parte. Considerando questo quadro complesso, si possono individuare due spunti per ulteriori riflessioni. Uno più specifico, legato al marketing per la commercializzazione dei barrios cerrados che fa leva non solo sul tema della sicurezza, ma anche sul concetto di “ritorno all’ambiente naturale”. Dice in proposito Laila Robledo, urbanista della Universidad Nacional de General Sarmiento: “Oggi gli humedales stanno sparendo perché, ironicamente, lo stile di vita promosso dagli imprenditori privati è associato al godimento di ambienti lacustri e naturali” Un’altra riflessione più generale può essere fatta considerando un aspetto peculiare degli insediamenti umani: la loro impronta ecologica. Un modo di stimare l’efficienza di un sistema complesso, come una città, mette in relazione gli stili di vita di una popolazione con la quantità di consumo di risorse naturali necessaria per sostenerli. Si tratta di un concetto introdotto dall’ambientalista svizzero Mathis Wackernagel e dal professor William Rees nel loro libro “Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth” (1998). Da questo punto di vista i barrios cerrados rappresentano sicuramente un modello da abbandonare. Inoltre, è interessante notare, come sostiene provocatoriamente Stewart Brand nel suo libro “Whole Earth Discipline” (2009), che se si analizzasse l’impronta ecologica della città informale, paradossalmente questa risulterebbe migliore rispetto a quella della città formale, e nel nostro specifico caso a quella della città chiusa. Attualmente il tema dell’impatto ambientale dei barrios cerrados è al centro del dibattito politico e mediatico. Una sentenza federale ha imposto ai comuni a nord di Buenos Aires e all’Agenzia Provinciale per lo Sviluppo Sostenibile (OPDS) di revisionare i permessi per le nuove aree di sviluppo e determinare il loro impatto ambientale. I comuni e l’OPDS dovranno pertanto astenersi dall’autorizzare progetti di sviluppo immobiliare che comportino opere di sbarramento, costruzione di serbatoi e/o polder, drenaggio, riporto, scavo, creazione di laghi artificiali, modifica dei corsi d’acqua e delle coste nelle pianure alluvionali e negli ambienti insulari. Nel caso specifico di Tigre, questa misura cautelativa ha imposto uno stop alla costruzione del barrio cerrado Venice ed un divieto ad iniziare i lavori per la realizzazione del progetto Remeros Beach. Il comune di Tigre non ha fatto alcuna dichiarazione ufficiale in merito, si è solamente reso disponibile a collaborare con il governo e con l’OPDS. Sarà interessante seguire l’evoluzione di questo nuovo processo. Sicuramente il fatto che sia stata emanata un’ordinanza federale e parallelamente vi siano numerose associazioni che si occupano di questi temi, come i Vecinos inundados de Tigre, il Movimiento de la Pacha e la Asociación ambientalista de Escobar, testimonia il crescente interesse e sensibilità riguardo queste tematiche, non più esclusive degli esperti di settore ed intellettuali. Altro aspetto significativo è rappresentato dal fatto che queste misure siano arrivate quasi contemporaneamente ad una sentenza, la n. 2, del Tribunale amministrativo di San Isidro, che invitava il comune di Tigre e la provincia di Buenos Aires a fornire servizi di base per le quasi 800 famiglie dell’insediamento informale Almirante Brown, confinante proprio con Venice. La consapevolezza circa le conseguenze distruttive alle quali porterebbe il protrarsi delle politiche speculative immobiliari degli ultimi decenni, testimoniata da questa serie di provvedimenti, fa sperare in un cambio di rotta delle politiche di sviluppo urbano verso una maggiore sostenibilità sociale ed ambientale. I segnali di cambiamento ci sono, bisogna vedere se le istituzioni coglieranno questa opportunità o se prevarrà una politica miope incentrata sugli interessi di pochi a scapito della collettività. PER SAPERNE DI PIÙ: Pírez, P., Ríos, D. (2008) Urbanizaciones cerradas en áreas inundables del municipio de Tigre: ¿producción de espacio urbano de alta calidad ambiental? Rivista EURE (Vol. XXXIV, N° 101), pp. 99-119. Santiago de Chile, aprile 2008. Disponibile su: http://www. scielo.cl/scielo.php?script=sci_arttext&pid =S0250-71612008000100005 Rocha, L. (2016) Ordenan frenar la construcción de dos barrios cerrados en Tigre. Lo dispuso la jueza Arroyo Salgado hasta que se revise el impacto ambiental que pueden generar los desarrollos inmobiliarios en la zona norte. Rivista La Nacion, 6 luglio 2016. Disponibile su: http://www.lanacion.com. ar/1915710-ordenan-frenar-la-construccion-de-dos-barrios-cerrados-en-tigre Rocha, L. (2016) El Delta del Paraná, un humedal protegido. Así lo decidió la Convención Internacional Ramsar que considera a la zona como un reservorio de biodiversidad al tiempo que cumple con un rol de regulación hidrológica. Rivista La Nacion, 2 febbraio 2016. Disponibile su: http://www.lanacion. com.ar/1867258-el-delta-del-parana-unhumedal-protegido Published in: Human (In)security e ambient

    Executive summary: Italian guidelines for diagnosis, risk stratification, and care continuity of fragility fractures 2021

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    Background: Fragility fractures are a major public health concern owing to their worrying and growing burden and their onerous burden upon health systems. There is now a substantial body of evidence that individuals who have already suffered a fragility fracture are at a greater risk for further fractures, thus suggesting the potential for secondary prevention in this field. Purpose: This guideline aims to provide evidence-based recommendations for recognizing, stratifying the risk, treating, and managing patients with fragility fracture. This is a summary version of the full Italian guideline. Methods: The Italian Fragility Fracture Team appointed by the Italian National Health Institute was employed from January 2020 to February 2021 to (i) identify previously published systematic reviews and guidelines on the field, (ii) formulate relevant clinical questions, (iii) systematically review literature and summarize evidence, (iv) draft the Evidence to Decision Framework, and (v) formulate recommendations. Results: Overall, 351 original papers were included in our systematic review to answer six clinical questions. Recommendations were categorized into issues concerning (i) frailty recognition as the cause of bone fracture, (ii) (re)fracture risk assessment, for prioritizing interventions, and (iii) treatment and management of patients experiencing fragility fractures. Six recommendations were overall developed, of which one, four, and one were of high, moderate, and low quality, respectively. Conclusions: The current guidelines provide guidance to support individualized management of patients experiencing non-traumatic bone fracture to benefit from secondary prevention of (re)fracture. Although our recommendations are based on the best available evidence, questionable quality evidence is still available for some relevant clinical questions, so future research has the potential to reduce uncertainty about the effects of intervention and the reasons for doing so at a reasonable cost

    Medication holidays in osteoporosis: evidence-based recommendations from the Italian guidelines on ‘Diagnosis, risk stratification, and continuity of care of fragility fractures’ based on a systematic literature review

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    Background: Noncommunicable, chronic diseases need pharmacological interventions for long periods or even throughout life. The temporary or permanent cessation of medication for a specific period, known as a ‘medication holiday,’ should be planned by healthcare professionals. Objectives: We evaluated the association between continuity (adherence or persistence) of treatment and several outcomes in patients with fragility fractures in the context of the development of the Italian Guidelines. Design: Systematic review. Data Sources and Methods: We systematically searched PubMed, Embase, and the Cochrane Library up to November 2020 for randomized clinical trials (RCTs) and observational studies that analyzed medication holidays in patients with fragility fracture. Three authors independently extracted data and appraised the risk of bias of the included studies. The quality of evidence was assessed using the Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation methodology. Effect sizes were pooled in a meta-analysis using random effects models. Primary outcomes were refracture and quality of life; secondary outcomes were mortality and treatment-related adverse events. Results: Six RCTs and nine observational studies met our inclusion criteria, ranging from very low to moderate quality. The adherence to antiosteoporotic drugs was associated with a lower risk of nonvertebral fracture [relative risk (RR) 0.42, 95% confidence interval (CI) 0.20–0.87; three studies] than nonadherence, whereas no difference was detected in the health-related quality of life. A reduction in refracture risk was observed when continuous treatment was compared to discontinuous therapy (RR 0.49, 95% CI 0.25–0.98; three studies). A lower mortality rate was detected for the adherence and persistence measures, while no significant differences were noted in gastrointestinal side effects in individuals undergoing continuous versus discontinuous treatment. Conclusion: Our findings suggest that clinicians should promote adherence and persistence to antiosteoporotic treatment in patients with fragility fractures unless serious adverse effects occur

    Early extubation with immediate non-invasive ventilation versus standard weaning in intubated patients for coronavirus disease 2019: a retrospective multicenter study

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    In patients intubated for hypoxemic acute respiratory failure (ARF) related to novel coronavirus disease (COVID-19), we retrospectively compared two weaning strategies, early extubation with immediate non-invasive ventilation (NIV) versus standard weaning encompassing spontaneous breathing trial (SBT), with respect to IMV duration (primary endpoint), extubation failures and reintubations, rate of tracheostomy, intensive care unit (ICU) length of stay and mortality (additional endpoints). All COVID-19 adult patients, intubated for hypoxemic ARF and subsequently extubated, were enrolled. Patients were included in two groups, early extubation followed by immediate NIV application, and conventionally weaning after passing SBT. 121 patients were enrolled and analyzed, 66 early extubated and 55 conventionally weaned after passing an SBT. IMV duration was 9 [6-11] days in early extubated patients versus 11 [6-15] days in standard weaning group (p\u2009=\u20090.034). Extubation failures [12 (18.2%) vs. 25 (45.5%), p\u2009=\u20090.002] and reintubations [12 (18.2%) vs. 22 (40.0%) p\u2009=\u20090.009] were fewer in early extubation compared to the standard weaning groups, respectively. Rate of tracheostomy, ICU mortality, and ICU length of stay were no different between groups. Compared to standard weaning, early extubation followed by immediate NIV shortened IMV duration and reduced the rate of extubation failure and reintubation
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