20 research outputs found

    Importazioni di anfore orientali nell’Adriatico tra primo e medio impero

    No full text
    Il contributo prende in esame le anfore di produzione orientale rinvenute in quattro diversi contesti, pressoché inediti, all’estremo sud e all’estremo nord dell’Adriatico occidentale: due a Brindisi, via S. Chiara e Atrio Cattedrale , uno a S. Foca (Le) ed uno a Trieste, dai recenti scavi di via Crosada nel cuore della Cittavecchia. Particolare attenzione è stata riservata alle forme più significative a livello quantitativo e ad alcune produzioni particolari, meno note

    Importazioni di anfore orientali nel Salento tra primo e medio Impero

    No full text
    Nell’Adriatico, insieme spartiacque e sutura dei due Mediterranei, il Salento si caratterizza per il suo privilegiato e costante rapporto con la pars orientalis . Lo dimostra il quadro delle produzioni anforarie orientali, che costituiscono il flusso ‘dominante’ delle importazioni: ne offriamo una prima bozza, delineata con i significativi dati degli scavi pressoché inediti di Brindisi-v. S. Chiara (1985) e di S. Foca, Lecce (1974 – 75), insieme a quelli di altri contesti pubblicati e dei rinvenimenti subacquei, estrapolati dalla Forma Maris del Salento. Dopo una premessa di carattere metodologico (riflessione sulle difficoltà di identificazione, derivanti dal livello non sempre puntuale delle pubblicazioni; problematiche relative ai criteri di quantificazione adottati; limiti della carte tematiche elaborate, per il campione inquinato e parziale mutuabile dall’edito; problema della visibilità e riconoscibilità di queste produzioni, ecc.), si offre una prima analisi – con dati quantitativi e quadro comparativo degli indici di presenza dei due contesti principali - per aree di produzioni : l’Egeo insulare, Creta, l’Asia Minore, l’Egeo settentrionale e il Ponto, e, infine, l’ambito egeo in generale per i tipi che sfuggono ad una più precisa identificazione circa la provenienza. Si passa quindi alla rassegna delle varie presenze nel Salento con la discussione delle forme e dei tipi, la sintesi dello stato delle conoscenze e l’aggiunta di precisazioni derivanti dall’analisi morfologica e degli impasti. Quest’ultima parte è integrata da carte di distribuzione, sia del Mediterraneo che della penisola salentina

    La circolazione delle anfore in Adriatico tra V e VIII sec. d.C.

    No full text
    La redazione di carte di distribuzione ed una valutazione delle reciproche incidenze per le varie produzioni trovano limiti significativi in una serie di fattori, peraltro variamente sottolineati negli studi teorici dell’archeologia spaziale: la difformità, quantitativa e qualitativa, delle ricerche e delle pubblicazioni, che genera vari coni d’ombra e di luce: i comparti in luce sono quelli dell’arco adriatico veneto, giuliano e istriano, il medio Adriatico abruzzese, la Puglia; la difficoltà di identificazione, derivante dal livello non sempre puntuale delle pubblicazioni; il campione inquinato e parziale mutuabile dall’edito; il problema della visibilità e riconoscibilità di alcune produzioni; la mancanza di analisi archeometriche; l’assenza, o, nel migliore dei casi, la disomogeneità di criteri e procedure di quantificazione. Seppur sommariamente, considerata l’ampiezza del bacino geografico e temporale in esame, si è proceduto con un tentativo di analisi contestuale: si è realizzata cioè come base e premessa del lavoro una schedatura dei siti del comprensorio adriatico costiero e subcostiero tenendo conto degli aspetti specificatamente archeologici dei contesti (abitato, abitato/porto, postazione militare/fortificazione/presidio, villa tardoantica, relitto, discarica portuale, ancoraggio, area di necropoli, corredo funerario, luogo di culto, ecc.) come elementi condizionanti i valori quantitativi assoluti dei materiali e la variabilità delle tipologie. Particolare attenzione merita l’archeologia subacquea, per il contributo indubbiamente significativo soprattutto laddove si è realizzato un censimento della documentazione; pochi, però, sono i relitti di questa fase, quasi tutti concentrati lungo le coste orientali e poco o nulla indagati. Fecondo spunti di discussione vengono dalla restituzione della rete di porti principali e secondari o dei sistemi portuali (si pensi quello altoadriatico, con la moltiplicazione di approdi dopo il declino di Aquileia a seguito della guerra greco-gotica) e, ovviamente in parallelo, i circuiti preferenziali; dopo la cessazione della leadership di Aquileia nell’alto Adriatico si rileva un commercio di redistribuzione a breve o medio raggio; è sicuramente preminante l’asse est-ovest Costantinopoli, Salona, Ravenna, come indicano con chiarezza le fonti, ma sono frequentemente battuti anche tratti minori, trasversali e verticali. La raccolta di dati vecchi e nuovi, in taluni casi inediti, conferma a grandi linee tendenze che già C. Panella e P. Arthur avevano messo in evidenza, sebbene a scala maggiore rispetto a quella adriatica. In primo luogo il rapporto privilegiato con l’interlocutore orientale; i prodotti orientali seguono da presso e in taluni casi superano quelli africani; la loro “tenuta”, anche dopo la definitiva cessazione – attorno alla metà o nella seconda metà del VII - del commercio transmarino, è ovviamente connessa agli interessi di Bisanzio e della Chiesa. Nei contesti tardoantichi e altomedievali dei recenti scavi di Tergeste è schiacciante, quanto prevedibile, la prevalenza di contenitori vinari orientali sulle quantità ridotte delle anfore suditaliche; sebbene sia maggioritaria la presenza dei prodotti africani, olio e salse di pesce, l’incidenza delle produzioni orientali nella fase di V-VII sec. d.C.è considerevole, pari al 25 %. Ad Aquileia, nei contesti di scavo di due insulae del quartiere nord-orientale, relativi ad un arco cronologico compreso tra inizi IV e inizi VI sec. d.C., le anfore orientali sono attestate quanto le italiche(18.8 %), mentre le africane raggiungono indici del 60 %. Conferme più esplicite della tendenza adriatica a gravitare sul bacino orientale del Mediterraneo anche nella tarda antichità ci vengono da altri contesti adriatici, ubicati in prossimità o lungo la costa: nella villa di Agnuli, presso Mattinata, sul litorale garganico, i contenitori orientali rappresentano il 50 %, cioè quasi il doppio delle produzioni africane; un dato analogo – da leggere con le opportune cautele – viene dal corpus dei rinvenimenti subacquei del Salento; anche ad Otranto, nei vari contesti tardoromani (IV – VI secolo) che denunciano la grande vitalità del sito in questa fase, si nota una preminenza dei contenitori orientali (52 %) su quelli nordafricani (46 %); le importazioni orientali nei livelli tardoantichi di Brioni costituiscono il 55 % del complesso del materiale anforario. Nel medio adriatico, invece, sembrerebbero protagoniste assolute le importazioni africane, mediate comunque da centri di ridistribuzione, come appare nei contesti di Crecchio e di Casali di Nocciano. Si registra, soprattutto per gli arrivi dall’Oriente, una sensibile discrasia tra centri costieri e centri interni, sia urbani che rurali: per esempio, i dati di Agnuli sono opposti a quelli di Ordona e Canosa, che invece collimano, con il predominio delle produzioni africane, ma anche a quelli di ville e villaggi come S. Giovanni di Ruoti in Basilicata, o di Posta Crusta e S. Giusto in Daunia, in cui sono protagoniste le produzioni locali. La stessa dicotomia è evidente anche nell’area nordadriatica orientale: dalla seconda metà – fine del V secolo, con il disfacimento del sistema difensivo dei Claustra Alpium Iuliarum che comportava il rifornimento regolare delle truppe impegnate nella difesa in profondità, si rilevano importazioni solo nelle città costiere e nel loro immediato hinterland: Capodistria, Pirano, Isola. Questo scenario contrasta con i dati degli scavi dei castra bizantini del Friuli, dove le anfore orientali sono ben documentate, a indizio di una notevole capacità di penetrazione dalla costa. Sporadici i rinvenimenti di produzioni del Mediterraneo occidentale; si registra qualche presenza iberica soprattutto nell’Adriatico nord-orientale, ovviamente per quanto concerne il V secolo. E’ particolarmente interessante il fenomeno delle produzioni locali: ad Otranto (ma anche, forse, nella Puglia settentrionale), nella Val Pescara e nel ravennate; non si esclude un’attività manifatturiera anche nei siti albanesi, per esempio a Shkodra e a Paleokastra. Tutti i dati, comunque, convergono a ribadire la contrazione di produzioni e importazioni, anche nelle città costiere, al più tardi attorno alla metà del VII secolo; nelle fornaci idruntine di Mitello le anfore da trasporto costituiscono solo l’8% dei materiali di manifattura locale

    Produzione e circolazione di anfore in Adriatico tra III e IV secolo: dati da contesti emblematici

    No full text
    Lo studio delle anfore da trasporto rinvenute nei contesti dell’alto e del basso Adriatico qui presentati permette di delineare, per il III e il IV sec. d.C., linee di tendenza e aspetti comuni, individuabili nella contrazione delle produzioni italiche cui fanno da contrappunto l’egemonia delle anfore orientali e il progressivo incremento delle importazioni nordafricane. Queste dinamiche rientrano in una koiné adriatico-padana, che riflette il modello del commercio di redistribuzione, di cui sono protagonisti grandi ports of trade, come Aquileia e Brindisi lungo la costa occidentale, cui si affianca una serie di approdi minori satelliti. The study of transport amphorae from some northern and southern Adriatic sites shows common features and trends. During III-IV century A.D., the supremacy of eastern Mediterranean amphorae and the increase of importations from North Africa occur, while the Italic productions vanish almost completely. These dynamics are part of an Adriatic Sea/Po Valley koiné that reflects a redistribution pattern, where the protagonists are big ports of trade – for instance, Aquileia and Brindisi along the western coast – with some others satellite landing-places

    Eastern amphora imports in the Adriatic Sea: evidence from terrestrial and underwater contexts of the Roman Imperial age

    No full text
    The study we would like to present aims at drawing a well-structured picture of the imports of eastern amphorae in the Adriatic sea, during the roman imperial centuries, and particularly from the II to the IV centuries A.D. To achieve this objective, we make use of various contexts, terrestrial and submerged, some brought into focus through recent or current researches, that seem to be particularly appropriate due to their nature, position and their stratigraphic relations. Most of these contexts are urban, stratigraphically reliable, often “closed” or “sealed”, and offer a wide range of not selected materials. Other contexts under examination are represented by cargos of sunken ships, which are particularly significant and useful, as they enable the association of various productions, of which they give a snapshot. The analysis of these cargos, especially of miscellaneous cargos or “secondary constitution” cargos or, still, recycled materials’ cargos, and the observation of ancient sailing routes, allow us to define a maritime connectivity network, much more crowded and segmented than we can rebuild theoretically. Furthermore, the study of transport amphorae from these Adriatic sites shows common features and trends. Concerning the II-IV centuries A.D. it becomes possible to observe the supremacy of eastern Mediterranean amphorae and the increase of importations from North Africa, while italic productions vanish almost completely. These dynamics are part of an Adriatic Sea/Po Valley koinè that reflects a redistribution pattern where the protagonists are big ports of trade – for instance Aquileia and Brindisi along the western coast - with some others satellite landing-places

    Torino. Risultati delle indagini archeologiche nell'isolato di San Martiniano presso le mura

    No full text
    Risultati dello scavo archeologico pluristratificato nell'isolato di San martiniano a Torino

    Anti-inflammatory effect of miglustat in bronchial epithelial cells

    Get PDF
    AbstractThe role of CFTR deficiency in promoting inflammation remains unclear. Perez et al. [A. Perez, A.C. Issler, C.U. Cotton, T.J. Kelley, A.S. Verkman and P.B. Davis, CFTR inhibition mimics the cystic fibrosis inflammatory profile. Am J Physiol Lung Cell Mol Physiol 2007; 292:L383–L395.] recently demonstrated that the inhibition of function of w/t CFTR produces an inflammatory profile that resembles that observed in CF patients, whereas we found that correction of F508del-CFTR function with MPB-07 down-modulates the inflammatory response to P. aeruginosa in CF bronchial cells [M.C. Dechecchi, E. Nicolis, V. Bezzerri, A. Vella, M. Colombatti, B.M. Assael, et al., MPB-07 reduces the inflammatory response to Pseudomonas aeruginosa in cystic fibrosis bronchial cells. Am J Respir Cell Mol Biol 2007; 36, 615–624.]. Since both evidence support a link between CFTR function and inflammation, we extended our investigation to other F508del-CFTR correctors, such as miglustat (Norez, 2006), an approved drug for Gaucher disease, in comparison with the galactose analogue NB-DGJ. We report here that miglustat but not NB-DGJ restores F508del-CFTR function in CF bronchial epithelial IB3-1 and CuFi-1 cells. Miglustat and NB-DGJ reduce the inflammatory response to P. aeruginosa in both CF and non-CF bronchial cells, indicating that the anti-inflammatory effect is independent of the correction of F508del-CFTR function. Miglustat also inhibits the inflammatory response induced by the supernatant of mucopurulent material obtained from the lower airway tract of cystic fibrosis patients with chronic bacterial colonization (Ribeiro, 2005). Both compounds do not interfere with the adherence of P. aeruginosa to the cells and reduce the expression of IL-8 not only after challenge with P. aeruginosa but also after exposure to TNF alpha or IL-1 beta, suggesting an effect on transduction proteins downstream and in common with different receptors for pathogens. Finally, miglustat has no major effects on overall binding activity of transcription factors NF-κBNF-kB and AP-1. Since miglustat is an approved drug, it could be investigated as a novel anti-inflammatory molecule to ameliorate lung inflammation in CF patients

    The CAMP/PKA-dependent annexin 2-S100A10 complex with CFTR is functionally important

    No full text
    Lung damage in cystic fibrosis (CF) patients is determined by mucus accumulation, Pseudomonas aeruginosa infection and chronic inflammation. Extracellular GSH is a scavenger of free radicals produced by neutrophils in inflamed tissues. Glutathione transferases (GST) are a superfamily of dimeric proteins which conjugate glutathione to a wide range of substrates including oxidants and are involved the synthesis of leukotriens. Clinical beneficial effects have been reported in CF patients following treatment with the macrolide azythromicin (AZM); anti-inflammatory properties have been proposed as possible mechanism. The aim of this study is to investigate the regulation of the GSTT1 and GSTM1 activity and expression by AZM. Reductions of about 25% and 40% on GST enzymatic activity were detected in IB3-1 and 2CFSMEo- cells respectively. GSTs mRNA expression in CF airway epithelial cell lines was analysed by quantitative PCR (qPCR). The level of GSTT1 and GSTM1 basal expression in CF cells IB3- 1 was significantly higher than in isogenic non-CF cells C38. We found statistically significant decreases of GSTT1 and GSTM1 mRNA of about 30% and 25% respectively in IB3-1 cells after treatment with AZM for 24 hours restoring the levels observed in C38 cells. In 2CFSMEo- cells after exposure to AZM we observed 50% and 45% reductions in GSTT1 and GSTM1 mRNA respectively. The macrolide JM, known to lack clinical anti-inflammatory properties, had no significant effects on GSTT1 and GSTM1 mRNA expression in all cell lines. Furthermore, AZM did not alter the mRNA expression levels of GSTP1, a glutathione-S-transferase not differentially expressed in CF and isogenic non-CF cells. Decreased expression of 50% and 85% of GSTT1 protein has been detected by immunoblotting in IB3-1 and 2CFSMEo- cells, respectively, following treatment with AZM. In the same conditions we found a drastic reduction of protein level of GSTM1 in both CF cell lines.Finally, GSTs activity and the expression of GSTT1 and GSTM1 proteins in CF cells, were reduced approximately to the same level detected after treatment with interleukin 10 (IL-10), an anti-inflammatory cytokine, shedding light on a possible correlation between GSTs inhibition and antiinflammatory properties of AZM. The effects of AZM described in this study suggest that downregulation of GSTT1 and GSTM1 expression may result in increased availability of intracellular GSH making CF cells less susceptible to oxidative stressinduced by chronic inflammation. Inhibition of GSTT1 and GSTM1 mightprovide a therapeutic approach for limiting the effects of inflammation criticalfor lung damage in CF patients. This study is supported by Italian CF Research Foundation; Comitato diVicenza-Associazione Veneta per la lotta contro la Fibrosi Cistica; AziendaOspedaliera Verona, Italy
    corecore