415 research outputs found

    Back to the future: authors, publishers and ideas in a copy-friendly environment

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    How could scholars survive in a copy-friendly environment jeopardizing the established system of scholarly publishing in which scientific publishers seemed to be authors' best friends? A backward itinerary across three German Enlightenment thinkers who took part to the debate on (unauthorized) reprinting shows us ways – usual and unusual - in which culture can flourish in a copy-friendly environment. While Fichte endorsed an intellectual property theory, took the function of publishers for granted and neglected the interests of the public, Kant saw authors as speakers and justified publishers' rights only as long as they work as spokespersons helping writers to reach the public. Eventually Lessing's project was designed to foster authors' autonomy by means of a subscription system that could have worked only on the basis of a free information flow and of direct relationships with and within the public itself. Such a condition can be compared with the situation of ancient auctores, with one difference: while the ancient communities of knowledge were educated minorities, because of the limitations of orality and manuscript media system, we have now the opportunity to take Enlightenment seriously

    The pirate from Koenigsberg: why closed source software is not worth of copyright protection

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    According to Kant, property applies only to touchable things, among which he includes the works of art. For the very principle of private property, a legitimate purchaser has the right to replicate and to share them without restrictions. Kant recognizes copyright only on written texts, by conceiving them as speeches that exclusively authorized spokespersons - the publishers - may convey to the public in the name of their authors. The rights of the authorized publishers, however, are justified only if they help the public to get the texts. In a Kantian environment, open source software would be worth of copyright protection, because it can be conceived as a speech meant to human beings. On the contrary, Kant would treat closed source programs as works of art, without according them copyright protection, because, as none is allowed to read and to understand them, they cannot be conceived as a speeches meant to the public. Closed source programs are like sealed books that no one is allowed to read: why do we keep on taking for granted that they are worth of copyright protection?Kant copyright software

    Le cose degli amici sono comuni: conoscenza, politica e proprietĂ  intellettuale

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    Per quanto l'accesso aperto alla letteratura di ricerca stia conquistando un certo interesse istituzionale anche in Italia, la maggior parte degli uomini di scienza è singolarmente insensibile al regime dei loro scritti. Jean-Claude Guédon li ha paragonati a dei Dr. Jekyll, interessati all'editore prestigioso o alla rivista ad alto fattore d'impatto, e troppo nobili per preoccuparsi degli aspetti economici delle loro pubblicazioni. Di solito, i Dr. Jekyll sanno benissimo che “il medium è il messaggio”, ma non si rendono praticamente conto che il regime dei media influenza quanto essi dicono: la più severa delle critiche alla privatizzazione del mondo, se resa giuridicamente o telematicamente poco accessibile, accetta di fatto il medesimo sistema che condanna. D'altro canto, gli stessi studiosi, nella loro veste notturna di lettori voraci, si scambiano fotocopie e file, per lo più senza accorgersi che le loro esigenze di ricerca li conducono alla violazione sistematica di quella proprietà privata intellettuale che pure hanno distrattamente accettato. A causa di questa trascuratezza, oggi il problema del regime del sapere è affrontato per lo più da “tecnici”: informatici come Richard Stallman, o giuristi come Lawrence Lessig. Ma una teoria politica che voglia aver gambe per camminare nel mondo deve riconoscere che la sua diffusione è un problema ad essa interno, da affrontare in prima persona. Alle origini della filosofia occidentale, Platone ha riflettuto sui media del conoscere, avendo avuto la fortuna sia di essere al di qua della grande divisione fra umanisti e scienziati, sia di assistere alla prima rivoluzione nelle tecnologie della parola, il passaggio dall'oralità alla scrittura. L'età della tipografia e della produzione libraria industrializzata e centralizzata ha fatto dimenticare, con i suoi manoscritti “licenziati” per le stampe, che il problema della comunicazione del sapere riguarda in primo luogo gli autori. Ora, però, la rete rende possibile pubblicare i nostri testi senza prenderne congedo: gli umanisti sarebbero dunque in grado di uscire di minorità, riappropriandosi di quanto in passato hanno delegato al sistema industriale e ai suoi interessi economici – che, nel caso della letteratura scientifica, toccano assai poco gli autori. Perché dovrebbero farlo? Per rispondere a questa domanda ricostruiremo un argomento platonico antico, allo scopo di suggerirne uno politico e moderno

    Francesca Di Donato, Comunicare la cultura: il dibattito sulla repubblica delle lettere nell’Illuminismo tedesco

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    Depositato nell’archivio “Giuliano Marini”, l’articolo di Francesca Di Donato offre una prospettiva storica sul modo e sul grado di consapevolezza teorica con cui gli studiosi organizzano se stessi

    Scienze umane aperte

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    L’espressione digital humanities viene solitamente tradotta come “informatica umanistica”. Secondo Eric Johnson, bibliotecario, le definizioni recenti di questa disciplina in verità non così nuova sono accomunate da una caratteristica: non hanno nulla a che vedere con l’informatica. Intendono infatti se stesse secondo principi così ampi e programmatici da rischiare di apparire retorici: collaborazione, spirito inclusivo, interdisciplinarità, acceso aperto, procedure aperte, codice aperto, coinvolgimento del pubblico e comunità di passione o di conoscenza. Dietro le parole, però, c’è la scelta non retorica di superare il mondo dello studioso solitario e della pubblicazione riservata: le scienze umane aperte sono gli ambiti delle discipline umanistiche che si propongono di democratizzare la produzione e il consumo della ricerca

    Critica della ragione impratica: il kantismo etico di Ermanno Bencivenga

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    Intervento al seminario “Kant e la legittimazione del discorso morale”, Scuola Normale Superiore, Pisa, 22 gennaio 2007

    La moneta della scienza: Trasimaco e gli indici bibliometrici

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    Nel primo libro della Repubblica di Platone il sofista Trasimaco sostiene due tesi famose, una politica e l’altra morale: per chi l’impone la giustizia è l’utile del piĂą forte; per chi la pratica un bene altrui.  Il sapere della scienza politica, che impiega il concetto di giustizia, serve per l’utile di chi, essendo al potere, [...

    Richard Poynder: lo stato dell'accesso aperto

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    Commenti a un'intervista a Richard Poynder, sulle seguenti questioni: 1. Se l’accesso aperto è inevitabile perché – dopo un quarto di secolo – è ancora minoritario? 2. Chi orienterà l’accesso aperto del futuro? I ricercatori o gli editori

    Open access / accesso aperto

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    La versione estesa, inedita, del lemma Open Access, per il volume collettaneo in preparazione "Le parole dell'innovazione" è stata rielaborata e riattualizzata in occasione del convegno "Diritto d'autore tra vecchio e nuovo" organizzato il 2 ottobre 2013 presso la Camera dei deputati
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