86 research outputs found

    Arms lift in a case of pseudoxanthoma elasticum

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    Pseudoxanthoma elasticum (PXE) is a rare hereditary disorder of elastin fibers, characterized by yellowish coalescent papules in flexural surfaces with abnormally lax and corrugated skin. It can be associated to systemic manifestations mostly regarding eyes and vessels. Aesthetic surgery of cutaneous hyperlaxity was described in the international literature only in few cases, mostly as neck lift. A 40-year-old woman presented with cutaneous signs of PXE, demanding brachioplasty. Results after a nine-month followup are quite satisfying, and no signs of local recurrence or scar alterations are present

    Subcutaneous adipose tissue classification

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    The developments in the technologies based on the use of autologous adipose tissue attracted attention to minor depots as possible sampling areas. Some of those depots have never been studied in detail. The present study was performed on subcutaneous adipose depots sampled in different areas with the aim of explaining their morphology, particularly as far as regards stem niches. The results demonstrated that three different types of white adipose tissue (WAT) can be differentiated on the basis of structural and ultrastructural features: deposit WAT (dWAT), structural WAT (sWAT) and fibrous WAT (fWAT). dWAT can be found essentially in large fatty depots in the abdominal area (periumbilical). In the dWAT, cells are tightly packed and linked by a weak net of isolated collagen fibers. Collagenic components are very poor, cells are large and few blood vessels are present. The deep portion appears more fibrous then the superficial one. The microcirculation is formed by thin walled capillaries with rare stem niches. Reinforcement pericyte elements are rarely evident. The sWAT is more stromal; it is located in some areas in the limbs and in the hips. The stroma is fairly well represented, with a good vascularity and adequate staminality. Cells are wrapped by a basket of collagen fibers. The fatty depots of the knees and of the trochanteric areas have quite loose meshes. The fWAT has a noteworthy fibrous component and can be found in areas where a severe mechanic stress occurs. Adipocytes have an individual thick fibrous shell. In conclusion, the present study demonstrates evident differences among subcutaneous WAT deposits, thus suggesting that in regenerative procedures based on autologous adipose tissues the sampling area should not be randomly chosen, but it should be oriented by evidence based evaluations. The structural peculiarities of the sWAT, and particularly of its microcirculation, suggest that it could represent a privileged source for regenerative procedures based on autologous adipose tissues

    The trochanteric fat pad

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    Technological developments based on the use of autologous white adipose tissue (WAT) attracted attention to minor fat depots as possible sources of adipose tissue. In plastic surgery, the trochanteric fatty pad is one of the most used WAT depots for its location and organoleptic characteristics that make it particularly suitable for reconstructive procedures. Despite its wide use in clinic, the structure of this depot has never been studied in detail and it is not known if structural differences exist among trochanteric fat and other subcutaneous WAT depots. The present study was performed on trochanteric fat pad with the aim to clarify the morphology of its adipocytes, stroma and microcirculation, with particular reference to the stem niches. Histological and ultrastructural studies showed that the main peculiar feature of the trochanteric fat concerns its stromal component, which appears less dense than in the other subcutaneous WATs studied. The intra-parenchymal collagen stroma is poor and the extracellular compartment shows large spaces, filled with electron-light material, in which isolated collagen bundles are present. The adipocytes are wrapped in weak and easily detachable collagen baskets. These connective sheaths are very thin compared to the sheaths in other subcutaneous WAT depots. The capillaries are covered by large, long and thin elements surrounded by an external lamina; these perivascular cells are poor in organelles and mainly contain poly-ribosomes. In conclusion, when compared to other WAT deposits, the trochanteric fatty pad shows structural peculiarities in its stroma and microcirculation suggesting a high regenerative potential. Resistance, dissociability, microvascular weft and high regenerative potential make the trochanteric fatty pad a privileged source for harvesting in autologous WAT-based regenerative procedures

    LE ALTERAZIONI ADDOMINALI ACQUISITE

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    La gravidanza, specie se gemellare, la multiparit\ue0 in genere, [1] ma anche interventi ginecologici addominali e lo stesso processo di invecchiamento fisiologico possono comportare con elevata frequenza l\u2019insorgenza di alterazioni addominali caratterizzate principalmente da lassit\ue0 parietale associata o meno a distrofia cutanea e dalla presenza di cicatrici con distorsione del profilo e lipodistrofia. Sono stati individuati differenti elementi, che, in varia combinazione fra loro, sono in grado di determinare l\u2019alterazione del profilo addominale sia sul piano funzionale sia su quello estetico. [2] L\u2019elemento pi\uf9 frequentemente rilevabile, soprattutto dopo gravidanza, ma in generale con l\u2019avanzamento dell\u2019et\ue0 \ue8 il rilassamento muscolare e fasciale addominale. Il suo trattamento richiede generalmente la plicatura del piano muscolo-fasciale per il ripristino della linea dei fianchi e per l\u2019appiattimento dell\u2019addome. Si distinguono fondamentalmente quattro differenti pattern di rilassamento: il rilassamento dei muscoli retti (generalmente secondario alla gravidanza), che richiede la plicatura dei muscoli retti stessi lungo la linea mediana secondo i vari schemi che sono stati proposti, ma che fondamentalmente mirano ad aumentare la tensione del piano muscolo-fasciale e rinforzare la linea mediana. Il rilassamento mio-fasciale nelle aree laterali ed inferiori dell\u2019addome richiede invece l\u2019associazione della plicatura dei muscoli retti con una plicatura a L dell\u2019aponeurosi del muscolo obliquo esterno. La lateralizzazione congenita dell\u2019inserzione dei muscoli retti sui margini costali comporta invece principalmente un rilassamento della porzione alta dell\u2019addome, a livello sovraombelicale e soprattutto sotto-xifoideo. Il trattamento prevede un avanzamento dei muscoli retti sulla linea mediana, dopo averli liberati parzialmente dalle inserzioni costali e dalla fascia aponeurotica. Il rilassamento della parete addominale nella regione dei fianchi li fa apparire poco definiti dando un aspetto \u201ccilindrico\u201d all\u2019addome, piuttosto che un aspetto caratteristico \u201ca clessidra\u201d. Questo difetto, che deve essere accuratamente distinto dall\u2019accumulo localizzato di adipe, viene trattato mediante la rotazione degli obliqui esterni associata alla plicatura dei muscoli retti. [3] Un altro elemento in grado di deformare l\u2019aspetto dell\u2019addome \ue8 la soluzione di continuo del piano muscolo-fasciale (ad esempio per un laparocele). Esso \ue8 solitamente secondario ad un intervento chirurgico. Tuttavia non sono infrequenti presentazioni spontanee con cedimenti del piano di contenimento dei visceri a livello della linea alba, generalmente legati a debolezze congenite, spesso evidenziate da un prolungato aumento della pressione intra-addominale (ad esempio in gravidanza). Il trattamento prevede la riparazione combinata (autoplastica o alloplastica) del difetto parietale a scopo di contenimento dei visceri e la correzione estetica dell\u2019addome prominente. La correzione di difetti minimi viene generalmente effettuata mediante sovrapposizione dei margini della soluzione di continuo. Tuttavia, lo sviluppo di reti in materiale plastico e di soluzioni di contenimento altamente evolute (reti a doppio strato, ad esempio) consente di ottenere riparazioni stabili senza elevare eccessivamente la pressione intra-addominale e senza gravare oltremodo sui tessuti muscolo-fasciali che in questi casi si presentano spesso retratti e fragili. [4-5] Un altro elemento che spesso concorre a determinare un\u2019alterazione del profilo addominale \ue8 la distrofia adiposa, sia essa diffusa o, pi\uf9 spesso, localizzata. Questa, mediante accumuli soprattutto a livello dei fianchi e della porzione sotto-ombelicale dell\u2019addome, porta ad una conformazione antiestetica dell\u2019addome. Nell\u2019approccio terapeutico, occorre, ovviamente, distinguere accuratamente gli accumuli adiposi localizzati dai cedimenti parietali, in quanto il trattamento Home Indice Relazioni Indice Autori Relazioni Ricerca nelle Relaz..

    LE PROTESI MAMMARIE IN SILICONE COESIVO \u201cSOFT TOUCH\u201d: STUDIO PROSPETTICO COMPARATIVO RISPETTO ALLE PROTESI IN SILICONE TRADIZIONALI

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    Scopo della ricerca: L\u2019elevata morbidezza delle protesi mammarie in silicone espone alla comparsa di wrinkling e rippling. Le protesi anatomiche non presentano questo difetto, ma la consistenza eccessiva generalmente non \ue8 gradita. Le protesi in gel coesivo \u201csoft touch\u201d dovrebbero ridurre wrinkling e percepibilit\ue0 del margine con una minima riduzione della morbidezza. Questo studio intende verificare l\u2019effettiva riduzione di tali effetti confrontandole con le protesi siliconiche tradizionali. Metodologia: \ue8 stato condotto uno studio prospettico su 40 pazienti consecutive sottoposte a mastoplastica additiva nel periodo Ottobre 2004 \u2013 Gennaio 2005 (impiantate 76 protesi INAMED Style 110 - ST) in sede sottomuscolo-sottoghiandolare. Il gruppo di controllo retrospettivo \ue8 costituito dalle 40 pazienti consecutive trattate nei mesi Aprile-Settembre 2004 (impiantate 75 protesi INAMED Style 110). Tutte le pazienti sottoposte a mastoplastica additiva nel periodo di sperimentazione sono state incluse nello studio e nel gruppo di controllo tutte quelle operate nel periodo indicato sino al pari numero. Et\ue0 media, volume medio delle protesi e spessore della copertura protesica erano sostanzialmente sovrapponibili nei due gruppi. A 6 mesi sono stati valutati la presenza di wrinkling, la percepibilit\ue0 del margine protesico e la presenza di contrattura capsulare. Le pazienti hanno inoltre espresso un giudizio anonimo sulla morbidezza del seno ed indicato il grado complessivo di soddisfazione mediante scale analogiche lineari. Risultati: L\u2019incidenza di wrinkling \ue8 risultata nettamente inferiore utilizzando protesi ST (10% vs 56%). Le protesi non coesive hanno presentato una percepibilit\ue0 del margine maggiore (23%) rispetto alle ST (15%). Il grado di contrattura capsulare \ue8 risultato sostanzialmente sovrapponibile nei due rami (Backer II: 25% vs 27,5%, nessun Backer III o IV). Le pazienti hanno avvertito una morbidezza lievemente minore nelle protesi ST, ma il grado di soddisfazione \ue8 stato favorevole a queste ultime (buona o ottima nel 90% dei casi vs 62,5%, 0 vs 1,3% di risultati insoddisfacenti). Conclusioni: Le protesi in gel siliconico coesivo ST hanno dimostrato, sia pur dopo un breve follow-up, un risultato migliore rispetto alle protesi in gel di silicone tradizionale. Le pazienti hanno percepito una rigidit\ue0 lievemente superiore delle protesi ST, ma questo non ha inciso sul loro grado di soddisfazione

    Infezioni a distanza dopo mastoplastica additiva

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    Le infezioni tardive dopo impianto di protesi mammarie restano di difficile comprensione. Presentiamo sette casi di infezione protesica a distanza, insorte dopo un periodo fra i 9 mesi ed i 12 anni dopo il primo intervento. In alcuni casi non erano riconoscibili fenomeni traumatici, mentre in altri la paziente aveva subito un trauma contusivo pochi giorni prima dell\u2019insorgenza dell\u2019infezione. In un caso, insorto dopo un trauma, la paziente aveva in corso una tonsillite batterica. In questo caso il batterio responsabile \ue8 risultato essere lo Streptococcus pyogenes, reperito ad alte dosi anche nel tampone faringeo. In altri casi si \ue8 osservata la presenza di Klebsiella pneumoniae o di Pseudomonas aeruginosa. A differenza delle protesi valvolari, le protesi mammarie sono raramente soggette a fenomeni di colonizzazione batterica per via ematogena, probabilmente a causa della barriera protettiva creata dalla capsula periprotesica. Tuttavia in letteratura sono descritti casi di infezione della protesi a distanza, non imputabili a contaminazione intraoperatoria o nell\u2019immediato postoperatorio. In alcuni dei casi presentati, i batteri responsabili erano estremamente comuni. Pertanto si deve ipotizzare un\u2019interruzione della capsula periprotesica che abbia consentito la colonizzazione per via ematogena. Questa ipotesi appare ben supportata uno dei casi presentati

    MASTOPESSI CON FISSAZIONE DEL SOLCO INFRAMAMMARIO SENZA INTERRUZIONE DEL DERMA

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    Scopo della ricerca: La fissazione del solco inframammario \ue8 un tempo fondamentale in tutte le tecniche di mastopessi a T invertita, a L o a J per impedire le discesa dello stesso al momento della rotazione della ghiandola. Tuttavia, il settore dermico corrispondente ai quadranti inferiori alloggia i rami terminali del ramo anteriore della branca laterale del 4\ub0 nervo intercostale che \ue8 il principale responsabile della sensibilit\ue0 del complesso areola-capezzolo. La loro interruzione comporta una significativa riduzione della sensibilit\ue0 del complesso stesso. Inoltre, la sezione del derma comporta la perdita di questo quale elemento di sostegno del seno. Metodologia: La tecnica da noi messa a punto prevede, dopo la disepidermizzazione eseguita secondo quanto previsto dalla metodica di mastopessi scelta, l\u2019esecuzione di 5-6 incisioni di circa 2 mm lungo la linea su cui si esegue tradizionalmente l\u2019incisione dermica. Attraverso questi minimi accessi, si raggiunge agevolmente per via smussa la fascia muscolare che viene afferrata saldamente e sollevata mediante una pinza \u201cmosquito\u201d di Kocher. Un punto in Polipropilene 4/0 viene passato attraverso la fascia cos\uec sollevata ed ancorato al derma profondo in corrispondenza del solco sottomammario. Con questa tecnica, dal 2000 al 2004 sono state trattate 22 pazienti che presentavano ptosi di grado 2 e 46 con ptosi di grado 3 (sec. Regnault). I risultati estetici sono stati valutati dalle pazienti a 3 mesi dall\u2019intervento mediante questionario. Alle pazienti era poi richiesto di giudicare il grado di alterazione della sensibilit\ue0 (iposensibilit\ue0 e/o ipersensibilit\ue0) dell\u2019areola e del capezzolo e le eventuali ripercussioni di questo sulla propria vita di relazione. Risultati: I risultati estetici a 3 mesi sono stati giudicati dalle pazienti ottimali o buoni in tutti i casi. L\u2019alterazione della sensibilit\ue0, nelle pazienti sottoposte ad intervento primario (58) \ue8 stata valutata come minima (19% dei casi) o nulla (81% dei casi), senza alcuna ripercussione sulla vita di relazione. Le 10 pazienti che avevano gi\ue0 subito in precedenza una mastopessi con tecnica tradizionale (mastopessi secondaria) presentavano, al contrario, un\u2019importante alterazione della sensibilit\ue0 (ridotta: 50% dei casi, molto ridotta nel rimanente 50% dei casi), con significativo danno della vita di relazione. Tuttavia, poich\ue9 detta alterazione era presente prima dell\u2019intervento e non si \ue8 verificata un\u2019ulteriore riduzione della sensibilit\ue0, il grado di soddisfazione delle pazienti \ue8 stato comunque elevato (100% soddisfazione alta, vs 5% alta e 95% molto alta negli interventi primari). Non si sono verificate complicanze correlabili alla tecnica proposta. Conclusioni: La tecnica di fissazione transdermica del solco sottomammario in corso di mastopessi consente di ottenere una valida stabilizzazione della piega inframammaria minimizzando le ripercussioni sulla sensibilit\ue0 del NAC ed ottimizzando l\u2019utilizzo del tessuto dermico nel sostegno al seno
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