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    Passive control of a falling sphere by elliptic-shaped appendages

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    The majority of investigations characterizing the motion of single or multiple particles in fluid flows consider canonical body shapes, such as spheres, cylinders, discs, etc. However, protrusions on bodies -- being either as surface imperfections or appendages that serve a function -- are ubiquitous in both nature and applications. In this work, we characterize how the dynamics of a sphere with an axis-symmetric wake is modified in the presence of thin three-dimensional elliptic-shaped protrusions. By investigating a wide range of three-dimensional appendages with different aspect ratios and lengths, we clearly show that the sphere with an appendage may robustly undergo an inverted-pendulum-like (IPL) instability. This means that the position of the appendage placed behind the sphere and aligned with the free-stream direction is unstable, in a similar way that an inverted pendulum is unstable under gravity. Due to this instability, non-trivial forces are generated on the body, leading to turn and drift, if the body is free to fall under gravity. Moreover, we identify the aspect ratio and length of the appendage that induces the largest side force on the sphere, and therefore also the largest drift for a freely falling body. Finally, we explain the physical mechanisms behind these observations in the context of the IPL instability, i.e., the balance between surface area of the appendage exposed to reversed flow in the wake and the surface area of the appendage exposed to fast free-stream flow.Comment: 16 pages, 13 figures, 2 tables, under consideration for publication in Phys. Rev. Fluids; revisio

    La realtà dell'immagine: studio sull'immaginazione in Shaftesbury

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    2007/2008Una lettura dell’opera di Shaftesbury fondata sulla facoltà immaginativa imporrebbe in primo luogo di ritornare sulle influenze esercitate dall’autore inglese nei confronti di quel generale sforzo di delineazione sistematica della natura dell’immaginazione che caratterizzò la filosofia dell’idealismo. Un ruolo, quello di Shaftesbury, giocato in modo diretto, nella molteplicità di connessioni – di affinità e stimoli – che lo legano alle generazioni di teorici inglesi e tedeschi che a partire dalla prima metà del Settecento si rifecero al suo idealismo, alla sua visione dell’universo come campo di valori, ai tratti “sublimi” e “immaginativi” del suo stile filosofico e a certe sue affermazioni relative al poeta come “second Maker”. La seduzione esercitata dal pensiero shaftesburiano sui maggiori intelletti del secolo XVIII e oltre, la costante presenza in essi delle sue tracce, indicano chiaramente che di questi elementi l’opera di Shaftesbury seppe farsi snodo. In particolar modo ciò è avvenuto per alcune tra le idee del saggista maggiormente implicate in senso estetico. Fra queste la nozione di immaginazione offre forse i maggiori motivi di interesse. Il concetto chiave che caratterizza la figura “preromantica” di Shaftesbury è dato infatti da un’idea di immaginazione creativa, intesa come facoltà produttiva di immagini e plasmatrice di forme originali, che una tradizione critica attestata sull’analisi del precorrimento di situazioni future ha creduto di poter rintracciare in nuce nella sua dottrina estetica. A prova di queste risonanze preromantiche è invariabilmente portata l’analogia da Shaftesbury istituita, ma non elaborata, tra poesia e attività creativa della natura. Avviarsi alla comprensione dei capisaldi di una possibile teoria shaftesburiana dell’immaginazione significa quindi, contestualmente, procedere alla rettifica di una certa tradizione storiografica che, sulla base del paragone appena ricordato, ha attribuito a Shaftesbury i meriti di un processo di psicologizzazione dell’analisi filosofica dell’attività poetica capace di condurre a identificare l’atto creativo con la facoltà dell’immaginazione. La parte iniziale di questo lavoro affronta dunque – attraverso l’analisi della letteratura secondaria più influente – una ridiscussione critica di questo tipo di impostazione ermeneutica. Da una parte – sul piano delle esplicite affermazioni shaftesburiane riconducibili al piano formale della teoria dell’arte – si sottolinea l’importanza dell’impianto regolistico e normativo della sua estetica, dall’altro si riporta l’atteggiamento neoclassico del filosofo al fondamento ontologico da cui deriva, ossia all’idea di una natura intesa come compagine universale dotata di armonia, la cui “creatività” è da vedersi come funzione produttiva di ordine e regolarità. Da questo punto di vista, quindi, per Shaftesbury è la stessa natura, modello dell’imitazione del poeta, a non essere definita e considerata “Creator”, termine con il quale la critica letteraria del periodo indica una produzione di forme che prescinde da un materiale pre-esistente, bensì “Maker”, cioè produttrice di ordine, principio di organizzazione, di armonia e regolarità in ciò che esiste. La ricomprensione del valore della proposta filosofica shaftesburiana sotto l’ottica quasi esclusiva dell’anticipazione di elaborazioni concettuali maggiormente a fuoco in epoche successive ha inoltre prevalso fino in tempi recenti sull’analisi dei legami che radicano le idee del moralista, o alcuni suoi temi, anche in maniera implicita, nelle trame speculative delle maggiori tradizioni filosofiche del suo tempo. Pure, innervando i secoli a cavallo dei quali Shaftesbury percorse la propria parabola filosofica, le maggiori tendenze della filosofia moderna, tra cui l’empirismo, non poterono mancare di influenzare, in modo più o meno sfumato, sia il quadro generale, sia i dettagli più significativi della sua elaborazione. Ciò è possibile affermare analizzando, dell’immaginazione shaftesburiana, aspetti non direttamente riconducibili al piano estetico, e pure altrettanto importanti, quali la dimensione morale e (parzialmente) conoscitiva. Nel definire il contenuto reale della nozione shaftesburiana di immaginazione si è perciò tentato di sviluppare alcuni aspetti epistemologici, conoscitivi e morali di questa non già non percepiti, ma forse non sufficientemente svolti nelle loro implicazioni, mostrandone la legittimità. Sono così emerse le linee di una teoria dell’immaginazione intesa come funzione della mente implicata nella percezione e responsabile della rappresentazione del mondo, nella sua natura di istanza psichica mediante la quale è possibile apprendere, se non comprendere, la realtà. Allo stesso modo, si è messa in luce la fecondità della relazione tra imagination e moral sense, o tra imagination e azione morale, e ancora tra la nozione di image e quella di idea. Uno sguardo approfondito sulla natura della funzione immaginativa nel pensiero di Shaftesbury permette infatti di scoprire come l’idea di un potere rappresentativo della coscienza si riveli un elemento necessario. La stessa concezione morale, tema cardine della filosofia shaftesburiana, poggia su una visione della coscienza che valorizza il ruolo delle rappresentazioni interiori e delle immagini mentali, di moral pictures, nella fenomenologia dell’agire etico. La dimensione della moralità risulta infatti, propriamente, uno spazio psichico popolato di images, forms, fancies e representations. L’oggetto razionale, o morale, si presenta al senso interno come oggetto in immagine. Della derivazione e della natura di questa immagine si è tentata una ricostruzione: essa è registrazione di una realtà esterna, un contenuto sensibile interno alla coscienza. L’oggetto-immagine morale è l’oggetto percepito, prodotto dell’osservazione di un vissuto, di una condotta empirica, sicché Shaftesbury sembra proporre una teoria della rappresentazione percettiva iconica nella mind. La componente visiva quale prospettiva entro cui inscrivere i problemi della morale connota dunque la specifica natura del moral sense: è questo sfondo della particolare disposizione descritta da Shaftesbury, non a caso definita una “visione riflessa” dei nostri moti interiori, ciò che si è posto in primo piano. Si ritiene che solo collocando il senso del giusto e dell’ingiusto all’interno del suo contesto fantasmatico si possa cogliere pienamente il modo in cui il filosofo ha inteso configurare l’esperienza morale. Se ciò è vero, e se è vero che la fondazione di una morale autonoma e naturale è il compito centrale della speculazione shaftesburiana, allora la capacità immaginativa della mente e le sue produzioni occupano un posto di rilevante importanza all’interno dell’intera costruzione filosofica del saggista inglese. La presenza, sottesa alla dottrina etica shaftesburiana, di un’attività mentale che esplica le proprie funzioni attraverso procedure di tipo figurativo, il cui soggetto è l’organo della percezione morale (moral sense), è testimoniata, oltre che da una serie di indizi di ordine lessicale e metaforico, da indicazioni di tipo dottrinale. Nello specifico, il moral sense è un reflected sense, un “senso riflesso” che ha proprio nei termini fancy e imagination due vocaboli che ne definiscono la natura. La funzione del reflected sense, la cui derivazione terminologica e psicologica è lockiana, è descritta nel sistema morale shaftesburiano come un “senso interno” che percepisce e accoglie nella mind idee morali, facendone in modo immediato oggetti presenti alla coscienza a seguito di percezione. Solo dopo essere state avvertite (felt) in azioni, passioni e caratteri, infatti, le qualità morali di un fenomeno etico esistono nella mente: esse sono acquisite come objects, ovvero come contenuti presenti alla coscienza riferiti a un oggetto morale percepito (un comportamento, una passione, un’azione propria o altrui), che sarà quindi investito da “un altro genere di affezione”, una ammirazione o rifiuto (Liking or Dislike) razionali. La presenza nella mente di queste idee/immagini di moralità, cui propriamente il senso morale reagisce, comporta la dipendenza da un’istanza interiore che, nel percepirle, ne faccia un oggetto interiore della coscienza, sulla base del cui contenuto rappresentato essa può esprimere la propria convalida o il proprio rifiuto, modellando quindi il comportamento e disponendo la volontà. Come testimonia l’espressione shaftesburiana, le azioni proprie e altrui sono infatti “introdotte nella mente tramite la riflessione” (brought into the Mind by Reflection), cioè rese presenti o rappresentate alla mind, che le assume come oggetti del pensiero, ovvero come realtà determinate, enti particolari indipendenti dalla mente, ma rappresentati in essa come contenuti di coscienza da approvare o rifiutare, a seconda del bene o del male in essi compreso. Gli oggetti razionali sono dunque oggetti riflessi, o oggetti morali di riflessione, e cioè immagini proiettate (active and incumbent) nella mente di realtà morali. Ora, essendo gli oggetti razionali di natura etica sempre rappresentati come immagini e “apparenze morali”, l’atteggiamento generale assunto dalla coscienza morale sarà necessariamente quello dello spettatore rivolto a un mondo di immagini mentali. “In qualunque modo giudicheremo ciò, troveremo sempre che ogni creatura razionale o riflessiva è indotta dalla propria natura a sostenere il riesame della propria mente e delle proprie azioni, e ad avere sempre chiare davanti a sé rappresentazioni di se stessa (Representations of himself) e dei suoi moti intimi, che si agitano nella sua mente”. Nel porsi come organo della rappresentazione interiore di tali oggetti, il senso riflesso opera quindi secondo modalità raffigurative, plasmando in immagini le idee dei fenomeni morali. Questo si intende con il termine “fantasmatico” che, secondo noi, connota la specifica natura del reflected sense. In altre parole, la riflessione è quella attività la cui particolare natura “figurativa” o “fantasmatica” permette alla “creatura razionale” non solo di sorvegliare e criticare le rappresentazioni, ma di ricevere “nella propria mente immagini o rappresentazioni di giustizia, di generosità, di gratitudine o di altre virtù”, configurandosi così come istanza psicologica decisiva di un processo percettivo delle qualità etiche che ha come oggetto idee morali il cui statuto ontologico è la rappresentazione o immagine interiore. Nel vocabolo reflection Shaftesbury convoglia dunque un’attività di oggettivazione delle idee morali (azioni, passioni, sentimenti) sotto la specie della rappresentazione raffigurativa, delineando la fisionomia di un processo percettivo (di ordine morale) che passa attraverso la mediazione delle immagini. Ora, la funzione figurale e rappresentativa del “senso riflesso” è assai simile, o analoga, a quella storicamente rivestita dalla fantasia/immaginazione, nel suo status classico di attività di ricezione, trattenimento e produzione delle immagini e delle forme sensibili provenienti dai sensi. Attraverso la funzione rappresentativa del reflected sense, si introduce così – se non proprio come necessità logica, almeno come possibilità psicologica – il consueto ruolo dell’immaginazione, cioè della facoltà rappresentativa responsabile della raffigurazione nella coscienza delle immagini degli oggetti anteriormente ricevuti dalla sensazione. Se così fosse, nello sforzo verso l’acquisizione della moralità vi sarebbe spazio per la funzione immaginativa. Questa saldatura fra Imagination e senso interno “riflesso” avviene effettivamente, e in modo esplicito, in un passo delle Miscellaneous Reflections, scritto appartenente all’ultima fase della produzione shaftesburiana, dove il filosofo giunge a un’equivalenza tra il sostantivo “immaginazione” e ciò che nelle opere del periodo iniziale aveva indicato con la nozione di natural moral sense: “Ancora, considero dentro di me, io possiedo l’immaginazione di qualcosa di bello, grande e nobile nelle cose”. In una nota esplicativa a margine dello stesso passo Shaftesbury ribadisce il riferimento alla funzione immaginativa, usando il termine Imagination in funzione sinonimica del Sense of (moral) Beauty, guida connaturata della nostra vita morale. L’identificazione della Imagination con il fondamento sentimentale della moralità fa segno verso la necessità di una capacità fantasmatica, o di una coscienza immaginativa, per la vita morale dell’individuo.XXI Cicl

    fluttering energy harvester for autonomous powering flehap aeroelastic characterisation and preliminary performance evaluation

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    Abstract Significant efforts are being devoted in order to develop efficient and reliable energy harvesters based on interactions between structures and environmental fluid flows such as wind or marine currents. In this framework, a fully-passive energy harvester of centimetric size employing an elastically bounded wing has been developed. The system exploits the coupled-mode flutter, leading in certain conditions to finite amplitude and self-sustained oscillations. Electrical output power levels up to 15[mW] have been reached by an experimental prototype within a wind range between 2 and 5 [m/s] by means of electromagnetic coupling as the conversion strategy. Focusing on the aeroelastic point of view, it is crucial to investigate how the kinematics (i.e. flapping amplitude and frequency, phase between the pitch and plunge motion DoFs) varies with the main parameters (e.g. wind velocity and wing geometry), in order to identify the optimal conditions for potential harvesting. With this goal in mind, we present and discuss the results for a representative configuration of the device (first without the extraction mechanism), exploring the behavior within the design wind range, combining wind-tunnel experiments, three-dimensional CFD simulations and the development of a quasi-steady phenomenological model. We find that both the amplitude and the frequency of the flapping motion are maximised for a certain wind velocity. Moreover, the phase between pitch and plunge changes abruptly when close to this condition. Hence, we estimate the mechanical power that the wing is able to collect and the Betz efficiency, e.g. the ratio between the latter and the power available in the flow. The mathematical model is then enriched by additional terms mimicking an electrical resistive circuit and predictions are made regarding the extracted power and global efficiency of the system, showing the presence of optimal conditions for which these quantities are maximised. Finally, we outline future challenges in the harvester development towards a realistic deployment

    Generalization of Taylor's formula to particles of arbitrary inertia

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    One of the cornerstones of turbulent dispersion is the celebrated Taylor's formula. This formula expresses the rate of transport (i.e., the eddy diffusivity) of a tracer as a time integral of the fluid velocity autocorrelation function evaluated along the fluid particle trajectories. Here, we review the hypotheses which permit us to extend Taylor's formula to particles of any inertia. The hypotheses are independent of the details of the inertial particle model. We also show by explicit calculation that the hypotheses encompass cases when memory terms such as Basset's and Faxén's corrections are taken into account in the modeling of inertial particle dynamics.One of the cornerstones of turbulent dispersion is the celebrated Taylor's formula. This formula expresses the rate of transport (i.e., the eddy diffusivity) of a tracer as a time integral of the fluid velocity autocorrelation function evaluated along the fluid particle trajectories. Here, we review the hypotheses which permit us to extend Taylor's formula to particles of any inertia. The hypotheses are independent of the details of the inertial particle model. We also show by explicit calculation that the hypotheses encompass cases when memory terms such as Basset's and Faxén's corrections are taken into account in the modeling of inertial particle dynamics.One of the cornerstones of turbulent dispersion is the celebrated Taylor's formula. This formula expresses the rate of transport (i.e., the eddy diffusivity) of a tracer as a time integral of the fluid velocity autocorrelation function evaluated along the fluid particle trajectories. Here, we review the hypotheses which permit us to extend Taylor's formula to particles of any inertia. The hypotheses are independent of the details of the inertial particle model. We also show by explicit calculation that the hypotheses encompass cases when memory terms such as Basset's and Faxén's corrections are taken into account in the modeling of inertial particle dynamics.Peer reviewe

    When a threatened species becomes a threat: a key to reading the Habitats Directive based on occurrence and distribution of Cerambyx cerdo L. in Mediterranean urban and peri-urban areas

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    Abstract Cerambyx cerdo is a large saproxylic species included in the Annex IV of the European Habitats Directive as a 'priority species'. Although C. cerdo populations have shown a significant decline in size and distribution in central and northern European forests, in the Mediterranean basin it is often considered as a pest in urban and peri‐urban areas. Based on European legislations currently in use, we propose a simplified decision‐making flowchart that should be followed regarding the adoption of different control measures against severe C. cerdo infestations

    Modelling complex bimolecular reactions in a condensed phase: the case of phosphodiester hydrolysis

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    Background: the theoretical modelling of reactions occurring in liquid phase is a research line of primary importance both in theoretical-computational chemistry and in the context of organic and biological chemistry. Here we present the modelling of the kinetics of the hydroxide-promoted hydrolysis of phosphoric diesters. Method: the theoretical-computational procedure involves a hybrid quantum/classical approach based on the perturbed matrix method (PMM) in conjunction with molecular mechanics. Results: the presented study reproduces the experimental data both in the rate constants and in the mechanistic aspects (C-O bond vs. O-P bond reactivity). The study suggests that the basic hydrolysis of phosphodiesters occurs through a concerted ANDN mechanism, with no formation of penta-coordinated species as reaction intermediates. Conclusions: the presented approach, despite the approximations, is potentially applicable to a large number of bimolecular transformations in solution and therefore leads the way to a fast and general method to predict the rate constants and reactivities/selectivities in complex environments
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