45 research outputs found

    The Italian Wage Curve. The Effects of the Recent Labour Market Reforms.

    Get PDF
    The Italian Wage Curve. The Effects of the Recent Labour Market Reforms The paper examines some effects of the recent reforms aimed at increasing flexibility in the Italian labour market. It shows their incapability to respond to the “inclusion” problem which still characterises the country. New temporary low-skill jobs were created but the reforms have neither enforced industrial competitiveness nor increased productivity. Far from solving the problems of a dual economy, de-regulation of Italian labour market has reinforced them and has concurrently eroded civil rights thereby making a departure form standards of health and morality. Excessive turnover of workers and firms is a major obstacle to human capital accumulation. A hostile territory produces social inequality, poverty and under- consumption that severely compromises growth. Key words: Labor and Demographic Economics; Wages, Compensation and Labor Costs; Wage Level and Structure; Wage Differentials JEL Classification: J, J3, J31 Final version received May 200

    La curva dei salari nell'industria manifatturiera italiana

    Get PDF
    La curva dei salari nell’industria manifatturiera italiana Il lavoro fornisce un contributo alla verifica dell’esistenza della curva dei salari in Italia e, quindi, all’osservazione del ruolo svolto dall’ammontare dei senza lavoro, presente a livello locale, nella determinazione dei salari ivi corrisposti nei periodi considerati. Le analisi sono state condotte sulla base delle osservazioni tratte da due banche dati: la banca dati del gruppo bancario Capitalia, utilizzata per l’Indagine sulle imprese manifatturiere italiane realizzata relativamente al triennio 1998-2000 e contenente dati su 4.021 imprese; L’Archivio Storico della Banca d’Italia dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane (1977-2000), relativamente al periodo 1993-2000, contenente osservazioni su 7.145 addetti dell’industria manifatturiera. Controllando per le caratteristiche delle imprese e degli addetti, i risultati di regressioni del salario reale sul tasso locale di disoccupazione dimostrano l’esistenza della curva dei salari in Italia

    La curva dei salari in Italia.

    Get PDF
    In generale, l’idea che l’ambito istituzionale influenzi profondamente il funzionamento dei mercati è saldamente radicata in letteratura. Per quanto riguarda il mercato del lavoro sono pionieristici i lavori teorici di Akerlof (1982), Bowles (1985), Williamson (1985), Stiglitz (1987), Solow (1990). Anche la letteratura empirica ha sempre più legato la performance del mercato del lavoro all’ambito istituzionale prevalente, come testimoniato, per esempio, dall’ampia letteratura sul “corporativismo”, da quella sull’“eurosclerosi” e da tutti quei lavori basati sulle istituzioni per spiegare la disoccupazione, i differenziali salariali, l’accumulazione di abilità (Blanchard, Wolfers, 2000). La significativa riforma istituzionale, avvenuta durante gli anni Novanta, ha influenzato profondamente il funzionamento del mercato del lavoro italiano, riducendo il grado di centralizzazione della contrattazione salariale, introducendo nuove tipologie di “lavoratori atipici” (come quelli impegnati in lavori “interinali”, lavori on call ecc.) e promuovendo sostanziali limitazioni salariali i cui effetti sembrano eccezionalmente di lunga durata . La dispersione salariale è fortemente aumentata, determinando un sostanziale aumento dell’ineguaglianza dei redditi. Nel periodo 1989-2000, inoltre, il ridimensionamento delle retribuzioni reali ha coinvolto non solo i lavoratori a tempo parziale e “atipici” ma anche quelli con contratti di tipo tradizionale. La caduta del potere d’acquisto dei salari (lordi) in Italia è in netta controtendenza rispetto a quanto accaduto all’Europa degli anni Novanta (ILO, 2000, p. 3). La variabilità territoriale dei tassi di disoccupazione, già in crescita negli anni Ottanta, è ulteriormente aumentata negli anni Novanta aggravando lo svantaggio delle aree meridionali Questa evoluzione deve essere ampiamente attribuita a una più alta dispersione dei tassi di occupazione (che approssimano la disponibilità delle opportunità di lavoro), mentre i divari territoriali nell’offerta di lavoro (approssimati dai tassi di attività) sono rimasti sostanzialmente immutati. Inoltre, la ristrutturazione industriale della metà degli anni Novanta ha prodotto una caduta drammatica dell’occupazione industriale, soprattutto nelle grandi imprese dove il lavoro è tutelato da una legislazione protezionistica. Tutto ciò ha causato un’accresciuta variabilità territoriale del “grado di tensione sul mercato del lavoro” (inteso come numero relativo di posti vacanti rispetto al numero di disoccupati), che è la variabile che guida il sistema economico verso un livello più elevato di rigidità istituzionale, se si accetta l’inversione del nesso di causalità tra protezione dell’occupazione e performance del mercato del lavoro operata da Saltari e Tilli (2004). Di fronte a questi cambiamenti, è appropriato rivalutare il potere esplicativo delle interpretazioni alternative della disoccupazione e degli squilibri regionali del mercato del lavoro. Principio ispiratore della riforma istituzionale (cfr. il Libro bianco del ministero del Lavoro) è stato rimuovere le rigidità del mercato del lavoro, la resistenza dei salari reali, gli insostenibili costi del licenziamento, l’indifendibile egualitarismo nella contrattazione salariale, tutte cause del perdurante problema della disoccupazione in Italia. L’attenzione è stata, quindi, essenzialmente rivolta a: a) l’incapacità dei prezzi dei fattori produttivi di riflettere scarsezze relative. La centralizzazione nazionale della contrattazione salariale, l’espansione del pubblico impiego e l’aumento dei trasferimenti di reddito alle famiglie avrebbero reso i salari insensibili alle differenze nelle produttività marginali del lavoro, riducendo la domanda di lavoro ; b) i vincoli legali e istituzionali imposti alle assunzioni e ai licenziamenti. Tali vincoli avrebbero impedito l’ottimale funzionamento del mercato del lavoro, riducendo la produttività del lavoro e favorendo l’uso di input alternativi (Bentolila, Bertola, 1990; Bertola, 1990, 2004). Entrambi i fattori (a e b) avrebbero agito prevalentemente nelle regioni meridionali determinando un più alto rapporto capitale-lavoro e più bassa occupazione e produzione. Alcune interpretazioni alternative (rif. in c, d, e, f, g), invece, proponevano e propongono oggi, con ancora maggiore insistenza, di investigare l’impatto sull’occupazione dell’innovazione, dei vincoli esistenti dal lato della domanda, e inoltre di volgere particolare attenzione a fattori come la competitività non di prezzo, il comportamento delle imprese rispetto alle innovazioni, alla tecnologia, al potenziamento delle capacità e alla specializzazione settoriale. Le radici teoriche ed empiriche di tali argomentazioni oltre a confutare quelle alternative già richiamate (a e b) sottolineano – in un’ottica di equilibrio parziale: c) che la severità di un sistema di protezione all’impiego è l’effetto e non la causa di un mercato del lavoro depresso (Saltari, Tilli, 2004); d) che nell’industria manifatturiera italiana e ancora di più in quella meridionale il lavoro temporaneo e le nuove forme di lavoro “atipico” sono fonte d’inefficienza e hanno un effetto negativo sulla produttività e sull’occupazione. La natura temporanea del contratto spinge almeno una delle parti in causa (datore di lavoro-lavoratore) a limitare il proprio investimento nella relazione d’impiego; soluzioni subottimali per entrambe le parti e per l’intera economia saranno il risultato delle scarse “dosi” di capitale umano investite nella relazione di impiego temporanea. La produttività delle imprese italiane, e ancora di più di quelle meridionali decresce al crescere della proporzione di addetti a tempo determinato impiegata. La relazione tra produttività e lavoro temporaneo si inverte quando l’attività di formazione professionale all’interno (contratti di formazione) o all’esterno dell’azienda (corsi di formazione) produce una “dose” non trascurabile di investimento in capitale umano. La propensione allo shirking dei lavoratori si riduce al crescere della serietà della relazione di impiego temporaneo e della probabilità che essa sia convertita in una relazione permanente. Prendendo in considerazione le interazioni del mercato del lavoro con gli altri mercati, tali interpretazioni alternative evidenziano, inoltre: e) il ruolo della “povertà tecnologica e istituzionale” (intendendo con ciò la sfavorevole specializzazione produttiva, e la scarsezza di alcuni input che hanno la natura di beni pubblici, l’innovazione tecnologica, l’accumulazione di capitale umano, infrastrutture, l’insufficiente certezza dei diritti di proprietà); e, dal punto di vista teorico, Autor, 2000; Ramey, Watson, 1997); f) il malfunzionamento del mercato del credito, che impone severi vincoli finanziari alle imprese (Giannola, 1999; Giannola, Sarno, 2004; Lopes, Netti, 2002, 2004); g) l’impatto occupazionale dei mutamenti tecnologici e dei vincoli alla domanda (Pini, Piacentini, 2000; Costabile, Papagni, 1998). Nel presente lavoro ci si propone di affrontare dal punto di vista empirico alcuni argomenti connessi principalmente alla prima interpretazione circa l’incapacità dei prezzi dei fattori produttivi di riflettere scarsezze relative (a), al fine di confutarla. In particolare si osserva che il giudizio che la letteratura empirica ha espresso sulla flessibilità salariale dell’economia italiana degli anni Novanta dipende anche (a monte) dalla banca dati utilizzata e (a valle) dai periodi e segmenti di indagine, dal grado di aggregazione delle osservazioni, dalle modalità con le quali rappresentare le caratteristiche strutturali delle aree di interesse. Inoltre, si dimostra l’esistenza di una “curva dei salari” (Blanchflower, Oswald, 1994) sulla base dei risultati di stime econometriche condotte con due differenti banche dati: l’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d’Italia e il data base del gruppo bancario Capitalia (ex Mediocredito Centrale) relativo a un campione di imprese dell’industria manifatturiera italiana

    Landslide risk management : a multidisciplinary approach to define a Decision Support System for rainfall induced landslides

    Get PDF
    It is generally observed that direct impact of natural hazards, irreversible losses of human and physical capital and economic activities, is stronger on already poor economies. Moreover, the indirect adverse impact on the wealth growth of their ex-ante strategy to mitigate risk may even outweigh ex-post direct impact of a catastrophic event. The reason is that already poor economies have scarce resources to cope with natural hazard, weaker risk management capacity and higher degree of risk aversion. Therefore, in trying to coping ex-ante with risk, they choose a lower risk-return portfolio of assets (Elbers et al., 2007). If this is true, we can conclude that both effects of catastrophic events exacerbate inequalities and stuck economies in ‘poverty traps’ due to huge economic losses. Avoiding those ‘traps’ must be a common worldwide object just as improving environmental security. Areas and populations involved are not limited to those directly hit by the catastrophic event but even those indirectly involved by forced raising of funds, expropriation of property rights and immigration (forced socialization of risk consequences). Unfortunately, then, even in more developed countries, the level of resources devoted to the prevention against natural hazards were, often, extremely scarce and badly allocated. Worries about free-riding in raising funds from governments and taxpayers; rent–seeking and shifting of the responsibility of experts or politicians are the main causes of this misallocation. Things get worse due to bad, incomplete and biased information. In this paper we try to understand the economic and financial impact of natural disasters such as landslide. This is one of the major worldwide natural hazard. One of the problem we deal with is that landslide risk assessment methodologies were mainly qualitative and subjective. Qualitative methods, for example, are essentially based on the assumption that landslides will occur in the same geological, geomorphological, hydrogeological and climatic conditions as in the past. We propose a multidisciplinary approach to landslide risk management. This will be a useful DSS (Decision Support System) able to remove much of the uncertainty in dealing with rainfall landslides Risk Assessment Methodologies. This approach consists of a ‘simulation chain’ to link forecast rainfall (input) to the effects in terms of infiltration, slope stability up to definition of vulnerability and risk assessment. This ‘simulation chain’ is developed at CMCC (Euro–Mediterranean Centre for the Climate Change) (Meteoroligical Models) and at Geothecnical Laboratory of the Second University of Naples (Geothecnical Models), both partners in SafeLand (7th Framework Programme, Cooperation Theme 6 Environment including climate change Sub-activity 6.1.3 Natural Hazards), and at the Department of Economics of the University of Naples “Federico II” (Economics and Finance). Multidisciplinary groups of experts will gain enough resources to devote to the prevention against natural hazards if they are self-selected to be: - able to manage multi-skills involved, - able to manage the main inputs of the provision of environmental security, that is, sophisticated techniques and huge amount of continuous data from ‘early-warning monitoring-webs’, - they don’t escape from their professional responsibility, - able to be independent from politics and objectively trustable. If people trust in them and understand the objectivity of science and its limits, whatever is the national or local government, the only problem to raise funds from taxpayers and borrowers will be that imposed by the EU-27 ability to exploit Lisbon Treaty and the new Stability Pact

    Essential Elements for an Early Warning System to Detect Flowslides in Pyroclastic Deposits

    Get PDF
    Air-fall pyroclastic deposits on steep slopes in Campania (Southern Italy) are periodically sub-jected to rainfall-induced landslides that may evolve into catastrophic flowslides. To protect built-up areas, Early Warning Systems (EWSs) were implemented. Existing EWSs are essentially based on pluviometric thresholds or models which are unable to accurately monitor the physical phenomena which are responsible for flow-slide generation in pyroclastic deposits. Over the last 20 years, landslides with no evolution in flow-slide occurred in this area and the alarms generated by existing EWSs in the cases of rainfall were false and very expensive, thus, lowering population trust in EWSs. To improve the existing EWSs, two complex mod-els for pyroclastic soils from Cervinara and Sarno slopes are proposed in the paper, capable of simulating physical phenomena (such as, the saturation increase due to rainwater infiltration, mechanical degradation and undrained instability), control instability phenomena (landslide) and evaluate the post-failure evolution

    Natural Hazards, Poverty Traps versus Economic Growth

    Get PDF
    Governments, even in developed countries, devote too scarce resources to coping (ex-ante) with natural hazards; as a consequence of this short-sightedness, (ex-post) direct and indirect effects of catastrophic events deeply compromise the economic growth. Protective measures against natural hazards mean complex choices involving the opinions of multidisciplinary groups of experts in the fields of ecology, civic and geotechnical engineering, geology, meteorology, law and economics. Moreover, tools and choices affect different stakeholders: politicians, producers, consumers, taxpayers and voters. Complementarity between informed rationality and democracy need to be recognized and guaranteed as too often the perceptions of the majority of the stakeholders involved about natural hazards are not consistent with any objective information about the catastrophic event. The interaction between strict budget constraints, extremely high degrees of uncertainty, risk-aversion and credit rationing, trade-off between democracy and rationality, are the main causes of potential ‘poverty traps’. First of all we believe that the ‘reconstruction output’ to be included in GDP as an ex-post effect of a natural hazard is a forced investment much more effective in crowding-out other consumption and investment and less effective for growth than investments aiming at increasing, ex-ante, the resiliency of the economy. Keynes’ ‘Animal Spirits’ are embedded in positive expectation for future gains especially if not concentrated in reconstruction procurement sectors but spread across different sectors of the economy. The increased demand for reconstruction goods and services may act in both directions depending on the phase of the business cycles in which the economy is. Risk premiums for risk-averter investors increase in consequence of a natural hazard event; this restrict budget constraints and strengthen credit rationing. A mere replacement effect of the destroyed capital by a more efficient one is not enough to assert a prevalent stimulus effect of disasters on economic growth. Econometric analyses are not conclusive in the sign of the impact of natural disasters on growth. The ‘poverty traps’ effect may be stronger where resources are mainly devoted to the supply of a ‘reconstruction output’ instead of a ‘resiliency output’. Following the suggestions of financial literature, we believe that a certain (minimum) percentage of GDP may be devoted by Governments to cope (ex-ante) with natural hazards. This will redistribute some resources from the ‘reconstruction sector’ to the ‘resiliency sector’ and mainly to a human capital investment. We’ll, then, try to link ‘resiliency’ to economic growth

    ‘Disegno dal vero e dell’immaginario’: le verità di un ossimoro visivo | ‘Drawing from Life and Imagination’: the Truths of a Visual Oxymoron

    Get PDF
    ITA - Pare che in alcuni Corsi di Laurea in Architettura le “magnifiche sorti e progressive” della tecnologia digitale sempre più avanzata abbiano generato la quasi totale scomparsa del disegno manuale e tradizionale. Il dominio dell’immagine digitale, che si impone come nuova forma di comunicazione visiva, regala l’illusione che si possa prescindere dalle forme di rappresentazione tradizionali, tanto da pensare di poterle escludere dal percorso formativo dell’architetto. Restando fermi nella convinzione che sia, invece, indispensabile per un architetto avere una solida cultura del Disegno, da quello tradizionale alle modalità più innovative, un contributo prezioso viene fornito dal Workshop di Disegno dal Vero e dell’Immaginario, inserito nei Corsi di Laurea Magistrale in Architettura, presso il Politecnico di Torino. Il nome scelto per questo corso racchiude in sé un evidente ossimoro, nell’ottica di conciliare due aspetti apparentemente contraddittori, ma in realtà complementari. In un’epoca in cui la comune visione tridimensionale dell’opera d’arte può essere integrata o sostituita da una realtà virtuale, alcuni termini come ‘fantastico’, ‘immaginario’ o ‘visionario’, assumono una diversa funzione. Così, paradossalmente (in architettura e non solo), la rappresentazione della realtà ‘virtuale’ viene impiegata per meglio rappresentare il ‘vero’ e la realtà. Il presente contributo affronterà in prevalenza il secondo approccio proposto nel corso e cioè quello dell’immaginario. ENG - It seems that in some Degree Courses in Architecture the “magnifiche sorti e progressive” of increasingly advanced digital technology have generated the almost total disappearance of manual and traditional drawing. The dominion of the digital image, which imposes itself as a new form of visual communication, gives the illusion that one can disregard traditional forms of representation, so much so that one thinks one can exclude them from the architect’s educational path. Staying firm in the belief that it is, instead, indispensable for an architect to have a solid culture of Drawing, from the traditional one to the most innovative modalities, the Drawing from Life and Imagination Workshop, included in the Master’s Degree Courses in Architecture, at the Polytechnic of Turin, provides a valuable contribution in this sense. The name chosen for this course contains an obvious oxymoron, in order to reconcile two apparently contradictory but actually complementary aspects. In an age when the common three-dimensional vision of the work of art can be integrated or replaced by virtual reality, some terms such as ‘fantastic’, ‘imaginary’ or ‘visionary’ take on a different function. In this way, paradoxically (in architecture and not only), the representation of ‘virtual’ reality is used to better represent the ‘real’ and reality. The present contribution will deal mainly with the second approach proposed in the course, namely that of the imaginary

    Undrained behaviour of volcanic soils under monotonic and cyclic loading

    Get PDF
    In this study, we focus on the undrained behaviour of volcanic deposits under monotonic and cyclic loading in order to define the susceptibility to liquefaction of granular volcanic deposits. We assume that, in the case of saturated granular volcanic deposits susceptible to liquefaction, an undrained unstable behaviour can be responsible for both, the evolution of flowslide due to rainfall and liquefaction under seismic loading. Starting from these considerations we define a complex experimental program to analyze their undrained behaviour through laboratory testing on reconstituted specimens of cohesionless volcanic soils. The first part of the experimental program is devoted to the use of the steady state concept to evaluate the influence of void ratio and effective confining pressure on the undrained behaviour of Cervinara pyroclastic soils (Italy) under monotonic and cyclic loading. The second part of the experimental program is devoted to the analysis of the influence of particles crushing of pumice soils from Rangiriri (New Zeland) in both monotonic and cyclic undrained triaxial tests

    “Gli effetti delle caratteristiche socio-economiche delle regioni italiane sull’efficienza di un campione di imprese manifatturiere”

    No full text
    ed. Il Mulin
    corecore