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    La diffusione della ceramica egeizzante in Siria occidentale e Cilicia all'inizio dell'Età del Ferro: una riconsiderazione alla luce dei nuovi scavi di Tell Tayinat

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    Il presente lavoro si propone di inquadrare tipologicamente e cronologicamente alcune forme ceramiche in stile egeizzante (aegeanizing ) rinvenute in numerosi siti della Cilicia e del Levante del nord, in strati databili al periodo di transizione tra Tardo Bronzo ed età del Ferro. In particolar modo questo lavoro avrà come punto di partenza il sito di Tell Tayinat, situato nella regione dello ‘Amuq. I dati emersi dalle nuove ricerche intraprese nel 2004 da una missione della Toronto University e guidate dal Prof. Harrison, insieme alle ricerche condotte e riprese in Cilicia e nel Levante in generale, hanno permesso di comprendere maggiormente il periodo di transizione tra Tardo Bronzo ed età del Ferro, la “Dark Age”, che con i suoi cambiamenti e continuità resta uno dei periodi che maggiormente mettono alla prova gli studiosi contemporanei. L’importanza di Tell Tayinat è riscontrabile sia sul piano archeologico che su quello epigrafico: la città è stata infatti identificata con il sito dell’antica Kunulua, la capitale del regno di Palistin. Nel 2008, lo studioso Hawkins, all’International Congress on the Archaeology of the Ancient Near East ha proposto una nuova lettura per Patasatini, il regno di cui Tayinat era capitale. Una nuova interpretazione di alcuni segni in luvio geroglifico (Rieken-Yakubovitch 2010) ha modificato la lettura delle iscrizioni appartenenti al re Taita, Signore del regno di Palistin, rinvenute nel tempio del Dio della Tempesta di Aleppo e in altri siti quali Meharde e Sheizar e tutte databili all’XI secolo a.C. La sua capitale si trova in una regione, la piana dello ‘Amuq, caratterizzata dalla presenza di ceramica egeizzante, sebbene nessuna indicazione epigrafica o evidenza artistica permette di collegare questo re, governatore della Siria del nord per una parte dell’XI secolo a.C., con il mondo egeo. Solo ricerche più approfondite potranno rivelare la valenza di questa rilettura e l’eventuale associazione tra filistei e Palistin. Ugualmente difficile è dare una risposta conclusiva alla migrazione egea testimoniata dalla mitologia greca. Mentre alcuni studiosi interpretano queste tradizioni come una reminiscenza della migrazione dei Popoli del mare avvenuta nel XII secolo a.C. (Lagarce-Lagarce 1988, 150-153), altri rifiutano la possibilità che queste leggende forniscano delle informazioni affidabili riguardo i contatti tra la Grecia, la Cilicia e la Siria nel XII secolo a.C. (Salmeri 2004.). La transizione tra Tardo Bronzo ed età del Ferro non comporta una rottura netta nella cultura materiale (Bonatz 1993, 154.), bensì si ritrova una continuazione e uno sviluppo della tradizione locale. Questa continuazione è visibile maggiormente nella ceramica, nell’architettura e nei costumi funerari. In generale è visibile un cambiamento soprattutto nell’aspetto geografico e nell’organizzazione politica delle varie entità statali. Alcuni cambiamenti sono anche visibili nella cultura materiale, come è testimoniato dalla comparsa di ceramica egeizzante e di pesi da telaio cilindrici non cotti. Questi ritrovamenti, di importazione o prodotti localmente, collegano Cipro, la Cilicia, il Levante, le isole del Dodecaneso e l’Egeo in generale. Ondate migratorie, probabilmente su scala limitata, sembrano essere stata una delle varie cause dei cambiamenti culturali che interessarono quest’area all’inizio dell’XI secolo a.C. Il primo capitolo introdurrà storicamente il periodo preso in analisi, con paragrafi dedicati alle varie popolazioni presenti in questo periodo in Siria e Cilicia e un paragrafo in cui verrà introdotto il concetto di etnicità; seguirà l’analisi ceramica con in dettaglio la descrizione dei siti presi in considerazione e dei contesti di ritrovamento, con piccoli paragrafi dedicati alle forme diagnostiche analizzate, alla descrizione delle regioni indagate e alla memoria delle leggende greche sulle migrazioni con accento particolare sull’eroe Mopsos, infine la tabella riassuntiva del lavoro compiuto. Il terzo capitolo si occuperà di Tell Taiynat in particolare con paragrafi dedicati allo scavo del sito effettuato prima da una missione dell’Oriental Institute di Chicago e diretta dal Prof. Braidwood (Braidwood 1937) e successivamente da una missione della Toronto University e diretta dal Prof. Harrison (Harrison 2001), alla ceramica egeizzante rinvenuta nel sito, alla storia di questo regno e alla rilettura del nome da Patina/Padasatini in Patina/Palistin. Infine il quarto capitolo analizzerà più in dettaglio i rinvenimenti epigrafici e le prove della presenza di popolazioni di origine luvia in Siria occidentale

    Presence of a stridulatory apparatus in the manca stages of isopods (Crustacea, Isopoda, Oniscidea)

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    Armadillo officinalis Duméril, 1816 (Armadillidae) is a widespread terrestrial isopod species in the Mediterranean basin and on the western coasts of the Black Sea. The species is adapted to live in xeric environments and has mainly nocturnal habits. This species is capable of producing stridulations, which is nowadays recognized as a synapomorphy of the genus. In both sexes, these vibrations are produced by a line of scales on the propodus of pereopod 4 and 5. The main goals of this study are: to describe the manca stages of Armadillo officinalis; to detect the presence of the stridulatory apparatus in the manca stages; to evaluate the differences of such apparatus in the various manca stages. The manca stages (I, II, III) of Armadillo officinalis are described for the first time showing: i, the shortest duration (known in literature) of the manca stage I (approximately 30 minutes); ii, the presence of a rudimental stridulatory organ that may be of great importance in terms of evolutionary aspects and adaptation to terrestrial life. Notes on the reproductive biology are also reported. Furthermore, some considerations on future perspectives for A. officinalis as a model species in biotremology are also discussed

    Biotremology in arthropods.

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    Effective communication is essential in animal life to allow fundamental behavioral processes and survival. Communicating by surface-borne vibrations is likely the most ancient mode of getting and exchanging information in both invertebrates and vertebrates. In this review, we concentrate on the use of vibrational communication in arthropods as a form of intraspecific and interspecific signaling, with a focus on the newest discoveries from our research group in terrestrial isopods (Crustacea: Isopoda: Oniscidea), a taxon never investigated before in this context. After getting little attention in the past, biotremology is now an emerging field of study in animal communication, and it is receiving increased interest from the scientific community dealing with these behavioral processes. In what follows, we illustrate the general principles and mechanisms on which biotremology is based, using definitions, examples, and insights from the literature in arthropods. Vibrational communication in arthropods has mainly been studied in insects and arachnids. For these taxa, much evidence of its use as a source of information from the surrounding environment exists, as well as its involvement in many behavioral roles, such as courtship and mating, conspecific recognition, competition, foraging, parental care, and danger perception. Recently, and for the first time, communication through surface-borne waves has been studied in terrestrial isopods, using a common Mediterranean species of the Armadillidae family as a pilot species, Armadillo officinalis Duméril, 1816, In Dictionnaire des Sciences naturelles (pp. 115-117). Mainly, for this species, we describe typical behavioral processes, such as turn alternation, aggregation, and stridulation, where vibrational communication appears to be involved

    The Cystoseira spp. Communities from the Aegean Sea (NE Mediterranean)

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    A synthetic study of qualitative and quantitative data from some algal communities dominated by different species of the genus Cystoseira has been carried out in three coastal areas of the Aegean Sea. Seasonal samples were taken from 10 stations and a list of 30 species presenting coverage values > 1% was dressed. Ecological indices, such as Shannon Diversity Index, Pielou Eveness and Bray-Curtis Similarity Index were calculate using the PRIMER software. The results from the Aegean Sea were compared with other Mediterranean areas, and the use of Cystoseira communities as ecological quality indicators was discussed

    New species and records of Eubelidae from Djibouti, eastern Africa (Isopoda: Oniscidea)

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    The terrestrial isopods of Djibouti are still very poorly known. Two new species of Eubelidae are here described: Periscyphis ugoliniii n. sp. and Koweitoniscus agnellii n. sp. A third species is recorded, Periscyphis sudanensis Taiti, Ferrara & Allspach, 1997, previously known only from two localities in Sudan

    Terrestrial isopods (Crustacea, Isopoda, Oniscidea) in the botanical garden of Pisa

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    The author studied the species of terrestrial isopods collected in the botanical garden of Pisa. Samplings started in April 2014 up to June 2015. Previous records in the literature were also considered. Fourteen species belonging to 10 genera and 7 families are listed. Seven species was recorded during the period of 1914-1926 (Haplophthalmus danicus, Haplophthalmus mengii, Chaetophiloscia cellaria, Platyarthrus hoffmannseggii, Leptotrichus panzerii, Cylisticus convexus, Armadillidium depressum) and 8 ones was found during the sampling period of the present study (Philoscia affinis, Chaetophiloscia elongata, Sardoniscus verhoeffi, Platyarthrus aiasensis, Agabiformius lentus, Porcellionides pruinosus, Armadillidium depressum, Armadillidium vulgare). Only one species was found again. Furthermore, some remarks on the distribution of these Oniscidean species found are provided

    ITALIANI IN ERITREA, DAI MANUALI PER L’ALFABETIZZAZIONE COLONIALE (1912-1930) ALLE ULTIME VOCI

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    Il lavoro si propone di affrontare territori di ricerca ancora poco esplorati del passato coloniale italiano in Eritrea: la scolarizzazione missionaria degli indigeni; e la definizione di possibili varianti linguistiche coloniali dell’italiano. Dall’analisi di alcuni manuali scolastici redatti e stampati dai Padri missionari cappuccini di Asmara dal 1912 al 1913 emerge un progressivo avvicinamento ai bisogni e al mondo dei piccoli studenti eritrei che rimanda alle coeve teorie didattiche di Giuseppe Lombardo Radice. Ma mentre queste erano rivolte all’utenza dialettofona della Penisola, il lavoro dei missionari dell’Eritrea dovette confrontarsi con discenti di madrelingua tigrina che bisognava italianizzare a partire dalla lingua dei colonizzatori. Dallo sforzo didattico profuso, in modo pioneristico, dai padri cappuccini emergono le problematiche legate all’insegnamento delle lingue straniere. I missionari d’Eritrea cercano di offrire soluzioni partendo dalla pluriennale esperienza che hanno maturato sul campo. Ciò si concretizza in special modo nel Libro per le Scuòle Elementàri Indìgene del 1923 dove vengono formalizzate pratiche fondate su strategie motivazionali, e contestualizzazione dei contenuti, che sembrano anticipare i metodi di insegnamento della L2 in uso nella scuola moderna. La colonizzazione italiana dell’Eritrea, che ebbe inizio nel 1882, presuppose l’adozione di un modello linguistico nazionale unico per i connazionali espatriati nonché la sua imposizione alla componente indigena. Di fatto l’Italia post-unitaria non possedeva una lingua parlata nazionale comune. Il lavoro ipotizza la creazione di un possibile modello linguistico di italiano coloniale che segue un percorso diverso da quello della Penisola. La contiguità delle varietà linguistiche regionali con il loro sforzo di reciproca comprensione, il distacco dalla madrepatria, e la presenza indigena, compongono la parlata degli italiani di Asmara che si distingue da tutte le varietà nazionali. Il presente lavoro, seppur parzialmente, cerca di definire i tratti di un ipotetico italiano d’Eritrea.This doctoral thesis explores little-studied aspects of Italian colonial history in Eritrea, namely, the schooling of Eritreans by Catholic missions and the definition of possible linguistic variants of Italian within the Eritrean colony. The first prong of this thesis looks at textbooks written by the Capuchin Missionary Fathers of Asmara between 1912 and 1931, which reveal a progressive approach to their young Eritrean students. These texts echo Giuseppe Lombardo Radice’s didactic theories, written in the same time period as these colonial texts, though Radice’s theories were aimed at speakers of Italian dialects while the colonial missionaries worked to Italianize Tigrinya speakers. For example, as a result of their experiences in language instruction, in 1923 the Capuchin Fathers wrote the Book for the Indigene Elementary Schools. The Book sets out practices based on motivational strategies and content contextualization, seemingly anticipating the L2 teaching methods used in contemporary education. Italian colonization of Eritrea, which began in 1882, implied the adoption of a single national language for expatriate Italians, in addition to the imposition of this language on the Eritrean people. However, post-unification Italy did not have a common national spoken language. The second prong of this thesis hypothesises that a linguistic model of colonial Italian language, distinct from that of the motherland, exists. The contiguity of regional Italian language variants, efforts at mutual understanding between Italian speakers of different language variants, distance from Italy, and the influence of Eritreans came together to create the speech of Italians of Asmara, which is distinguishable from all variants of Italian spoken in Italy. This work defines, albeit partially, the traits of a hypothetical Italian language variant of Eritrea
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