85 research outputs found

    Platform Organisations in Social Innovation: A Lot of Old Wine in a Bottle

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    The article investigates the influence of platform ideas, schemes, and production models outside the high-tech industry. To do this, it studies the organisational models of seven social innovation initiatives active in Italy in different sectors and promoted by different actors. The initiatives, even if non-high-tech, can be put in order as platform organisations because they host interactions between a variety of organisations and people, differently arranged with respect to them and largely autonomous and heterogeneous in terms of their interests, social networks, and purposes. The main purpose of this research has three sub-objectives. The first is to observe the development of extensive 'platformisation' processes of production systems. The second is to deepen trends in the high-tech sector through the observation of the non-high-tech sector. Finally, to create useful and usable knowledge to help political parties, trade unions, associations and governments plan solutions to protect workers of the platforms. Using a critical approach, the article reveals that these organisations are less innovative than their supporters report for three reasons. Firstly, because the concept of community is abused to describe these organisations, which present themselves mainly as coalitions or networks because their members lack a common sense of membership; secondly, because the research downsizes the presence of prosumers and peer-to-peer production and describes production and consumption processes that take place at separate times and in which peer production is only a marginal part of the production reality. In the end, because of these organisations work thanks to the job of a small group of people with high cognitive skills and relational capital that trigger production by activating, managing and capitalising a small crowd of workers

    Trends and Challenges of the Italian Third Sector in the Field of Community Assets Regeneration. New Convergences between Public Benefit and Social Entrepreneurship

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    The Paper investigates the challenges of the Italian Third Sector through the lens of their in-volvement in the management of community assets, such as when real estate and public spaces are re-generated on the purpose of activities of social interest, for instance confiscated properties to organized criminality, state-owned, religious corporations, and companies. Adopting the methodology of 'nested analysis', the paper explores quantitative data obtained from the ISTAT Census of non profit institutions, and qualitative data obtained from more than 50 case studies dealt with in recent scientific publications. Subsequently, the study further deepens the evidence emerged through the presentation and discussion of two case studies carried out by the authors: the Ex-Asilo Filangieri in Naples and Forte Marghera in Ven-ice. The Paper highlighted that actions of the Third Sector in the field of regeneration of community assets for social aims have not to be treated as nonprofit "industry", in which general trends towards publicness and entrepreneurship are very noticeable. On the contrary, it looks like a field in which new forms of the Third Sector are emerging, and we can sort them as "enterprising community"

    Creativity and Social Capital: The Pillars of Venice’s Success in the New European Bauhaus Programme

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    This article explores six craft-based urban social innovation initiatives implemented in Venice between 2014 and 2021, considered decisive for the candidature of the city in the New European Bauhaus programme. Adopting a qualitative approach based on multiple case study methods, it reconstructs how the promotion of traditional craft enterprises entered the local policy agenda through mechanisms that strengthen the embeddedness of the issue. The article emphasises the polycentrism of social innovation initiatives and highlights the importance of creativity as a tool to trigger co-design processes, of the projects as contexts for knowledge and information sharing, and of events and happenings as contexts for strengthening social capital and increasing its accessibility. In the final part of the paper, some limitations that are emerging and new research lines for the future are suggested

    Gli studi di innovazione sociale e i loro limiti

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    In meno di dieci anni dalla sua comparsa come rilevante oggetto di ricerca, l’innovazione sociale si è trasformata in un vero e proprio “campo di ricerca” (van der Have, Rubalcaba, 2016). Questo cambio di passo ha alimentato forme interdisciplinari di indagine, il cui esito primario non è stato tanto quello di offrire punti di vista differenti su uno stesso argomento, quanto piuttosto quello di far emergere visioni originali e nuove, in quanto generate dall’incontro di prospettive e modi diversi di analizzare il fenomeno

    PerformativitĂ  del welfare? Un'analisi delle pratiche e dei discorsi dei Coworking Plus (Co+)

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    Negli ultimi anni in Italia si sta affermando un nuovo fenomeno: i Coworking Plus (Co+). I Co+ sono una particolare fattispecie di coworking il cui core-business è contenuto nel "Plus" variabile (servizi di incubazione, agricoltura, servizi alla famiglia, produzione culturale etc) e nei quali l'affitto di spazi di lavoro è strumentale a generare una rete di relazioni peer 2peer a supporto di un core-business che spesso interviene in settori a basso rendimento marginale. Insieme a questo fenomeno sta crescendo e si sta consolidando una narrazione che caratterizza l'affermazione dei Co+ come modello di imprenditorialità sociale (Venturi e Zandonai, 2014). Adottando una prospettiva teorica della performatività come proposto da Judith Butler (1993) a partire dalla ricerca sugli enunciati performativi di John Langshaw Austin, ci interroghiamo sugli effetti di questo crescente discorso sui Co+ come creatori di socialità e nuovo welfare: quale forma di welfare si sta performando? La ricerca viene condotta mediante un approccio etnografico e “netnografico”. Da un lato, verranno analizzati i processi e le performances di quattro Co+ italiani attivi sul fronte dell'innovazione sociale: Avanzi, Fab, Piano C e Rural Hub. Dall’altro verrà analizzato il discorso prodotto e riverberato sui social intorno a questi quattro casi. Le informazioni sono raccolte mediante appunti sul campo annotati nel corso di incontri con i loro protagonisti, la registrazio ne di video-interviste realizzate ai fondatori e promotori delle esperienze analizzate e attraverso l'analisi della produzione social (Facebook e Twitter) dei quattro Co+ durante un arco temporale di due mesi scelti a campione. Nell'analisi delle informazioni raccolte viene privilegiato il livello di analisi del 'discorso sul prodotto generato e sui suoi impatti' in termini di protezione sociale, verificandone la coerenza con i tre modelli storici di welfare: residuale, corporativo e universalistico. Nell'ultima parte del paper i risultati ottenuti vengono condivisi e discussi con i soggetti che hanno partecipato allo studio, con lo scopo di verificarne la tenuta e la coerenza operativa e concettuale in relazione alla via italiana all'innovazione sociale che si sta sempre più caratterizzando, in continuità con la tradizione inglese, per l'allargamento del perimetro societario dell'impresa sociale, la finanza d'impatto, il design dei servizi e la collaborazione con la sharing economy

    Oltre lo specchio, imprese-piattaforma e comunitĂ -impresa. Esperienze di innovazione sociale dirompente che innescano spazi di immaginario radicale e nuove forme di intrapresa.

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    Quelle che Addarii (2014) chiama “Open-Platform for Innovation” e quelle che Pais (2014) definisce “Aziende-piattaforma” sono delle organizzazioni del tutto peculiari che non si limitano a produrre beni o servizi ma originano processi innovativi di creazione di valore. Ma cosa accade quando queste organizzazioni si arricchiscono di una tensione ideale al cambiamento radicale in ambito sociale? Dopo aver già evidenziato una forte connotazione retorica e una chiara fragilità teorica nella elaborazione contemporanea del concetto di Social Innovation (Busacca, 2013), in questo lavoro seguiremo uno stimolo proposto dal CEO di The Young Foundation, Simon Willlis (2013), e adotteremo un approccio critico per analizzare un particolare tipo di impresa: le imprese-piattaforma per l'Innovazione Sociale Dirompente. In virtù delle peculiarità storiche del fenomeno in Italia (Borzaga, 2011), l'elaborazione teorica viene declinata nella fenomenologia di cinque 'imprese-piattaforma' - Doppiozero, Lavoroculturale, Arti e Teatri in rete, Coworking milanesi, Culturability - che si manifestano contemporaneamente come 'imprese ecosistemiche' dall'intensa produzione di valore di scambio e monetario (stimata superiore ai 7 milioni di euro) e come 'comunità-impresa' che accumulano un immaginario radicale (Castoriadis, 1998) che genera saperi potenzialmente dirompenti. Questi saperi evolvono e si affinano all'interno di reti lunghe che producono un nuovo spazio che potremmo definire 'socialeculturale'. All'interno di questo spazio la dimensione culturale e quella sociale si compenetrano indissolubilmente nella creazione di ecosistemi dell'innovazione dirompente che generano una produzione di valore fondata sulle dimensioni della collaborazione e della rigenerazione, radicalmente differente e in opposizione a quanto proposto dal capitalismo cognitivo. Questi ecosistemi sviluppano relazioni di potere (Foucault, 1976) e guadagnano spazi di agibilità e di visibilità crescenti nella costruzione di reti lunghe, di relazioni multi-stakeholders (Belloni, 2013) e reticolari (Sacchetti, Tortia, 2008). Contemporaneamente, però, presentano dei punti di debolezza che ce li restituiscono come gemme di ecosistemi dirompenti il cui futuro istituente non è per nulla determinato ma strettamente legato alla loro capacità di diffondere i nuovi saperi generati, che sono anche i nuovi mezzi di produzione, ad un numero crescente di membri dell'ecosistema secondo una logica redistributiva orizzontale e circolare, cioè mutualistica

    Lavoro totale

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    Le componenti culturali, creative e relazionali investono in modo crescente gli ambiti dell’innovazione sociale e dell’auto-imprenditorialità e come tali vengono ampiamente studiate, ma è solo spostando l’attenzione dalle varietà del lavoro cognitivo alle forze che lo determinano che possiamo tentare di cogliere e interpretare la dinamica del cambiamento in atto. Apprendimento continuo, autonomia, responsabilità, flessibilità, individualizzazione, svalorizzazione e cooperazione diventano così traiettorie di sviluppo del lavoro e non contingenze di alcuni settori o fenomeni. Analizzare le strutture che fondano l’attuale condizione del lavoro cognitivo nei campi dell’innovazione sociale e dell’auto-imprenditorialità può allora aiutarci a comprendere le forze sottostanti ai processi di riorganizzazione del lavoro in atto. L’urgenza e l’originalità di questo libro di Maurizio Busacca consistono nell’analisi di queste strutture, cercando di rintracciare ed evidenziare contraddizioni e distorsioni prima di accettare acriticamente e astoricamente le retoriche più diffuse e dirompenti, e indagando la struttura di fondo del lavoro cognitivo, nella sua dinamica storica e esistenziale, attraverso il concetto di Lavorototale-Improduttivitàmalata. Il lavoro totale si profila come una delle forme di vita economica e sociale, ma anche di patologia individuale, che già contraddistingue nel presente il lavoro cognitivo e minaccia di estendersi a settori sempre più ampi nell’immediato futuro. L’improduttività malata è il suo risvolto, o il fratello gemello. Questo libro di Maurizio Busacca ne indaga i meccanismi, anche alla luce del magistero di Franco Basaglia, e mentre ne denuncia i pericoli cerca di individuare possibili alternative o vie d’uscita

    Imprese sociali e transizione digitale. Introduzione

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    L'articolo presenta i limiti del dibattito scientifico sul rapporto tra impresa sociale e transizione digitale e introduce una sezione monografica dedicata all'approfondimento del fenomeno nel contesto italiano

    Oltre la retorica della Social Innovation

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    Dal 2009 il tema della social innovation è entrato prepotentemente e con grande enfasi nel discorso e nelle politiche pubbliche del mondo occidentale. Supportati da una riflessione teorica che ha coinvolto università, think thank, fondazioni e network, i governi di Stati Uniti, Inghilterra, Nuova Zelanda, Canada e Europa hanno avviato politiche di sostegno e incentivazione di iniziative di innovazione sociale. Tutto il discorso contemporaneo, seguendo il filone della scuola britannica, tratta la social innovation in modo astorico (è del tutto incentrata sul presente) e acritico (è a priori positiva nei suoi effetti). Questi atteggiamenti, che trascurano fortemente i contributi dell’800 e '900, si traducono in un’idea liberal-progressista di società che si auto-trasforma senza bisogno né di mediazioni, né di visioni di cambiamento e che trova nuove strategie per mediare in senso sociale i comportamenti più predatori e voraci del capitalismo liberale. Questa impostazione può essere rilevante solo se viene immessa al suo interno un’idea di trasgressione, di conflitto, di tensione tra società costituita e società costituente. In questo modo la social innovation perde la sua mono-funzione regolatrice (nella relazione tra sistemi di produzione-scambio e organizzazione sociale) e può diventare un driver di trasformazione, potenzialmente radicale, del sistema sociale stesso
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