42 research outputs found

    Steel and bone: Mesoscale modeling and middle-out strategies in physics and biology

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    Mesoscale modeling is often considered merely as a practical strategy used when information on lower-scale details is lacking, or when there is a need to make models cognitively or computationally tractable. Without dismissing the importance of practical constraints for modeling choices, we argue that mesoscale models should not just be considered as abbreviations or placeholders for more “complete” models. Because many systems exhibit different behaviors at various spatial and temporal scales, bottom-up approaches are almost always doomed to fail. Mesoscale models capture aspects of multi-scale systems that cannot be parameterized by simple averaging of lower-scale details. To understand the behavior of multi-scale systems, it is essential to identify mesoscale parameters that “code for” lower-scale details in a way that relate phenomena intermediate between microscopic and macroscopic features. We illustrate this point using examples of modeling of multi-scale systems in materials science (steel) and biology (bone), where identification of material parameters such as stiffness or strain is a central step. The examples illustrate important aspects of a so-called “middle-out” modeling strategy. Rather than attempting to model the system bottom-up, one starts at intermediate (mesoscopic) scales where systems exhibit behaviors distinct from those at the atomic and continuum scales. One then seeks to upscale and downscale to gain a more complete understanding of the multi-scale systems. The cases highlight how parameterization of lower-scale details not only enables tractable modeling but is also central to understanding functional and organizational features of multi-scale systems

    In silico assessment of biomedical products: the conundrum of rare but not so rare events in two case studies

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    In silico clinical trials, defined as “The use of individualized computer simulation in the development or regulatory evaluation of a medicinal product, medical device, or medical intervention,” have been proposed as a possible strategy to reduce the regulatory costs of innovation and the time to market for biomedical products. We review some of the the literature on this topic, focusing in particular on those applications where the current practice is recognized as inadequate, as for example, the detection of unexpected severe adverse events too rare to be detected in a clinical trial, but still likely enough to be of concern. We then describe with more details two case studies, two successful applications of in silico clinical trial approaches, one relative to the University of Virginia/Padova simulator that the Food and Drug Administration has accepted as possible replacement for animal testing in the preclinical assessment of artificial pancreas technologies, and the second, an investigation of the probability of cardiac lead fracture, where a Bayesian network was used to combine in vivo and in silico observations, suggesting a whole new strategy of in silico-augmented clinical trials, to be used to increase the numerosity where recruitment is impossible, or to explore patients’ phenotypes that are unlikely to appear in the trial cohort, but are still frequent enough to be of concern

    Constitutive modelling of skin ageing

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    The objective of this chapter is to review the main biomechanical and structural aspects associated with both intrinsic and extrinsic skin ageing, and to present potential research avenues to account for these effects in mathematical and computational models of the skin. This will be illustrated through recent work of the authors which provides a basis to those interested in developing mechanistic constitutive models capturing the mechanobiology of skin across the life course

    UTILITA’ DI UN’ASSOCIAZIONE DI DUE INTEGRATORI NELLA TERAPIA MEDICA DEL GLAUCOMA ? DATI PRELIMINARI.

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    1) Finalità della studio: Verificare se l’integrazione della terapia topica ipotonizzante del glaucoma con un’associazione di due integratori terapeutici a base di estratto di Ginko biloba (GBE) e vitamina E, e di olio di pesce ad alto contenuto di acido decosaesanoico (DHA) e di acido eicosapentanoico (EPA) e vitamine del gruppo B, somministrati per via orale, possa avere un effetto sul controllo della neuropatia ottica glaucomatosa. 2) Materiali e metodi: Presso l’Ambulatorio Glaucoma della Clinica Oculistica dell’Università, I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo di Pavia è stato condotto uno studio monocentrico, randomizzato, controllato, aperto. Si sono selezionati 34 pazienti, affetti da glaucoma primario ad angolo aperto o da glaucoma a pressione normale in terapia topica, con un difetto perimetrico iniziale e stabile negli ultimi due campi visivi. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi di età simile. Il primo gruppo riceveva solamente la terapia topica ipotonizzante, mentre il secondo assumeva oltre alla terapia topica, un supplemento orale a base di estratto di GBE + vitamina E e di DHA + EPA + vitamine del gruppo E. Le condizioni del nervo ottico sono state controllate con campo visivo (programma 24-2 e strategia SITA-Standard) e con laser polarimetria dello strato delle fibre con GDx-VCC. Gli esami sono stati eseguiti al reclutamento e dopo 303, 905 e 1805 giorni. 3) Risultati: Sono stati analizzati statisticamente i parametri funzionali del Campo Visivo Computerizzato (PSD, MD) e i parametri morfologici del GDX (media TSNIT, NFI). Per valutare la significatività statistica dell'associazione esposizione-esito si è applicato il test del Chi-quadrato. Nessuna variazione statistica è stata riscontrata nei due gruppi sia per quanto riguarda i parametri funzionali che per i parametri morfologici. 4) Conclusioni: Gli attuali esami clinici per la valutazione funzionale e morfometrica del nervo ottica, il periodo di follow-up relativamente breve, il campione numericamente limitato di soggetti, possono rendere difficile rilevare un effetto di una terapia non tradizionale in una malattia ad eziologia ancora in parte sconosciuta, a patogenesi multifattoriale, cronica e lentamente evolutiva come il glaucoma. Si ritiene comunque che la complessa patogenesi della neuropatia ottica glaucomatosa meriti ulteriori indagini relative ad interventi terapeutici integrativi al controllo della pressione oculare

    Perimetria non convenzionale sita-swap nella diagnosi precoce di glaucoma

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    FINALITA’ DELLO STUDIO: verificare le caratteristiche dell’algoritmo SITA (Swedish Interactive Threshold Algorithm) per SWAP (Short-Wavelength Automated Perimetry) nella diagnosi della neuropatia glaucomatosa. MATERIALI E METODI: tra i pazienti afferenti all’ambulatorio glaucomi della Clinica Oculistica dell’Università di Pavia si sono selezionati soggetti in base ai dati clinici ed al risultato di esami morfometrici (GDx-VCC). Lo studio è tuttora in corso e finora i pazienti si sono suddivisi in “sospetti glaucomi” ed in “glaucomi” sulla base del parametro NFI (Nerve Fiber Indicator). I pazienti sono stati poi sottoposti ad esame perimetrico automatizzato SITA con test acromatico (SAP o Standard Automated Perimetry) e con test blu su giallo (SWAP). La durata e gli indici perimetrici MD e PSD dell’esame SAP e SWAP sono stati confrontati. RISULTATI: SITA-SWAP risulta significativamente più breve di SITA-SAP. SITA-SWAP determina un indice MD; dipendente anche dalla trasparenza dei mezzi, significativamente più alterato in entrambi i gruppi rispetto a SITA-SAP: L’indice PSD, correlato alla presenza di difetti perimetrici localizzati, risulta alterato solamente nei “sospetti”, mentre nei glaucomatosi non risulta statisticamente diverso da SITA-SAP. CONCLUSIONI: SITA-SWAP appare un esame perimetrico breve, probabilmente in grado di mettere in evidenza segni funzionali precoci di neuropatia glaucomatosa. SWAP sembra comunque influenzato dall’assorbimento della luce blu da parte dei mezzi diottrici
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